I rovi della luna

By FrancescaBufr

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Cameron è stato appena lasciato, è depresso e pessimista ed è seppellito di lavoro per la nuova stagione de "... More

Cameron's Life - Parte Prima
Cameron's Life - Parte Seconda
Cameron's Life - Parte Terza
Pictures on the ceiling - Parte Prima
Pictures on the ceiling - Parte Seconda
The anomalous fruit of the tree - Parte Prima
The anomalous fruit of the tree - Parte Seconda
The last time - Parte Prima
The last time - Parte Seconda
Feelings on the horizon - Parte Prima
Feelings on the horizon - Parte Seconda
The artist and the actor - Parte Prima
The artist and the actor - Parte Seconda
Parent meeting - Parte Prima
Parent meeting - Parte Seconda
A severe miscalculation - Parte Prima
A severe miscalculation - Parte Seconda
On the road - Parte Prima
On the road - Parte Seconda
A sparkling conversation - Parte Prima
A sparkling conversation - Parte Seconda
Phantoms from the past - Parte Prima
Phantoms from the past - Parte Seconda
The Interview - Parte Prima
The Interview - Parte Seconda
Truth or dare - Parte Prima
Truth or dare - Parte Seconda
An Earthquake! - Parte Prima
An Earthquake! - Parte Seconda
Approach strategies - Parte Prima
Approach strategies - Parte Seconda
A web of secrets - Parte Prima
A web of secrets - Parte Seconda
Action painting
Dangerous digressions
Business relation - Parte Prima
Business relation - Parte Seconda
Three Chairs - Parte Prima
Three Chairs - Parte Seconda
Without control
Lift-off
Another place
A revelatory moment - Parte Prima
A revelatory moment - Parte Seconda
Time together - Parte Prima
Time together - Parte Seconda
Return to the Truth
Outbrust of rage
Reconciliation
Break from work
Sword of Damocles
An interrupted couple - Parte Prima
An interrupted couple - Parte Seconda
Fragments - Parte Prima
Fragments - Parte Seconda
Behind the curtains - Parte Prima
Behind the curtains - Parte Seconda
Ryan makes amends - Parte Prima
Ryan makes amends - Parte Seconda
Self-humiliation
No doubt - Parte Prima
Non-original screenplay - Parte Prima
Non-original screenplay - Parte Seconda
Fill the void - Parte Prima
Fill the void - Parte Seconda
To sleep with him - Parte Prima
To sleep with him - Parte Seconda
The two boyfriends - Parte Prima
The family women - Parte Prima
The family women - Parte Seconda
An unexpected guest - Parte Prima
An unexpected guest - Parte Seconda
The Jetty - Parte Prima
The Jetty - Parte Seconda
The new neighborhood - Parte Prima
The new neighborhood - Parte Seconda
A new start
The devious trickery
Shakespeare in the park
Negotiation
Ripped line - Parte prima
Ripped line - Parte Seconda
Locked rooms - Parte Prima
Locked rooms - Parte seconda
The empty space theorem
Competition
Scalene triangle
Revenge
Rainbow pride
Another moon
Sincerity
Family matter
At work
Intimacy
Mirror
The word love
Moonlight
For the first time
What goes around comes around
Adam's family
Rumors
Jason on the edge
Sneaking around
Broken glass
Parallel lines
Domino effect
The both of you
Moving life
Fix it
Mealtimes
Third wheel
The one that frees you
Declaration
A new birth
The end and the beginning
The room
Video coming out
Dawn
New horizons

No doubt - Parte Seconda

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By FrancescaBufr

Per tutta la giornata di lavoro, Marshall sentì il cuore martellare e un senso di giramento di testa costante. Non era mai stato così poco professionale, prima. Riuscì a porre un argine al suo stato solo chiudendosi in ufficio e fingendo di essere impegnato per ore intere tra pile di documenti.

Non si era sentito così neanche durante le dolorose tragedie della sua vita. La morte di Jack aveva rappresentato una sofferenza abissale, ma anche in quel momento la priorità di Marshall era stata occuparsi di chi rimaneva, sostenere Jason e Cindy, manlevarli di tutto il peso possibile. Aveva uno scopo che, se non serviva ad alleviare il dolore, aveva almeno il merito di tenerlo occupato. Adesso si stava buttando a capofitto in qualcosa di ben diverso. Invece che fare la cosa giusta, doveva mettere in atto quella sbagliata e riuscire ad andare fino in fondo. Ed era come trovarsi rotto in due. Non sapeva nemmeno con che parole avrebbe potuto intraprendere ciò che andava portato a termine per forza.

Temette che proprio quella sera Adam se ne andasse via con gli altri, per cui si premurò di chiamarlo dalla soglia, all'ora di uscita. "Potresti fermarti un poco oltre l'orario? Avrei bisogno di parlarti."

Il suo dipendente notò subito la sua espressione allucinatoria, uno sguardo che mai aveva visto prima a Marshall; pensò che fosse accaduto qualcosa di molto grave, e annuì con energia. Voleva dirgli che qualunque cosa fosse accaduta era pronto ad aiutarlo. Ma attese, aspettò che tutti fossero usciti. Finse di ramazzare per terra senza togliere gli occhi di dosso alla luce accesa dell'ufficio, che lo attendeva con il suo carico sospeso. Finalmente, quando tutti furono fuori, si sentì abbastanza sicuro da avvicinarsi.

"Marshall..." Lo trovò seduto alla scrivania, le mani intrecciate sopra. "Che c'è? Hai una faccia... Tutto bene?"

"Adam, ti prego... Siediti" iniziò Marshall senza il coraggio di guardarlo in faccia.

Le gambe del facchino quasi cedettero per la paura che generò in lui quel tono e dovette per forza sedersi sul serio, come era stato invitato a fare. Si trovò faccia a faccia a lui, ma ancora i suoi occhi erano chini in basso, lontani. Voleva dire qualcosa, qualunque cosa, ma non poté.

"Adam, io... Da adesso... Vorrei chiudere la nostra storia." Rapido, semplice. Non poteva essere altrimenti.

Adam sbiancò, la bocca dischiusa e arida. Poi, stralunato, considerato che Marshall non forniva ulteriori spiegazioni, balbettò: "C-cosa... Che... Che vuoi dire?"

"Credo che sia giunto il momento di troncarla. Lo so che non mi sono comportato bene, che io stesso ho iniziato, e di questo mi scuso, tuttavia ho preso la decisione..."

"Come mi stai parlando?" Adam proferì col respiro affannato, interrompendolo. La voce di Marshall riusciva a essere ferma, pacata, controllata. Al contrario della sua. "Non... Non mi stai licenziando dal lavoro, no?"

"No, ovviamente no."

"E allora ti sembra questo il modo giusto per rivolgerti a qualcuno per... per cosa? È uno scherzo, vero?"

"No, Adam, non è uno scherzo." Finalmente sollevò lo sguardo castano, duro, fermo. Doveva farcela, anche se guardare Adam in quel momento era tormentoso. "Hai ragione: è difficile rompere con qualcuno quando non si sta veramente insieme. Ma la nostra relazione sessuale, per me, è diventata molto inopportuna, e non posso proseguirla più di così, anche se lo volessi. Io... Mi dispiace, davvero."

"È per... Il fatto che l'ultima volta ti sei addormentato a casa mia e hai rischiato di essere scoperto... Mi stai punendo perché io ti ho trattenuto, vero?" chiese, amaramente.

"No, non è per questo, però... Certo, vorrei che un rischio del genere non si ripetesse più, in futuro. Non me lo posso permettere."

"Perché?" esplose con dolore Adam, come un condannato al rogo ingiustamente. La sua voce risuonò talmente forte, nel vuoto del supermarket, che anche Marshall ne trasalì. Non gli aveva chiesto altro, solo perché.

