Urban Legends

De CactusdiFuoco

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[STORIA COMPLETA] Io sono Furiadoro e la mia esistenza è una sorta di... leggenda. Sono una donna lupo, una s... Mai multe

Prologo
L'inizio di un nuovo viaggio
Finto-Vampiro
Il sangue dei licantropi
Sospesa tra due mondi
Il corpo di un lupo
Il muso della ferocia
Di nuovo umana
Massacro di plenilunio
Ciò che mi ha dato la Luna
Una lupa tra gli umani
Il club degli animali
Incontro col mandante
La casa del mago
La routine della donna lupo
Everybody was Kung Fu Fighting
La ricompensa dei ratti
Cannibale
Il gabinetto pensatoio
L'omicidio di Mr.Mell
Illusioni di tempi andati
Licantropi for dummies
Una terribile bestia in abito elegante
Sebastian Barren
Cacciare cacciatori
Le risorse nascoste di un goldenwolfen
Un dottore immaginario?
Un dottore pazzo?
Un luminoso Sabato mattina
September Aster vs Franco Staretti
L'altra bestia d'oro
Tutti i mostri sono capricciosi
A caccia per vivere
Lupouomo
Violenza e mutazioni
Goldenwolfen
Il Natale anormale
Uno spettacolo di magia
Due mostri non possono scontrarsi senza conseguenze terribili per entrambi
Ritorno alla vita
Lupo acromegalico
Primo intermezzo narrativo
September che parla a ruota libera
Una strana creatura trovata in un fosso
Sharazad
Un plenilunio con Cuscino
Fame di morte
Un nuovo autocontrollo
Il ritorno del cacciatore nero
E si aprirono le porte dell'inferno
Benvenuta nella tua tomba
In cui si ammazza una nosferatu
Conversazione con la Mater Inferorum
Un troll con vestiti nuovi
Santo Stefano di Camastra
Aldo, la bottega e l'uomo misterioso
Ci rivedremo in un'altra città
La Madre dell'Inferno
Solo un sogno in carne ed ossa
Lo squallore e la (gradita) separazione
Mack e Jack
L'orologiaio
Un vampiro diverso da tutti gli altri
Il portale di Miomarto
PARTE SECONDA
Un viaggio sabotato
La Città Senza Nome
Le Creature senza Nome
E il pericolo arriva anche sottoterra
Vampiri pazzi
Una foto di gruppo su una nave da crociera
Un vampiro addormentato su una nave da crociera
In comunione con il vampiro
Furio Dorati
Furio il supereroe
Un inganno riuscito
Quel che Lilith fece a Vlad
Vampiri con le mitragliatrici
Grande Crinos
Fullbeast mode
Intrappolata dalla magia
Di ritorno dall'Inferno
Mostri con le ali
I poteri "aldilà"
Un segno di Dio?
Finale di battaglia
Epilogo
Urban Legends #1: il mago e la donna lupo. Un ebook per voi!

Su Dio e sulla salvezza del genere umano

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De CactusdiFuoco

Il mio popolo lo chiamava "lo Scambio del Fiato". E si diceva che nel fiato di un licantropo, come in quello di ogni altro vivente, risiedesse parte della sua anima, che noi scambiamo con una parte dell'anima delle altre creature che a loro volta respiravano liberando la loro anima nell'aria. Il mio popolo crede poi che il nostro fiuto eccezionale non sia dovuto al nostro naso, già di per se sensibilissimo, ma alla capacità di riconoscere i piccoli pezzi di anima continuamente esalati dalle nostre prede.

Lo Scambio del Fiato è uno scambio di informazioni, dopo che lo si fa non si può più mentire al compagno, perché lui lo scoprirebbe... dopo che lo si fa le personalità si mescolano e le memorie ancestrali risalgono dai meandri della mente e si regalano all'altro. E coloro i quali attuavano lo Scambio si insegnavano anche reciprocamente i segreti della loro tribù.

