Vita decomposta ||Stucky AU||...

By Rameo_Laufeyson8

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Bucky Barnes ha un disperato bisogno di soldi, ed è grazie alla sua amica Natasha, che il ragazzo trova lavor... More

Premessa
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Epilogo

Capitolo 28

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By Rameo_Laufeyson8

Però adesso basta parlare solamente di Bucky. Chiamiamo Steve in causa.
Steve e il suo amore che penava più della malattia di James.
Pensò ad una frase di Frida Kahlo che metteva in discussione il suo amore, dicendo che nella vita lei aveva avuto due grandi incidenti: quello che l'aveva resa sofferente e Diego, il tormento continuo al suo amore troppo buono.
Al suo amore di troppo.

Se Bucky lo amava paragonandolo al numero infinito di granelli, per quello stesso sentimento troppo martoriato, Steve vi soffriva senza ordine di paragone.

Quanto erano pesanti le lacrime di Steve nei pensieri di Bucky?
Il primo ci avrebbe scommesso l'anima sul fatto che James non le notava nemmeno, d'altronde in quel suo segreto di nascondere i singhiozzi Steve era molto più che bravo, ci sarebbe voluto un indovino per scoprire quanto aveva pianto per Bucky.

Il petto si atrofizza, dal lato sinistro, quasi Steve percepiva una contrazione tra la carne che arriva al collo e alla spalla. Non aveva mai assolutamente creduto all'espressione "cuore spezzato", e tutt'ora bocciava quella tesi. Il suo, di cuore, si era fermato. Era rimasto ben intatto, senza perdere nessun frammento, non era un puzzle.
Però con le parole di Bucky e con ciò che gli aveva lasciato intendere in bilico tra il prezioso ed il distacco, il moro aveva dato il permesso a denti acuminati e versi fugaci di smembrare l'organo di Steve.

Ma Steve lo sapeva che non lo faceva di proposito, Bucky non l'avrebbe mai fatto. Era la sua sofferenza, così diceva a Steve. La sua solitudine in cui nessuno (compreso il tatuatore) doveva insidiarsi.
Steve ci moriva -scusa-
Era da idioti mettere Steve nella parte del colpevole, di quello insofferente, anche perché non c'erano né vittime né carnefici in quella storia, per tanto non c'era motivo che Steve cercasse il perdono di Bucky.

Le lacrime di Steve probabilmente erano eccessive, ma non le poteva trattenere. Come non poteva trattenersi dall'amarlo in modo così naturale e disinvolto. E forse il pianto era una legittima conseguenza di quel suo amore sofferto.

Steve lo sapeva che nella vita avrebbe sempre patito, non ne faceva una colpa a Bucky in questo caso. Solo, gli chiedeva di ascoltare le sue lacrime. Sapevano rispondere a qualsiasi dubbio lui avesse.

Che terribile oggetto, l'amore.

«Non preoccuparti, stai bene, ti ricresceranno ancora più lunghi di prima.» Steve glielo disse con un sorriso incoraggiante, in merito ai capelli. Bucky non lo degnò di una risposta, sospirando. Affacciato alla finestra della cucina si godeva un attimo di soleggiata quiete pomeridiana. Poi però quel giorno scoppiò un temporale inaspettato a Brooklyn, una pioggia che entrò nella casa di Steve e Bucky.