"Jason" fu infine la risposta, prevedibile, di Marshall. "Io... Sto cercando di rimettere le cose a posto con lui, e devo farlo per bene se lo voglio. Dunque... Non posso più avere... Rapporti sessuali con un altro. E correre quei rischi. Credo che tu possa capirlo."

"No che non posso" replicò Adam, che però non sapeva dare un seguito a quella negazione. "Non capisco affatto... Cosa è cambiato?"

Marshall ci pensò su, poi si sporse un poco sulla scrivania, verso di lui. Rifletté: "Io tengo a te davvero, Adam, tantissimo, ma... Come ho detto una volta, quella tra noi era solo lussuria. Non... non è nemmeno una relazione con delle prospettive qualunque, non è... Nulla. Io non posso mandare all'aria la storia con Jason per questo, semplicemente non posso. Ma poi, anche se fosse mai esistito qualche futuro... Non dico con te, ma con l'ipotetico 'amante' al tuo posto... Non credo che desidererei iniziare una nuova relazione subito dopo una rottura con Jason. No, è fuori discussione. Dunque, da ogni punto di vista la si guardi, la storia tra me e te... Non ha nessun senso, nessuna prosecuzione possibile. Non è razionale mandarla avanti. Questa è la conclusione a cui sono giunto."

Adam non capiva perché dovesse essere così deliberatamente freddo. Represse il nodo che aveva in gola per riuscire a parlare: "La verità è che ho smesso per una volta di comportarmi da cagnolino ubbidiente, e questo non ti è andato giù."

L'accusa era talmente imprevista che Marshall restò per qualche secondo a bocca aperta. Però non obiettò: non avrebbe avuto senso al momento, considerato qual era il suo scopo. Fece un cenno col capo. "Certo, se fossi stato più attento, più 'ubbidiente' come dici tu, forse avrei corso meno rischi, mi sarei preso meno spaventi..."

Fraintendendo la direzione di quel dialogo, Adam credette di cogliere in quello il punto e allora allungò disperatamente una mano verso le sue intrecciate sulla scrivania, le strinse. "Io ti assicuro che starò più attento! Te lo giuro! Non... Non farò più lo scemo rischiando di farti scoprire. Possiamo continuare a farlo, a vederci, se..."

"A fare cosa?" disse Marshall con una smorfia. "Sesso?"

L'espressione di Adam era talmente da cane bastonato che il suo capo vacillò.

Devo essere stronzo con lui.

"Toglimi una curiosità, Adam: secondo te, per quanto questa cosa avrebbe dovuto andare avanti?" insistette allora. In realtà, voleva davvero saperlo. Adam lasciò la sua mano, tramortito, e la fece arretrare mano a mano che l'uomo parlava. "In eterno? E se mi fossi lasciato con Jason, che ti aspettavi? Che sarei venuto a letto con te tutti i giorni? E allora, a quel punto, che saremmo stati? Tu non vuoi metterti con un uomo, non hai avuto un'intenzione simile per un solo istante. E allora, qual è il punto? Avrei continuato a scopare con te cercandomi intanto un nuovo compagno di vita, e poi avrei continuato a scoparti anche mentre stavo con lui, e... O forse piuttosto dovevo solo aspettare pazientemente che ti stancassi tu di questo gioco?"

"P-perché mi parli così? Io ho sempre cercato di comportarmi bene, con te..." rispose Adam esausto. Privo di forze, di energia anche solo per alzarsi da quella sedia. La mano che prima era stata su quelle di Marshall ora ricadeva morta tra le proprie gambe.

"Lo so. Lo so benissimo, Adam. Ma... vorrei che accettassi la mia decisione e basta, senza fare storie."

Con la testa vuota, pesante, Adam fissò le proprie ginocchia. Per un attimo, dimenticò di essere lì. Pensò che fosse tutto un sogno, che non avesse senso.

