Choose You?

By Hanny_Fiergirl

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Un avvocato specializzato in economia e un agente di polizia del distretto di Dublino. Uno rigido, severo e c... More

Iniziamo!
1 - Rei
2 - Rei
3 - Rei
4 - Rei
5 - Rei
6 - Rei (non corretto)
7 - (non corretto)
8 - Rei (non corretto)
9 - Rei (non corretto)
10 - Rei (non corretto)
11 - Rei (non corretto)
12 - Rei (non corretto)
13 - Kayn (non corretto)
14 - Rei (non corretto)
16 - Rei (non corretto)
17 - Rei (non corretto)
18 - Rei (non corretto)
19 - Rei (non corretto)
20 - Rei (non corretto)
21 - Rei (non corretto)
22 - Rei (non corretto)
23 - Rei (non corretto)
24 - Rei (non corretto)
25 - Rei (non corretto)
26 - Rei (non corretto)
27 - kayn (non corretto)
28 - Rei (non corretto)
Epilogo - Pasty (non corretto)
Ultra thanks!

15 - Rei (non corretto)

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By Hanny_Fiergirl

Sbatto gli occhi un paio di volte inspirando a pieni polmoni questa deliziosa fragranza di menta mista ad acqua di colonia. Labbra delicate stanno disegnando il profilo della mia mascella con una serie infinita di piccoli baci, mentre lentamente il mio sistema nervoso riprende a connettere.

Riesco persino a sentire la musichetta iniziale di Windows 98 durante l'accensione. Ma quanto ho dormito?

Mi volto su un fianco aprendo finalmente del tutto gli occhi e incrocio quelli di Ethan che mi sta fissando da dietro ad un sorriso a trentadue denti: «Ti ho svegliata» mormora, «mi dispiace» si scusa carezzandomi una guancia e causando al mio cuore una piccola capriola di felicità.

Dio, potrei seriamente abituarmi a risvegli del genere se saranno così per il resto della mia vita: letto king size ulta morbido, con lenzuola fresche di bucato; uomo super sexy e dolce che ti sveglia a suon di bacini e ti sorride con un viso contorto in una smorfia strappa mutandine. È il paradiso.

Devo essere per forza morta, constato stiracchiandomi e sbadiglio sonoramente: «Che ore sono?» farfuglio mettendomi a sedere e cerco con gli occhi i miei indumenti.

«Le sette di sera» mi informa Ethan, al che sbarro immediatamente gli occhi e mi fiondo sulla borsa lasciata sul pavimento. Cado letteralmente per terra e cerco lo smartphone che afferro, con non poca fatica, dopo aver quasi ficcato la testa dentro la tracolla. Sblocco il display del cellulare e trovo ben nove chiamate senza risposta da parte di Sidney e una trentina di messaggi e audio su WhatsApp.

Faccio partire l'ultimo mandato, risalente ad una decina di minuti fa, e la voce della mia migliore amica si sprigiona nell'elegante stanza di Ethan con la sua inconfondibile e deliziosa nota acuta. Minaccia di chiamare la polizia se non le rispondo immediatamente e che è seriamente preoccupata per me...

La tranquillizzo immediatamente scrivendole che mi sono dovuta attardare in ufficio per finire delle pratiche e che tra poco rientrerò a casa. La sua risposta non ci mette nemmeno mezzo millesimo di secondo ad arrivare: "Spaventami un'altra volta così e ti ammazzo. Ti aspetto..."

«Tutto bene?» mormora Ethan che è rimasto seduto composto accanto a me. Alzo lo sguardo distrattamente per rispondergli, ma non appena i nostri occhi si incrociano il mio cervello va in tilt. Ma quanto è carino così? Con i primi tre bottoni della camicia sbottonati, le maniche arrotolate sui gomiti, i capelli spettinati... Non sembra nemmeno il solito Ethan, quello rigido e duro che osserva attentamente tutte le scartoffie che gli capitano sotto mano.