Teoricamente, adesso, September aveva l'anima di un licantropo. Aveva il Vero Fiuto, la possibilità di riconoscere le anime degli animali solo respirandole.

E io? Cosa ottenevo da quelle labbra calde? Tirai indietro la testa, sentendo fluire sottili scintille di respiro fra di noi, come piccoli lampi.

September tornò saldo su tutte la piante dei piedi, con il respiro corto.

«Adesso hai la mia anima» Dissi, lentamente, accorgendomi di avere anch'io il fiatone «E il Vero Fiuto»

«Lo so. Conosco cosa racconta la tua tribù e ho pensato che, prima di partire, fosse necessario imparare questa tecnica» rispose lui, guardandosi intorno eccitato «Non crederai che io sia uno sprovveduto? E tu cosa hai preso da me?»

«Tu, tu... bisogna pensarci prima. Tu cosa hai pensato di darmi?»

«La magia».

Sorrise. Io lo afferrai per il colletto e lo sollevai da terra di appena due centimetri.

Lui ridacchiò

«Sai, è stato strano... come se qualcosa mi fluisse dentro, ma non lentamente. Tutto d'un botto, come se dovesse spingermi via, come una sbarra di ferro incandescente che mi si infilava in bocca e mi colpiva lo stomaco»

«Per me non è lo stesso» dissi, senza riuscire a smettere di sorridere, quasi mi fosse venuta una paresi facciale «Diciamo, nessuna sbarra di ferro nello stomaco. Forse non sei riuscito a darmi niente»

«Impossibile... » ma mentre lo diceva, una delusione sconcertante attraversava il suo volto «... Questo doveva essere uno scambio. Tanto si prende, tanto si da, è una legge credo, l'ho studiato e...»

«Ti sbagli» ricordavo cose un po' diverse a proposito di quel rito «Si possono anche rubare i poteri di qualcuno, persino l'intera anima»

«Come fanno gli shinigami?»

«Cosa sono gli shinigami?»

«Gli dei della morte. Ho sentito storie su di loro che dicono siano capaci di aspirare l'anima della loro vittima dalla bocca per ucciderle e ne acquisiscono la forza e la durata vitale»

«Ah» annuii, un po' sovrappensiero «Gli dei»

«Questo vuol dire che... » cercò di allentare la stretta del colletto del maglione che gli premeva contro la gola «... Ho solo acquisito il Fiuto senza darti niente in cambio?»

«No» lo dissi con sicurezza «Mi sono sbagliata, prima. Qualcosa mi hai passato, solo non so cosa. Sai, è stata una cosa troppo strana per non essere stata condizionata da un passaggio di qualche genere. Forse ora saprò davvero usare la magia. Sarebbe forte»

«Come fai a sapere che era strana?» sollevò un sopracciglio, tossendo «Ti è mai capitato di farlo con qualcun altro?»

«No. Lo so e basta, mi sembra abbastanza. Mi fido di quello che ho provato, che dire, ho sentito la tua energia. Ho visto la tua anima, credo. Ma era confusa»

«Si, in effetti sono un po' confuso, ma questo non importa. Ti va se partiamo oggi?»

«Dovremo dirlo agli altri»

«Gli altri lo sanno»

«Come?» lo rimisi a terra, dopo uno scrollone giocoso

«Come come? Pensavo che per te non ci fosse più alcuna speranza. Pensavo che, insomma, capisci, sai» si sfregò la nuca, poi nascose entrambe le mani dietro la schiena «Saresti morta, così ho detto che, appena il tuo battito cardiaco si fosse fermato completamente, sarei andato via. Avevo già messo da parte tutto quello che mi serviva, il mio zaino è pronto. Non dovrò fare altro che ribadire loro la mia decisione, informandoli del fatto che ti porterò con me»

«Perfetto».

September corse dentro. Non lo seguii, lo attesi fuori, sedendomi sull'erba. Alzai gli occhi al cielo. Ero viva.

