Sweet

By AnnaGargiulo442

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"La sua dolcezza è stata la mia rovina". Un anno di riformatorio non era bastato a cambiare, quelle che erano... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 75
Capitolo 76
Capitolo 77
Capitolo 78
Capitolo 79
Capitolo 80
Capitolo 81
Capitolo 82
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Ultimo capitolo
Nuova storia
Sweet 2
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Capitolo 53

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By AnnaGargiulo442

Krystal's pov
"Che succede?". Mi guardai intorno ma si vedeva ben poco, se non una fioca luce che proveniva dalla finestra che dava sulla strada.
"Ma che ore sono?". Disse Damon, facendo alzare entrambi.
Afferrai il mio cellulare, notando che fossero le nove passate di sera.
"Non è che...", ci guardammo e in un secondo schizzammo via, per raggiungere la porta. Chiusa.
"Non può essere", piagnucolai, passandomi le mani fra i capelli.
"Chiamiamo Jared", disse, sfilando il telefono dalle mie mani, solo in quel momento ricordai che probabilmente il suo, giacesse ancora sul letto, dopo la nostra discussione di non molte ore prima.
"Non c'è campo", dissi notando l'assenza del segnale sul display. "Questa non ci voleva".
"Hey sei bloccata in una biblioteca con Damon Cooper, di cosa ti lamenti?".
"Del buio", sbuffai. "Non riesco neanche a vederti".
"Paura del buio?". Mi sentì affettare per la vita, come a farmi sentire che lui fosse proprio qui, al mio fianco.
"Abbastanza", mormorai, cercando di vedere i lineamenti del suo volto. "Se ci mettiamo ad urlare?".
"Non faccio queste cose", ridacchiò. "Sono sicuro che tu sei molto...".
"Smettila, non è il momento", borbottai.
"Ma hai davvero paura del buio?". Ridacchiò.
"Un po'", scrollai le spalle. "Se non ci fossi stato tu, mi sarei messa a piangere".
"Allora ritieniti fortunata", sussurrò, dandomi un colpetto sul naso che poi il naso non era.
"Ahi, mi hai fatto male", bofonchiai, mettendomi una mano sulle labbra.
Lui continuò a ridere. "Dove ti ho colpito?".
"Bocca", borbottai, guardandolo di sottecchi, ma alla fine neppure l'avrebbe notato.
"Mhhh". Circondò la mia vita, da dietro, spingendomi in avanti.
"Damon non vedo nulla, potrebbe anche esserci uno scaffale davanti a me". Mi lamentai, aggrappandomi con le mani alle sue braccia posate sul mio bacino.
"Vedo io, tranquilla", camminammo in quel modo per qualche altro secondo, fin quando non ci avvicinammo alla finestra.
"Oh finalmente", sospirai di sollievo, quando riuscì a vedere qualcosa con chiarezza.
"E ora che facciamo? Non possiamo restare qui tutta la notte". Mi girai verso di lui, poggiandomi al muro alle mie spalle.
"Perché no?". Aggrottò le sopracciglia.
"Perché tua sorella e Jared sono soli, in una camera da letto", ridacchiai, dinanzi alla sua espressione.
"Cazzo", sbottò, spalancando gli occhi.
Si allontanò da me, iniziando a prendere a pugni quella povera porta, che non accennava ad aprirsi.
"Guarda che stavo scherzando", cercai di trattenermi dal ridere, sembrava davvero impazzito. "Dai Damon, tua sorella ha diciotto anni".
"E quindi?". Si girò, guadandomi male.
"Nulla", scrollai le spalle. "Solo...sono adulti e vaccinati".
"Non è adulta". Si poggiò contro la porta, incrociando le braccia al petto.
"Ha la tua età", sorrisi, imitando le sue mosse.
"Non vuol dire nulla, non è pronta per certe cose".
"Se lo dici tu". Pressai le labbra fra loro.
"Ovvio che lo dico io, e ora troviamo un modo per uscire di qui".
"E come?". Mi avvicinai al suo fianco, cercando di capire come funzionasse la serratura. "Sei tu il ladro, dovrebbe essere un gioco da ragazzi per te"
Sospirò, ma era più che evidente che stesse cercando di mascherare un sorriso.
"Hai una di quelle strane cose che voi ragazze avete in testa?".
"No", scossi il capo.
"Come no?". Sbuffò.
"Li porto sciolti".
"Giusto", sussurrò, guardandomi per qualche secondo, prima di riportare lo sguardo su quella porta. "Potrei buttarla giù".
"No, sei impazzito. Dovremmo ripagarla".
"Hai un'altra soluzione?". Spalancò le braccia.
"Restiamo qui, verranno ad aprirci domattina".
"Pensavo avessi un aereo da prendere", inarcò un sopracciglio.
"Riuscirò ad arrivare in tempo".
"Mh", borbottò. "E lasciare quei due da soli", serrò la mascella. "Non mi sembra affatto una buona idea".
"Dovresti fidarti di tua sorella, magari non fanno nulla".
"Magari un corno, lo ammazzo", sbottò.
"Non ti facevo così possessivo....e geloso". Ridacchiai, scivolando contro la porta.
"Non sono geloso", mi guardò dall'alto, inarcando un sopracciglio.
"Rilassati, la notte è lunga".
