Choose You?

De Hanny_Fiergirl

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Un avvocato specializzato in economia e un agente di polizia del distretto di Dublino. Uno rigido, severo e c... Mais

Iniziamo!
1 - Rei
2 - Rei
3 - Rei
4 - Rei
5 - Rei
6 - Rei (non corretto)
7 - (non corretto)
8 - Rei (non corretto)
9 - Rei (non corretto)
10 - Rei (non corretto)
11 - Rei (non corretto)
12 - Rei (non corretto)
14 - Rei (non corretto)
15 - Rei (non corretto)
16 - Rei (non corretto)
17 - Rei (non corretto)
18 - Rei (non corretto)
19 - Rei (non corretto)
20 - Rei (non corretto)
21 - Rei (non corretto)
22 - Rei (non corretto)
23 - Rei (non corretto)
24 - Rei (non corretto)
25 - Rei (non corretto)
26 - Rei (non corretto)
27 - kayn (non corretto)
28 - Rei (non corretto)
Epilogo - Pasty (non corretto)
Ultra thanks!

13 - Kayn (non corretto)

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De Hanny_Fiergirl

Pasty insegue il batuffolo di lana che gli lancio e quasi va a schiantarsi contro uno dei piedi del tavolino in soggiorno. Appena lo agguanta con entrambe le zampette si mette ad addentarlo ed emettere bassi miagolii di quella che credo sia felicità.

«Bene, io sono pronta»

Mi volto e trovo Holly accanto al corridoio, intenta a sistemarsi la giacca di pelle ma, quando alza lo sguardo per incrociare il mio, inarca un sopracciglio beffarda e scuote la testa sottolineando per l'ennesima volta il suo disappunto. «Sei veramente ottuso e cocciuto come un mulo Kayn, non so più come ripetertelo che dovresti farti una vita»

«Holly» la ammonisco duro mentre mi alzo dal divano e la accompagno calorosamente verso la porta. È da quando è venuta a trovarmi oggi pomeriggio che non fa altro che sgridarmi e la cosa inizia ad infastidirmi: dal momento in cui ha incontrato Rei sul pianerottolo continua a ripetermi quanto sia carina e di provarci con lei.

«Ti rendi conto che è una gnocca galattica? Sei sicuro di non aver perso qualche grado di vista? In quel caso possiamo andare dal signor Wood. L'altro giorno ho visto che ha scontato i suoi occhiali del sessanta per cento» ha affermato indicando con un cenno del capo la parete della cucina, ossia quella che divide il mio appartamento dal soggiorno di Rei.

«Sul serio fratellone, non capisco proprio perché questo tuo atteggiamento poco incline alle relazioni» mormora scrivendo alla velocità della luce qualcosa sul suo cellulare. Mia sorella, di cinque anni più piccola, non è una persona normale. E non lo dico perché essendo io il più grande abbia qualche strano conflitto con lei o altro, sia mai... Se proprio vogliamo essere sinceri lei è la seconda donna più importante sulla faccia della Terra per me.

Se le capitasse qualcosa potrei ammazzare con le mie stesse mani il responsabile....

«Dimentichi Alice» le ricordo questo piccolo dettaglio sbadigliando sonoramente. Il turno di pattuglia ieri notte è stato un delirio, soprattutto perché non riuscivo a restare concentrato. E come avrei potuto dopo la cena assai particolare tenuta con la mia vicina?

Se non fosse stato per Pasty probabilmente mi sarei dato malato o avrei detto ai miei colleghi che avrei fatto il doppio turno il giorno dopo.

«Alice capirebbe benissimo secondo me. Non è né stupida né ingenua ed è ora che volti pagina... per te stesso e per lei» ribatte Holly trafiggendomi con i suoi occhi color ghiaccio. Non mi permette nemmeno di ribattere che afferra con convinzione la maniglia della porta e la spalanca. «Detto questo fratellone, io vado ad ubriacarmi come una spugna e tu» prosegue additandomi il petto, «Tu vedi di andare dalla vicina gnocca e di invitarla fuori» conclude girando sui tacchi per poi sparire giù, lungo le scale.

