Capitolo 2

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«Andrà bene, vedrai!» Disse il biondo con un cerotto sul setto nasale, ergo, il ragazzo di Natasha. Il suo nome era Clint, Clint Barton, un eccentrico ragazzo dalla visione del mondo a modo suo, con una strana passione per il tiro al bersaglio. Lui e la rossa si erano conosciuti a Budapest, durante una gita scolastica all'ultimo anno di liceo, trovati da soli nella stanza d'albergo abbandonata dalla mandria irritante di studenti strafatti di erba.
Natasha, la mattina dopo la presentazione di Bucky al negozio di tatuaggi, si era svegliata di buon'ora assieme al compagno, così da poter aiutare James a prepararsi e sopratutto ad arrivare puntuale al suo primo giorno di lavoro. Con sollievo di Bucky, la coppia era venuta ad accompagnarlo in auto, cosichè il moro non avrebbe dovuto camminare in giro per la città così spesso nel giro di troppo poco tempo. Seduto sul sedile posteriore, con le spalle poggiate sullo schienale e le mani a penzoloni tra le ginocchia aperte, Bucky, con lo sguardo basso e spento, annuì all'incoraggiamento di Clint, con il suo solito silenzio.
«Oh già, andrà alla grande! Impugnerà il possente mocio rosso con il suo braccio speciale e ripulirà da cima a fondo quel posto dai cattivi!» quel commento sarcastico arrivò dal ragazzo seduto accanto a Bucky, quello stesso personaggio che reputava suo amico. I lunghi e morbidi capelli neri quel giorno erano legati indietro da una forcina scura, e tirati ai lati in maniera affascinate. La pelle pallida e i lineamenti corvini, che accentuavano le sottili labbra rosee e gli occhi di un azzurro sgargiante.
«Ma sta un po' zitto Loki, non sei per nulla divertente.» Natasha si voltò di scatto verso i due amici, dal sedile del passeggero avanti, minacciando il ragazzo poco simpatico dal nome bizzarro con uno sguardo cagnesco. Clint sorrise sotto i baffi alla reazione della ragazza, giusto perché già di suo non sopportava Loki.
Quest'ultimo sbuffò con nonchalance, dandole il profilo, così da guardare Bucky.
«Potresti almeno dire qualcosa, ti stiamo persino accompagnando al tuo primo giorno di lavoro.» gli disse con fare ammaliatore.
«Siete imbarazzanti, non sono un bambino, non c'era alcun bisogno di fare tutta questa sceneggiata.» rispose Bucky pentitosi del pensiero di sollievo fatto non troppo tempo prima, stupendo un po' tutti per la lunghezza della sua frase, che di solito era composta di parole solamente per un quarto. Natasha ritornò a sedersi più comoda sul proprio sedile, sorridendo serenamente. Era una grande soddisfazione, ogni volta, sentir parlare Bucky così a lungo.
«Tutte le famiglie sono imbarazzanti, altrimenti non sarebbero tali.» gli rispose Natasha, con espressione da superiore. James sbuffò, stuzzicando ancora di più la provocazione di Loki.
«Quindi, ho saputo che lavori per quel Rogers. Cioè, non trovi sia sexy?» domandò con sfacciataggine l'amico. Clint dovette portarsi una mano alla bocca per non scoppiare al ridere, distraendosi dalla guida. Bucky si voltò improvvisamente verso di Loki, guardandolo con sdegno in viso e con l'imbarazzo di chi viene colto sul fatto.
«Smetti di dire cose da gay.» gli rispose con lo sguardo basso.
«Scusami tanto se ti cerco il ragazzo.» Loki si finse offeso, incrociando le braccia.
«Non ho bisogno di un ragazzo, ho solo bisogno di soldi.» mormorò lui con contraddizione.
«Io ve l'avevo detto, che avremmo dovuto trovargli un posto in un bordello. Avrebbe avuto sia soldi che ragazzi. Fiocco di neve, hai urgente bisogno di scopare.»
«Sei disgustoso.» commentò Natasha arricciando il naso all'insù.
«Dico solo quello per cui i miei amici soffrono.» si giustificò offeso.
«Smettetela, la prossima volta vado a piedi.» Bucky si voltò verso il finestrino sporco di alcune gocce d'acqua secche ormai ingiallite, che incorniciavano i bordi. Loki assunse la sua solita superbia sarcastica, facendo silenzio, così da dare spazio solamente alla voce del giornale orario alla radio, messa a volume abbastanza basso. Gli occhi azzurri di Loki, quasi sapessero esattamente dove guardare, si abbassarono lungo la mano sinistra di James. Lo controllavano spesso, lui e Natasha, sapendo del suo continuo problema. Spesso lo costringevano anche a mostrargli per intero tutto l'arto, così da poter constatare la gravità delle ferite. Bucky non voleva mai andare in ospedale, nemmeno in quelle terribili volte in cui le sue ferite si trasformavano in vere e proprie emorragie ed avevano bisogno di punti. Odiava i dottori perché non potevano guarirlo, così, quando Loki, Natasha o persino Clint si accorgevano di qualche terribile lacerazione su quel braccio, si apprestavano loro stessi a medicarlo. La rossa aveva persino imparato a suturare alcuni dei tagli più profondi alla spalla, anche perché non era poi così faticoso, partendo dal fatto che Bucky non emetteva un lamento di dolore per tutto il tempo.