"Non sei simpatica", borbottò, sedendosi al mio fianco.
"Con i suoi ex andavi d'accordo?". Si girò nella mia direzione, con gli occhi spalancati.
"No".
"Vuoi parlarne?".
"No", ancora, serrando la mascella.
"Va bene", sospirai. "Ho afferrato il messaggio".
"È una lunga storia", sospirò. "Che preferisco non ricordare".
"Non preoccuparti". Accennai un sorriso.
"E invece, il tuo ex?". Fece una smorfia.
"Cosa?". Lo guardai di sottecchi.
"Non ho mai capito perché lo hai lasciato".
"Oh", non mi aspettavo questa domanda, non ne avevamo mai parlato, consideravo Jacob un capitolo chiuso della mia vita. "Non mi piaceva".
"Evviva la sincerità", ridacchiò. "Allora perché ci sei stata insieme?". Si girò, poggiando i gomiti sulle sue ginocchia.
"Non ne ho idea", ridacchiai. "Credo che Tate, abbia influito molto sulle mie scelte, ma non appena mi sono resa conto di non riuscire neppure a baciarlo, ho chiuso".
"In che senso?". Corrucciò la fronte.
"Dobbiamo proprio parlarne?".
"Si", annuì, poggiando entrambe le mani sulle mie ginocchia.
"E perché mai? Non parliamo mai di te".
"Non ho nulla di interessante da dire", inclinò di poco il capo.
"Sono sicura che la tua vita sia molto più interessante della mia".
"Allora? Dicevi", alzai gli occhi al cielo.
"Io nulla".
"Da me ti facevi baciare però". Ammiccò, stringendo le mie ginocchia con le sue mani.
"Non dovevamo parlare di Jacob?", distolsi lo sguardo.
"Non l'ho mai detto".
"Certo che lo hai detto, è lui il mio ex".
"Appunto ex, non esiste più", tirò le mie gambe, verso di se, in modo che fossero ai lati del suo corpo.
"Sei strano lo sai?".
"Lo so, per questo ti piaccio".
"Non l'ho mai detto", feci un ghigno, ma lui era molto più bravo di me in questo.
"E allora perché mi baci?". Fece scivolare le sue mani dietro la mia schiena.
"Non rigirare la frittata Damon".
"Potrò farti qualche domanda anch'io o no?", scossi il capo.
"Risponderò se lo farai per prima tu", dissi, poggiando le braccia sulle sue spalla.
"Mi stai ricattando piccoletta?".
"È solo un compromesso", scrollai le spalle.
"Non equo". Le sue mani presero a muoversi dal basso verso l'alto.
"Lo è invece, te l'ho chiesto per prima io".
"Non seguo mai le regole".
"Mi dispiace, ma dovresti seguirle stavolta". Sussurrai.
"E perché?". Poggiò la sua fronte contro la mia.
"Non sei curioso?".
"Ma io so perché tu mi baci", fece sfiorare i nostri nasi, regalandomi uno di quei sorrisi, che avrebbe steso un esercito intero.
"Davvero?". Il mio cuore prese a battere all'impazzata, speravo solo che non se ne sarebbe uscito con qualcosa di sconveniente, per me.
"Davvero".
"Non ci credo, non sai nulla", una risata nervosa lasciò le mie labbra.
"Tu credi?". Alzò un angolo delle sue labbra, senza mia distogliere lo sguardo dal mio.
"Allora dimmelo", mordicchiai il mio labbro.
"No", scosse il capo.
"Perché non lo sai neanche tu", sorrisi, cercando di calmarmi e non far trapelare l'ansia che mi stava mangiando viva.
"E tu lo sai?".
"Perché mi baci?". Domandai titubantemente.
Lui annuì.
"Si, lo sai?". Attirò il mio corpo più vicino al suo, facendomi mancare il respiro.
"Non te lo avrei chiesto altrimenti".
"E perché vuoi saperlo?".
"Non funziona così Dam", abbassai il capo. "Già so che non mi dirai nulla, possiamo anche smettere di parlarne".
"Ti arrendi così?". Sussurrò, poggiando il suo naso contro la mia guancia.
"Non si tratta di questo...", chiusi gli occhi.
"E di cosa si tratta?". La sua mano finì dietro la mia nuca, portando il mio viso davanti al suo.
"Di nulla", scossi il capo. "Davvero, non parliamone più".
"Non vuoi saperlo?". Soffiò sulle mie labbra.
"Non giocare Damon". Il tono serio, avevo un groppo in gola, non aveva idea di come una sua eventuale risposta avrebbe potuto cambiar tutto.
"Non lo sto facendo", si accigliò, quando mi allontanai. "Che ti prende?".
"Ho sonno". Mi alzai.
"Sei sempre più strana", sembrava quasi infastidito.
"Non sono strana, semplicemente credo sia unutile parlarne. Non ti sei mai voluto aprire su nulla con me, non succederà neppure questa volta".
"Mi pare di essermi aperto anche abbastanza", sbottò. "Solitamente tengo lontano mia sorella da tutti".
"Non parlavo di questo", sussurrai.
"E di cosa allora?". Spalancò le braccia. "Di Cosa stiamo parlando krystal?".
"Di nulla", distolsi lo sguardo, non sopportavo quando alzava la voce.
"Ci tieni così tanto? Se vuoi te lo dico?".
