Dopo di te nessuno mai || 2

Від Littlestupidgirl_13

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C'è un istante, nella propria vita, in cui ci si chiede cosa riservi il futuro per noi e come possiamo relazi... Більше

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Prologo
1 ~ La parola amore
2 ~ Nel viaggio
3 ~ Venire ai fatti
4 ~ Notte di sorprese
5 ~ Una giornata al mare
6 ~ Tanti auguri, Chris!
7 ~ La prima lettera
8 ~ Tutti in campeggio
9 ~ Qualsiasi cosa accada
10 ~ Tutto ciò che conta
11 ~ Sorrido con te
12 ~ Quello che non ti ho detto
13 ~ Nuovi incontri
14 ~ Taci o baci
15 ~ Tutti al luna park!
16 ~ Frustrazione sessuale
17 ~ Conquistare la strada
18 ~ Notte di terrore
19 ~ Un amore di fratello
20 ~ Mancanza di te
21 ~ Sognare ad occhi aperti
22 ~ Ma la vita cos'è?
23 ~ Avventurarsi
24 ~ Rasentare la pazzia
25 ~ Soffocanti delusioni
26 ~ Ridere per nulla
27 ~ L'importanza che possiedi
28 ~ Molto rumore per nulla
29 ~ Alessandro
30 ~ Sentirsi demoliti
31 ~ Tornerò da te
32 ~ Inevitabilmente sempre noi
33 ~ Aspettando il verdetto
34 ~ L'inizio della fine
35 ~ Un orizzonte chiamato Grecia
36 ~ Canea
38 ~ L'ultima lettera
39 ~ L'ultima prova
40 ~ Il matrimonio
Interludio
Epilogo
Ringraziamenti e informazioni
#Challenge
What if...?
IT'S TIME!
Ops... Forse il precedente non era l'ultimo
0.1 ~ La prima volta che ti ho vista
0.2 ~ Pazza pizza e un cuore che batte
0.3 ~ Bastardo fortunato
0.4 ~ Non ti spaventare
0.5 ~ La ragazzina bruttina
0.6 ~ Crisi
0.7 ~ Crisi

37 ~ Ho imparato ad amarti

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Від Littlestupidgirl_13

Mi sveglio con il buio pesto attorno a me. La stanza è silenziosa, dalla finestra aperta sul lato opposto a dove si trova il letto, non arriva nessun rumore. Né una macchina che parcheggia, né una bicicletta che corre per le strade.

Il materasso è infossato lì dove un corpo vi è poggiato sopra. Chris ha gli occhi chiusi, sta dormendo, il respiro regolare e leggermente più forte di quanto lo sia mai stato. È girato su un fianco, verso di me, con le braccia abbandonate nella mia direzione. Non mi sono svegliata per un brutto sogno o per uno strano rumore, ma per un potente calcio tirato ai miei stinchi. Chris è stravaccato verso il centro, piuttosto che restare nel suo lato di letto, e ha su solamente un paio di boxer. È praticamente nudo, mentre io ho ancora la canottiera che ho indossato dopo la doccia e i pantaloncini, i capelli sono un groviglio alle mie spalle e hanno umidito il cuscino. È tardi e devo aver dormito tutto il giorno.

Chris sarebbe voluto andare a fare un giro, ma si è ritrovato un ghiro nel letto e deve essersi annoiato moltissimo per vegliare su di me. Scosto le lenzuola calde che mi sono state accucciate fin sopra le spalle e scendo dal letto piano, sentendomi completamente riposata. Decido di raggiungere la finestra, per chiuderla ed evitare che il venticello della notte domani ci provochi la gola secca ma rimango qualche minuto a fissare la città sotto di me.
Le case basse sono immerse in uno sfondo blu, non nero, che riflette la luce del mare evanescente a pochi metri di distanza dal centro attivo della cittadella. Le fiaccole sparse di qua e di là per le strade producono quel leggero tepore che galleggia sui tetti regalando una dolce sinfonia di riposo.

Sono davvero a Creta, in Grecia, lontana chilometri di mare da casa mia. Insieme a Chris.