Loki si accorse subito di quel profondo taglio sanguinolento sul dorso della mano di Bucky, inutilmente tenuta nascosta dalla manica della felpa scura troppo allungata verso quel preciso lato del corpo. Era una ferita lunga circa quattro centimetri, in diagonale sul dorso solcato da vecchie cicatrici bianche e rialzate. Di sicuro James aveva cercato di fermare il sangue per molto tempo durante la notte, riuscendo però soltanto a pulirne i lati e a non esagerare con il colare rosso lungo il suo polso. Non aveva trovato nessuna benda pulita capace di fasciare quella nuova pennellata rossa, così, frettolosamente per colpa degli amici sotto casa impazienti di aspettarlo, era uscito senza preoccuparsene troppo.
Loki sospirò amareggiato, prendendogli la mano incriminata con dolcezza, ma senza preavviso, alzando il polsino della felpa fino a metà del braccio, così da avere tutta la visuale della ferita. Dalla tasca della sua giacca di pelle nera prese un fazzoletto, tamponando forte quel profondo marchio sulla pelle di Bucky, che continuò a guardare la strada sfrecciare fuori dall'auto, con i sensi di colpa a fior di pelle.
L'amico, sempre in silenzio pazientato, prese da sotto il sedile difronte a se una piccola cassetta medica d'emergenza, disinfettando così il tutto ed applicando una garza candida e fresca. Velocemente, sapendo di quanto Bucky si sentisse a disagio ad avere così tanta porzione di pelle maciullata scoperta, ricoprì il tutto con la manica.
Loki tornò a sedere al suo posto come prima, quasi impassibile.
«La prossima volta avvertici che hai finito i cerotti.» gli disse severamente, non riuscendo a guardarlo negli occhi. Non ci riusciva mai in quelle circostanze. Barnes fece silenzio per poco, mordendosi l'interno della guancia per la frustrazione.
«D'accordo.» gli rispose con un filo di voce, accorgendosi subito dopo che l'auto di Clint si era parcheggiata proprio a destinazione.
Natasha si voltò ancora una volta in direzione dell'amico, fingendo un sorriso sereno come per cercare di nascondere la verità appena scoperta della nuova ferita. Si sporse in avanti, rischiando di dare una pedata al povero Clint, che si vide quasi ricadere di lato la compagna, proprio al centro tra i due sedili. Natasha si avvicinò alla meglio a Bucky, scostandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sistemandogli poi la felpa per renderlo più composto possibile.
«Fai il bravo.» gli disse dolcemente, ammiccandogli.
«D'accordo.» annuì lui imbarazzato.
Loki gli prese la nuca con una mano, la quale unghie erano tinte di smalto nero, avvicinando così il proprio viso a quello di James, baciandogli la guancia barbuta. Bucky arricciò il naso, anche se quel saluto non gli dispiaceva mai come faceva apparire. Barnes aprì la portiera, richiudendola subito dopo che Loki gli disse:
«Cerca di essere attraente.»
Bucky sbuffò seccato, ma con un debole sorriso imbarazzato in volto, sentendo, come ultima voce quella di Clint, che da lontano, mentre lui si stava allontanando dall'auto, gli augurava buona fortuna.
La campanella sopra la porta suonò proprio come il giorno precedente, quando Bucky entrò nello studio, con le mani nella tasca della felpa ed espressione tesa. Si era ripromesso di mettere da parte il proprio silenzio sofferente durante le ore di lavoro, sotto consiglio di Natasha soprattutto, che lo aveva tenuto al telefono per quasi un'ora la sera prima, un po' per fargli compagnia, un po' per ritardare quella sua terribile iniziativa di ferirsi. Subito Sam lo accolse, voltandosi verso il ragazzo facendo attendere la cliente con cui stava parlando sul bancone, con un grande catalogo pieno di disegni tra le mani.
«Buongiorno! Puoi andare nell'altra stanza, Steve ti dirà cosa fare, finisco con lei e ti raggiungo.» gli disse, con tono gentile e allegro, indicandogli con il capo la direzione che avrebbe dovuto prendere per raggiungere Rogers. Bucky annuì in silenzio, con espressione ingenua, incamminandosi nella stanza in fondo al piccolo corridoio tappezzato di cornici.
Avrebbe voluto bussare per avvisare della propria presenza, ma al posto di una porta trovò una tenda fatta di perline verdi a dividere gli ambienti, costringendolo così a farlo entrare quasi di soprassalto. Con timidezza si schiarì la voce, entrando nella stanza dal parquet lucido.
