Capitolo 17

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Steve era il suo sinonimo di serenità.
Cos'era la cosa più eclatante di quella loro relazione lunga poco più di tre mesi? Il fatto che Bucky avesse ricominciato a prendere gli psicofarmaci prescritti dal vecchio medico che aveva scelto di abbandonare, era la risposta. Natasha, quando se lo vide ingoiare la pasticca davanti ai suoi occhi quasi rischiò di piangere.
Erano anni che Bucky si era lasciato scivolare nel baratro della propria malattia senza nessun aiuto medico, che non guariva di certo la sua condizione, ma teneva a bada un minimo della sua peggiore manifestazione.
E c'era sempre stato un problema piuttosto preoccupante, perlopiù da parte di Natasha e Loki, che avevano instaurato un rapporto quasi parentale con James, rimasto solo. Il loro terrore si basava su come Bucky avrebbe spiegato della propria condizione alle altre persone e come queste l'avrebbero pensata.
La gente ha paura di ciò che è diverso, anche se nessuno può credersi di avere il potere di scegliere ed etichettare qualcosa che non rientra nella propria cerchia di pensiero. Spaventati dall'ignoto di quella strana patologia, estranei alle vere problematiche e alla serietà della situazione, molti non avrebbero nemmeno approfondito. Okay, Bucky era malato, meglio trattarlo in un determinato modo.
No, lui non viveva di compassione altrui. Bucky non cercava pena per se stesso, sognava solamente di nascondere visivamente quel suo enorme difetto e riuscire a far parte di quella normalità che evidentemente era di molti ma non di tutti.

Natasha gli aveva spesso impartito lezioni speciali che avrebbero preparato Bucky ad affrontare il lerciume che vigeva nella società.
«Non tutti sono tolleranti come me e Loki, gli altri non ti conosco. Avranno paura di te, ma tu non dovrai vederti come un mostro o un reietto. Si allontaneranno perché crederanno che infetterai anche la loro di vita. Lasciali andare, sono già contagiati da qualcosa di più orrendo. E se parlassero di te? Se si lasciassero suggestionare da voci, timori, verità? Non portare rancore nei loro confronti, perdonali. Perdonali perché hanno paura, e sono deboli.» gli aveva detto la ragazza dai capelli rossi. Bucky aveva aperto gli occhi davanti a quelle parole pungenti e dirette. Quindi si era preparato, anche con Steve. Pensava in continuazione che da un momento all'altro Rogers avrebbe ceduto e sarebbe andato via alla ricerca di un riparo da quella brutta cosa chiamata malattia.
In sostanza la questione era piuttosto delicata, e anche se pensarci dopo tutto quel tempo insieme probabilmente pareva inappropriato, tutti e tre gli amici non smettevano di tornare con la testa a quella preoccupazione.
Steve non era un tipo che si sarebbe fatto investire da certe cose, e questo Bucky lo aveva capito bene. Ma c'è sempre di mezzo la paura. La paura che diventava un velo sottile simile all'organza, e copriva gli occhi di chiunque.

Non tutti riuscivano a capire.
E le cicatrici facevano sembrare quel braccio carne da macello, viola e bianca, scavata e addossata.
Steve non aveva ancora guardato bene, a quell'orrore mai sarebbe riuscito ad abituarsi.

Però le dita illese sfioravano quel collo d'inchiostro, la luce scomparsa e sostituita da neon colorati. I timpani chiusi in una bolla coatta di musica troppo alta, e tante persone senza identità che si dondolavano non curandosi del troppo buio. Bucky non si era fatto pregare troppo quando Steve lo aveva invitato ad una festa a tema nel locale di Peter. A quell'evento erano venuti persino Natasha, Clint e Loki. Entusiasti come ragazzini per quella speciale raccomandazione del trovare un costume adatto, si erano presentati eccitatissimi dall'amico con originali maschere. Natasha aveva trovato una tuta nera da agente segreto, con tanto di pistola di plastica. Clint si era armato di arco e frecce da bravo Robin Hood, ed infine Loki aveva osato con un sensuale e particolare abito verde dai richiami d'oro, più simile a qualcosa da usare per una sfilata carnevalesca.
Bucky si sorprese quando li vide arrivare conciati in quel modo, lui che a confronto si era solamente limitato ad indossare un cerchietto troppo stretto che si illuminava a ripetizioni con piccole lucine verdi.
Rise, non ne poté fare a meno. Probabilmente erano quelle disgustose pasticche che in qualche modo riuscivano a renderlo meno depresso, il suo umore più stabile, ma in fondo al proprio cuore sentì il calore della felicità. Circondato dalle poche persone che davvero riteneva importanti in uno sfondo di musica e festeggiamenti.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Where stories live. Discover now