«Sì, questa era Sid che mi minacciava di morte» bofonchio abbozzando un sorriso. Anche le labbra di Ethan si distendono in un sorriso dolce e si alza carezzandomi una guancia: si sofferma con il pollice accanto al neo che ho sotto l'occhio e lo sfiora lentamente, senza mai smettere di guardarmi negli occhi: «Ti accompagno a casa» mormora infine ed esce dalla stanza lasciandomi il tempo per rivestirmi e per ricordarmi come diavolo si fa a respirare.

I suoi sguardi, giorno dopo giorno, si stanno facendo sempre più intensi; le attenzioni più delicate e precise; i sorrisi più veri. E il mio cuore reagisce con sussulti, capriole e strani balli che potrebbero ricordarmi quelli di Timon e Pumbaa. Spero solo che questa mia decisione, quella di concentrarmi su Ethan, sia una saggia scelta per la mia sanità mentale.

Mi infilo in fretta i vestiti, lancio un ultimo sguardo alla stanza di Ethan e mi affretto a raggiungerlo nell'ampio soggiorno del lustro e perfettamente perfetto appartamento. Non appena il mio capo mi vede afferra la giacca del suo ennesimo completo gessato e insieme ci avviamo fuori di casa.

Durante il tragitto verso casa mia mi soffermo a ripensare a come l'adulatore che ho affianco sia riuscito a convincermi ad andare a dormire a casa sua. In realtà non ci è voluto molto: io stavo letteralmente collassando a terra e lui, tra un bacio e una carezza, è riuscito ad estorcermi dalle labbra un flebile "sì". Non ha dovuto nemmeno sfoggiare le sue abilità da avvocato per riuscire a incantarmi o altro. Il momento più imbarazzante è stato quando siamo scesi dal taxi e, come se fosse una cosa del tutto normale, Ethan mi ha chiesto la mano afferrandola saldamente intrecciandola con la sua.

Il palazzo davanti al quale ci siamo fermati inizialmente mi dava l'impressione di essere vecchio e decrepito, al che Ethan ha subito messo in chiaro che si tratta di un palazzo della fine dell'Ottocento, ma l'interno è totalmente ristrutturato. Pavimentazioni in marmo, lampadari che scendono da soffitti finemente stuccati con motivi floreali arzigogolati, specchi ad ogni pianerottolo. C'era anche un ascensore, ma per sole due rampe di scale mi sono altamente rifiutata di salirci sopra. Certo, dava l'impressione di essere sicuramente più sicuro di quello del mio palazzo, ma non mi sentivo abbastanza coraggiosa da sfidare le mie fobie.

«Eccoci qua: Harnold's Cross al 15, Rathmines» annuncia Ethan parcheggiando sotto casa mia e solo ora mi viene spontaneo chiedermi una cosa: come diavolo ci vado domani a lavoro se l'auto è rimasta parcheggiata a Bradstone?

«Grazie» farfuglio accigliata: no, seriamente. Come ci vado domani a lavoro?

Scendiamo dall'elegante Mercedes Benz Classe C nera e il rumore delle portiere che si chiudono ci accompagna verao il portone. Frugo nella borsa alla ricerca del mazzo di chiavi sotto allo sguardo attento di Ethan e quando finalmente lo afferro quest'ultimo mi sorride avvicinandosi al mio viso. «Ci vediamo domani in ufficio» mormora prima di posare delicatamente le sue labbra sulle mie. Sorrido istintivamente contro la sua bocca e inspiro il suo profumo; poggio le mani sul suo petto e schiudo le labbra lasciando che la sua lingua si congiunga con la mia. Dapprima il bacio è delicato, esitante, quasi incerto. Poi cambia: le braccia di Ethan mi stringono con più forza, la sua lingua prende a stuzzicare la mia lambendola ed esplorando la mia bocca. Mi ritrovo sulle punte dei piedi, intenta a stringere il viso dell'uomo tra le mie mani, impegnata mentalmente a gustarmi questo meraviglioso bacio al gusto di eccitazione e azzardo.