E stavo per ripartire. Un giorno un uomo mi disse che il mio viaggio sarebbe stata la più grande delle odissee. In fondo lo speravo.

Paul Hersen, forse non era così orribile e malvagio come pensavo. Aveva solo troppa paura di me, e questo era piuttosto normale essendo un essere umano con tendenze da vampiro. Chissà se anche lui aveva trovato il Villaggio del Sole. September ci era riuscito, anche senza il mio aiuto. Ero stata malvagia, un mostro, ma avevo intenzione di rifarmi la reptuazione, proteggendo il piccolo mago in questa nuova avventura.

Per quanto mi sforzassi riuscivo a vederla solo così, come un'avventura.

Sorrisi al cielo. Alcuni credevano che da lassù qualcuno ci vedesse sempre.

Lo chiamavano Dio.

Cos'era Dio? Il creatore di tutto. Ma chi aveva creato lui? Forse il tutto ancestrale, o un dio ancora più antico.

Era un ragionamento stupido, a ben vedere. Il mio Dio si chiamava Terra. Non c'era alcun altro signore che io servissi, tranne il luogo che abitavo, la mia Terra, che mi sfamava e che mi dava gioia.

C'era silenzio nell'aria fredda.

Come mai dio non mi aveva mai parlato? Gli uomini dicevano che lui se ne stava lì e guardava, giudicandoci e poi smistandoci dopo la nostra morte. Sciocchezze. Un dio, un essere così potente, a cui interessassimo davvero, e non come a noi interessano i batteri che vivono sulla nostra pelle, si curerebbe di darci qualche segno in più. Il mio dio mi parlava ogni giorno, mi dava da mangiare, sulla sua superficie potevo strisciarci e annusare, potevo vedere l'erba e i fiori, gli alberi e le rocce, le grotte buie e profonde.

Il cielo era chiaro. E d'improvviso si fece scuro.

La mia mente fu proiettata in avanti con rapidità impressionante, quasi mi venne da vomitare. Ebbi una visione fra i lampi, qualcuno che mi parlava nella testa, una voce come un rintocco di campana.

Aprii la bocca, di poco, e mi raccolsi in avanti, su me stessa.

Nulla. Un canto di gruppo, a cappella, senza musica. Il rintocco di quella campana mi premeva contro le tempie, mi pulsava nella gola, come sangue, saturandomi.

Scivolando sul fumo. Spostando la nebbia. Le luci dei lampi dietro di lui, la sua sagoma si avvicina, lenta, le sue mani come zampe, artigli, il canto del mondo lo insegue.

Una sequenza di immagini.

Fumo. Lampi. Mani insanguinate. Pelliccia irta di un lupo nero.

Lampi.

Io sono il signore Dio tuo. Non avrai altro dio all'infuori di me.

No. Non lo sei.

«Demone, sta zitto, sta zitto, sta zitto!»

Silenzio. Poi le voci ricominciarono, uscivano dalle dune del deserto. La Valle della Morte si spalancò davanti ai miei occhi, brulla, la sabbia ardente, le rocce rosse, arenaria, e poi un cielo bianco di luce.

La Valle sparì. Ero di nuovo nella stanza buia con il fumo.

E tutto sparì. September era al mio fianco. Mi alzai in piedi, con calma, cercando di ricomporre la mia espressione serena che era andata appena in pezzi insieme alla visione. Lui mi mise una mano sulla spalla e scosse piano la testa

«Se fai finta di niente è peggio, credimi» disse

«D'accordo» risposi «Ho visto un paio di cose leggermente inquietanti, così, mentre guardavo il cielo sereno»

«Ah... esiste qualcosa che può inquietarti, quindi»

«Non scherzarci troppo. Solo gli stupidi non si inquietano mai. E poi inquietarsi significa semplicemente non stare quieti. Tu mi hai mai vista stare quieta?»

«Okay, d'accordo» mise le mani avanti, cercando di separarmi da se stesso «Questa battaglia etimologica la hai vinta tu. Ma cosa hai visto?»