Un grugnito mi fa girare, Chris ha disteso le braccia verso la mia parte di letto e immagino il mio corpo, avvinghiato a lui, che si riscalda. Mi riavvicino e m'infilo di nuovo sotto le lenzuola calde per stargli accanto. Mi accoccolo sul cuscino e subito una sua gamba finisce tra le mie, aggrovigliandosi a me come fossi un pupazzo. Lo guardo dormire e anche se mi sento una guardona, rimango così finché i miei occhi non distolgono l'immagine che ho di lui. Presto i contorni del suo volto cominciano a sfumare, le sue ciglia che sbattono alla pelle chiara sfocano sullo sfondo, le tempie si allargano, il mento di allunga. È come se stessi vedendo un altro Chris, forse il vero lui, quello che ha dentro. Poi capisco che ho solo sonno, che l'ho fissato così a lungo e così attentamente, che i miei occhi e la mia mente fanno i capricci. È come ripetere una stessa parola fino a che perde, per momentanei secondi, il suo significato.

Chris, Chris, Chris, Chris, Chris, Chris, Chris, Chris... no, lui non perde mai significato.

Mi addormento con il suo nome tra le labbra.

Dopo un'abbondante colazione con Ariston ed Eudokia, Chris mi convince ad andare ad affittare delle biciclette per girare la città come fossimo giovani indigeni che si fanno un giretto.

<<Stammi dietro>> grida da sopra una spalla mentre alza il sedere dal sellino e comincia a pedalare a perdifiato per le strade del porto. Io vado più piano, ho paura di investire qualcuno o di fare un bel capitombolo. Ripeto una miriade di "Scusi", oppure degli "Attenzione!" ma solo dopo aver intravisto degli sguardi corrucciati rivolti alla mia persona ho capito che non mi potevano capire, per loro stavo solo farfugliando per strada mentre pedalavo al seguito di un pazzo.

<<Aspetta>> esclamo io più di una volta e Chris è costretto ad aspettarmi, fermarsi e posare un piede a terra, poi quando sono più vicina ricomincia a correre. Quando arriviamo sul lungo mare, passiamo attraverso una pista ciclabile, e solo lì possiamo accostarci l'uno all'altra. Chris va più piano e ci godiamo il paesaggio nel pieno della giornata, con il sole che ci riscalda le braccia.

<<Facciamo una foto>> dice lui, osservando con le sopracciglia corrucciate il mare più azzurro che io abbia mai visto. Porta gli occhiali da sole, e quando fa quell'espressione, si alzano sul naso. Ci fermiamo accanto a un lampione spento e lì posiamo le bici poi Chris ferma un passante con un paio di buste di plastica tra le mani e gli domanda il piacere.

Quando torna da me, è pronto per la foto. Mi stringe un fianco e io mi accoccolo a lui, portando una mano sul petto. Il gentile signore si mette in posa con il telefono di Chris tra le mani e ci sorride, pronto per scattare.

<<Trattieni il fiato>> mormora Chris piano prima di premere due dita sul mio naso e stringere forte, facendomi sobbalzare. Stringo un pugno attorno alla sua maglia dalla sorpresa e il signore ride.

<<Chris!>> esclamo io, appena la foto è scattata. <<Hai rovinato la mia faccia>>

Lui fa finta di niente, si avvicina al signore e prende il telefono, sorride, e poi alza il pollice in segno di approvazione. Lo sconosciuto mi lancia un altro sguardo divertito e poi se ne va.

Allora corro da Chris. <<Fammi vedere>> mi alzo sulle punte e mi reggo alle sue spalle ma appena vedo la foto metto il broncio.

<<Dai, ho gli occhi storti e la bocca aperta!>> Chris invece sta sorridendo come un bambino, gli occhiali da sole alzati tra i capelli e gli occhi illuminati mentre con una mano mi stringe il naso.

<<Ne faremo un'altra>> scuote le spalle, ha ancora il sorriso da vincitore sulle labbra. Gli acciuffo il cellulare, pronta a cancellare la foto, ma lui mi blocca strappandomelo dalle mani e tenendolo in alto con il braccio.