Resto impalato sull'uscio a fissare la sua coda di cavallo corvina che sparisce lungo la rampa e scuoto il capo divertito. Io e Holly ci conosciamo da quando avevo sedici anni. Quando suo padre mi trovò in un vicolo di Birgham che tentavo di scassinare un'auto mi afferrò per le orecchie trascinandomi di peso alla centrale di polizia, dove rimasi seduto alla sua scrivania per tutta la notte.

Richard Price, il capo di polizia dell'undicesimo distretto di Dublino, mi osservò attentamente con i suoi occhi celesti e rigidi, mi fece qualche domanda sulla mia provenienza e quella dei miei genitori e, non so ancora né come né perché, mi lasciò andare.

Esattamente. Non mi arrestò, non mi spedì in un centro di recupero per delinquenti o in un carcere minorile dato che ero stato colto bellamente in flagrante. Pensai di averla fatta franca quella notte e tornai nella casa abusiva in cui vivevo con gli altri ragazzi di strada.

Poche settimane dopo, quando passeggiavo in Belclare View avvolto dai miei logori stracci e con soli pochi soldi in tasca, rincrociai il suo sguardo mentre faceva il giro dell'isolato a bordo della sua autovettura. «Ragazzo» mi fermò. Ricordo che lo fissai con occhi carichi di curiosità e astio. Non sapevo cosa volesse da me e l'unica cosa che avevo imparato amaramente sulla mia pelle era quella di non fidarsi di nessuno.

Nemmeno di te stesso.

«Non dovresti essere a scuola?»

Scossi il capo e tirai dritto, convinto che mi avrebbe lasciato in pace. Affondai il capo tra le spalle, che galleggiavano all'interno del giubbotto più grande di almeno tre taglie, e strisciai i piedi diretto verso il supermercato più vicino dove comprare qualcosa e rubarne un'altra. La mano di Richard mi afferrò per una spalla spaventandomi a morte. Mi girò osservandomi per un'infinità di tempo, scosse il capo e con un cenno del capo mi indicò di seguirlo: «Vieni ragazzo, andiamocene da qui»

«Ma non ho fatto niente questa volta» risposi sprezzante.

«Lo so» sorrise.

Dove mi portò mi scosse nell'anima e fece ripartire il mio cuore. Rimasi scosso oltre ogni dire immaginabile quando giunsi ai piedi di una villetta a schiera nel quartiere residenziale di Ballymum – l'undicesimo distretto – e vidi una donna con dei pomposi capelli color miele che potava le siepi. «Richard» lo salutò scoccandomi un sorriso curioso e caloroso, «è lui il ragazzo di cui mi parlavi?»

Mia madre è una donna fantastica, e fantastica non è assolutamente un aggettivo abbastanza adeguato per descriverla. Chi siano i miei genitori biologici non lo so nemmeno adesso, la storia del mio passato è così contorta e buia che spesso e volentieri chiudo tutte le finestre che vi affacciano. Mi piace pensare di esser nato nell'istante in cui la famiglia Price mi prese con sé.

Holly aveva undici anni e per i primi mesi mi guardava con timore e curiosità. Quando Richard si presentò a casa, una sera, con i moduli sia dell'affidamento temporaneo – che poi divenne adozione - che con quelli d'iscrizione alla stessa scuola di Holly, il nostro rapporto cambiò.

Non è stato semplice, affatto. Ma Holly era ed è ancora tenace. Mi ronzava attorno silenziosamente ed evitava domande sconvenienti. Non era gelosa né reclamava i suoi genitori. Sembrava quasi felice della mia presenza nella sua vita: «Tu non hai idea di quanto sia figo avere un fratello maggiore, Kayn. E le mie amiche ti muoiono tutte dietro» sostenne la sera del suo diciottesimo compleanno. La stessa sera in cui mi ritrovai costretto a tenerle i capelli raccolti affinché non si sporcassero con il vomito.