"Ho detto che non voglio più parlarne, basta", mi andai a sedere su quella poltrona.
"Bene, come vuoi", sbottò poggiandosi contro la porta. Non risposi, appoggiandomi al bracciolo di quella poltrona, sperando che quelle ore passassero il prima possibile. Ma quella volta, i ruoli si erano nettamente invertiti e non ero io, quella ad aver voglia di continuare a parlare.
"Io non ti capisco", sbottò, sbuffando sonoramente. "Cambi umore all'improvviso".
Inarcai un sopracciglio, sperando che potesse ugualmente vedermi.
"Non cambio umore all'improvviso, io", specificai, richiudendo gli occhi.
"Vorresti dire che lo faccio io?". Una risata amara lasciò le sue labbra.
"Credo che tu lo sappia anche da solo", in un'altra occasione avrei anche riso per questo stupido battibecco, ma quello di cui stavamo parlando era troppo importate per me, e non volevo sminuire tutto.
Si girò nella mia direzione, corrucciando lo sguardo.
"Sai cosa? Non parliamone, è meglio", si era offeso e poi definiva me, permalosa. In ogni caso, per me era meglio così.
Tentai ancora una volta di farmi rapire dal sonno e ci stavo quasi riuscendo.
"E dimmi", prese un colpo di tosse. "Ti sei mai chiesta perchè Jacob ti baciasse, che poi non ti baciava realmente, ma dettagli".
Sbruffone, avrei voluto dirgli, ma la mia mente escogitò qualcosa di molto più forte, che forse avrebbe colpito nel segno, o forse no. Tutto dipendeva da lui, si riduceva tutto a questo.
"Non serviva che io glielo chiedessi, me lo diceva spesso", accennai un sorriso e la sua reazione fu immediata. La sua mascella si serrò, i pugni stretti lungo il corpo ed a qual punto, arrivai addirittura a pensare che forse, un po', Damon fosse geloso di me.
"Gli piacevo", continuai.
"Beh, mi sembra ovvio, altrimenti non avrebbe insistito tanto per infilarti la lingua in bocca". Fece una smorfia.
"Ma bisogna sempre vedere il senso", incrociai le braccia al petto.
Avevo deciso di non rivolgergli più la parola per tutta la notte e invece, eccoci qui a parlare di ex.
Avevo mille domande in serbo per lui, che appena possibile avrei sganciato.
"Piacere è una grossa parola".
"Lo so", ammiccò.
"Non fare lo stupido".
"Su, sentiamo", sollevò le sopracciglia. "Sono curioso di sentire cosa la tua mente elabora".
"Bene", mi posizionai meglio, in modo che potessi guardalo, ma ad una debita distanza. "Una ragazza, o un ragazzo, ti può piacere fisicamente, o mentalmente o entrambe le cose".
"Tutto qui?".
"È la verità, se ci pensi".
"Mh", mugugnò. "E io come ti piaccio?". Puntò i suoi occhi nei miei.
"Sei così sicuro di te", scossi il capo, accennando un sorriso.
"Quindi?".
"Non si chiedono certe cose", spalancai le braccia.
"Quindi ti piaccio".
"Devi capire come". Poggiai il mento sulle ginocchia. "E io, come ti piaccio?".
"Dai per scontato che tu mi piaccia?". Sussurrò, assottigliando lo sguardo.
"Anche solo un po', altrimenti non mi baceresti. Hai target troppo alti".
"Target troppo alti", scoppiò a ridere. "A che ti riferisci?".
"A scuola ho imparato tante cose, anche il fatto che quelle che porti in bagno sono prevalentemente alte, bionde, magre... e con tutte le cose al posto giusto".
"Beh, ti sbagli, l'ultima volta, nel bagno di uno spogliatoio, ero con una ragazza, bassa, mora e con tutte le cose al posto giusto".
"Mh", distolsi lo sguardo.
"Quindi...dicevamo", prese un colpo di tosse. "Fisicamente, mentalmente o entrambe le cose".
Annuì soltanto, cercando di non far trapelare l'agitazione per una sua eventuale risposta che probabilmente non sarebbe neppure arrivata.
"Allora", portò due dita sotto al mento con fare pensiero. "Beh, non si può negare che tu sia una bella ragazza".
"Oh, grazie", assottigliai lo sguardo, attenta ad ogni sua minima mossa ad ogni sua parola, a tutto ciò che avrebbe potuto dare un senso a quello che avevo dentro.
"Prego", ammiccò. "Ma sarebbe troppo banale tutto questo". Fece pressione sulle gambe alzandosi.
L'agitazione riprese vita in me, volevo baciarlo, ma allo stesso tempo ne avevo paura. Sapevo bene cosa sarebbe accaduto dopo, e la mia imminente partenza mi suggeriva ancor di più che era meglio calmarsi.
"Cosa sarebbe banale?". Sussurrai, portando le ginocchia al petto.
Sospirò, mordicchiandosi l'interno guancia. Mi sembrava di aspettare da ore ed ore quello che avrebbe potuto dirmi, una qualunque spiegazione, invece passarono solo pochi secondi, i più lunghi della mia vita.
"Non si riduce tutto al fatto che tu abbia un bel culo".
"Damon", repressi un urlo, portandomi le mani in viso. "Ma che dici?".