<<Non salterò per raggiungerlo>>

<<Peccato, sarebbe stato divertente vederti sotto sforzo>>

<<Allora, cosa facciamo adesso, capitano?>> gli domando quando abbiamo ripreso la biciclettata per la strada.

<<Museo archeologico>> dice con una voce allegra, pimpante. Pedaliamo verso una discesa e quando mi sento colma di forze gli propongo persino una gara. Che ovviamente perdo.

Quando arriviamo al museo, c'è un po' di fila ma per me non è mai stato un problema aspettare, almeno non con le persone giuste. <<C'è anche un'area ristoro all'interno>> mi dice Chris per intrattenerci mentre siamo in fila.

Arriviamo alla biglietteria dopo quindici minuti e siamo stati fortunati, non sembra esserci nemmeno la calca. Chris fa per pagare anche il mio ingresso ma io lo blocco. <<Pago quello che c'è da pagare, sono donna, non impedita>>

Chris ride e mette giù i soldi. <<Mi permetterai di offrirti almeno il pranzo?>>
Annuisco e sorrido alla signorina oltre il bancone che mi da una brochure e andiamo avanti verso l'entrata.

<<Quindi io ti offro la cena>>

<<Si può fare>> risponde lui conducendomi dentro con una tenera carezza sulla schiena.

<<Sei già stato qui?>>

<<Non sono mai entrato, però ho scaricato un paio di pacchi della trattoria sul retro>>

Seguiamo un percorso immaginario e osserviamo ogni reliquia con attenzione, commentando di tanto in tanto. Chris ha la bellissima idea di fare delle foto e poi di essere ritratto accanto ad alcune statue particolarmente buffe. Quando intravedo un'opera somigliante a una mucca, lilla, sono io a volerne una.

<<Mettiti in posa>> mi dice Chris, maneggiando con il cellulare tra le mani. Così faccio, affiancandomi a lei e rivolgendomi nella sua direzione con un'espressione meravigliata. Riesco a incavare in questo modo le sopracciglia solo grazie a Elena e a quante volte gliel'ho visto fare. Chris ride appena scatta e io decido di volerla inviare alle mie amiche. Poi mi ricordo di non averle avvertite su nulla del mio piano e sbatto un palmo sulla fronte. Come ho potuto dimenticare di avvertirle? Loro, che sono state le mie complici fin dall'inizio?

Chris mi suggerisce di inviare la foto e aggiungere una descrizione così che farò intendere a entrambe dove mi trovo e perché, e in seguito avrò tempo per sentirle e spiegarmi meglio.

Acconsento al suo piano durante la pausa ristorazione, nel giardinetto interno, mentre siamo seduti su una panchina di marmo scuro.

Lavinia è la prima a rispondere con una miriade di punti interrogativi e faccine sorprese. Poi arriva la sua chiamata e io faccio un respiro profondo; la stessa paura che mi ha attanagliato quando ho dovuto parlare con mia madre mi sta salendo in gola anche adesso. Chris m'incoraggia con un buffetto alla spalla prima di stendersi sulla panchina e poggiare il braccio sulla mia parte di schienale.

<<Ehi>>

<<Ehi? Cosa diavolo vuol dire che la mucca viola ci saluta da Creta?>>

<<Mh...>> prendo un respiro e poi mi scappa una piccola risata, forse troppo acuta. <<Credo di essere in Grecia>>

Chris spinge un paio di dita tra le mie costole e io sussulto. <<Non lo credo, ci sono. A Creta. Con Chris>>

Dall'altra parte della linea persiste il silenzio. Poi, dal nulla, un gridolino. <<Oh mio dio, e cosa ci fate a Creta?>>

Non l'ho ben capito nemmeno io il perché del viaggio. <<Pressoché passeggiate, in realtà>>

<<Ah, beh, ha molto senso. Perché non passeggiare in Italia, sai che noia>>

Sento il suo tono ironico ma non mi spaventa, perché sta anche ridendo. <<Maggie, ma è pazzesco. Quando tornate?>>

<<Non lo so ancora>>

<<Come nelle fughe d'amore>>

Sono felice che abbia pensato a questo esattamente come me.

<<Ma quando siete partiti, comunque?>>

<<Ieri notte. Siamo andati direttamente all'aeroporto>>

Lavinia continua a ridere, spensierata, come se non potesse credermi e persiste con mille domande. Quando ha finito e io l'ho accontenta, è il mio turno di essere aggiornata sulle condizioni di Andrew e anche di Diego. Poi passo alla domanda x.

<<Hai visto Elena?>>

<<Non da quando siamo tornati. Perché?>>

Forse Lavinia, presa com'era dall'imminente viaggio e dal suo ragazzo, non si è accorta della situazione tra mio fratello e la bionda. Forse, invece, non è così grave come sembra. <<Nulla, aspetto che mi risponda>>

<<Allora ti lascio andare. Ah, ancora non ci credo che sei in Grecia. Salutami Chris e divertitevi anche per noi. Ah, okay, vado. Baci! Mamma, non crederai mai...>>

La linea s'interrompe, com'è solito con Lavinia, e io mi ritrovo a sorridere verso lo schermo scuro.

<<Allora, non è stato male come credevi>>

Mi accascio sul braccio di Chris ed espiro forte. <<No, infatti. Manca Elena, però. Chissà cosa sta succedendo lì>>

C'è molta pace, qui. Respiriamo gli odori della natura, di qualche fiore arancione e celeste, mentre intorno a noi passano turisti e non con strambi cappellini e tenute estive. Quando noto una piccola palla di pelo aggirarsi verso i confini di una aiuola poco distante dalla panchina, mi metto sull'attenti.

Si tratta di un gatto completamente bianco, né una macchia né della terra sulle zampe. È piccolo, mi potrebbe entrare in una mano.

<<Oh mio dio>> dico, con quella voce ridicola che ognuno assume davanti a un cucciolo o un bambino in fasce. Anche se io non sono mai stata immune all'incantesimo nel rimbecillimento davanti a tali essere così teneri, ho sempre creduto che ci considerassero dei completi idioti. <<Guarda Chris, un gattino>>

Mi sporgo oltre la panchina e allungo le mani, cercando di attirare la sua attenzione. I suoi occhi, tanti chiari da sembrare bianchi anche loro, puntano subito nella direzione delle mie dita. Poi si avvicina e tanto piano io trattengo il fiato. Quando si struscia sulle mie caviglie, sento l'abituale suono delle fusa e mi intenerisco, tanto da afferralo sotto le ascelle e accoccolarlo sul mio grembo.

<<Cosa ci fa un esserino tanto piccolo in un museo? Non dovrebbe essere vietato loro l'accesso?>>

<<Guarda quando è piccolo, deve essersi infilato da qualche parte>>

Continuo a grattargli il mento e il pelo corto, liscio, e il gatto chiude gli occhi, in estasi. I cuccioli di animali hanno sempre avuto il potere di rendermi una completa idiota, al contrario dei bambini, dei quali ho quasi paura. Non perché mi terrorizzino loro, ma perché quando li ho attorno, ho sempre paura di far loro del male. Con gli animali è diverso, loro sono in gamba sin da quando hanno pochi giorni, in loro vige la legge della sopravvivenza meglio di quanto viga negli essersi umani.

<<È possibile essere gelosi di un gatto?>>

Giro lo sguardo verso Chris mentre l'animaletto, che ho deciso di chiamare Vercingetorige, mi struscia il muso sul mento. <<Dimmi, è maschio o femmina?>>
Alzo Vercingetorige davanti alla faccia di Chris e lui, sorpreso, scatta con la testa all'indietro. <<Come faccio a saperlo?>>

<<Guarda attentamente>>

Cerco da trattenere le risate ma lui resta in silenzio, credo stia davvero controllando. <<Non vedo nulla di sospetto, dovrebbe essere femmina>>

<<Mannaggia>> La riporto sul mio grembo e le osservo gli occhi. <<Allora sarai Vercingetorigia>>

Gli occhi di Chris si spalancano. <<Come la vuoi chiamare?>>

<<È carino, si adatta perfettamente al suo musetto>>

Il ragazzo allora si avvicina al gattino, che segue i suoi movimenti e lo guarda a sua volta, poi le tocca le orecchie. <<Scusala, sai, carenza di zuccheri>>

Quando si rimette dritto, i suoi occhi sono per me. <<Andiamo, ti porto a pranzo>>

<<Ma Vercingetorigia...>>

<<Temo tu la debba lasciare qui>>

Metto il broncio e continuo a carezzarla teneramente mentre Chris si alza e stende le mani verso di me. Con mio grande rammarico sono costretta a dire addio al tenero gattino, che continua a seguirci fin a che non entriamo dentro il museo stesso e mi sento l'amaro in bocca, quando, sconsolata, ci fissa attraverso il vetro andare via.

<<Le rimarrà il trauma dell'abbandono a vita>>

<<Non potevamo certo metterla sotto i vestiti e portarla via>>

<<Perché no?>>

Chris mi ammonisce con lo sguardo come si fa con i bambini e io sono costretta ad abbassare il capo. Povera Verci, poteva vivere felice con noi due.

Chris mi porta a mangiare in un'osteria dove il pesce è il piatto principale, come sole essere in tutte le città portuali o marittime.

Ordiniamo fritti e contorno, o meglio, Chris ordina; io continuo a sentirmi un'impedita in questa città. Così, mentre mangiamo, gli chiedo di insegnami un po' di greco.

<<Non è qualcosa che si può imparare in un'ora>>

<<Lo so bene, ma proviamo lo stesso>>

Comincia con le basi: ciao, buonasera, buona giornata e l'inizio del verbo essere.

L'accento è strano, carino ma arcaico e trovo qualche difficoltà. Lui ride la maggior parte del tempo mentre gli ospiti accanto a noi, dai loro tavoli, ci osservano o con un cipiglio di arroganza oppure con dei sorrisini divertiti. È imbarazzante, ma non demordo finché le basi non le ho fatte mie.

<<Sei un'ottima allieva>>

<<Non prendermi in giro>>

<<Non lo faccio>> ribatte, mettendosi in bocca l'ultimo ciuffo d'insalata. <<L'ho sempre pensato, lo sai>>

L'accenno alla sfumatura dei suoi pensieri non mi fa arrossire, ma di certo mi mette in testa sporchi ricordi.

Appena atterriamo, cerchiamo un posto, ma non per dormire.

Come cavolo ho fatto a dire una cosa del genere? Mi giustifico pensato che era un momento di estasi, totale non curanza di cosa uscisse, o entrasse, dalla mia bocca. Ma ero sincera, volevo stare con lui. Voglio stare con lui. Solo che sembra tutto così...

<<Maggie, ti sei incantata?>>

Fisso la mia insalata che pendola dalla forchetta a mezzaria e forzo una risata a uscire dalla mia gola. <<Scusa, ero sovrappensiero>>

Dopo il pasto Chris paga il conto per entrambi, come si era offerto di fare, e quando gli chiedo quale sia la prossima tappa, sperando non si tratti di camminate o sforzi vari perché dopo mangiato rischierei di vomitare tutto, mi risponde solamente che si tratta di un posto speciale.

Prendiamo nuovamente le biciclette ma questa volta mi sta al passo, mi conduce lentamente per le strade fuori dal porto, verso il centro della città. Fa talmente caldo che sono costretta a legarmi i capelli in uno chignon alto e a farmi aria sul petto, con le mani, durante alcune pause.

<<Se dopo questo viaggio non sono dimagrita di almeno un paio di chili, giuro che mi arrabbio>>

Il posto speciale è una chiesa, la Chiesa di San Nicola, che è stata convertita in ortodossa durante i primi anni del ventesimo secolo. <<La vuoi visitare?>> chiedo a Chris ma lui mi prende per mano, una volta parcheggiate le bici, e mi porta dall'altra parte della piazza.

<<Non è questa la chiesa speciale>>

Dall'altra parte della strada, costruita con motivi rinascimentali, sorge un altro piccolo luogo di culto.

<<Si tratta della Chiesa di San Rocco. È qui che si sono sposati Guido e sua moglie>>

Osservo la piccola chiesetta, accogliente e di umili origini. Perfetta, per un piccolo matrimonio come deve essere stato quello dei nonni di Chris.

<<Perché non la chiami nonna?>>

<<Non l'ho mai conosciuta, so solo che si chiamava Sophia ed era molto bella>>

<<Tua madre ti ha raccontato di lei?>>

<<No, Guido. È morta quando mia madre aveva dodici anni, non so il motivo. Ma Guido ne ha sempre parlato come se l'avesse salvato, anche dopo cinquant'anni, lui era ancora innamorato>>

Guardiamo la facciata principale di San Rocco, cerco di immaginare con la testa una piccola cerimonia in questa piazza, dove un avvenente uomo italiano guardava con amore la sua neo sposa, di una bellezza incredibile, entrambi con dei sorrisi immensi sulle labbra, tanto da stare male. Quando osservo con la coda dell'occhio lo sguardo annebbiato di Chris, mi chiedo se io abbia immaginato il nonno oppure lui. Chris assieme alla donna della sua vita.

Mi fa uno strano effetto pensare a lui, affiancato a qualcun altro che non sia io, e non perché si tratta in minima parte di gelosia. Perché ormai, l'immagine che ho di lui è irrevocabilmente collegata all'immagine che ho di me.

<<È così che dovrebbero funzionare i matrimoni>> mormoro, accostandomi distrattamente a lui, i nostri menti ancora alti verso la facciata di pietra. <<Ne leggo tante di storie d'amore, quasi tutte con il lieto fine, ma ancora non sono riuscite ad illudermi abbastanza da credere che la vita andrà tutta rosa e fiori, che l'amore duri davvero per sempre>>

Abbassa un po' il mento nella mia direzione, catturato dalle mie parole. <<Ho sempre pensato che credessi nel matrimonio>>

<<È così, infatti. Ma è difficile crederci, la mia è una fede. Penso che sia raro, in realtà, trovare la persona adatta a te, colei che sarà l'unica al tuo fianco, per tutta la vita. È dura da digerire.>> Lascio che dalla mia bocca esca un sospiro, colmo di pensieri brucianti. <<Mi spaventa da morire, sai, l'idea che un giorno potrei svegliarmi e non amare più la persona che ha dormito con me per così tanti anni che ormai non c'è altro da fare che stare insieme>>

Chris incrocia le braccia al petto e ripenso a quando lo facevo io in sua presenza, quando mi volevo proteggere dal dolore che credevo mi avrebbe inflitto. <<È una paura utopica, quando vuoi stare con una persona tutta la vita è perché sai che sarà lei. Non credo ci si possa stancare>>

<<E come spieghi i divorzi?>>

Adesso lo sguardo anche io, anche le mie braccia hanno raggiunto il petto e ci fissiamo come fossimo gareggianti. La nostra è una lotta contro i sentimenti.

<<Per me il divorzio non è sinonimo di assenza d'amore. Se si arriva a divorziare, vuol dire che prima l'amore c'era. Solo, non era quello giusto>>

<<Vedi, lo hai detto anche tu. Come poi essere certo che sarà quello giusto quando la possibilità che un giorno tutto svanisca è di almeno il cinquanta per cento>>

Chris scuote a testa e mi sorprendo della serietà con cui stiamo affrontando questo argomento. <<Credo ci siano milioni di sfaccettature che portino due persone che si sono amate tanto a non voler più state insieme. E tra le tante, l'ultima è forse l'amore>>

Rimango in silenzio, così fa lui, ci guardiamo e basta. Mi sono sempre piaciuti i nostri silenzi rumorosi. Poi Chris si abbassa, tanto da sedersi sulle piastrelle della piazza e io lo guardo dall'alto.

<<Che cosa fai?>>

<<Vieni qua. Continuiamo a parlare>> Batte una mano sul pavimento accanto a sé e io mi guardo attorno, sperando che nessuno pensi che siamo dei pazzi. Ma c'è poca gente da questo lato della pizza, nessun turista osserva la Chiesa di San Rocco, quindi alla fine mi convinco e lo raggiungo.