Ho visto quella ragazza crescere sotto ai miei occhi. Ho visto i segreti e le bugie dei Price, i loro problemi, i loro punti deboli. Ho visto il loro affetto, il loro amore e la loro lealtà. Ho visto il mio cambiamento in quello che sono oggi... Un cambiamento che è stato direttamente proporzionale alla quantità di volte che mia sorella si è tinta i capelli, penso sorridendo.

Due mesi fa era rossa.

Scuoto il capo meravigliandomi di come sia giunto a pensare a tutto questo groviglio di avvenimenti e volto lo sguardo verso la porta dell'appartamento accanto al mio, da cui proviene della musica a volume decisamente alto rispetto al normale, e mi chiedo se Holly non abbia seriamente ragione... Insomma, l'unica volta che sono uscito con Rei è stato quando siamo andati a fare una passeggiata lungo la costa nord, ma è stato più un gesto di gentilezza che per interesse puro.

Volevo semplicemente farmi perdonare per la multa e sotto sotto anche per averla vista mezzo nuda e sbronza, ma questo lei non lo sa.

E non dovrà mai saperlo.

Afferro il mazzo di chiavi sul mobiletto accanto alla porta, chiamo Pasty con un fischio e, affiancato dal mio fidato felino, esco di casa richiudendomi la porta alle spalle.

Busso un paio di volte alla porta di Rei, ancora incerto su cosa dirle, anche perché è seriamente insolito che mi presenti da una donna per due sere di fila, ma qualcosa vedrò di improvvisare. Magari le propongo di finire Blindspot, penso colto da un'idea ingegnosa.

Dall'interno sento il volume della musica che si abbassa notevolmente, successivamente percepisco Rei che corre e sorrido. Non appena la porta dell'appartamento si apre Pasty ci si infila dentro come un razzo e una ragazza che non conosco affatto urla saltando sul posto.

«ODDIO» sbotta, «Che cazzo era quello?» domanda fissando il gatto che si è arrampicato sul tavolo dell'angolo cottura e annusa con interesse il cesto di frutta.

«Tu non sei Rei» constato osservando la ragazza: snella, un po' troppo per i miei gusti; capelli lunghissimi, lisci e neri come la pece. Due smeraldi scintillanti incrociano il mio sguardo e si ingrandiscono dalla sorpresa: «Oh. Mio. Dio.» scandisce accompagnando ogni parola con un cenno del capo.

«Ti prego, dimmi che tu sei il pacco che ho preso su Amazon e che mi ha seguita fino a Dublino» dice con un tono di voce più alto di almeno altri dieci decibel. Non faccio in tempo nemmeno ad aprir bocca che mi blocca alzando una mano: «Aspetta, fammi indovinare: non sei il capo di Rei» deduce poi con uno strano scintillio negli occhi.

Il capo di Rei? Ma che c'entra?

«Non penso proprio. L'economia non mi si addice per niente» confermo lanciandole uno dei miei migliori sorrisi adulatori «e non sono nemmeno il tuo pacco di Amazon. Credo sia leggermente illegale vendere uomini su internet» aggiungo rimproverandola, ma le mie parole non sembrano sfiorarle minimamente. La ragazza, rigorosamente in canottiera e pantaloncini, mi sorride come se avesse appena visto un modello di Armani totalmente nudo e pronto a soddisfare tutte le sue perversioni più nascoste – e la cosa è assai inquietante – poi emette un "Wow" degno dell'espressione di un cartone animato della Disney, in cui i cartoni inarcano le sopracciglia strabuzzando gli occhi e allungano le vocali "a" ed "u".

«Allora tu sei il secondo» esclama. Il secondo? «Oddio, sei il vicino sexy!» squilla battendo le mani eccitata.
Il vicino sexy?, penso stranito. Che diavolo sta farfugliando questa qui? E chi cazzo è? Dov'è Rei?