«Perché ridi?» gli chiese Bucky. Aveva fatto caso all'umore di Steve che si era tramutato nell'attimo in cui lui gli aveva negato una risposta a quell'incoraggiamento. Che poi era anche la verità, Bucky non aveva perso la propria bellezza assieme ai capelli.
Steve non riuscì a rispondergli immediatamente. James lo guardò silenzioso, stranito da quella strana reazione, cullandosi sulla sicurezza che la sua risata flebile gli avrebbe fatto bene.
Solo quando Steve rispose Bucky capì di essere stato rotto in due metà; «Rido perché so che mi farai soffrire da morire.»
«Come fai a dirmi una cosa del genere? Sai quanto sto soffrendo.» James si tirò sulla difensiva, porgendosi in avanti con mortificazione.
«Sei un povero egoista, non capisci mai nulla, non comprendi un cazzo. Mi sono stancato di farti capire quanto sto male anch'io in questo momento.» incalzò Steve, serio e gelido.
«Cosa vuoi fare allora?» James si mosse sul posto, incrociando le braccia.
«Non lo so.»
Entrambi capirono che l'intenzione dei loro pensieri era la stessa. Finirla sarebbe stata una soluzione, se solo l'amore non fosse stato così prepotente.
Disgustoso parlare sempre del ripetitivo sentimento etichettato per il rapporto dei due. Sembrò quasi patetico.
Bucky venne persuaso da un impulso disperatamente bisognoso, ovvero quello di non nascondersi più. Si avvicinò alla credenza della cucina, frugandoci frettolosamente in fondo. Nascosto in un angolo Bucky aveva tenuto lontano dalla prevenzione di Steve un coltellino svizzero. Rogers aveva tastato un rigoroso regolamento per quanto riguardava armi o oggetti contundenti, come se Bucky fosse un bambino. Ogni coltello o lama, spigolo e accendino, erano stati messi quasi sotto chiave.
Però James era furbo e disperato. Steve rimase sorpreso e profondamente ferito da quella scoperta improvvisamente gettata sotto i propri occhi.
Bucky si sedette con ostinazione al tavolo, proprio difronte a Steve che rimase muto e lo lasciò fare, come a dirgli di prendersi da solo tutte le proprie responsabilità.
Barnes stese il braccio sinistro lungo la superficie del tavolo, alzandosi sbadatamente la manica della felpa fino a sopra il gomito. Battendo troppo forte l'articolazione contro la superficie dura gemette per il fortissimo dolore inaspettato.
Steve sgranò gli occhi ma tenne le labbra serrate, che presero a tremargli. In cuor suo sapeva che Bucky non l'avrebbe mai fatto, pregava che, sul serio, non lo facesse.
Eppure il sangue colò sulla tovaglia plastificata. Una profonda ferita ne riaprì altre più vecchie e più recenti. In diagonale, senza seguire una traiettoria regolare, la lama affondò poco più in basso del polso, allungandosi fino a che Bucky non dovette fermarsi per aver incontrato il tavolo.
Non emise nemmeno un lamento.

«Tu non l'hai mai visto fare, vero?»
Steve scosse la testa. Era totalmente impietrito, sotto shock.
«Il sangue ha un colore scurissimo, e scappa subito fuori quando lo chiami.»
«Smettila.» Steve lo rimproverò con inerzia, stringendo i pugni. Bucky non l'aveva mai visto così arrabbiato e minaccioso.
«Dovevo mostrartelo, anche tu hai delle cose da capire su di me.» Bucky si mostrò disperato, il sangue gli sporcò la pelle.
Steve, infuriato e deluso dallo sfregio che Bucky gli aveva fatto nascondendo quell'arma, dal gesto che gli aveva fatto davanti agli occhi, si alzò furiosamente dalla sedia e strappò via l'arma dalla presa di Bucky.
Ci fu un attimo di totale tensione. Sguardi severi e catastrofici, una catena fragile come un capello.

«Basta.» disse Steve posando la lama insanguinata sul tavolo, con meno ira possibile.
«Sai che non posso.» James aggrottò la fronte mostrandosi vulnerabile e disperato.
«Non intendo solo per te. Basta anche per noi.»
«Cosa?» a Bucky il cuore smise di battere.
«Forse sono la prima persona a farti rendere conto su quanto sia grave tutta questa storia, anzi, a farti prendere coscienza sul fatto di trovare una soluzione.»
«Steve che intendi?» in tutta la sua misera vita Bucky non era mai stato così terrorizzato, nemmeno il giorno dell'incidente in auto.
«Intendo dire che ho bisogno di tempo per riflettere su questa storia. E credo che serva anche a te.» disse Steve, sperando che Bucky cogliesse un minimo di dolore che cercava di reprimere nell'ammettere ciò.
«No, no, a me non serve tempo. No Steve, a me servi tu.» Bucky si avvicinò al compagno trasparendo un mare di lacrime.
Il sangue che gli colava dal braccio gli sporcò poco i vestiti, cadde sul pavimento tracciando il percorso brevissimo dal suo posto a Steve. Steve si fece forza e soppresse l'istinto di prendere qualsiasi cosa sotto tiro e tamponare la ferita di Bucky.
Ma non lo fece, anzi, indietreggiò.
Allontanandosi innescò in Bucky un pianto insormontabile.
Steve non poteva sputargli in faccia una sentenza simile, ma quasi in cuor suo provava soddisfazione; Bucky stava capendo come si ci sentiva, come si soffriva disgustosamente per amore.