Entrambi abbiamo incrociato le gambe e le nostra ginocchia si toccano. <<Di cosa stavamo parlando?>>

<<Di divorzio>> lascio cadere l'argomento con un cenno della mano. <<Ma mi rattrista. Cambiamo oggetto di discussione>>

Nei suoi occhi si riflette una luce particolare, un barlume di speranza o di entusiasmo, non saprei dirlo. <<Possiamo parlare d'amore?>>

Le sue parole mi spiazzano, oltre che confondermi e rimango a boccheggiare per un po'. Sento lo stomaco improvvisante chiuso ed è strano dato che ormai il mio corpo dovrebbe essersi abituato alla presenza di Chris. Evidentemente, ha ancora moltissimo potere su di me.

<<Amore, hai detto?>>
Anche se io tento di sdrammatizzare lui è serio, serissimo. Le ciglia che sbattono lentamente, le labbra socchiuse, la mascella indurita.

<<Ho bisogno di due favori, Maggie>>

Il cambio repentino di atmosfera mi fa girare un po' la testa, ma cerco di concentrarmi su di lui o su ciò che vuole. <<Dimmi>>

<<Primo: Vieni qui>> Allarga le braccia e anche le gambe. Mi avvicino titubante e quando gli metto le mani sulle spalle lui mi gira in modo che la mia schiena aderisca al suo petto. Poi richiude le gambe, abbracciandomi con tutto il corpo. Quando respira profondamente, come fosse la sua prima inalazione d'aria dopo anni, mi alzo anche io assieme a lui.

La mia voce è ridotta a un sussurro quando chiedo: <<La seconda?>>

<<Voglio che tu chiuda gli occhi e mi ascolti. Non sarà facile, Maggie, però è importante che tu senta cosa ho da dirti>>

Improvvisamente conscia di quello che sta per succedere, cerco di guadarlo negli occhi scostandomi dalle sue braccia. Ha la faccia contratta, gli occhi socchiusi, come se per lui fosse difficile. <<Aspetta, Chris, perché qui?>>

Mi guardo attorno. Siamo seduti nel bel mezzo di una piazza, abbracciati, mentre ci sussurriamo parole d'amore con il sole che ci illumina, come fossimo evanescenti. <<Perché ora?>>

<<Ho aspettato troppo tempo, non credi? Ti prego, ascoltami>>

La sua supplica ha il potere di ammattirmi. Mi riappoggio al suo petto e lui stringe subito le braccia attorno a me, come fossero uno scudo e mi volessero proteggere dal quello che sta per succedere. Qualcosa mi dice che anche lui ha chiuso gli occhi e si sta preparando.

Quindi chiudo i miei, come mi ha chiesto, concentrandomi solamente sulla sua voce.

<<Perdona il tempismo, sai che sono pessimo in questo, ma c'è una cosa che mi preme, qui, al centro del petto, e che sento da quando siamo scesi dall'aereo. Non voglio che sembri un copione, perché giuro che non lo è. Ma mi ero fatto un piano, sai. Cena, fiori, occhiatine, risate... e poi ti avrei detto tutto. Perché siamo qui per questo, infondo; ma non ce la faccio più, Maggie, se non lo dico subito rischio di scoppiare>>

Fa un respiro talmente grande che mi sembra di scoppiare persino a me.

<<Non è il momento adatto, ma non ce ne sarà mai uno perfetto. Non stiamo in uno dei tuoi libri, non arriverà mai la frase perfetta che mi aiuterà a dirti quello che sto per fare. Quindi, lo faccio e basta.>>

È difficile non poter dire nulla, restare semplicemente con gli occhi chiusi e ascoltarlo. Sentirlo finché non avrà terminato. Però gli stringo le dita sulle braccia, segno che sto con lui, che voglio sentire. Che lo sto aspettando da tutta la vita.

