Capitolo 30

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Melodrama era l'album di canzoni cantate da Lorde. I brani erano dodici, e Steve e Bucky sapevano a memoria ognuno di quel testo. Specialmente James che, dopo essere stato al concerto della suddetta cantante, aveva iniziato ad ascoltare la sua musica.
Bucky però era da solo l'ultima volta che lasciò partire la riproduzione casuale di Lorde. Steve non c'era da due giorni e la casa era estremante vuota. Se non fosse stato per il maestoso pappagallo dalle piume scure Bucky avrebbe tenuto il silenzio per infinite ore, uscendo ancor di più fuori di testa.
Avrebbe voluto bruciare tutti i libri sulle mensole, quelli in cui lui e Steve avevano attaccato un post it sulla prima pagina scrivendo una frase adatta alla determinata storia.

"È sottile il filo conduttore che divide amore e malattia" era spettato a Lolita di Vladimir Nabokov.
"E nei miei progetti, tu e il mare" per Chiamami col tuo nome di André Aciman.
Camere separate di Pier Vittorio Tondelli era il loro preferito, tanto che era bastato solo scrivere un introduzione "con questo io ti spiego amore:"
Ed il piccolo libro su Frida Kahlo -¡Viva la vida!- teneva l'espressione migliore dell'anima di Steve: "Vita, eccoti. Qualche fiore in testa e il sangue alle gambe".

Bucky voleva annullare tutto. I disegni sui fogli bianchi raccolti nei cassetti, i vestiti condivisi, le lenzuola che profumavano di creazione (quella di Steve), le foto nella cornici, i regali, piccoli e semplici, dannatamente amati e odiati.
Poi però Bucky singhiozzava di colpo e capiva: nella sua testa sarebbe rimasto tutto invariato, nessun oggetto distrutto avrebbe cancellato il suo amore, il suo dolore.

Melodrama.
Ad un certo punto Bucky non mise a ricaricare nemmeno il telefono, così da usare la batteria scarica come scusa per non ascoltare ancora quelle canzoni.
Moriva, ma non abbastanza. Perché era così attaccato alla sopravvivenza? Perché dopo tutto quel dolore alla mente, al braccio, ai sentimenti e alle paure, il suo organismo non cedeva in balìa della stanchezza?

Però per morire bisogna far fermare il cuore, e Bucky non poteva di certo spegnersi quando il suo organo gonfio e contratto contava a reagire per inerzia del sentimento di Steve e per Steve.

Però amore non è possesso, né forzatura. È fatto di equilibrio e spazio, anche quando si ama senza ragionare, è indispensabile ma non preteso. Forse è un concetto troppo difficile da capire, ma Bucky non cercò mai Steve per chiedergli scusa, pregarlo o piangergli anche solo per telefono, lo lasciò libero, così come si erano costruiti insieme. Liberi ma bisognosi per guarire, facendosi comunque male per la distanza.
Bucky pianse per tantissime cose, che però non includevamo affatto la sua malattia. A quella nemmeno ci pensò.
Solo per poco tempo.

Bucky rise, sdraiato per terra, alzando il braccio sinistro verso l'alto per guardarsi meglio il dorso della mano. Indossava solamente degli shorts larghi e comodi, il petto nudo sudava lievemente per il nervoso, mentre il collo era bagnato dalle lacrime che erano colate copiosamente lungo tutto il viso.
Sorrise con i denti bianchi e dritti in mostra, il viso contratto per una falsa contentezza, preludio di pazzia.
Con una ferita così grande che tatuaggio avrebbe escogitato Steve per segnare su se stesso quello sfregio?

Risate, tante ed incontrollate.
Che bellezza, quale meraviglia, sarebbe stato uno spettacolo.
Il negozi di ferramenta non distava molto a piedi da casa di Steve, ed una sega circolare da impugnare bene con una mano costava quella cifra perfetta che Steve gli aveva lasciato in casa.
Che lieto evento quello così vicino alle fantasie di Bucky, la scatola dell'oggetto era davvero pesante.

Adesso che avete letto la storia di Bucky fino a questo punto sapete quale pensiero scrivere sul post it da attaccare dalla prima pagina?
Bucky si, anzi, se Steve fosse stato con lui gli avrebbe chiesto di farsi tatuare quella frase.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt