Inchiostro invisibile su pagi...

By _ignisfatuus

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(COMPLETA) Louis indossa felpe dalle fantasie strane, fin troppo, e non si guarda mai intorno quando è tra la... More

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By _ignisfatuus

«Non sono ubriaco».
Lo disse con convinzione, con tono fermo e impeccabile, peccato che a contraddire la sua affermazione ci fosse stato il fatto che per poco non finiva disteso sul pavimento del locale.
«D'accordo, forse solo un poco ma è colpa dell'invisibilità degli alcolici». Eleanor alzò un sopracciglio e lo costrinse a seguirla al suo tavolo, staccandolo con non poca difficoltà dal bancone del bar.
Louis sembrava averci messo le radici e per Eleanor fu quasi come sradicare una quercia secolare dal suo terreno.
«A proposito, sai perché si chiamano super alcolici?» domandò Louis, di punto in bianco. La sua amica gli sorrise come se fosse stata sua madre - no, sua madre si sarebbe arrabbiata se lo avesse visto in quello stato - come una sorella affettuosa e lo spronò a parlare.
Lui si fermò nel bel mezzo della sala e disse: «Perché sono invisibili». Il modo in cui pronunciò quella parola fece scoppiare a ridere Eleanor. Alla fine non era ubriaco marcio ma Louis si divertiva un sacco a lasciarsi andare ed essere più amichevole, meno lupo solitario insomma, quando aveva in corpo abbastanza alcool da poterci riuscire.
Avevano raggiunto il loro tavolo, per fortuna c'erano anche Liam e Sophia - tornati dalla loro luna di miele, o era stato solo un viaggio qualsiasi? - a Louis girava troppo la testa per ricordarlo, quando finalmente poté riprendere fiato. Non avrebbe bevuto più nulla quella sera, solo acqua tonica. Erano di nuovo all'Heroes, Sophia si era offerta di riservare gran parte del locale ad Eleanor per la sua piccola festa di laurea tra amici; c'erano parecchie persone che Louis non aveva mai conosciuto prima, molti compagni di università della ragazza e la parte più giovane della sua famiglia, prevalentemente cugini.
C'era anche Greg, ovviamente, come se il ragazzo avesse potuto farsi sfuggire l'opportunità di stare con lui anche in quella circostanza. Non che a Louis dispiacesse, tutt'altro, ma aveva addosso uno strano sentore da quando era iniziata quella serata, una voce insistente che gli dava costantemente il prurito e che solleticava la sua ansia (forse era solo colpa del locale, poiché ad esso Louis non poteva fare davvero a meno di associare determinati momenti della sua vita).
«Sei sexy con gli occhiali da vista, te lo hanno mai detto?»
Louis si voltò verso il ragazzo apparso al suo fianco. «Un'infinità di volte».
Il suo tono parve un po' acido ma Greg non sembrò accorgersene. Quella sera Louis aveva indossato uno degli abbinamenti creati apposta per lui da un Niall alquanto esaltato, qualcosa di veramente particolare che non avrebbe mai pensato di poter indossare un giorno. Sembrava essere un perfetto mix tra un docente sexy e uno spogliarellista, i capelli tirati all'insù in un morbido ciuffo e i suoi occhiali che gli conferivano tutte le volte una strana area intellettuale che tuttavia gli donava parecchio.