"Spiegavo il mio punto di vista", scrollò le spalle con una finta innocenza che non gli apparteneva affatto.
"Certo", borbottai, distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
"Qualcosa non ti è chiaro piccola Krystal?". Avanzò di qualche passo, fermandosi al mio fianco.
"Parli in codice Damon", dissi, guardandolo dal basso.
Si piegò sulle ginocchia, spostando una ciocca di capelli dal mio viso.
"Dovrai capirlo da sola, allora".
"Sai che questo non è corretto?".
"Ringrazia che non ti stia chiedendo nulla io". Ammiccò.
"Sei troppo sicuro di te", alzai un angolo delle mie labbra.
"Forse", scosse il capo per nulla convinto. "Intanto, hai baciato solo me".
"Non puoi saperlo". Incrociai le braccia al petto.
"Ne sono sicuro", replicò, poggiandosi sul bracciolo di quella poltrona.
"E come?". Mi accigliai, ma poi la mia boccaccia, sparlò troppo. "Oddio non so baciare?". Spalancai gli occhi, quando mi resi conto, dopo qualche secondo, di quello che avevo appena detto.
Avrei tanto voluto che la terra mi inghiottisse in quel momento, ma non avvenne.
Mi guardò, dapprima serio, per poi accennare un sorrisino alla Damon, uno di quelli che non lasciava presagire nulla di buono e che prevedevano una delle sue solite risposte da bollino rosso, ma mi sbagliavo e una strana sensazione di calore si espanse in tutto il mio petto.
"Magari, sarebbe più facile per me se le tue labbra non mi facessero quell'effetto".
Non riuscì a non sorridere e neppure lui, quando i nostri sguardi si incrociarono, ma per pochi secondi, dato che lui, ad un certo punto, sembrò davvero essere in difficoltà.
"Ehm, quindi che facciamo?". Domandai, puntando lo sguardo ovunque, tranne che su di lui. "Restiamo qui?".
"Non c'è altra soluzione", rispose, alzandosi. "Dormi tu qui, io mi metto a terra", e lo fece, senza dir più nulla per tutta la notte.

Un botto, qualcosa che sbatteva, e delle voce fastidiosamente acute, diedero il via ad una giornata della quale in quel momento non avevo ancora consapevolezza.
Ero in uno stato di dormiveglia, dove senti, ma non senti, vedi ma non vedi e poi, arriva quel momento in cui, il peso di quella giornata, ti piomba addosso come un macigno e tu non puoi far altro che scattare via da quel letto e affrontare tutto quello che, quella fatidica giornata ha in serbo per te.
Ma quello non era il mio letto e quello sul quale ero appoggiata non era il mio cuscino.
Avevo ricordi abbastanza vividi della serata precedente e il collo di Damon, non era l'ultima cosa che avevo sfiorato prima di addormentarmi.
"Ragazzi...ragazzi", strizzai gli occhi, cercando di mettere a fuoco quello che stava accadendo attorno a me. Una donna, con una classica uniforme da cameriera, ci guardava con le mani poggiate sui fianchi e una scopa poggiata al suo corpo come se questa fosse una sorta di supporto per lei.
"Ma che ci fate qui?". Continuò.
Damon, era ancora nel mondo dei sogni, con la testa, nascosta nell'incavo del mio collo. Come eravamo finiti in quella posizione? Ricordavo di essermi addormenta su quella poltrona, che ora invece era vuota.
"Ci hanno chiuso dentro", bofonchiai, cercando, a malincuore, di liberarmi dalla presa ferrea di Damon, attorno alla mia vita.
"Oddio", spalancò gli occhi. "Sono stata io, non pensavo ci fosse ancora qualcuno". Portò le mani davanti alla bocca, facendo cadere quella scopa che finì dritta sulla schiena di Damon.
"Ma che cazzo", imprecò, svegliandosi di botto, accigliandosi, quando vide me e quella donna, trattenerci dal ridere. Continuò poi a guardare me, in modo strano, quando parlai.
"Non si preoccupi, sa dirmi che ore sono?".
"Le otto e trenta".
"Che cosa?". Balzai all'in piedi, rischiando quasi si cadere, e lo avrei fatto se Damon non mi avesse afferrato in tempo.
"Sta attenta", alzò gli occhi al cielo.
"Damon è tardissimo", urlai, afferrando la sua mano, con l'intenzione di far alzare anche lui, ma senza alcun risultato.
"Stai calma", sbuffò, quasi infastidito. "C'è tempo prima che tu te ne vada", fece una smorfia, che non seppi interpretare, prima di sgranchirsi e alzarsi finalmente da quel pavimento.
Non potevo perdere quell'aereo. Non si rendeva conto della gravità della cosa.
"No Damon, non c'è tempo", sbottai. "Devo ancora preparare la valigia e chiamare un taxi", mi avviai verso l'uscita, salutando con un cenno distratto quella donna che ci fissava come se avesse dinanzi a se due pazzi, e forse lo eravamo davvero.
"Sei ansiosa", mi sorpassò, dandomi una spallata, prendendo l'ascensore, senza neppure aspettarmi e pensare che quella notte avevamo dormito abbracciati.

"Ma che fine avete fatto?".
"Non ora, ha fretta".
Lanciai un'occhiataccia a Damon che lui neppure colse, entrò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.
"Ma cosa è successo?". Domandò Charlotte, mentre Jared la aiutava a sedersi sulla sedia a rotelle.
"Ci hanno chiuso in biblioteca", dissi, passandomi le mani fra i capelli, mentre cercavo di fare il punto della situazione sulle cose che avrei dovuto infilare in valigia in meno di cinque minuti.
"Ma come?". Disse Jared, non riuscendo a trattenere una risata, ma prima che potessi rispondere, mister simpatia, uscì dal bagno, con un diavolo per capello.
"Andiamo, il taxi è quasi arrivato".
"Devo ancora andare in bagno", dissi, guardandolo esasperata ma anche in quel caso, mi snobbò alla grande.
"Muoviti, ti aspetto giù", e andò via.
"Bel modo di iniziare la giornata".
"È il solito stronzo", borbottò Charlotte. "Quindi vai già via?". Io stavo ancora fissando quella porta, senza riuscire ad emettere un suono.
"Krystal?".
"Oh si, scusatemi", finsi un sorriso. "Ero soprappensiero". Charlotte, annuì incerta. Quella ragazza capiva più di quello che a me conveniva lei capisse.
"Comunque si, devo andare e anche subito", ridacchiai nervosamente.
"Ti dò una mano", mi immobilizzai per qualche secondo, quando Jared mi si avvicinò, aiutandomi a mettere le ultime cose in valigia. Cosa mi ero persa? Cosa stava succedendo? Sarei impazzita prima o poi.
"Grazie", gli sorrisi grata, mi dispiaceva abbandonare tutto questo così presto, mi dispiaceva non aver mai la possibilità di portare a fondo tante cose nella mia vita, e soprattutto, mi dispiaceva, dover lasciar Damon in quel modo, perché sapevo che da qui ad un'ora il suo umore, non sarebbe migliorato.
Il viaggio in taxi fu silenzioso come me lo aspettavo, ma non per questo, meno triste per me. Non una parola, non uno sguardo, nulla ed era fastidiosamente stressante dopo la notte precedente, una notta in cui Damon, seppur in minima parte si era lasciato andare a qualche parola in più, che io non avrei mai dimenticato, ma lui, dava tutta l'impressione di averlo già fatto e questo faceva male, molto più di quanto avrei mai potuto immaginare.
Scesi dall'auto, riuscendo a pagare l'autista, prima che potesse farlo Damon. Dalla sua faccia, fortemente contrariata, era chiaro che non ne fosse molto contento, ma non potevo permettere che lui spendesse altri soldi per me. Ad ogni modo, non disse nulla ed io non capivo davvero il motivo del suo mutismo.
Mi girai, pronta a salutarlo anche se pronta non lo ero affatto, quando lui mi rigirò, spingendomi con i suoi soliti modi, verso l'interno dell'aeroporto.
"Puoi anche dirlo a parole", sbuffai, quando per poco non finì addosso ad un'altra persona.
"Cosa?". Borbottò.
"Che volevi accompagnami dentro", mi fermai, mancavano cinque minuti all'apertura del gate, quelli erano davvero i nostri ultimi momenti insieme, per ora. Lo speravo almeno.
"Saresti in grado di perderti anche qui", mi accigliai.
"Perché sei arrabbiato ora?". Sbuffai, non avrei resistito oltre, sopratutto non sapendo quando lo avrei rivisto.
"Non sono arrabbiato", scrollò le spalle. Poco convincete. Ultimamente, avevo la sensazione di riuscire a leggere meglio le emozioni di Damon, seppure in una minima parte, ma per me, era già un gran traguardo, visto il punto da cui eravamo partiti.
"Lo sei", lo guardai e lo fece anche lui. "Ho detto o fatto qualcosa di male?".
"Hanno aperto il varco, puoi andare", disse, passandomi la valigia.
"Ho ancora un po' di tempo", l'amore era anche questo, fingere di non aver sentito qualcosa che ci avrebbe deluso ed anche tanto.
"Come vuoi".
"Allora? Non voglio che...ci salutiamo così, se ho detto...", sussurrai.
"Il mondo non gira intorno a te, krystal. Se sono incazzato, non vuol dire che sia tu il motivo", sbottò, serrando la mascella.
"S-si lo so, solo che...non lo so", sospirai, distogliendo lo sguardo.
Nuova delusione, nuovi cerotti da dover aggiungere sul mio cuore.
"Dovrei andare".
"Già". Borbottò, con la mano ancora poggiata sulla mia valigia che non avevo ancora preso.
"Già", sussurrai. "Grazie per avermi aiutato", abbassai il capo. La sua indifferenza, mi stava uccidendo. "C-ciao Damon", tesi il braccio verso la mia valigia.
"Aspetta", sospirò. "Non sono incazzato con te", il tono basso. Puntò i suoi occhi nei miei. "Thomas verrà a prenderti, ricordati quello che ho detto", era serio e determinato. Sembrava quasi che il suo fosse una specie di ordine, ma sapevo perché lo facesse.
"Starò attenta", accennai un sorriso, che però non ricambiò. Era nervoso e non avevo mai visto le sue mani tremare, mentre mi cedeva con riluttanza quella valigia. "Ciao", dissi ancora.
"Chiamami quando arrivi", rispose.
"Ok", sussurrai, un pò delusa dal fatto che non mi avesse neppure dato uno stupido bacio sulla guancia, una minima cosa, ma dovetti ricredermi.