«Niente che possa riguardarci nell'immediato presente. Diciamo che ho conflitti religiosi che infuriano nel cervello. Magari gli shinigami stanno cercando di inviarmi messaggi subliminali»

«Non sei normale»

«Lo so» lo cinsi con un braccio, in un movimento morbido e ampio che man mano si restringeva nelle sue spalle, e appoggiai la guancia contro la sua, spingendolo sulla destra «Piccoletto, se così moorbido»

«Questo non è male, vero?» lo chiese con la voce innocente di un bambino, spingendosi un po' verso di me per bilanciarsi, pur sapendo che non lo avrei mai lasciato cadere

«No, non è un male. Ma può trarre in inganno. Non sembri un predatore, soprattutto vestito così»

«Cosa ho che non va?».

Aprì le braccia e puntò gli occhi verso la propria pancia. Indossava un maglione rosso, di lana pesante, con ricami a forma di cervo balzante che si ripetevano per tutta la lunghezza del suo petto e poi dei rombi violetti su tutto il resto della superficie, grandi ognuno quanto il palmo di una mano. Non la mia mano o quella del dottore, però, piuttosto la mano di September.

Ridacchiai

«Ti si vede da un miglio di distanza»

«Sono appena un po' appariscente, vero?» fece una smorfia e mi diede un pugno sulla testa «Ma tu non sembri neanche un granché, con quel camicione»

«Perché me lo avete messo?» chiesi

«Non avevamo nient'altro della tua taglia. E poi è igienico, no?»

«Ah, se lo dici tu ...»

«E poi non si veste elegante un moribondo. Bisogna aspettare che spiri per mettergli il frac»

«Ah si?» lo afferrai per le spalle con un braccio e con l'altro sotto le cosce, risollevandolo e mettendomelo in braccio «Beh, hai ragione. Ma se mi vuoi fare viaggiare... devi permettermi di vagare con la mia pelliccia»

«Vuoi viaggiare da lupo?»

«Sarò il tuo cane da guardia» sollevai le labbra in un ringhio-sorriso, un po' impettita «Che ne dici?»

«Il pretesto lo sai... quattro dischi, un po' di whiskey!»

«No, ora mi spieghi cosa c'entra il Triangolo?» lo portai verso l'ambulatorio, a passi lentissimi «Quella canzone avrà più anni di te e comunque non c'entra niente»

«Come no... è solo che non sai vedere i collegamenti» mi fece l'occhiolino e mi gettò le braccia al collo proprio mentre entravamo.

Vidi Lucrezia e Blacky che ci guardavano stupiti, con accanto Cuscino, in forma di lupo, che mi osservava felice con la lingua fuori dalla bocca di un palmo. Lanciai un uggiolio giocoso e lui mi venne incontro, mi girò intorno alle gambe, e rimase silenzioso in contemplazione.

Annuii

«Tutto a posto» gli dissi

«Lo so» rispose lui, in un lupese perfetto, reclinando le orecchie, tremante di gioia

«Partiamo»

«So anche questo»

«Ti voglio bene, piccoletto»

«Lo so»

«Allora, dove sono i bagagli?» scherzai «Se si azzardano a pesare più di dieci chili, sappiate in anticipo che non sono un cane da slitta!».

Lucrezia e Blacky mi guardavano in silenzio. Non un silenzio gioioso e contemplativo, sembravano più due accoltellati moribondi con le coliche renali. La donna aveva un vestito molto più sobrio dell'ultimo, una specie di tailleur con il colletto sollevato, e i capelli tirati all'indietro rivelavano ancora di più il suo volto scompostamente sorpreso. Il licantropo nero era altrettanto buffo, quasi inquietante, ma riuscì a spiccicare parola per primo

«Complimenti» disse, con la scioltezza di chi elogia un dipendente dopo un'ora e mezza di discorso «Sei più resistente di quanto tutti noi pensassimo. Il dottore era andato a prenotare una bara abbastanza grossa, non so se mi spiego... gli abbiamo dovuto telefonare per disdire»