«...sì, mi è parso di capire che ci sia un'altra festa di laurea al piano di sopra, stanno facendo un casino tanto sono ubriachi».
«È Max, mi aveva chiesto se potevano unirsi a noi per i festeggiamenti ma ho preferito lasciare le cose così...»
Eleanor rispondendo a Liam lanciò una strana occhiata cauta verso Louis, che aggrottò le sopracciglia ancora un po' frastornato dell'alcool per cogliere appieno le parole della ragazza. Dal piano di sopra, era vero, nonostante il volume potente della musica sembravano provenire urla e cori di ogni tipo, non si poteva di certo dire che non stessero divertendosi. Louis sentì il respiro fresco di Greg solleticargli un orecchio, mentre con il suo cocktail tranquillo alla frutta, niente di alcolico, lanciava un'occhiata in giro.
«Mi accompagneresti al bagno?» domandò con una punta di malizia il ragazzo, sfiorandogli con le dita la pelle del collo. Louis rise piano, solleticato da quel tocco e dalla richiesta tanto sfacciata dell'altro. Si ritrovò ad annuire, divertito, e dopo aver ingollato l'ultimo sorso del suo drink afferrò la mano di Greg per essere condotto attraverso la folla che quella sera gremiva il locale.
L'aria era satura di profumi di ogni genere, dell'odore di alcool e di fumi sintetici e respirare in certi momenti era davvero un'impresa titanica. Quando giunsero nei bagni a Louis parve di essere finito in una dark room.
«Sicuro siano questi i bagni, no perché...» lasciò sfumare la frase con un ghigno divertito, osservando i corpi avvinghiati di alcune persone baciarsi sfrenatamente, nella penombra di quell'angolo. Greg rise annuendo e senza aspettare oltre se lo trascinò addosso, per baciarlo come ancora non avevano avuto modo di fare da quando si erano incontrati quella sera. Le mani di Louis corsero tra i capelli corti, troppo corti, dell'altro afferrandoli e tirandoli per quanto gli fosse possibile, le labbra di Greg lambivano le sue e succhiavano la lingua, il collo, facendolo ansimare piano. In un attimo, non appena si liberò un cubicolo abbastanza largo e decisamente pulito, per essere un bagno di un locale, Louis si ritrovò trascinato lontano da possibili occhi indiscreti. Greg non perse tempo e dopo aver richiuso dietro di loro la porta, si inginocchiò slacciandogli i jeans scuri, troppo stretti, afferrando nelle mani i suoi glutei sodi e gemendo qualcosa simile a «adoro il tuo culo» che fece ridere Louis.
Le guance di Greg non erano glabre e le sue labbra non erano morbide e piene, ma sottili. La sua lingua, tuttavia, ci sapeva fare e ci mise davvero pochissimo tempo a venire, con un gemito lungo e abbastanza rumoroso che si sfumò in una risata alticcia quando Greg provò a zittirlo schiacciandogli una mano sulla bocca e rischiando così di fargli cadere gli occhiali nella tazza del water. Quando uscirono da quel cubicolo, tirando persino lo sciacquone, si incastrarono nei loro stessi passi e la porta tornò a chiudersi con un tonfo secco, coperto dalle loro risa ubriache.
Il respirò di Louis si arrestò quando gli occhi incontrarono uno sguardo di smeraldo nel riflesso dello specchio. La lucidità tornò ad impossessarsi di lui con una velocità meschina e con la consistenza di chiodi arrugginiti bucò la bolla di finzione in cui, per proteggersi dai sentimenti e dalla mancanza insopportabile, aveva deciso di rifugiarsi per tutto quel tempo. In quei due occhi dalle iridi verdi e cangianti di emozioni diverse e tutte contrastanti, Louis parve scorgerci incredulità, delusione, gelosia e perfino rabbia.
Lo detestò perché dopo quasi due mesi trascorsi lontano da lui e da tutto ciò che lo lo teneva legato al suo ricordo, si rese conto che fingere era stato del tutto inutile perché ritrovarselo davanti faceva ancora male, terribilmente. Per la seconda volta nella sua vita gli parve di sentire il mondo sbriciolarsi fino a gravargli con tutto il suo peso sulle spalle; ogni finzione sparita, ogni bugia annientata, ogni certezza crollata nella luce di un unico sguardo.

«...e poi alla fine, come se fosse la cosa più normale del mondo in una circostanza come quella, mi baciò». Eleanor rise dopo aver terminato il suo breve racconto, seguita da Sophia e Liam che avevano seguito ogni sua parola con attenzione. Niall invece era rosso come un pomodoro maturo, le punte delle orecchie addirittura sembravano voler fumare dall'imbarazzo che doveva aver preso a scorrere nelle sue vene al posto del sangue. Louis aveva smesso di ascoltare la conversazione già da un bel po' di tempo, a dire il vero da quando era tornato dai bagni non aveva fatto altro che pensare al fatto che tra quelle mura, quella stessa sera, ci fosse anche Harry.
Quella consapevolezza lo metteva profondamente in crisi, non riusciva a capire come si sentisse a riguardo; voleva andarsene via, a casa, ma gli sembrava di fare un torto ad Eleanor, e sebbene gli dispiacesse ammetterlo non gli importava neppure di Greg poiché sentiva il bisogno sviscerale di allontanarsi anche da lui.
Louis voleva solamente rinchiudersi in camera, al buio, e possibilmente rimanerci per sempre, lontano da tutto e tutti. Dal loro tavolo, ad ogni modo, era possibile osservare il piano di sopra del locale e adocchiare alcune persone fare capolino dal parapetto. Era terrorizzato all'idea di alzare lo sguardo e incrociare, di nuovo, quello di Harry ora che aveva l'assoluta certezza che ci fosse anche lui lì. D'un tratto gli tornarono in mente le parole di Eleanor, capì a che cosa stesse alludendo quando aveva accennato al fatto che Max e i suoi amici avevano pensato di unirsi a loro, per festeggiare tutti insieme. Era stata un angelo, ora che ci pensava, a pensare di volerlo riguardare da un possibile incontro con Harry. Louis le rivolse un sorriso, apparentemente senza motivo, che però la ragazza seppe afferrare per quello che in realtà era: una dimostrazione di gratitudine. Fu solo quando le braccia di Greg si avvolsero attorno alle sue spalle e la sua bocca sussurrò «Dopo vieni da me?», che Louis sentì l'esigenza di prendere aria.