Mi voltai, imponendomi di guardare solo avanti, quando un suo braccio circondò la mia vita, con forza, con possessione. Sentivo il suo corpo premuto contro il mio, mentre avvicinava il viso al mio orecchio.
"Non dimenticarlo", sussurrò, lasciando un tenero bacio sulla mia tempia e mi sentì egoista a pensare che per lui, io, avrei rinunciato a tutta la mia vita intera, semmai me lo avesse chiesto.
Questa consapevolezza, fu la causa di qualche lacrima che rigò il mio viso, non appena poggiai il capo contro l'oblò. Quando l'avrei rivisto? E cosa sarebbe successo da quel momento in poi?

Quindici giorni dopo, avevo ancora il sorriso sulle labbra. Non c'era stato un solo giorno in cui io e Damon, non ci fossimo sentiti. Ero colpita da tutto questo perché era lui a cercare me, la maggior parte delle volte e dopo ancora tutti questi giorni, mi stupiva vedere il suo nome scritto sul display del mio telefono. Parlavamo di tutto, lui non scendeva mai nei dettagli, ma il fatto che in questo lasso di tempo, che non sapevo precisamente, quando sarebbe finito, lui si fosse fatto sentire, non poteva far altro che farmi innamorare di lui ancor di più.
Era presente, avvertivo la sua presenza come se lo avessi al mio fianco, non c'eravamo lasciati nel migliore dei modi, ero molta confusa quel giorno, eppure ora, iniziai a pensare che sarebbe stato impossibile per me, affrontare un'altra mattinata, senza parlargli. Sorridevo, lo facevo sempre e questo divertiva Tate, che mi prendeva in giro, Thomas, che non la smetteva di fare strane allusioni su un possibile futuro con Damon che purtroppo io non vedevo ancora. Ero certa di una cosa però, qualcosa stava cambiando, Damon stava cambiando, noi avevamo deciso di cambiare. Non sapevo cosa lo spingesse a cercare me fra mille ragazze, ad aiutare me, a baciare me, non lo sapevo davvero, ma qualcosa doveva pur significare.
Non avevamo mai sfiorato questo argomento e mi andava bene, l'ultima cosa che volevo era allontanarlo, lo volevo con me, sempre e solo con me e questa infinita attesa, era straziante.
"Stasera pizza, vi va?".
Chiusi lo sportello del mio armadietto, era tornato tutto come un tempo, io, Tate e Luke. Jacob, era da un po' che non lo vedevo, e iniziai a domandarmi se non avesse cambiato scuola, tuttavia Luke, non mi aveva mai dato una risposta vera ed io avevo smesso di chiedere, non era affar mio.
"Portiamo anche Thomas", dissi.
Negli ultimi giorni, quel ragazzo era davvero giù di morale. Corinne, era partita per una gita scolastica e lui, non sembrava affatto entusiasta di questa cosa, ovviamente lo aveva detto solo a me, per non rovinare quei giorni alla sua ragazza, perché ormai era quello per lui. Stavano insieme da quasi un mese ed erano tenerissimi, Thomas, mi aveva persino confessato di essersene innamorato, ma di non avere il coraggio di dirglielo.
Questo, era probabilmente la causa di molti litigi nelle coppie o non coppie. Il coraggio, già, quello mancava anche a me.
Nei miei discorsi con Damon, seppur non si parlava mai di noi, c'erano momenti in cui i toni, le parole, toccavano alcune corde del mio cuore che premevano per urlare la verità, ma ecco appunto, che mi mancava il coraggio, dirottando così, la nostra conversazione su qualcosa di meno sconveniente per me.
Ero sicura, che un giorno o l'altro sarei scoppiata, gli avrei detto tutto, forse rovinando quello che c'era ed era proprio questo a bloccarmi, non volevo perderlo.
"Se proprio insisti", borbottò Luke, distogliendo lo sguardo.
Lui, non sapeva del mio piccolo viaggio in Svizzera, né del fatto che avessi conosciuto Charlotte, mi ero raccomandata, almeno mille volte con Tate, di tenere la bocca chiusa alla quale invece, sotto minaccia, avevo dovuto dir tutto, ma proprio tutto.
"Thomas è ok", disse lei. "Dove andiamo?".
Scrollai le spalle, guardando Luke. "Che proponi?".
Sospirò, per nulla convinto di quella quarta presenza, avevo intuito che Thomas non gli fosse molto simpatico, probabilmente per quello che era successo un anno fa, di cui non sapevo ancora nulla, ma quel ragazzo era mio amico e non lo avrei mai lasciato solo in quel momento.
"Conosco un posto in centro, andremo lì".
"Ok", gli sorrisi, lui ricambiò ma non del tutto felice.
"Ma Jacob?". Sobbalzai alla domanda di Tate, era da un po' che non chiedevamo sue notizie e mi ero appunto, ripromessa di non farlo mai più.
"Da domani tornerà a scuola", rispose semplicemente Luke, passandosi le mani fra i capelli. "Ora ho lezione, vengo a prendervi io stasera", disse, sgattaiolando via.
"Tutta questa storia mi puzza, anche Piper è scomparsa da quattro giorni".