Quando riusciamo finalmente a rimettere tra noi la giusta distanza di sicurezza, l'uomo meraviglioso che ho di fronte mi sorride lanciandomi un occhiolino e si allontana lentamente verso la sua autovettura. Mi concedo un luuungo attimo per ammirare la perfezione del suo fondoschiena, fin quando il rumore della portiera che si richiude, unito a quello di un motore che si spegne, mi inveisce dal mio stato di trance.

La Mercedes si allontana verso Harnold's Cross e una figura alla mia sinistra scende dall'inconfondibile Ducati che più volte ho visto parcheggiata sotto casa. Kayn scende lentamente dalla moto, si sfila il casco liberando l'ammasso di capelli neri che gli ricadono in morbidi boccoli davanti agli occhi. La sua aria da sexy poliziotto mi costringe a schiarirmi la voce e a guardare altrove, mentre lui si volta verso il veicolo di Ethan e gli scocca una strana occhiata: «Sei rimasta a piedi?» domanda sfilandosi anche i guanti da motociclista.

«No, perché?»

«Beh, a meno che tu da oggi in poi non abbia un autista privato, non so davvero come spiegarmi una Mercedes sotto casa» spiega avvicinandosi a me: «Apri tu?» aggiunge indicando con un cenno del capo il mazzo che ancora tengo in mano. Annuisco frettolosamente, agitando il capo facendo oscillare i capelli, al che il mio vicino ne approfitta per scostarmi una ciocca dal viso. La serratura scatta con un flebile suono e mi fiondo in fretta e furia dentro al palazzo, quasi scappando dalla sua mano ruvida e callosa... La stessa che si è insinuata in parti del mio corpo che momentaneamente manifestano l'ingiustizia di non esser più state sfiorate da quella stessa mano.

Ma si può sapere che problemi ho? Voglio dire, fino a tre mesi fa nemmeno Francisco Lachowski in persona mi avrebbe fatto fremere il cure e il corpo, e invece ultimamente il mio sistema nervoso manda impulsi a destra e sinistra in modo del tutto gratuito.

Gratuito quando si tratta di Kayn ed Ethan, mi ricorda la mia coscienza.

«Tutto bene?» domanda Kayn visibilmente confuso dal mio atteggiamento apparentemente insolito. «Ehm... sì, sto bene» farfuglio iniziando a salire le scale, ma la presenza del mio vicino è ben presente alle mie spalle.

«Sembri un po' nervosa... Ho interrotto qualcosa che non dovevo interrompere?»

«Tipo?»

«Non so... ho visto un uomo con te poco fa» mormora con tono piatto. Mi blocco sul pianerottolo del primo piano e mi volto a guardarlo con il viso perfettamente tinto di incredulità: «Sei geloso?» chiedo e come una deficiente sorrido anche, mentre il mio ego si gonfia a dismisura. Un uomo come Kayn che fa il geloso se mi vede con un altro. Hmm... interessante; molto interessante!

«E di cosa dovrei esser geloso pasticcino? Non stiamo insieme» puntualizza inclinando le labbra in un sorrisetto impertinente. Stranamente quest'aria da ragazzo birichino lo rende ancora più attraente e la voglia di mettermi a tirare testate alla porta dell'appartamento B1 per calmare i miei pensieri leggermente perversi inizia a farsi sentire viva.

«Appunto. Non stiamo e non staremo insieme» aggiungo ritrovando un pizzico piccolo piccolo di autocontrollo e dignità. Avanti donna, non puoi perdere secchiate di bava dietro ad un poliziotto. Poliziotto che vorrei ricordare mi ha affibbiato un paio di multe a casaccio – anche se non erano poi così tanto a casaccio – e che si ostenta ad avere Alice in mente.