Doveva solo... uscire e fumare una sigaretta, qualsiasi cosa pur di zittire quella terribile guerra interiore che non lo aveva lasciato in pace un solo attimo. Si allontanò dicendo che sarebbe andato a fumare e quando si alzò detestò con tutta l'anima l'alcool tracannato quella sera, e lo odiò profondamente quando un rigurgito gli fece temere il peggio, mentre era ancora bloccato nella folla. Non aveva alcuna intenzione di dare di stomaco, soprattutto in quel punto della sala, perciò strinse forte le labbra e respirando piano riprese a camminare; ad un passo dall'uscita, dalla salvezza, qualcuno gli strinse un braccio in una morsa ferrea e dolorosa. Lo stomaco si strinse spiacevolmente.
«Mi dici che intenzioni hai?»
Nello spazio di ingresso del locale la musica arrivava già ovattata e per Louis non fu difficile riconoscere a chi apparteneva quella voce. La pelle andava a fuoco nell'esatto punto in cui le dita dell'altro premevano con possessione nella sua carne.
«Lasciami, mi stai facendo male». Lo disse senza alzare gli occhi sul suo volto, quelli restarono a fissare il punto in cui i loro corpi erano in contatto.
Harry lo scosse malamente, avvicinandolo a sé e in quel gesto non c'era delicatezza ma la rabbia che aveva scorto nelle sue iridi quando lo aveva visto per la prima volta nei bagni. Nella sua voce la nota della gelosia era più acuta delle altre.
«E guardami negli occhi quando ti parlo» insistette, «mi dici cosa ti passa per la testa?»
Che diritto credeva di avere per trattarlo in quel modo, che tipo di autorità pensava di esercitare ancora su di lui? Una strana adrenalina prese a scorrere assieme al sangue dentro alle vene, era arrabbiato per come lo stava facendo sentire e al tempo stesso provava profonda soddisfazione nel saperlo in quello stato tormentato.
«Non so a che cosa ti stai riferendo» mentì, trovando perfino la forza di ghignare. Quello, se possibile, riuscì ad infervorare maggiormente Harry che lo tirò a sé, fino a che i loro petti non furono l'uno contro all'altro, le dita ancora affondate nella carne del suo braccio.
«Chi è quello?» domandò con tono sommesso, a Louis parve quasi un ringhio. Le iridi di Harry galleggiavano in una sottile ebbrezza che gli arrossava la retina degli occhi e il suo fiato era alcolico - se fosse stato lucido non lo avrebbe fermato in quel modo e soprattutto avrebbe usato un tono completamente differente. Louis lo sapeva bene, come sapeva che l'alcool era da sempre stato un buon catalizzatore di sincerità.
«Non riesco a capire quanto possa interessarti una mia risposta, davvero, con che diritto credi di potermi parlare?»
L'insofferenza iniziava a montare dentro di lui e Louis sapeva che nel momento in cui si fosse scontrata con il suo istinto, non avrebbe potuto fare più niente per controllare il fiume delle sue parole risentite. Temeva quel momento fosse spaventosamente vicino.

Harry si leccò un labbro e dal modo in cui deglutiva oltre ad essere parecchio agitato doveva avere anche la gola secca.
«L'ultima volta che ci siamo visti ti ho detto quanto mi fa stare male saperti lontano da me. Come se ce ne fosse il bisogno, come se non lo avessi capito da solo, ti ho anche confessato i miei sentimenti, mi sono prostrato ai tuoi piedi mettendomi a nudo e riconoscendo gli sbagli che solo per la paura di perderti ho commesso».
Harry parlava con un tono di voce fermo, nonostante i suoi occhi tradissero la sua instabilità dovuta all'alcool, e per Louis era davvero impossibile provare a zittirlo. Lo guardava con risentimento ma stava zitto e non osava interromperlo, il dolore dovuto alle dita dell'altro strette attorno alla carne si intensificava ad ogni parola che la bocca davanti ai suoi occhi articolava. Avrebbe voluto così tanto divorargli la lingua, con un solo bacio, strappargliela via e non permettergli più di violarlo come stava facendo perché ogni parola di Harry era una martellata nella parete fragile che lo aveva protetto dai suoi veri sentimenti, fino a quel momento.
«Mi hai mentito per troppo tempo» ringhiò ad un certo punto, infilandosi a tradimento in un silenzio.
«Mi hai...», ingoiò l'amaro della verità che stava per pronunciare sentendo già le lacrime dietro agli occhi, «mi hai fatto innamorare tenendomi nascosta una parte della tua vita». La voce si incrinò sulle ultime parole e Louis si detestò profondamente per non essere riuscito a tenerla salda fino alla fine, mostrando così ogni sua debolezza agli occhi dell'altro.
«Ti ho già detto perché l'ho fatto, mi sono odiato fino ad oggi, ogni minuto, senza tregua e tu non ci hai voluto dare neanche un'opportunità per mettere da parte tutto e ripartire da zero, solo io e te». La mano di Harry tornò a stringere con ritrovata forza la carne del braccio e Louis sussultò quando l'altro riprese a parlare scuotendolo come una foglia strappata dalla sicurezza del proprio ramo.
«Dicevi di essere ferito, di stare male per come sono andate le cose», abbassò il volto, avvicinandolo al suo, «ma a quanto pare non hai perso tempo a trovarti qualcun altro».
Il tono usato per quelle parole sapeva di disprezzo e rabbia, la sua voce era rotta.
A quell'ultima affermazione Louis si sentì ferito come quella notte, nella sua camera. Ogni bugia che in quel mese e mezzo aveva accatastato per costruire un muro per proteggersi dalla verità, si frantumò sotto il peso di quelle parole sputate come la peggiore delle accuse. Non poteva credere che Harry fosse davvero convinto che avesse voltato pagina, che fosse riuscito per davvero ad accantonarlo, rimpiazzandolo con Greg come se niente fosse, come se i sentimenti provati fossero state solo chimere. Come poteva crederlo capace di una cosa simile, lui che lo aveva conosciuto meglio di chiunque altro in quei mesi passati assieme? Lui che conservava ogni dettaglio della sua vita, ogni segreto, ogni paura e piccola confidenza. Proprio Harry, colui col quale si era aperto come non aveva mai fatto con nessun altro nella sua vita. Colpito da quelle parole, con il pianto a premere dietro agli occhi e a calciare con insistenza il cuore, disse la prima cosa che gli balenò in mente e che sparava riuscisse a ferirlo.
«Tanto cosa importa, una scopata vale l'altra, non sei d'accordo?»

La risposta alla sua domanda arrivò come un lampo, aveva il colore vivido di petali di rosa e bruciava come pugnalate, sulla guancia. Le impronte delle dita di Harry, il rumore secco di quello schiaffo gli fecero voltare il volto di lato e scivolare via gli occhiali dal naso.
Il cuore che aveva costretto a quel sonno forzato, sedato dalle bugie che si era raccontato per non continuare a star male, riprese a battere più forte di prima. Fu come risorgere per la prima volta dopo troppo tempo, guardare l'alba dopo una notte interminabile.
Louis si coprì la guancia destra con una mano, la bocca appena schiusa per lo stupore. Harry allontanò come scottato la mano con cui fino a poco prima lo aveva stretto per un braccio e fece un passo indietro, gli occhi grandi e spalancati, increduli. Il tempo riprese a correre come se fino ad un attimo prima si fosse fermato per concedere ad entrambi l'occasione di mettere a posto ogni cosa, senza l'ansia della realtà a vorticare come un satellite impazzito tutt'intorno a loro.

«Louis ti stavo cercando, eri sparito così ho pensato di...»
La voce di Greg sfumò non appena i suoi occhi osservarono la scena. Lo sguardo del ragazzo saettò da Louis che se ne stava immobile al suo posto, a Harry che sembrava aver perso l'uso della parola. Il cuore batteva così forte che nelle sue orecchie non c'erano parole, non c'erano suoni, solo il pompare frenetico del sangue, la guancia arrossata che scottava come se un sole l'avesse sfiorata per un tempo troppo lungo. Si piegò sulle ginocchia per raccogliere i propri occhiali e senza proferire parole andò via, uscendo da quel posto e lasciandosi tutto alle spalle.
Per quanto tempo avrebbe fatto ancora male?

~

Dalla finestra entravano pochi raggi di sole, quelli che riuscivano a fendere la tendina bianca erano pallidi e tiepidi. Era un primo pomeriggio di agosto, una domenica dall'apparenza tranquilla, eppure il cielo era stato bianco tutto il giorno, atono, un foglio di carta troppo vuoto e privo di vita per invogliare qualcuno ad alzare gli occhi per rimirarlo.
La pioggia era nell'aria e sebbene da lì a qualche giorno sarebbe partito per le sue agognate vacanze, a Louis l'estate sembrava già agli sgoccioli. Quei mesi sembravano essersi volatilizzati, era come se si fosse addormentato di inverno per poi svegliarsi dopo la primavera. Era stato come sognare, un lungo e troppo perfetto sogno che poi verso la fine aveva preso le connotazioni di un incubo.
Sbuffò all'ennesima scatola vuota di preservativi che saltò fuori dai meandri del suo armadio e si sollevò, dedicando un'occhiata generale al cassetto sotto di lui. Ne cacciò fuori dei jeans che credeva da tempo di aver perso e persino una felpa di Greg, che il ragazzo doveva aver dimenticato lì da lui. La afferrò per ripiegarla con una smorfia inconsapevole, appuntandosi mentalmente di dovergliela restituire prima di andare via. Mancava poco più di un giorno alla partenza ma Louis, conoscendosi, aveva iniziato da una settimana a mettere da parte la sua roba da posizionare in valigia per evitare di dimenticare qualcosa proprio all'ultimo momento.
Dal salotto provenivano risa e urla, anche il rumore di qualche cosa che ogni tanto caracollava in terra; Niall e Liam, con le rispettive ragazze si stavano sfidando ad una partita di Just Dance e lui era riuscito a sottrarsi a quella guerra all'ultimo sangue usando la scusa di dover riordinare la camera. Inutile dire che nessuno dei quattro si lasciò abbindolare ma gli volevano tutti un gran bene e decisero di non insistere oltre.