«Oh, non sarà un vampiro a uccidermi, Little Black»

«Li... Little Black?» ripeté, poi il suo volto si allargò in un sorriso spontaneo «Little Black, si mi va bene anche così. Sai, bestiaccia, mi sei simpatica»

«Dico io, ma ti azzardi a darmi della bestiaccia?» scherzai, forse con un po' troppa enfasi, abbassando le sopracciglia e indurendo i lineamenti

«Io... veramente io...» Blacky allargò le braccia «Pensavo che fosse un po' il tuo soprannome».

Risi sommessamente

«Effettivamente lo è. Bestiaccia, si, ma più Lupastra. E tu come fai a saperlo?»

«September lo ha ripetuto per ore» un ghigno sadico, sornione, carico di scherno, fece la sua comparsa sul suo volto pallido e animò perfino gli inamovibili occhi color carbone «La mia Bestiaccia»

«Set!» esclamai, guardando il maghetto

«Ehm ehm... mi piacerebbe poter arrossire» commentò lui, ritirando la testa fra le spalle come un gufo «Ma sono troppo estroverso e strano per farlo. Non mi pento di ciò che ho fatto, nessun rammarico, niente vergogna»

«Sei un sentimentalone» lo accusai

«Sai, un mago deve esserlo per forza. Altrimenti non gli funziona la magia»

«Allora...»

«Shh! Shh!» mise un mano aperta di fronte al mio volto, mentre con l'altra continuava a tenermi dietro il collo «Silenzio. Non voglio sentire un'altra sola parola»

«Per...»

«Shhh!»

«No» ringhiai «Perché mai dovrei stare zitta»

«Perché voglio godermi la faccia di Lucrezia» scandì le parole una ad una, quasi con rabbia, senza lasciar trapelare l'espressione scherzosa che di solito accompagna quel genere di affermazioni.

Non risi, guardai anch'io la piccola donna. Lei chiuse la bocca, che aveva aperto inconsapevolmente.

Qualcuno entrò dietro di noi, ne riconobbi i passi. Era il dottore.

«Questo è spaventoso» Disse, con la voce terribilmente arrochita, come se avesse il mal di gola

«Cosa è spaventoso?» mormorai, senza neppure muovere gli occhi per guardarlo

«Tu, che domande...» la rauca esclamazione declinò in un sussurro basso quasi come il mio «Tu sei resuscitata. Non è un miracolo. Questo è spaventoso»

«Spaventoso?» chinai un po' la testa, inspirando profondamente sopra lo stomaco di September «E non è forse così che deve andare?» sbuffai, sollevando l'angolo destro della bocca «Un vampiro non avrebbe comunque potuto uccidermi, non trovi? Non sono quel genere di licantropo da racconto popolare, di quelli che si uccidono con una sola, piccola pallottola d'argento oppure che si fanno massacrare dal conte vampiro spietato di sangue»

«Si, lo so» la voce del dottore, roca, risalì di un'ottava «Sei quel genere di licantropo delle leggende, delle leggende grandi, giusto? Niente paesini per te»

«Esatto. Sai, mi stai facendo riflettere...»

«Anche tu. Se solo tu ti consegnassi alla scienza» venature di speranza colorarono il suo tono, anzi, man mano che andava avanti la speranza divenne una serie di parole di implorazione «Non hai neppure idea di come potresti aiutare la specie umana. Il tuo corpo nasconde segreti incredibili, non sono... non sono riuscito a capirci granché neppure io. Ma forse, forse non mi sono solo concentrato abbastanza, cercavo di rianimarti, ma non sapevo come fare, non riuscivo a capire quello di cui il tuo corpo aveva bisogno, tu non sembravi volere niente, solo la morte, e poi all'improvviso... eccoti qui, e con un uomo adulto in braccio, per Giove! Questo significa che se potessi, se avessi la possibilità, solo per un po' di tempo, di studiarti più a fondo, allora potrei capire i segreti della rigenerazione, potrei applicarli, perfino!»