«Accidenti, sei ostinata. Il tuo tipo sono gli uomini in giacca e cravatta?» mi punzecchia oltrepassandomi per riprendere a salire le scale. «Io non ho un tipo, ma sicuramente l'uomo con cui uscirò non avrò la mente occupata da un'altra donna» lo rimbecco.

Mi sembra di giocare a scherma o di eseguire una qualche strana danza orientale con Kayn. Continuiamo a punzecchiarci a vicenda, a mandarci messaggi nascosti dietro a frasi apparentemente innocue e stranamente la cosa mi diverte da morire.

«Insinui che stia frequentando un'altra persona nonostante ti abbia detto che non vedo nessuno al momento?» domanda mortalmente serio il mio vicino voltandosi a pochi scalini dal pianerottolo del nostro piano. «Non lo insinuo, lo affermo» asserisco guardandolo dritto negli occhi.

Azzurro VS Ambra/Nocciola. Chi vincerà?

«Rei-»

«REIII» l'urlo di Sid interrompe Kayn ed entrambi ci voltiamo verso la mia migliore amica che se ne sta sul pianerottolo in leggings e t-shirt sportiva. Sembra pronta per andare a correre, osservo mentre lei si fionda fuori dall'appartamento per venire ad abbracciarmi.

«No, ferma» urlo protendendo le mani in avanti, ma la porta di casa si richiude alle sue spalle con la consapevolezza che il mazzo di chiavi dell'appartamento è rimasto all'interno e noi fuori.

Di nuovo.

Sidney si blocca davanti alla porta di Kayn: prima getta un'occhiata alla porta del mio appartamento, poi si volta verso di me con l'espressione del viso che sembra quella di un cartone animato: «Ops?» azzarda con un sorrisino. Kayn scoppia in una fragorosa risata.
Scuoto il capo esasperata e sospiro prima di finire la mia scalinata, ma quando passo accanto al mio vicino questo mi ferma per una mano e cerca nuovamente i miei occhi: «Non ho nessuno in mente e non sto frequentando nessuno» mormora piano in modo che solo io e lui possiamo sentire.

«Raccontalo ad Alice» mormoro e il suo volto viene attraversato da una smorfia di sofferenza. Mi lascia la mano e si avvia verso il suo appartamento aprendo la porta.

«Che succede?» domanda confusa Sid.

«Niente» sbotto estraendo il cellulare per chiamare la proprietaria dell'appartamento. Che giornata intensa. Ma perché non posso avere una vita banalmente normale? Non avevo mica espresso il desiderio di ritrovarmi in una situazione del genere!

«Salve signora Common, sono ancora io, Rei. Indovini? Sono rimasta nuovamente fuori casa...» dico quando la proprietaria dell'appartamento mi risponde dopo il terzo squillo. E ora aspettiamo.

***

Le lancette dell'orologio si spostano lentamente con un ticchettio mortalmente noioso. Odio gli orologi: scandiscono il tempo con una crudeltà mostruosa. Se commetti un errore le lancette dei secondi non smetteranno di avanzare, come quelle dei minuti e delle ore. Il tempo va vanti, è unidirezionale, come le scelte che facciamo.
Una volta imboccata una strada non si può più tornare indietro.
Credo...

Lo scroscio della doccia è l'unico suono che mi conforta e di tanto in tanto spezza il tic tac che scandisce i secondi di questo sabato sera tranquillo. Pasty sonnecchia sul mio ventre, io poltrisco sul divano e osservo la porta aperta che dà sul corridoio, in attesa che Sidney finisca di lavarsi. Ripenso mentalmente a tutto l'accaduto degli ultimi mesi, dal lavoro alla mia condizione sentimentale: Ethan ha provato ad invitarmi fuori questo weekend, ma ho gentilmente declinato la proposta dicendogli che non volevo lasciare Sid da sola. Lui mi ha guardata per qualche secondo con uno sguardo carico d'intensità, mi ha carezzato la guancia e ha mormorato un "capisco" sorridendo.