Louis voleva restare da solo, e avrebbe voluto farlo fino al giorno della partenza ma l'universo, come ormai aveva capito già da tempo, non era incline ad assecondare i suoi voleri. Erano quasi le cinque quando qualcuno bussò alla sua porta. La prima volta fece finta di non essersene accorto, la seconda anche, alla terza dovette cedere.
La lunga chioma castana di Eleanor accompagnata dal suo sorriso fece capolino dalla porta. La ragazza si guardò un po' in giro, le mani sui fianchi come suo solito, e parve incupirsi appena come se cercasse qualcosa in particolare tra quelle quattro mura.
«Sembra tu abbia intenzione di trasferirti, dove sono tutte le tue cose?»
Con tutte le tue cose Eleanor intendeva i romanzi, le fotografie, i cd musicali e i dvd che Harry gli aveva regalato in quei lunghi mesi.
Fece spallucce e «È da un po' che li ho messi da parte». Con un'occhiata indicò il lato di uno scatolone che faceva appena capolino accanto ai suoi piedi. «Ognuno di noi ha i suoi mostri sotto al letto, no?»
Eleanor non si lasciò ingannare dal suo sorriso perché al suo tetro umorismo rispose sedendosi su di un angolo del letto, picchiettando con una mana delicata il posto accanto a sé.
«Devo dirti un paio di cose». Louis avvicinandosi sollevò le sopracciglia, non era in vena di discorsi, consigli o tutte quelle cose lì insomma.
«Eleanor l'ultima volta che abbiamo avuto una conversazione, con tutto il rispetto, non è stato propriamente piacevole». Lo disse con un sorriso e la ragazza non si offese, d'altronde Louis era amato anche per il suo sarcasmo a volte davvero pungente.
Ridacchiò come una fatina e scosse piano la testa, le mani tra le gambe unite. Suo malgrado si ritrovò seduto fianco a fianco con l'amica pronto ad ascoltare qualsiasi cosa avesse intenzione di dirgli.
«Quando io e Niall ci siamo conosciuti, ero fidanzata da cinque anni con un ragazzo».
Louis fece per alzarsi ma Eleanor lo afferrò prontamente, rimettendolo a sedere. «El, davvero, non voglio...»
«Mi lasci finire almeno?» lo zittì l'altra, guardandolo con piglio. Louis annuì, sbuffando.
«Non sto cercando di giustificarlo, né voglio che tu lo pensa», fece una pausa e con un'occhiata eloquente fu facile capire che fare nomi era del tutto inutile.
«Quando mi hai raccontato cosa era successo mi sono venuti i brividi perché il mondo è davvero piccolo visto che ho avuto un'esperienza davvero simile».
La ragazza al suo fianco sospirò e si sistemò la chioma su di un lato del collo, le dita carezzavano distrattamente le punte dei capelli e quando parlò di nuovo lo fece voltandosi a guardarlo dritto negli occhi.
«Quello che sto cercando di dirti è che all'inizio ero spaventata anche io, capisci, stai da così tanto tempo con qualcuno e perfino la tua famiglia inizia a puntare tutto su di te che sei terrorizzato dall'idea di seguire il tuo cuore per poi ferire magari quello degli altri. E lo so che sembra un ragionamento egoistico ma, Louis, bisogna essere felici o vivere di infelicità per assecondare gli altri?»
Iniziò a mordicchiarsi un labbro incapace di cogliere il punto, non era ancora sicuro sulla meta di quel discorso incanalato da Eleanor. Stava per chiederle proprio questo quando la ragazza riprese a parlare con il suo tono calmo e riflessivo che sapeva sempre metterlo a suo agio.
«Questo per dirti che non lo giustifico ma lo comprendo. Ogni persona è fatta in maniera differente, io ci avrò messo due mesi circa a capirlo e sistemare tutta la situazione, lui ci ha messo un po' di più ma ciò non significa che non tenga a te almeno quanto tu tieni a lui perché, Louis, puoi mentire a te stesso ogni giorno ma non si scappa via da qualcuno se questo ci è del tutto indifferente e tu stai scappando».
Louis la odiava così tanto perché in poche parole aveva colto ogni punto e, soprattutto, lo aveva spogliato di ogni misera armatura di cui si era vestito inutilmente in quell'ultimo periodo per apparire forte agli occhi degli altri.
«Mi ha fatto male» mormorò, più a se stesso che all'altra. «E non solo emotivamente, mi ha anche colpito alla tua festa, capisci?»
Louis ne aveva parlato già, non aveva raccontato tutti i dettagli ma i suoi amici ne erano a conoscenza (Niall aveva addirittura proposto di sfasciargli la moto, per vendetta trasversale ma sia lui che Eleanor lo aveva fatto rinsavire in tempo).
«E proprio per questa ragione hai mai pensato che magari si è sentito distrutto, non avendo neppure avuto una seconda chance e credendo che fossi riuscito a dimenticarlo?»
Louis si stava, letteralmente, distruggendo le dita delle mani. Non rispose, nella testa c'erano troppi pensieri ad affollarla e a rendergli impossibile qualsiasi modo di formulare una frase di senso compiuto, si sentiva piccolo e smarrito, profondamente triste. Chiuse gli occhi, il capo chino sui piedi, e il cuore rallentò appena, come se stesse cercando di assopirsi di nuovo e non pensare.
Gli mancava così tanto, gli mancava tutto di lui e nonostante lo avesse ferito, colpendolo al viso con quello schiaffo, non era riuscito a fargliene una colpa. Anzi, quella stessa notte si era addormentato sul lato destro del corpo, la guancia contro il cuscino come se quel gesto avesse potuto trattenere sulla sua pelle le impronte di quelle dita che lo conoscevano meglio di qualunque altra cosa al mondo. E tacitamente, nel buio della sua camera, tra le lacrime a rigare il suo volto, lo aveva addirittura ringraziato per avergli riportato di nuovo in vita il cuore.