"Io non ti ho fatto niente" riuscì solo ad affermare.

"Mi dispiace. Non è colpa tua, lo sai. La responsabilità è interamente mia, ed è giusto che sia così" scandì Marshall. E lo pensava veramente.

"Tu credi... Davvero... Che io potrei, adesso, rimanere a lavorare qui, vedendoti tutti i giorni...?" chiese Adam con voce monocorde, lo sguardo fermo di fronte a sé. Non voleva guardare Marshall.

La domanda spiazzò l'altro uomo, che balbettò: "Non... Non ti farei mai perdere il lavoro per colpa mia..."

"Lo stai facendo già..." Si alzò, malfermo. "Io non potrei restare qui, adesso. In nessun caso."

Farebbe troppo male.

Anche Marshall si alzò, aspettandosi che da un momento all'altro Adam scappasse via. La sua voce tremò: "Non te ne devi andare per causa mia... Te ne prego..."

Voltandogli le spalle Adam ebbe un senso di sollievo folle come se, per un attimo, potesse cancellare tutto, quell'ultima mezz'ora, e tornare indietro. Non era stato Marshall a parlargli. Non il Marshall che rideva a casa sua, che aveva cucinato per lui, che baciava la sua pelle con dolcezza. No: quella persona non era lì, non era presente, ma restava ben custodita da qualche parte. Il suo Marshall.

Poi però ricordò che il vero Marshall, in realtà, era davvero ancora alle sue spalle. E non poté più contenersi. Si voltò e gli andò incontro, lo strinse forte tra le braccia nella sua completa sorpresa.

"Marshall, ti prego..." disse con voce spezzata.

Totalmente sotto shock, l'uomo provò a spingerlo via: "Adam..."

"Non lo scoprirà mai... Te lo prometto... Mai... Non ti farei mai del male... Sarò sempre dalla tua parte..."

"Non è questo!" lo spinse via, incapace di mantenere il controllo come prima. "Vattene, Adam! Devi rispettare la mia decisione, anche se non la condividi!"

Perché la stai facendo così lunga? Era solo sesso. Era... solo...

Vide che Adam, a pochi passi da sé, aveva gli occhi rossi. Le mani di Marshall tremarono, perché lui, proprio lui, Adam, era una persona che non poteva consolare. Era stato accanto durante i momenti di dolore a tutte le persone che avevano contato qualcosa nella sua vita, ma con Adam non era possibile; per giunta, aveva provocato in prima persona quella sofferenza. Andava cancellata.

"Adam, tu... Stai sovrastimando questo rapporto, perché... Per te è tutto nuovo, ma ti prometto... Ti assicuro... Che avrai una vita fantastica, che troverai qualcuno, là fuori, mille volte migliore di me, che ti renderà la vita piena e felice come io non potrei mai fare..." disse, sforzando quasi un sorriso, cercando di essere convincente. "Io sono stato un semplice divertimento di passaggio. E sarò sempre tuo amico, sempre."

"Jason non... Non ti merita!" Adam stringeva i pugni forte, non lo seguiva più. Ormai niente aveva più importanza. "Fai tutto questo per lui, ma lui una simile correttezza non fa nulla per guadagnarsela! Anche lui ti tradisce, Marshall!"

"Come?" Il capo non lo seguiva più.

"L'ho visto" disse. "L'ho visto, un giorno, uscire da un motel in pieno pomeriggio; era assieme a un ragazzo dalla pelle olivastra, magro, capelli scuri, sembrava mezzo arabo, indiano... Li ho visti baciarsi. Ne sono sicuro."

Cameron.

Allora era veramente con Cameron che Jason si era visto. Questo spiegava molto, andava a riempire diversi spazi rimasti vuoti.

Scambiando il suo silenzio per sorpresa, Adam credette di aver ripreso terreno: "Non devi sentirti in colpa, visto che lui ha fatto la stessa cosa a te e chissà quante volte."