Sidney ha anticipato il suo rientro a Londra per mercoledì, anche se doveva restare fino a sabato prossimo e nonostante mi sia abituata ad averla intorno in questi giorni, in cui mi ha trascinata fuori più o meno tutte le sere - eccetto quella in cui siamo rimase fuori casa -, sento che qualcosa non va. Come amica me ne sarei dovuta accorgere subito, ma Sidney è fatta così: quando le capita qualcosa di veramente brutto reagisce in due maniere differenti. La prima consiste nella chiusura: allontana tutto e tutti, si crogiola nel dolore e lentamente si rialza con dignità. Molte sono state le volte in cui, dopo le liti con i suoi, l'ho vista toccare il fondo per poi rialzarsi. «Una volta che hai toccato il fondo non puoi andare più giù. Non ti resta altro da fare che rimboccarti le maniche e scalare la salita».

La seconda reazione di Sidney, quella che reputo la più grave, è rivolgere tutte le attenzioni sugli altri e fingere. Sorride, si diverte, ti ascolta, ti consiglia e per quanto tutto questo sia meraviglioso, perché in un certo senso è questo quello che fa un'amica, Sidney Brooks non è affatto così.

Lei vive in un mondo tutto suo fatto di colori e pazzia, ma si capisce benissimo quando questi colori e quest'allegria sono sinceri. Uno strano calore ti avvolge e ti senti incondizionatamente felice, ma solo se lei è sinceramente felice. E lei non lo è.

Lei sta mentendo.

Un turbante bianco compare sullo sfondo del corridoio e mi alzo svegliando così anche Pasty. Il micio emette un basso lamento miagolesco e inizia a fare le fusa quando gli carezzo il testino peloso. È tutta la settimana che non vedo il suo padrone e se lo vedo mi ignora volontariamente. Credo di averlo in qualche modo offeso, ma almeno sono stata chiara.

«Cosa ci fai sul divano? Pensavo ti stessi preparando» mormora Sid entrando nel soggiorno illuminato dal lampadario a fiori che pende dal soffitto. Scuoto lentamente il capo e mi metto a sedere intimandole con un gesto della mano di sedersi accanto a me. La ragazza, ancora avvolta in uno dei miei asciugamani a tinta unita, mi guarda dubbiosa e prima di sedersi espone chiaramente i suoi pensieri: «Quando mi guardi così mi ricordi in maniera impressionante la maestra cattiva di Matilda sei mitica». Le rivolgo un sorriso sincero e scuoto il capo: quel personaggio è stato oggetto di molti insulti da parte mia e di Omar durante la nostra infanzia.

«Sidney, che c'è?» le domando evitando i soliti giri di parole per arrivare subito al dunque. Questa ragazza è la persona più forte che io conosca: nonostante tutta la merda che la vita le ha riservato ha affrontato tutto senza mai arrendersi. Ha avuto i suoi crolli, i suoi momenti no come tutte le persone normali, ma non si è mai data per vinta.

Ha subito, sopportato e udito crudeltà orribili, eppure ne è uscita vittoriosa con accanto una persona magnifica. Persona che non ha mai nominato da quando è qui per l'appunto.

«Cosa ti fa credere che ci sia qualcosa che non va?» osa domandare sorridendomi allegramente.

«Questo» e le indico le labbra tirate. «Hai qualche problema con Greg? Siete in una sorta di pausa di riflessione? Avete litigato?» la bombardo di domande e ad ogni mio quesito il suo sorriso si spegne. I suoi occhi, finalmente, fanno calare il sipario su quella che negli ultimi giorni è stata la commedia più bella mai inscenata in ventisei anni della sua vita.