Come sentitasi chiamare in causa, alle spalle della ragazza sbuca Rei avvolta in uno striminzito asciugamano rosso scuro, i capelli ancora grondanti d'acqua: «Sid, chi era alla port- AAAAAAH!» finisce la domanda urlando quando incrocia il mio sguardo e tenta di coprirsi il petto, come se i punti critici non fossero già coperti.

«OH CAZZO» sbotta mentre la mia espressione tradisce l'ilarità. Mi concedo un lungo attimo per ammirare le sue gambe lisce, ancora bagnate, e risalgo il profilo del suo corpo lentamente.

Molto lentamente.

Quando finalmente i nostri occhi si incrociano le sue guance sono adorabilmente rosse per l'imbarazzo, ma almeno sono in tinta con l'asciugamano, penso ridacchiando.

«Ciao Pasticcino» la saluto.

«Oddio... l'hai chiamata Pasticcino» mormora "Sid" divorandomi con gli occhi. La cosa inizia ad innervosirmi.

«Kayn... cos-cosa ci fai qui?» domanda Rei portandosi una mano al petto per cercare di darsi una calmata: è da quando mi ha visto che il suo petto si alza e si abbassa ad una velocità anormale. Non so se abbia il batticuore per la mia presenza, e allora sarebbe una reazione seriamente interessante da analizzare e approfondire quanto prima, o per il mero e puro spavento nel ritrovarmi sull'uscio che parlo con questa tizia. Sembra quasi uscita da una commedia americana...

«Pensavo fossi da sola, volevo proporti di finire Blindspot e di bere una birra» mormoro continuando ad ignorare la tizia che ho davanti.

«Oddio... Puoi chiamare Pasticcino anche me?» supplica "Sid". Le lancio un'occhiataccia e lei, quale faccia di bronzo che è, aggiunge: «E se vuoi guardo più che volentieri Blind pop con te»

«Blindspot» la correggiamo all'unisono io e Rei. Ci guardiamo negli occhi e le rivolgo un sorriso a trentadue denti. Forse Holly ha ragione... Perché non darsi una possibilità se l'occasione è una donna meravigliosa come quella che ho davanti agli occhi.

No, non la corvina che pare avere della Redbull in endovena, quella alle sue spalle. Che mi sta sorridendo con uno strano luccichio negli occhi. «Beh, cosa fai lì impalato? Entra dai» mi invita con un gesto della mano. "Sid" – mi rifiuto di credere che questo sia il suo nome – si scosta lasciandomi entrare e quando le passo accanto sorpassandola sento i suoi occhi puntati dritti verso il mio culo. Mi volto per accertarmi della mia teoria e la becco che rialza frettolosamente lo sguardo sorridendomi con una faccia da Joker micidiale.

«Tu sei inquietante» affermo senza mezzi termini. Alle mie spalle Rei scoppia in una fragorosa risata, mentre la sua ospite arriccia il naso senza mai smettere di sorridere: «E tu sei un gran bel manzo caro il mio vicino» afferma schietta.

«Vado a vestirmi» ci interrompe Pasticcino, «Voi vedete di non... fare cose stupide e Sid» si ferma ammonendo la ragazza con gli occhi, «Ti prego non dire o fare cose per cui poi potrei ammazzarti. Ci metto cinque secondi» e detto questo corre lungo il corridoio che conduce in camera sua.

Restiamo io e la ragazza, in piedi, a fissarci negli occhi. O meglio, io cerco di studiare l'individuo, lei mi sta facendo la scansione a raggi X.

«Sei una parente di Rei?» spezzo il silenzio e finalmente alza lo sguardo sul mio viso. Sospira profondamente e inclina il viso di lato, rivolgendomi l'ennesimo sorriso carico di molti, troppisignificati.

«Sono la sua migliore amica, Sidney Brooks»

«Sidney come la città?»

«I miei mi hanno concepita lì» spiega annuendo con fare grave.