«Capisco cosa vorresti» sentii la mia espressione farsi delusa «Ma non posso concedermi alla specie umana. Non sono una cavia»

«Non c'è nulla di male nell'essere una cavia!» mi interruppe lui, con entusiasmo «Io stesso ho concesso me alla scienza, e fino ad ora abbiamo fatto parecchi progressi... ma io sono solo un misero umano. Tu, invece, hai il corpo più perfetto che si sia mai visto sulla faccia raggrinzita del nostro vecchio pianeta e ...»

«Non mi offrirò come cavia» tagliai corto, ringhiando «Non ho alcuna intenzione di perdere ancora del tempo con gli esseri umani o per gli esseri umani. Nessuno di voi mi merita!»

«Come pensavo...»

«Cosa?» abbassai il tono, sentendo la delusione anche in quello del dottore

«Come pensavo, solo perché siamo diversi tu non vuoi darci una possibilità»

«No!» misi a terra September, che si staccò da me con visibile disappunto, e mi voltai verso il dottore «No, non è questo! Voi non avete alcun bisogno di una possibilità, mi capisci!» non mi accorsi, sul momento, di quanto stavo gesticolando, di come avrei dovuto sembrare grottescamente teatrale, forse spaventosa, arrabbiata con quell'uomo che, in fondo, non aveva fatto nulla di male né verso di me, né verso la mia specie «Voi non l'avete mai cercata, una possibilità. E possibilità di cosa, di sopravvivere? Vi riproducete con un ritmo esponenziale. Il mondo non ce la fa più a sopportarvi, state diventato di più delle mosche, siete solo dei parassiti, che costruiscono le loro schifosissime distese d'asfalto e le ciminiere, e litigate fra di voi per i capelli e per i vestiti. Se poi vi prendono i tumori e il cancro e... e... e il diabete, è colpa della vostra civiltà di schifo. Vi siete decimati, e siete tornati. Siete peggio, molto peggio di noi goldenwolfen. Siete animali senza religione, una massa enorme e deforme di creature abiette e spaventate da qualunque cosa sia anche un minimo giusta. Avete cacciato gli animali dai loro territori e vi azzardate anche a scacciarli ancora e ancora, e ancora, quando cercano di riprenderseli... no, non di riprenderseli, di condividerli con voi... » presi fiato, poi ringhiai «Non ho nessuna intenzione di aiutare una razza che non ha alcun bisogno d'aiuto, cosmopolita e parassita»

«So che avresti risposto qualcosa del genere» il dottore non perse tempo a ribattere, con pacatezza, una calma quasi innaturale a confronto della mia sfuriata sovraumana «Ma vedi, io sono un dottore, è nella mia natura cercare di fare sempre il possibile, il più possibile, per la mia povera specie. Hai ragione, però. Molti non meritano il mio sforzo. Il fatto è che ci sono persone, da qualche parte, che come te o come me sono vittime della massa»

«Io non sono vittima» replicai, indignata

«Oh, è un modo di dire... ma io sono vittima. Capisci, sono un essere umano anch'io, e ci sto male a vedere quello che...» si portò una mano alla fronte, disperato «Ci sto male a vedere quello che i miei simili stanno facendo al mondo. Credimi, io l'ho visto molto da vicino... malattie di ogni genere. Il fumo che intasa i polmoni e li fa bruciare, li fa diventare neri come il catrame e poi uccide. E tumori, malattie orrende dovute a tutti quegli orrendi fumi e liquami che vagano sulla superficie del nostro pianeta. Io sono un dottore e lo sono diventato perché volevo guarire gli uomini. Ora so che non posso guarirli tutti, e so che questo accade proprio per colpa loro. Sono loro che vogliono tutto, il progresso accelerato che appesta l'aria e anche la salute» arretrò di un passo, guardandomi negli occhi «Tu hai ragione, veramente, non meritano né te né me. Ma ci sono persone, persone oppresse, persone che hanno ancora qualcosa di utile e di buono, che mi piacerebbe poter salvare. Perché molte di queste persone sono malate, Furiadoro, e sono malate in maniera irreversibile. Oppure immagina...» stese una mano di fronte a se e la mosse orizzontalmente, come se stesse spianando qualcosa con il palmo «Ti trovi davanti un bambino. Un bambino piccolo, sette o otto anni, dilaniato da qualcosa. Che ha perso litri di sangue. Lo vedi lì, ed è immobile e pallido, e tu sai che lui non ha fatto niente per meritare tutto questo, vedi i suoi occhi che tremano sotto le palpebre. Sai che tremeranno ancora per poco, poi la sua vita si spegnerà. Non puoi fare niente per salvarlo. Ma se tu... se tu ti offrissi alla scienza, forse avremmo il modo per salvare quel bambino»