«Rei»

«Niente Rei» la interrompo percependo il tono che usa per sviare ad un argomento. «Sid, sono la tua migliore amica. Se c'è qualcosa che non va devi dirmelo, altrimenti come posso aiutarti?» le chiedo dolcemente e le avvolgo una mano con la mia. I suoi occhi verdi vacillano, mi guardano esitanti e lentamente si riempiono di lacrime. Una goccia di acqua salata le riga la guancia, il suo labbro inferiore viene attraversato da un tremito improvviso e poco dopo le sfugge un singhiozzo: «Oh Rei» mormora prima di poggiare il capo sulla mia spalla e lasciarsi andare del tutto.

La tengo stretta a me, mentre il suo corpo viene squassato dai singhiozzi e un leggero sentore di bagnaticcio inizia a diffondersi nell'incavo del mio collo.

«Fa tutto schifo Rei» mormora tra le lacrima. «Tutto. Greg e io ci siamo lasciati quasi tre settimane fa dopo un litigio per una cosa importante e in un frangente ho visto tutte le mie certezze frantumarsi come uno specchio che cade a terra» un singluto la interrompe e si scosta da me alla ricerca di qualcosa con cui soffiarsi il naso. Le passo un pacchetto di fazzoletti che era poggiato sul tavolino del soggiorno e lei tenta di darsi un contegno.

«E poi sono andata al Pub e per la prima volta in vita mia mi sono chiesta se quel luogo è veramente il mio futuro. Voglio veramente fare la barista per sempre? Insomma, ho ventisei anni e non posso pretendere di continuare a fare quel lavoro per sempre... E ora sono anche sola!» a quest'ultima parola un altro singhiozzo la squassa, ma non le offrò più alcun tipo di sostegno: se lo facessi si chiuderebbe nuovamente in se stessa e non mi permetterebbe più di aiutarla.

«Così mi sono licenziata» aggiunge guadagnandosi un'occhiata incredula da parte mia. «Mi sono licenziata e ho mandato a fare in culo Greg... Per anni avevo costruito con lui il mio futuro, i miei progetti. Sei anni di falsità! Mi sento terribilmente presa per il culo, amareggiata... ferita»

«Per cosa avete litigato, se posso sapere?» mormoro piano offrendole un altro fazzoletto.

«Promettimi che non darai in escandescenza...» mormora guardandomi con gli occhioni rossi come la punta del suo naso. «Te lo prometto» dico tutto d'un fiato e inizio seriamente a preoccuparmi.

Sid inspira profondamente e mi guarda inumidendosi le labbra: «Un paio di mesi fa io e Greg non siamo stati del tutto prudenti a letto e dopo un ritardo pensavo di essere incinta» confessa. Strabuzzo gli occhi sbalordita, perché Sidney ce la vedo come tutto tranne che come madre. Ma al di là di questo mi sconvolge il fatto che non me ne abbia parlato.

«Inizialmente ero terrorizzata, ma ho riflettuto attentamente sul da farsi e ti sembrerà strano, ma se fossi stata davvero incinta avrei voluto tenere il bambino. Conoscevo Greg da sei anni, avevamo una relazione stabile che non si avvicinava minimamente a quella dei miei genitori. Ero arrivata ad essere anche un po' felice, ma quando ho detto la cosa a Greg lui mi ha immediatamente detto che non era pronto per diventare padre e che per il "nostro" bene era meglio se abortissi» un altro singhiozzo le sfugge mentre le parole si conficcano nel mio cuore come chiodi che vengono martellati su un muro di cemento: ad ogni colpo corrisponde una crepa nel mattone.

Che lurido figlio di puttana!

«Gli ho chiesto cose ne fosse stato dei nostri progetti, dei nomi che proponeva per i nostri possibili figli e lui ha detto che pensava si trattassero solo di sogni, di fantasticherie da innamorati. Ti rendi conto?»