«Oh» è tutto ciò che riesco a mormorare.

«Già. "Oh"» si dondola sui talloni, senza mai smettere di sorridere. «Pensa se mi avessero concepita a Bangkok o in qualche strano paesino del Galles» mi fa notare e, senza riuscire a trattenermi, scoppio in una fragorosa risata. «In effetti Sidney è un bel nome. Ti è andata bene»

«Mi andrebbe meglio se ci facessimo una birretta io e te, ma temo che Rei mi spezzerebbe l'osso del collo» sospira tragicamente, mentre le mie sopracciglia si inarcano lentamente. «Interessante» mormoro infilandomi le mani nelle tasche dei jeans. «Molto interessante»

«Sputa il rospo vicino sexy»

«Kayn» la interrompo presentandomi, «Kayn Price».

«Vicino sexy mi piace di più» sorvola lei con un gesto della mano. «Dicevo, sputa il rospo: sei qui per invitare Rei fuori!» trilla canticchiando al limite dell'eccitazione. Ma è reale? Voglio dire, siamo sicuri che se la tocco non scompare in mille scintillii e si scopre che in realtà è una fata, o che so, una di quelle stramberie da donna?

«E se così fosse?» le domando con tono neutrale, quasi piatto. Sto cercando di capire questa ragazza... e nasconde qualcosa. sta riflettendo tutte le luci sugli altri, non vuole che le si presti attenzione. Non credo fosse così magra prima e lo dimostrano gli indumenti che indossa: sono di almeno mezza taglia più grandi e ciò mi fa dedurre che abbia perso peso in poco tempo, velocemente e sotto forte stress. Gli occhi, per quanto vivaci e sinceri, tradiscono un guizzo a cui non ho ancora ben capito che stato d'animo associare.

«Beh, se così fosse sappi che va matta per i posti mooolto alti» bisbiglia accompagnando il tutto con una teatrale strizzata d'occhio.

«Sono pronta, siete ancora vivi voi due vero?» ci interrompe Rei irrompendo nel salotto con un paio di leggings neri e una maglietta che somiglia vagamente alla mia. Ma che dico, quella è la mia maglietta! E quando cazzo l'ho dimenticata qui?, mi domando scoccandole un'occhiata stranita.

Forse quando sono rimasto a dormire da lei, azzardo.

«Ti fermi a cena con noi?» chiede gentilmente e subito Sidney schizza in aria saltellando come un coniglietto pasquale: «Oddio, ti prego, ti prego, ti prego! Fermati a cenare con noi! Dopo usciamo tutti e tre» propone ai limiti dell'esuberanza.

«Ehm... credo che per stasera passerò. Grazie comunque dell'invito» mormoro guardando Pasticcino negli occhi. Sorride brevemente, a disagio credo, e annuisce: «Va bene, se hai bisogno sai dove trovarci»

«E intende dire qualsiasi bisogno. Se è uno fisico puoi disturbare a qualsiasi ora della notte. Saremo pronte a soddisfare tutte le tue esigenze» aggiunge la sua migliore amica facendomi sorridere per l'audacia.

«SID» urla Rei inviperita «Ti avevo detto niente stronzate!»

«Ma che ho fatto? Gli ho solo detto che siamo ben disposte a-» non finisce la frase che Rei le tappa la bocca guardandomi mortificata: «Scusala» mormora soffocando a stento una risata.

«Tranquilla. È come cercare di gestire una Rei sbronza dopotutto, solo che questa lo è ventiquattro ore al giorno a quanto pare» ridacchio avviandomi verso la porta. «Divertitevi» le auguro, «E non ti ubriacare Pasticcino. Qualcosa mi dice che Sidney è in voga di festa»

Rei

E Kayn aveva ragione. Non solo Sidney era in voga di festa, ma quella che la sta trascinando su per le scale alle quattro del mattino sono io. Ma che diavolo le è preso stasera?