«Lo so. Beh, mi dispiace per quel bambino, ma potrebbe essere, un giorno, un adulto bastardo. Anche molti bambini sono bastardi e cattivi, chi ti dice che il ragazzo che salvi non meritava la morte? Di solito quelli che arrivano a farsi dilaniare sono troppo stupidi, sono finiti sotto qualche macchina, o nella bocca di qualche squalo, come degli idioti. Non si meritano di sopravvivere»

«Ti guardo» il dottore socchiuse gli occhi e le rughe intorno alle sue palpebre si fecero ancora più accentuate, dandogli un aspetto così vecchio e saggio da renderlo rispettabile come un buon capobranco «Ti guardo e capisco. Capisco che è vero che sei un mostro»

«Lo so. So tutto quello che mi dirai, che mi potresti dire in futuro. Non nego niente. Io e September ce ne andremo»

«Partirete? Si, non siete fatti per rimanere qui. Allora vi auguro buona fortuna» mi voltò le spalle ed andò a rifugiarsi in fondo all'ambulatorio con la sua busta della spesa, togliendosi il lungo cappotto grigio.

September mi batté le dita sulla spalla

«Prendi quello zaino laggiù» disse, indicandomi un voluminoso contenitore rosso munito di due bretelle regolabili imbottite con sezioni marroni «Sta tutto lì dentro»

«Si» eseguii i suoi ordini con calma, poi mi diressi fuori e sentii i suoi passi dietro di me. Anche Cuscino mi seguì, le sue zampe leggere producevano un fruscio molle a contatto con la terra umida e con i fili verdi della gramigna e le foglioline del trifoglio.

Bene. Saremmo partiti, ma mi sarebbe dispiaciuto farlo senza aver fatto pace con il dottore. Eppure i nostri pensieri erano diversi. Non troppo diversi da essere inconciliabili, niente di tutto questo, ma per il momento parlare ancora sarebbe stato solo fonte di altri disguidi. Non avevamo neppure litigato davvero. Avevamo avuto una discussione, tutto lì, ma questa mi faceva sentire pesante e stanca.

Più pesante e stanca della mia convalescenza, della mia malattia ancora presente, di quel po' di veleno che mi scorreva nelle vene.

Non volevo avere più discussioni con persone così brave e sagge come il dottore. Avevamo avuto un diverbio sull'unico argomento intoccabile in mia presenza: la salvezza del genere umano. Non c'erano ma, però e se, di fronte a me: io ero solo stata creata per distruggerli, me lo sentivo, finalmente.

Sapevo di essere un'arma e, che dire, ne andavo fiera. Avevo letto di tanti eroi ed eroine dei libri che, non appena scoprivano di essere nati o di essere stati indirizzati a vivere solo per una missione ben precisa, si abbattevano. Quelli pensavano: "allora non esisto che per quello scopo, quindi sono una futile arma".

Beh, si sbagliavano. Un arma vivente e pensante può fare un sacco di cose oltre alla sua missione. E io non mi sentivo affatto delusa dalla mia. Altro che futile, io avrei salvato il mondo.


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