"Già", sussurrai, pensierosa. Avevo sempre pensato, anche quando frequentavo Jacob, che fra quei due ci fosse stato qualcosa ed oggi, ne ero sempre più convinta.
"Su andiamo, abbiamo già abbastanza problemi noi".
Mi afferrò per un braccio, trascinandomi verso la nostra classe. Ero completamente sulle nuvole, tanto non notare neppure Rick, che mi aveva salutato.

Sei un'asina.
Odio la matematica.
Dovremmo giocare al professore e l'alunna.
Cretino! Ma comunque, dovresti davvero aiutarmi.
Solo se indossi quella gonna.
"Krystal", trasalì quando la voce del professor Parker, richiamò il mio nome.
"Si?" Cercai di mantenere lo sguardo alto, mentre Tate sfilava il telefono dalle mie mani per poterlo nascondere.
"Potrebbe continuare il mio discorso?". Fantastico.
"Ehm, mi scusi prof, ero distratta", distolsi lo sguardo, sicura di essere arrossita.
"Questo lo avevo capito", borbottò. "Stà più attenta", aggiunse, continuando per mia fortuna a parlare di qualcosa di cui non avevo neppure idea.
"Sei un'incapace", bisbigliò Tate. "Non puoi messaggiare se sei seduta al lato esterno".
"Beh, allora facciamo cambio", mormorai, abbassandomi dietro una ragazza dai folti capelli rossi e ricci, era un ottimo nascondiglio.
Un sorrisino furbo, spuntò sul suo volto.
"Non pensavo che sarebbe successo tutto questo", poggiò il mento sulla sua mano. "Insomma...non pensavo che Damon fosse un tipo che assaliva di messaggi una ragazza".
"N-non è così", balbettai. "Ogni tanto parliamo".
"Lo fate tutto il giorno Kry", sbuffò una risata. "In quindici giorni, vi siete scambiati mille e trecento messaggi", aprì il mio telefono che subito sfilai dalle sue mani.
"Smettila, non leggerli".
"Ow, come siete carini però".
"Siamo solo..non lo so", sbuffai. "Non siamo amici, ma non siamo neppure altro".
"Dovete essere per forza altro, amici mai", spalancò le braccia. "Dai, è evidente".
"Non so più nulla, sono felice di tutto questo, ma perché?".
"Forse lui, intende questa fase come se vi stesse frequentando".
"No Tate, non è così", scossi il capo. Ne ero sicura.
"Lo avrebbe detto".
"Da quello che mi hai raccontato, in Svizzera si è dimostrato molto geloso di te, non voleva che tu partissi", accennò un sorriso. Ero felice in quel periodo, io, ma Tate mi sembrava essersi spenta di nuovo, speravo solo che non stesse ricadendo in quel mondo, ma fino a quel momento, ero sicura che non fosse accaduto.
"Si", sussurrai. "A volte credevo davvero che lui fosse geloso di me, sono cambiate così tante così Tate", sbuffai. "Sono confusa".
"Forse anche lui è confuso, non ci hai mai pensato Kry?".
"Confuso...su di me?".
"Anche su se stesso", poggiò una mano sul mio braccio. "Conosco Damon da poco, ma da quello che ho sentito sul suo conto, ora è un Damon completamente diverso. Lo pensa anche Luke".
"Hai parlato con Luke?".
"Si", abbassò il capo. "Mi ha baciata".
"Che cosa?". Strabuzzai gli occhi. "Quando? Perché non me lo hai detto?".
"Non lo so Kry, mi sento strana. Io e Luke siamo amici, ma....".
"Ti piace?". Domandai speranzosa, mi sarebbero piaciuti molto insieme. Volevo un bene dell'anima ad entrambi ed inoltre Luke, era un bravissimo ragazzo.
"Non me lo sono mai chiesta, ma il bacio mi è piaciuto", mi guardò, accennando un sorriso.
"Non avere fretta, lo capirai col tempo", le sorrisi.
"Buffo eh? Si sono invertiti i ruoli", ridacchiò.
"Ci compensiamo a vicenda".
"Menomale Kry", mi pizzicò il naso. "Sono davvero fortunata  ad averti".
"Anch'io Tate".
"Che palle questo ragazzo però". Sbuffò.
"Che succede?". Fece un cenno al cellulare sul mio banco, e così notai un altro messaggio, sempre da parte sua, e come ogni volta, il mio cuore, prese a battere sempre più forte.
Non essere timida, se preferisci, puoi anche toglierla quella gonna.
Scoppiammo a ridere, mi mancava, mi mancava da morire.

"Il tuo amico mi guarda male".
Diedi un morso alla mia pizza, prima di guardare Thomas che fissava Luke.
"Pensavo fosse anche tuo amico", sobbalzò. Nessuna sapeva, oltre Damon, che Luke avesse parlato.
"Cosa mi sono perso?". Sospirò.
"Mi ha raccontato qualcosa", dissi, girandomi nella sua direzione. "Credo di aver capito che un tempo eravate un gruppo, ma poi....è successo qualcosa".
"Non ti ha detto cosa", la sua era quasi un'affermazione.
"Esatto", annuì. "Tu lo sai vero?".
"Si", mi guardò dritto negli occhi. "Purtroppo c'ero, anche se come Damon, sono venuto a sapere della verità troppo tardi per poter fermare quello che stava accadendo".
"Cosa stava accadendo?". Sussurrai.