Tra le due è sempre stata lei quella più brava a reggere l'alcool, ma oggi ha davvero esagerato. Dopo il terzo locale che abbiamo visitato, si è dovuta trascinare a stento fuori dal Rubik Close per vomitare l'anima sulla ruota anteriore della Nissan. Se penso che tra qualche ora dovrò svegliarmi per pulire quello schifo anche a me sale la bile.

Sidney si è gettata sugli alcolici con foga, tracannando uno shottino dietro l'altro come fossero acqua. Continuava a borbottare strane cose sulla libertà, l'indipendenza e i cuori stronzi che non funzionano quando dovrebbero funzionare.

Ha accennato nuovamente allo strano tizio dei gates dell'aeroporto, dicendo che anche lui era un bel manzo da allevare o un bel destriero da cavalcare tutta la notte. Quando se ne esce con certe metafore, degne da romanzo rosa per ragazze e donne sessualmente frustrate, tutto quello che riesco a fare è ridere di cuore.

«E fanculo agli uomini e alle donne che non sanno amare. Si o no ragazzi? SI O NO?» ha urlato mentre traballava sul tavolo del locale, alzando in aria il bicchiere e scatenando l'euforia di tutti i presenti. Ha accompagnato il tutto con un urlo di felicità, ha tracannato il whisky in un solo sorso ed è saltata giù dal tavolo. Il tutto accadeva a pochi metri da me, che la fissavo esasperata e stremata.

«Forza Sid, sei un verso schifo» l'ho ripresa ad una certa, quando non riusciva proprio più a reggersi in piedi. «Torniamo a casa adesso».

Giunta sul pianerottolo cerco di tenere ancora stretta a me la mia migliore amica, ma recuperare le chiavi sta diventando un'impresa da Dio. O la mollo facendola cadere a terra per poi trascinarla per i piedi dentro casa, o uso la telecinesi e apro la porta con il pensiero.

Il rumore di qualcuno che sale le scale cattura la mia attenzione e poco dopo sbuca l'inconfondibile acconciatura scompigliata di Kayn dalla rampa di scale. Alla fine è uscito anche lui, penso.

Si sta togliendo i guanti da moto e quando solleva lo sguardo incrocia i miei occhi. Appena vede Sid che dorme beatamente totalmente accasciata a me si mette a ridacchiare e mi lancia uno sguardo che dice chiaro e tondo "te l'avevo detto".

«Vuoi una mano?» si offre venendo in mio soccorso.

«Grazie» mormoro a bassa voce, sinceramente grata. Solleva Sid tra le braccia, al che lei gli cinge il collo con le mani e borbotta qualcosa riferita a sua nonna. Io e kayn soffochiamo una risata e, aperta la porta, ci apprestiamo ad entrare nell'appartamento. «Dove scarico la merce, signorina?»

«Kayn!» lo riprendo ridacchiando e gli mollo un pugno scherzoso sul bicipite avvolto dalla giacca da motociclista. «Vuoi tirarmi un'altra volta un pugno?» domanda con voce rocca. Commetto l'errore di guardarlo negli occhi e quasi mi va di traverso la saliva.

Un brivido percorre tutta la mia spina dorsale e miriadi di puntini iniziano a formarsi sulle mie braccia: emozione. Pura e semplice emozione.

«Puoi portare Sid in camera mia...» sussurro sbattendo furiosamente le palpebre.

Coricata la disgraziata, torniamo in soggiorno dove per alcuni istanti restiamo a guardarci senza ben sapere cosa dire. Dondolo sui talloni leggermente a disagio, intenta a fissare il sorrisino appena accennato sulle labbra del mio vicino. «Alla fine sei uscito anche tu...» dico tanto per dire, o forse per trattenerlo ancora per qualche minuto in casa tua, mi accusa il mio odioso grillo parlante, alias la coscienza.

«Sì, alla fine sono stato da...» si interrompe, abbassa lo sguardo per terra e quando lo rialza mi sta sorridendo a trentadue denti: «Da Alice».

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