~

Un'ora dopo i ragazzi urlarono un saluto veloce dicendogli che sarebbero usciti per andare a fare un giro al parco, Louis aveva risposto distrattamente qualcosa prima di ritornare ad occuparsi della sua valigia che, non aveva proprio idea di dove fosse finita. La sua testa purtroppo era ancora assediata dalle parole della ragazza. Parlare con Eleanor gli aveva fatto bene, e dall'altra parte lo aveva anche distrutto perché Louis era forte come una roccia ma se si conosceva quali punti toccare, in che modo e con quale pressione, non era poi tanto difficile distruggerlo, sbriciolarlo fino a che di lui non restasse solo un cumulo di polvere.
Qualcuno bussò inaspettatamente alla porta della sua camera. Si raggelò sul posto, le mani strinsero il bordo della scrivania con così tanta forza da sentire le ossa delle nocche scricchiolare, o era stato il legno del mobile? Era solo, i ragazzi si erano appena richiusi alle spalle la porta di casa...

«Louis». La voce di Harry colò giù come ghiaccio, lungo la sua schiena. Gli occhi si spalancarono sulla copia di un romanzo di Stephen King, Duma Key. Ne fissava la copertina senza guardarla davvero, il cuore non doveva andare così forte o tempo tre minuti e sarebbe collassato. Si trattava di anatomia.
«Louis so che sei lì dentro, mi ha fatto salire Eleanor e giuro che non ho intenzione di entrare o costringerti a parlarmi se non lo vuoi, ma» fece una pausa, un rumore ovattato attraversò il legno della porta, «per favore, ascoltami». La consapevolezza che a dividerlo da Harry ci fosse solo un pezzo di legno rendeva Louis nervoso, accresceva in lui due bisogni contrastanti: quello di aprire la porta e fiondarsi tra le sue braccia e quello di urlare a squarciagola che doveva andarsene via (il secondo, tuttavia, era solo l'ennesima arma di autodifesa).
«Mi siederò qui» gli sentì comunicare, ed era vero, Louis percepì le sue gambe strisciare contro alla porta e un leggero tonfo, segno che si era seduto a terra. «Siamo soli e, davvero, se non vuoi uscire dalla tua camera non importa, mi basterà parlarti e sentirti ugualmente vicino».
Louis si morse così forte il labbro che il sapore ferroso del sangue non tardò a macchiargli la lingua. Chiuse gli occhi costringendosi a respirare piano, l'aria sembrava più sfuggente del solito, determinata a farlo andare nel panico. Non sapeva più che cosa fare, cosa certa, non sarebbe uscito da lì per niente al mondo, fosse cascato l'universo lui sarebbe rimasto lì dentro fino alla fine di tutto quanto.
«Louis se sono qui, prima di qualsiasi altra cosa, è per chiederti scusa. Scusami per l'altra sera quando ti ho dato quello schiaffo, ero poco lucido e parecchio arrabbiato, deluso e...»
Louis non riusciva a sentirlo bene da quel punto della stanza, così inspirando profondamente si decise a schiodarsi da lì e ad avvicinarsi alla porta, scivolando piano contro di essa e sedendosi sul pavimento, probabilmente imitando la stessa posizione di Harry, seduto dall'altra parte.
«...la gelosia mi ha reso cieco, ha annientato ogni buon proposito che c'era in me. Avrei voluto fermarti, senza aggredirti, e parlarti ma quando ti ho visto uscire da quel bagno, insieme a quel ragazzo, ti giuro che non ci ho capito più niente e credimi se ti dico che mi dispiace così tanto per quello che ho fatto».
A Louis mancava così tanto e se solo glielo avesse detto, se solo fosse riuscito a distruggere il suo muro di silenzio e dirgli che non importava, che quello schiaffo non aveva significato nulla perché la sua ferita era stata causata da ben altro forse tutto sarebbe tornato al suo posto. Restò fermo a ingoiare lacrime silenti, continuando ad ascoltarlo.
«Ti ho portato una cosa» annunciò, nella sua voce c'era un limpido sorriso che sebbene non potesse vederlo, percepirlo era davvero semplice.
«Non era così che avevo immaginato te lo avrei consegnato, devo essere sincero, ma meglio di niente. È il mio romanzo, finalmente l'ho terminato. Ci sono solo due copie per adesso, che spero diventano molte altre, quella che devo consegnare a chi di dovere e questa che ho qui con me, che voglio tu legga prima di qualsiasi altro». Trattenne il fiato assimilando con attenzione ogni parola di Harry, accogliendola e custodendola dentro di sé come cosa assai preziosa, per non lasciarsela scappare, per non dimenticarla mai. Socchiuse gli occhi, carezzando la superficie della porta e immaginando di poter sfiorare i suoi capelli, un'ultima volta prima di partire, affondare il naso nella conca della sua spalla e annusarne l'odore fino a che quello della realtà non fosse diventato il nulla a confronto; e forse si sbagliava, forse era solo il suo disperato bisogno di averlo pelle contro pelle ma per un attimo gli parve di poterlo percepire davvero il suo profumo, attraverso il legno della porta.
«Spero lo leggerai, perché tra queste pagine ci sono tutte le mie verità, i miei sentimenti, paure, e tutto quello che a voce, guardandoti negli occhi, non sono riuscito a dirti subito. Riuscivo a confessarti ogni tormento solo attraverso la scrittura, sfogandomi in questo modo. Spero possa servire a farti comprendere che... Louis mi manchi e non credo passerà mai, a meno che tu non torni ad incastrarti dentro di me, di nuovo».
Louis lo sentì tirare su un gran respiro prima che si alzasse e d'istinto lo fece anche lui, si alzò repentinamente schiacciando i palmi delle mani sulla porta sperando ci fossero le mani di Harry dall'altra parte, in un platonico contatto.
«Fai buon viaggio Louis, e qualsiasi cosa accada sappi che ci sarò, non importa cosa deciderai. Io ci sarò, perché non ho intenzione di arrendermi».