"Krystal", accennò un sorriso. "Sia tu che Damon siete miei amici, ma non posso. Se vorrà, sarà lui a dirti tutto quello che è successo".
"S-si scusami", balbettai. Non avrei dovuto metterlo in difficoltà, ma ogni volta che si toccava questo argomento, non riuscivo a non farlo.
Dovevo almeno provarci, anche se, dentro me, sapevo che avrei voluto ascoltare questa storia, da una sola persona.
"Non devi scusarti, so che vorresti conoscerlo di più".
"Mh".
"Dagli tempo, qualcosa sta succedendo", mi sorrise, spingendomi da una spalla. "Credi che non me ne sia accorto che stai parlando con lui da tutta la sera e che sorridi mentre lo fai?".
"Ehm..ecco noi, ci stiamo sentiamo spesso ultimamente".
"L'avevo capito", ridacchiò, scompigliandomi i capelli.
Alzai lo sguardo, notando Luke, fissarci corrucciato.
"Pensavo di essere l'unico a farlo", disse, guardando ancora la mano di Thomas fra i miei capelli.
"Che stai dicendo Luke?". Mi accigliai.
"Hai un nuovo amico", scrollò le spalle, ma era evidente che fosse infastidito.
"Luke, sarai mica geloso?". Ridacchiò Tate, a disagio. Qualcosa mi suggeriva che quel bacio le era piaciuto molto più di quando fosse disposta ad ammettere persino a se stessa.
"Krystal è mia amica, non voglio che si confonda con certa gentaglia". Replicò.
"Luke, ma..". Thomas mi interruppe.
"Ti ricordo che", si indicò. "Questa gentaglia, un tempo era tuo amico", fece una smorfia.
"Bella merda".
"E ti ricordo", serrò la mascella. "Che io e qualcun altro, non ne sapevamo nulla. Sei tu, quello che si è schierato dalla parte sbagliata".
"Ma che stai dicendo?". Sbottò.
"Avresti dovuto informati meglio", rispose Thomas, serrando i pugni.
"Non è colpa di Jacob, lui...".
"Non nominarlo neppure", si alzò, battendo un pugno sul tavolo. Io e Tate, ci guardammo allibite e anche un po' preoccupate, non avevo mai visto Thomas così arrabbiato. Sembrava essere completamente fuori di se.
"Che cazzo stai dicendo?". Anche Luke si alzò. "L'unica responsabile di tutta questa storia è...".
"Sta zitto", vidi Thomas, guardarmi con la coda dell'occhio. Capì allora, che fosse la mia presenza il problema e questo, mi ferì.
Una risata amara lasciò le labbra di Luke.
"Prima o poi verrà a sapere quello che Damon ha fatto".
"Anche in questo ti sbagli Luke", sputò Thomas. "Vi sbagliate tutti, non immaginate quanto", afferrò il suo cellulare dal tavolo, andando via.
"Qualcuno mi spiega cosa è appena successo?". Tate, mi aveva letteralmente tolto le parole di bocca.
"Infatti", sbottai.
"Non lo so neppure io", sospirò mettendosi seduto.
"Invece si", gli puntai un dito contro. "Tutti sapete qualcosa, mi state prendendo in giro tutti", ignorai il messaggio che mi era appena arrivato.
Cosa aveva fatto Damon? Chi era Damon? Chi erano i miei amici?
"Mi sembra di rivivere un incubo", sussurrò, passandosi le mani fra i capelli.
"Luke", sospirai. "Ti prego". Avevo voglia di piangere e di spaccare qualcosa allo stesso tempo.
"Parlane con Damon, è l'unico che conosce tutta la verità", ma io non ci credevo.
"Pensavo fossi mio amico", recuperai le mie cose, volevo andarmene.
"Krystal aspetta", mi afferrò per un braccio. "Ti voglio bene, sto solo cercando di proteggerti".
"Le bugie non hanno mai protetto nessuno", mi liberai dalla sua presa, andando via, ignorando anche la voce della mia amica che chiamava il mio nome.
Uscì da quel locale, stringendomi nel mio cappotto, faceva freddissimo e in quel momento mi dimenticai persino della promessa fatta a Damon e questo, mi punì subito.
Andai a sbattere contro qualcuno, ma quando alzai lo sguardo, non mi aspettavo di certo di vedere Jacob. Mi afferrò per le spalle, guardandomi dritta negli occhi. Un brivido di paura, percorse la mia schiena, il suo sguardo, era pura rabbia.
"Dov'è Charlotte?". Sussurrò, aumentando la presa.

Angolo autrice
Buongiorno ragazze, sono tornata 😂 come già vi avevo accennato, ero fuori per lavoro e sono tornata solo ieri, ma sono riuscita fra stanotte e questa mattina a completare il nuovo capitolo. Spero non ci siano errori.
Personalmente, considero questo capitolo, come una svolta, passano quindici giorni in cui cambia tutto, nonostante i nostri krymon siamo distanti. Ma presto scopriremo anche i pensieri di Damon, che lo hanno portato a fare questo, a non riuscire ad allontanare nuovamente Krystal.
Ed in fine, il ritorno di un personaggio, che fino a questo momento, era come scomparso di scena, Jacob. Cosa succederà?
Grazie mille di tutto e scusatemi per l'attesa XX.

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