«È permesso?» domandò timidamente, con gli occhi bassi. Il rumore elettrico della macchinetta poggiata su di un carrello metallico ben sterilizzato si interruppe, ed il ragazzo seduto sullo sgabello difronte al lettino si voltò, quasi avesse riconosciuto immediatamente quella voce.
«Oh, ciao Bucky! Entra pure, sei arrivato giusto in tempo!» Steve sorrise, come se avesse aspettato quella visita per tutta la mattina. Sdraiato sul lettino avvolto dalla carta assorbente c'era un uomo robusto, dalle spalle muscolose, a petto nudo sdraiato a pancia in giù. Il cliente parve sospirare di sollievo quando Steve tolse dalla sua pelle l'ago per tatuare, che di sicuro gli stava causando dolore tutto intorno alle spalle tinte di disegni. Bucky si avvicinò a Rogers, attendendo un suo ordine, se così poteva chiamarsi.
«Il nostro Drax è alla terza seduta, ha scelto proprio un bel lavoraccio! Che ne dici di passargli un bicchiere d'acqua? E magari se ci riesci cerca di distarlo, sono quasi due ore che piagnucola.» disse spiritosamente Steve, con dolcezza e solarità. Bucky si affrettò a eseguire quella richiesta, porgendo il bicchiere di vetro all'uomo rosso in volto, che rispose a Steve:
«Non è vero, guarda che mi fai soltanto il solletico!»
Il tatuatore rise ancora, assecondato dalla spiritosaggine di Drax.
«Prendi quello sgabello e siediti vicino a noi, coraggio.» disse Steve a Bucky, incoraggiandolo amichevolmente, tenendo tra le mani la macchinetta ben stretta dai guanti neri di plastica. James si irrigidì in maniera impacciata, seguendo la proposta di Steve. Si sentì a disagio, e pensò soprattutto che quello non era il genere di lavoro per cui era stato ingaggiato.
«Sei di poche parole vedo.» la voce serena di Steve lo dissolse dai propri pensieri. James alzò lo sguardo in direzione di Rogers, sperando insolitamente di guardarlo negli occhi, vedendo soltanto il suo profilo marcato dalla barba piegato con concentrazione sulla schiena di Drax, attutendo le sue parole con il fastidioso rumore elettrico riavviato.
«Più o meno.» rispose Bucky, assicurandosi di tenere ben stretto il pugno sinistro in tasca.
«È un nuovo alunno?» domandò con sofferenza l'uomo sul lettino sottoposto all'arte di Steve. Questo scosse piano la testa e mugugnò serenamente, rispondendo:
«No, è qui per aiutare me e Sam a tenere ordinato questo porcile. Però ho fatto un pensierino sul fatto di insegnarli a tatuare...»
Bucky si irrigidì di soppiatto, contrario all'idea; «Oh, no, non so assolutamente disegnare, non fa per me.»
«Impossibile, tutti ci riescono, basta soltanto fare pratica.» rispose Rogers, leccandosi le labbra con concentrazione. James non rispose, esponendo il silenzio che tanto si era ripromesso di evitare, senza nemmeno accorgersene.
«Se proprio non ti piace disegnare potrei insegnarti a fare i piercing.» propose Steve con la stessa dolcezza.
Lavorare tutto il giorno con aghi e bisturi, pensò Bucky, non era affatto una buona idea.
«Non mi piacciono gli aghi...» rispose timidamente, quasi mortificato.
«Secondo me hai solamente bisogno di fumare un po' di roba, ragazzo.» aggiunse improvvisamente Drax.
«Ma sta zitto, quella la lasciamo tutta a te, non è così Bucky?» Steve fermò per un breve momento il suo lavoro, rivolgendosi a James, che non poté fare a meno di entrare in collisone con i suoi occhi chiari.
La voce di Steve formulava quel nome quasi fosse una canzone, il titolo di una melodia intraducibile e perfetta. Bucky rischió di rispondere ancora con il proprio silenzio, solo che quel sorriso roseo nel volto scarlatto di Steve lo smosse improvvisamente. Focalizzò più attentamente i nuovi particolari del suo viso, scrutando il tatuaggio di piccole dimensioni sotto l'occhio sinistro, una lacrima grigia dal contorno leggero, e gli interni riempiti da ondeggiature altrettanto sottili e delicate.
«Già.» gli sipose, sorridendo, per la prima volta dopo un'infinità di tempo, senza fingere la propria debole serenità. Le loro labbra sollevate aspettarono ancora un po' prima di spegnersi, guardandosi con tutti gli occhi del mondo. Steve gli ammicò, con l'occhio sinistro, quello che possedeva la cornice della lacrima d'inchiostro, ritornando al lavoro minuzioso del disegnare quelle volteggiature sulla pelle ampia di Drax.
Bucky deglutì, abbassando di poco il capo con timidezza, annebbiato dall'effetto che quel tatuaggio sul viso di Steve continuò a suscitare in lui per tutto il giorno. Era per caso, emozione quella che provava? Di che tipo?
Il negozio si riempì del profumo candido di James, che solo Steve, però, riuscì a sentire.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Where stories live. Discover now