Pensò che tutto fosse sistemato. Che Marshall avesse capito come stavano le cose e fosse pronto perciò a fare marcia indietro, riaccettandolo nella sua vita. Così, con maggiore sicurezza, senza più l'ansia di prima, si avvicinò. Ma egli pose una mano tra loro due e fece un passo indietro. Dopo un secondo, disse: "Questo non cambia niente."

Non credendo di aver capito, Adam ribatté: "Come?"

"Non... Non mi stai dicendo niente di nuovo, Adam" ammise Marshall, sfregandosi un braccio. In realtà era effettivamente turbato dalla prospettiva che aprivano le parole di lui, ma non certo con l'intensità e lo sbigottimento che questi si attendeva.

Il facchino ebbe bisogno di qualche secondo per raccapezzarsi. Poi fece, incerto: "Tu... lo sapevi?"

Marshall non rispose, ma annuì.

"Veramente?" Adam non poté credervi, pensò che stesse bluffando. "Sapevi tutto e comunque ti fai ancora degli scrupoli, io non..."

"Tu non sai niente di me e Jason" rispose con semplicità Marshall. "La faccenda è molto più complicata di così. Però... questo non toglie tutto quello che ho detto prima. Ho già preso la mia decisione, e non cambia."

L'unico rumore che udì fu il respiro profondo di Adam, che non aveva ormai più la forza di contrastare quel muro. Lo fissava, ma Marshall non ricambiava il suo sguardo. Voleva distoglierlo. Disse: "Se non vuoi lavorare più qui, chiederò di trasferirti in un altro punto vendita. Non voglio che tu perda il lavoro."

Aggirò la scrivania e tornò a sedersi. Come se la conversazione fosse terminata. Era esausto.

Adam continuò a osservarlo. Vide tutta la sua stanchezza, la prostrazione. E capì: ancora una volta, Marshall aveva recitato. Come tutte le volte che, prima di conoscerlo bene, aveva fatto la voce grossa con lui per farsi rispettare. Quello non era il vero Marshall, come non era il vero Marshall questo. Aveva solo erto un muro perché Adam non potesse scavalcarlo.

Era isolato nelle sue decisioni e non permetteva che Adam ne intravedesse le radici.

Voleva dirgli qualcosa. Ma le parole gli mancavano, come se non trovasse quelle giuste. Che poteva dire? "Non voglio rompere con te", "Voglio continuare a vederti"? Era tutto ciò che provasse, a cui riuscisse a pensare. Ma, appena le avesse pronunciate ad alta voce, simili parole sarebbero volate via nel vento senza neanche essere prese in considerazione. Non aveva armi dalla sua parte, neanche una. Niente da poter offrire davvero a Marshall, niente che lui prendesse minimamente in considerazione.

"Marshall, io... Volevo solo stare con te... Quando ne avevi bisogno..."

Ti prego. Vattene.

Sollevò lo sguardo e sorrise a labbra strette, senza gioia: "Ti sei già dato una risposta, Adam".

Il facchino incassò anche quell'ultimo colpo e lo lasciò stare. Uscì dalla sua vita. Quando smise di implorare, quando fu lontano, Marshall si concesse di cedere. Rilasciò un unico, devastato, lamento che soffocò sotto la scrivania. Graffiò il legno con le unghie, mentre tre lacrime piovevano a terra.

Non doveva piangere per Adam, non aveva senso.

"Volevo solo stare con te... Quando ne avevi bisogno..."

Era giusto così.

Adam, fuori, si sentì come se avesse appena donato il sangue, o se avesse lasciato un rene al supermarket. Dovette appoggiarsi a un muro della via per sorreggersi da quel senso di mancamento. Era arrabbiato, era... No, non provava niente. Era vuoto. Non aveva futuro, né passato.

Tornò a casa a malapena. Dormì per ore infinite, tormentato da incubi, da una conversazione che si ripeteva in loop nel suo cervello e non era mai solo un brutto sogno da cui risvegliarsi.

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