Capitolo 10

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Bucky non riusciva a credere di averlo fatto davvero; cercare Steve nei contatti del proprio cellulare era stato facile, e doveva esserlo ancora di più telefonargli senza attendere o avere ripensamenti.
Si morse il labbro con buffa espressione, camminando lentamente ma con nervosismo da una parte all'altra del disordinato salotto del suo appartamento di ridotte dimensioni.
Il telefono squillò quattro volte, così tante volte per James, da spingerlo ad allontanare lo smartphone dall'orecchio e staccare la linea.
Poi la voce di Steve lo fece sobbalzare quasi come se non se lo aspettasse.
«Pronto? Bucky?» domandò il tatuatore con tono sorpreso ed entusiasta.
«Hey Steve, tutto okay?» con un tremito nella voce, James rispose senza pensare lucidamente a qualcosa di più sensato da dire, e sinceramente, si sentì andare nel pallone per aver iniziato lui quella specie di conversazione. Per fortuna che Steve aveva la capacità di conoscerlo anche senza averlo vissuto.
«Si, non immaginavo che mi avresti chiamato sul serio, sono felice di sentirti.» erano a mal appena due giorni che non si vedevano, dopo l'ultima volta. Rogers aveva tentato di alleggerire ogni timore di Bucky dicendogli di poterlo cercare in qualsiasi momento ritenuto più opportuni per il moro per poter anche solo chiacchierare telefonicamente. James sarebbe ritornato al suo lavoro al negozio di tatuaggi a giorni, mentre la sua degenza andava via via migliorare quella ferita alla spalla ormai non più così profonda.

«Già, neanch'io lo credevo...» mormorò Bucky con un sorrisetto nervoso.
«Quindi, come stai oggi? Perché mi hai chiamato?» incalzò dolcemente Steve, nutrendo la sua voce di serena felicità.
Bucky massaggiò l'indice con il pollice, quelli della mano sinistra, lievemente intorpiditi e violetti sulle punte, per colpa di una cintura usata a mo' di laccio emostatico appena sopra il polso, che era stata stretta per un brevissimo lasso di tempo, ma che aveva già fermato una notevole quantità di circolazione sanguigna. Da un bel po' studiava quel metodo abbastanza efficace per quanto riguardasse l'amputazione, come quello dei pastori quando dovevano far cadere ad uno dei loro animali una qualche parte infetta della coda, o dei genitali. Bucky non abitava in campagna, e non aveva mai visto direttamente quella pratica maggiormente usata dai veterinari, però aveva fatto delle ricerche su internet, così di rado la metteva in atto sul suo braccio.
Faceva dei lenti progressi, quasi fosse una cavia. Piccole distanze dalla punta delle dita alla spalla, con maggior tempo possibile ad ogni tentativo diverso.
Aveva notato, quel tardo pomeriggio, che il polso stava iniziando a gonfiare; si sentì sporadicamente felice, ma subito dopo, con disgustosa ferocia, il pensiero di Steve lo aveva annebbiato quasi fosse stato colpito alla testa.
Non ci aveva pensato, a lui, di sua spontanea volontà. Quando si feriva tutta la realtà intorno a lui si congelava, e il mondo girava in base alla gravità delle sue ferite che lo accecavano di pazzia. Eppure Steve era venuto nei suoi pensieri e aveva slegato quella cinta dal braccio, che aveva lasciato un vistoso segno rosso e spesso sulla pelle, abbastanza profondo.

Per tale ragione lo aveva telefonato. In verità, era stato Steve ad aver iniziato a rintracciarlo.
«Sto meglio.» mentì, guardando il movimento limitato delle dita formicolanti. Fece per rispondere alla seconda domanda di Steve, quando l'imbarazzo lo fece balbettare come un ragazzino timido. Bucky sospirò, scrollando la testa e sorridendo, sperando che Steve percepisse la sua espressione anche attraverso il telefono.
«Scusa, divento un idiota quando parlo con te.» se ne uscì con quella frase sincera, arrossendo.
«Tu? Vedessi me in questo momento, ho iniziato a disegnare cuoricini sulla scrivania con il pennarello indelebile.» entrambi risero, scacciando definitivamente la loro difficoltà nel parlare, quasi fosse stata la prima volta.
Bucky possedeva l'ingenuità silenziosa di chi per anni aveva continuato a sentire dolore, e con la spudorata sopportazione ormai arresa alla malattia, divenuta quasi una creatura fragile ed estremamente vulnerabile.
Steve invece combinava l'enorme educazione con cui era stato cresciuto al carattere gentile e docile che lo riempivano e facevano nascere i suoi disegni.
Insieme, tutti e due, creavano quell'ingrediente perfetto di statica emozione che faceva fatica a mettersi in piedi. Ad entrambi erano più che limpidi i propri sentimenti, ma li vedevano ancora troppo lontani per consumarli.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Where stories live. Discover now