«Adesso faccio un biglietto aereo e vado ad ammazzarlo. Bada bene che lo faccio sul serio» prorompo incazzata come un toro imbestialito. Fanculo la mia fobia, nessuno può ferire in questo modo mia sorella, cazzo! Perché è vero che tra me e Sid non ci sono legami di sangue, ma se c'è una cosa che ho imparato dalla sua storia è che la famiglia non dev'essere per forza costituita da un legame di sangue.

«Ma tu appena vedi un aereo diventi più bianca di un albino» mi ricorda lei azzardando un sorriso e asciugandosi il viso.

«Fanculo gli aerei e gli albini. Necessito il sangue di quel maledetto stronzo sulle mie mani!» prorompo con voce e sguardo duro. No, non la passerà liscia, devo assolutamente tirargli un pugno in faccia: dovesse essere l'ultima cosa che faccio nella vita.

«Grazie» mormora tirando su con il naso. Restiamo in silenzio per qualche istante, ognuna immersa nei suoi pensieri. Non so cosa dirle, sono solo scioccata per le informazioni: non avrei mai pensato che Greg fosse un codardo. Un bambino... un bambino non è la prova tangente dell'amore che provano due persone? Forse non sarà così in tutte le parti del mondo, ma come fa a non venirti il desiderio di voler costruire un futuro con la ragazza che conosci e sostieni di amare da anni? Come fai solo a pensare di porre fine ad una vita, ipotetica o reale che sia?

Sono letteralmente senza parole.

«E che cosa farai ora?» domando con voce flebile.

«Non lo so» mormora Sid. «Non sono incinta, non ho più un lavoro e devo darmi una mossa a raccattare le mie cose dall'appartamento che condividevo con Greg. Non voglio vedere più neanche l'ombra di quell'essere» dice a tono duro.

«Hmm... e ora che sei senza lavoro cosa farai? Non è semplice, lo sai vero?» le chiedo gentilmente.

Sidney

Lo so benissimo. Lo so perché ormai non sono abituata alle gioie della vita, ma bensì alla merda che ti viene buttata addosso ogni singolo giorno. Sono abituata alle delusioni, ai rifiuti, a sperare incessantemente che qualcosa vada per il verso giusto. A pregare con tutte le mie forze qualche divinità che, per mera pietà, raddrizzi tutte le curve pericolose della mia vita. E prontamente ho versato lacrime insieme a quelle preghiere, ma nessuna è mai stata esaudita.

Così anche la speranza, quella che si dice non muore mai, lentamente ha iniziato a sparire dal mio carattere, lasciando spazio alla determinazione e ad un senso di perenne rassegnazione in certe situazioni.

Però ci si stanca. Ci si stanca a mostrare sempre il lato forte del proprio carattere, a far finta che tutto vada perennemente bene, quando in realtà vorresti solo piangere cercando di non ripensare a tutto.

«Lo so» mormoro e la abbraccio consapevole che non andrà affatto bene finché starò a Londra.

Rei mi abbraccia nuovamente e mi concedo, in un raro attimo di debolezza, di piangere di nuovo. Di far sgorgare miriadi di lacrime di disperazione, ma non permetto più ai singhiozzi di sfuggire dalle mie labbra.

Va bene piangere, ma fallo con dignità Sidney Brooks. 

***Ciao fanciulle di ogni età! Eccomi qui, tornata da Lisbona e carica di idee. Scusate il ritardo della pubblicazione e se il capitolo è uno di quelli "di passaggio", ma guardate il lato positivo: il 16 è quasi finito ;)

Sono stata a Lisbona-landia, alias conosciuta come la città dei Manzi Internazionali e mi sono divertita da morire, ma sapete la cosa più bella qual è stata? Quando mi sono affacciata sull'Oceano Atlantico e ho scrutato l'orizzonte consapevole che dall'altra parte ci fosse USA-landia. La terra di Evan, Camille, Axel e Sam. È stato molto emozionante! 

Un mega bacio a tutte (❁'◡'❁) ***

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