Harry prima di calare il casco sopra alla testa, dopo essere salito in sella alla moto, alzò gli occhi verso la finestra della sua camera. Louis era proprio lì, tra le braccia incrociate sul petto teneva gelosamente stretto il libro che gli aveva lasciato davanti alla porta, solo pochi attimi prima. Lo stringeva all'altezza del cuore, tra il petto e la gola, incastrato tra il respiro e la sua vita. Harry dovette accorgersene perché il sorriso che spuntò come un'alba sopra al suo viso, fece impallidire il tramonto all'orizzonte.

SE ME LO CHIEDI NON RISPONDO

Come avrei potuto spiegare a mio padre, un uomo dai solidi valori, che sua figlia aveva capito di essersi innamorata di un uomo completamente diverso da quello che lui sperava entrasse a fare parte della famiglia? Lasciare David fu semplice, oramai entrambi stavamo insieme solo per alimentare false speranze nelle nostre famiglie che già ci vedevano sposati, in una casa fuori città e con i bambini a giocare in giardino. Una continua recita, la mia vita un palcoscenico sul quale ero stata costretta a interpretare un ruolo che il tempo e le circostanze mi avevano cucito addosso. Non avevo più alcun motivo di vivere e se solo avessero saputo che la ragione che mi spronava a riaprire gli occhi al mattino era una persona conosciuta da pochi mesi, di sicuro avrebbero fatto di tutto per farmi rinsavire, come se l'amore fosse solo un capriccio passeggero e non il motivo per cui il mondo continuava a ruotare attorno al sole. E a lui, per tenerlo al sicuro e lontano da quella parte marcia della mia vita, continuavo a tenere nascosta la verità perché la paura di poterlo perdere con la stessa facilità con cui lo avevo trovato, non mi permetteva di fare la scelta giusta. Così tacevo e tra le sue braccia continuavo a nascondermi perché solo nei suoi abbracci potevo considerarmi davvero viva: una fiamma non più morente ma pronta a divenire incendio, se ce ne fosse stato il bisogno, e distruggere chiunque si fosse messo tra me e lui.

Louis lesse il romanzo in una notte sola.
Non riuscì a staccare gli occhi da quelle pagine neppure per andare in bagno. Disteso a letto, seduto sul divano in salotto, con una tazza di tè in cucina, sulla sdraio in terrazza. Lo lesse tutto d'un fiato e fu di una semplicità sublime riuscire a cogliere ogni piccolo riferimento di ciò che era stata la vita di Harry, prima di conoscerlo e durante i mesi che aveva vissuto con lui.
Melanie, la protagonista del romanzo, ad un certo punto descriveva l'uomo che l'aveva presa con uno sguardo solo, con parole che Louis subito riconobbe e che gli fecero mozzare il fiato nella gola.

Due stracci di cielo macchiati di oceano su un viso spigoloso, dallo sguardo scuro come un tramonto maturo. E la bocca rosea come il più delicato dei boccioli si schiudeva in un sorriso colmo di armonia. Poteva apparire una notte buia e fredda, d'un tempo, anche il momento più caldo e indimenticabile agli occhi di qualcuno?

Harry ricordava la prima volta che lo aveva visto in treno, glielo aveva detto, e l'idea che potesse aver appuntato quelle parole sul suo quaderno, in quel momento stesso, suscitò in lui una ridda di emozioni vorticanti che gli rubarono alcuni battiti.
Verso la fine del romanzo, come se non si sentisse già abbastanza destabilizzato di suo, si accorse che ogni domanda era vicinissima ad abbracciare la sua risposta. Tutte quelle domande che si era posto e a cui nei mesi vissuti con Harry non era mai riuscito a dare una risposta, finendo piano piano con l'arrendersi all'idea che non ce l'avrebbe mai fatta.