«Steve» bisbigliò incredulo. Bucky lo fece somigliare più ad un richiamo dolce nel suo sorriso pieno di terrore.
«Credimi, ci ho provato in tutti i modi, spero almeno che te ne sia accorto. Evidentemente non ci sono riuscito.»
«Mi avevi promesso che avresti fatto qualsiasi cosa per consolarmi, che saresti stato la mia medicina, che mi amavi! Erano tutte fottute bugie quelle?!» Bucky alzò la voce.
«No.» sentenziò Steve. Sarebbe crollato presto, quel suo atteggiamento severo e ostinato lo stava soffocando pericolosamente.
«E allora perché dici queste cose?! Perché?!» nemmeno le mura capirono quale fosse la peggiore manifestazione del dolore di Bucky: se in sangue o le lacrime.
Steve non rispose. James non si alterò con scenate isteriche o ira incontrollata. Lui sapeva di essere nel torto e l'unica che riuscì a manifestare fu il rammarico e il pentimento. Prese le mani di Steve che rimase indifferente a quel contatto. Rogers si morse la lingua tenendo gli occhi bassi, in maniera indistinta su di Bucky. Lui gli accarezzò i dorsi tatuati e percosse dei movimenti concentrici all'interno dei palmi sudati.
Un bacio a partire dal pollice e un sussurro che diceva «Ti amo».
Quella dichiarazione svergognata si ripeté altre nove volte su ogni polpastrello delle dita di Steve. Il ragazzo tatuato ne rimase spiazzato.

«Scusa se non te l'ho mai detto abbastanza, ora però te l'ho lasciato dieci volte» Bucky sorride guardando Steve negli occhi, riferendosi a quei ti amo «Hai sotto le dita dieci ti amo, così puoi toccarli tutte le volte che vuoi.»

«Bucky non peggiorare le cose.» Steve sospirò, allontanando le mani dalla presa di James.
Barnes si pietrificò senza riuscire a parlare.
«È la cosa più giusta da fare in questo momento. Ho bisogno di pensare.» Steve mormorò già pieno di sensi di colpa. Fece due passi indietro, poi andò verso la camera da letto.
Bucky gli corse appresso, rischiando un crollo emotivo alla vista di Steve che infilava biancheria dentro ad un borsone.
«Pensare?! A cosa?! A che cazzo devi pensare Steve? Al fatto che non mi ami più?! Non mi ami più?!» pieno di isteria Bucky alzò la voce. Tutto quel sangue fece un gran casino per terra.
Steve si voltò di scatto, una maglia tenuta stropicciata nel pugno pieno di nervosismo.
«È proprio perché ti amo, perché ti amo figlio di puttana!»

Silenzio.
Steve completò di sistemare i propri bagagli; due borse in tutto. Una in spalla ed una in mano, frettolosamente, raccolse la sua copia delle chiavi di casa, quelle dell'auto e afferrò la piccola gabbia del pappagallino dalle zampe storte.
«Dove stai andando?!» gli chiese in lacrime James, fermo sullo stipite della porta.
«Vado a stare da Sam.»
«Per quanto tempo?»
«Il tempo che mi serve. Non potrei mai lasciarti per strada, questa è la mia casa e le decisioni le prendo io. Sta qui, chiama Nat o Sam per informarti sul lavoro. Dovrai iniziare a mettere da parte qualche risparmio.»
Bucky balbettò dei respiri soffocati, non capendo, non volendo credere a ciò che Steve gli stava dicendo. Non voleva prenderlo sul serio. Non voleva perderlo.

Mentre Steve scendeva le scale Bucky si fermò al centro del pianerottolo, disperandosi sul posto.
Pianse istericamente, alzando la voce per farsi sentire un'ultima volta in quella discussione;
«Il mio braccio non è una parte di me, ma tu si!»
Steve sentì il dolore di mille coltellate sulla schiena, ma continuo a scendere i gradini.
«Tu sei parte di me Steve!» il tono di Bucky andò ad affievolirsi fino a diventare singhiozzo.
Tornò dentro l'appartamento chiudendo la porta non troppo violentemente. Non seppe dove insediarsi per piangere e penarsi da solo, non riuscì a star fermo.
Era rimasto solo ed il pensiero lo violentava.
Troppe domande da fare a Steve che non gli aveva dato l'opportunità, troppi pensieri ed ipotesi in sospeso, e troppo sospeso in quel vuoto improvviso. Bucky aveva sbagliato? Si, si è si, se lo rimproverò battendo una mano sul petto. Come gli era venuto in mente di ferirsi di proposito davanti a Steve?

Si piantò un gran morso al braccio, incastrando i denti dell'arcata superiore proprio in mezzo all'apertura della ferita. Il risultato fu il finale del disastro.
Cadde in terra, seduto con le spalle contro il muro.
Però ebbe almeno un pensiero lucido, ascoltò le migliaia di raccomandazioni fatte dai suoi amici. Cercò alla cieca il telefono e chiamò Loki, prima di compiere azioni troppo avventate.

«Pronto?» rispose Loki.
«Loki...» la voce di Bucky quasi non si riconobbe.
«Bucky sei tu? Tesoro cosa succede?» Loki glielo chiese pieno di preoccupazione.
«Steve è andato, mi ha lasciato qui nel sangue.»

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