Un pomeriggio di primavera, con i petali degli alberi di ciliegio a colorare di rosa il vento, Melanie intrecciò le sue dita a quelle di Maxim mentre entrambi passeggiavano nel piccolo parco della città.
«Ti sei mai chiesto perché l'alba e il tramonto hanno gli stessi colori?»
L'uomo dallo sguardo ceruleo come un cielo in estate, si voltò ad osservarla e con semplicità scosse la testa. Lei, disposta a dissipare il prima possibile il suo vuoto, parlò di nuovo.
«Sono l'uno la fine e l'inizio dell'altro, passato e presente a rincorrersi. Hanno gli stessi colori ma le sfumature di uno sono più vivide rispetto alle altre, sai quali?»
Maxime non pensava di aver colto il quesito per quello che in realtà era, ma spronato dal sorriso incoraggiante della donna di fronte a lui, provò a dare una risposta. Sempre meglio una sfida che un arrendevole silenzio.
«Credo quelle dell'alba».
La giovane donna allora annuì soddisfatta e in un passo leggero, come quello di una ninfa, gli si avvicinò posando entrambe le mani sul suo cuore. Lo scrutò senza temere le tempeste nei suoi occhi, sicura che la tranquillità e la forza raccolte nelle sue iridi potessero placare ogni guerra.
«Voglio essere la tua alba, lasciarmi alle spalle il tramonto e affrontare con te ogni nuovo giorno. Riscrivere la mia vita daccapo, servendomi delle pagine bianche della tua anima così da dare un posto al mio disordine e colmare ogni tuo vuoto».
Il vento raccolse i loro profumi e nell'etere ballerina si divertì ad intrecciarli, sino a crearne uno nuovo, avvincente, che sarebbe presto stato l'aroma della loro vita assieme.

In quelle pagine straripanti di parole sembrava ci fosse anche la loro vita intrecciata minuziosamente ad esse. Scritta in maniera delicata, con un inchiostro invisibile, in modo tale che solo Louis, che aveva avuto l'opportunità di toccare l'anima di Harry, fosse in grado di leggerla.
Era seduto in terrazza quando i colori dell'alba colorarono il bianco di quelle pagine, gettarono sfumature sul suo volto e riempirono di luce le tenebre che fino ad allora si erano annidate nei suoi occhi.
Con il cuore a battere di nuovo, questa volta nella giusta maniera, si preparò per il viaggio che avrebbe affrontato da lì a qualche ora.


E sarà più semplice,
sorridere alla gente
senza chiederle se sia per sempre
o duri un solo istante, 
e poi che ce ne importa a noi? 
Che senza di noi c'è la libertà.

I colori del tramonto, quella sera di inizio settembre, risultavano stinti come forse non lo erano mai stati. Sembrava che il sole morisse, letteralmente, dalla voglia di sparire all'orizzonte, lasciarsi andare e assopirsi per poi risorgere trascinando con sé gli stessi colori solo più vividi, veri, coraggiosi. Voleva morire e rinascere per poi restare, non andare più via, bagnando costantemente il tetto del mondo con le sue tonalità vive.
Nel frattempo, tuttavia, era ancora impossibile distinguere le sfumatura nel cielo sopra alla sua testa, difficile dare un nome a quel colore pallido che non sembrava essere né rosso, né arancio e neanche rosa e che rendeva le nuvole un unico ammasso indistinto, che le privava delle loro forme a stuzzicare l'immaginazione di chi di solito come lui si divertiva a vederci immagini reali in esse.
Per questo e per altri motivi quella sensazione gli stringeva un nodo alla gola, impedendogli di respirare. Chiuse gli occhi, fermandosi sul primo gradino della metropolitana, lo skateboard immobile sotto ad un piede e si costrinse a rimandare giù il panico, quella specie di ansia subdola che lo perseguitava da qualche tempo, da quando era ritornato al lavoro dopo aver trascorso due settimane a casa, a Doncaster.
Sei un Grifondoro, dov'è finito tutto il tuo coraggio?
La vocina nella sua testa, a cui aveva associato un paio di occhietti verdi vispi e riccioli scuri sparsi sopra al capo, non aveva smesso di prenderlo in giro neppure un istante da quando era ritornato. Sorrise inconsapevolmente, scuotendo la testa, ormai rassegnato a se stesso e tirando su un gran respiro lo fece.
Prima un gradino, poi un altro, un altro ancora, fino a che il tramonto che di lì a poco sarebbe stato un'alba, con i suoi stessi colori ma dalle sfumature diverse, non sparì del tutto lasciando di sé solo un vago ricordo.
Dissipata ogni paura, nel suo petto a correre dietro al cuore, stavolta c'era solo la speranza.

Il treno arrivò puntuale, come sempre. I piedi incollati sulla linea gialla non vollero saperne di allontanarsi da essa, il vento sferzante era vita contro il volto e la pelle, brividi lungo le braccia e la schiena. Attese l'ultimo vagone come si attende una risposta, e quando le porte si aprirono come labbra che si schiudevano per parlare, alzò lo sguardo.

Tutto ciò che aveva chiesto alla sua nuova vita, lo vide, ad appena tre passi di distanza.


Sì ma basta così, così.
E tu baciami qui, qui 
che l'ultimo sia
e poi che senso avrà, 
tanto basta così, così.
Fermiamoci qui. 

•••••

Ho pubblicato in due giorni tutt'e dieci le parti e che cosa dire, mi sento finalmente più leggera. E libera, un po' come Louis sotto alle luci di quel tramonto che quella sera ha avuto colori nuovi, tutti suoi, e per niente uguali alla precedente alba.
Grazie a chi ha iniziato a leggere/leggerà questa storia, chi l'ha aggiunta ai vari elenchi e a chi lo farà in futuro (spero vi piaccia e che vi emozioni un briciolo di quanto abbia destabilizzato me scriverla). Vi ringrazio anche per le stelline che le avete già dato!
Sono davvero contenta!
Mi farebbe tanto piacere leggere le vostre considerazioni post lettura e niente, vi lascio un abbraccio ♡
Alla prossima,
K

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