<<Maggie, non so se sai che non ti ho amato la prima volta che ti ho visto né la prima volta che ci siamo baciati. Non ti ho amato la prima volta che ci siamo toccati né ti ho amato la prima volta che abbiamo fatto l'amore. In nessuna prima volta con te è scaturito in me quel sentimento.>>

Stringo i denti per l'inizio rude ed esplicito e mi convinco che arriverà da qualche parte, in un punto infinito, dove tornare indietro sarà impossibile.

<<Ma ho continuato a guardarti, a tenerti la mano, a baciarti e a fare l'amore con te finché ho capito che avrei potuto fare le stesse identiche cose finché avessi avuto vita nelle vene. Avrei potuto continuare all'infinto, finché non mi fossi consumato, perché volevo farlo, perché dovevo farlo e perché se non lo avessi fatto non sarei stato più io, ormai.>>

Non riesco a vederlo ma so che ha uno sguardo implorante, uno sguardo che mi chiede di seguirlo, di restare concentrata e capire ogni parola perché sarà importante.

<<Non ti ho amato subito, ma con il tempo. Ogni istante che passavo con te aumentava il desiderio che avevo. Ogni minuto che passava mi faceva desiderare di averne un altro. Ti ho amato così, pezzo per pezzo, momento per momento, fino ad arrivare a un punto di non ritorno, un punto in cui mi sono perso. Ti ho amato lentamente, perché lentamente ci siamo donati l'uno all'altra. Non è stato un colpo di fulmine, un'attrazione improvvisa. Ho imparato a conoscerti, a sopportarti. Ho imparato ad amarti, Maggie.>>

Ti ho amato così... Lentamente... Amarti.

Ho la testa pulsante, il cuore che batte, le dita che si stringono a lui.

<<Posso elencarti tutte le cose che amo di te e posso giurare di sapere a memoria, proprio adesso, in questo momento, tutte le cose che invece non sopporto. Amo il modo in cui ti vesti, perché è orribile. Amo il modo in cui difendi i tuoi gusti musicali, così strambi, o i tuoi libri, che ti riempiono la testa di fantasie e limiti impossibili. Amo il modo in cui balli, perché non sai ballare, o come cerchi di imitare la sfrontatezza di tutti gli altri, perché ti riesce malissimo. Amo il modo in cui canti, a squarcia gola, urlando; perché, diciamocelo, sono poche le volte in cui azzecchi una nota. Amo il modo in cui sorridi o ti copri la bocca con una mano per ridere, perché odio il fatto che ti copri o ti vergogni. Amo la tua insicurezza, così tanto che vorrei passare il resto dei miei giorni cercando di farla scomparire e sapendo che non lo farà mai davvero. Amo toccare la tua pelle troppo morbida per dita ruvide come le mie e sentirti rabbrividire, sentire il mio cuore che batte fortissimo, facendomi quasi male alle costole. Amo il modo in cui ti addormenti, con la bocca aperta e i capelli davanti al volto, apparendo così tanto ingenua, esausta o appesantita che mi viene da ridere. Amo il modo con cui preferisci non litigare ma contare fino a dieci, fare un grande respiro e tornare tranquilla.>>

Prende un respiro, forse conta fino a dieci, forse conta fino all'infinito.

<<Amo il tuo amore per la cioccolata o i musical, anche se non approvo. Amo persino il modo in cui t'interrompi prima di finire una frase, anche se lo detesto. Amo la tua curiosità che è tremendamente fastidiosa. Amo quando sei felice, o quando sei arrabbiata, quando rendi felice o arrabbiato me. Amo anche quando non sei niente. Ti amo. Ancora e ancora, senza smettere mai. Delle volte è persino noioso, come lo eri tu, una volta. E lo amo. Amo essere innamorato di te.>>

Non mi sono accorta di aver girato la testa e averla incastrata nel suo petto, né che lui ha assecondato il mio gesto e mi sta stringendo, mentre io mi copro dentro di lui per essere protetta.

<<Ed è questo che tu dovevi sentire, sin dal giorno in cui ho deciso di tornare. Voglio che tu lo sappia sempre, d'ora in avanti, non importa cosa risponderai o se risponderai. Dovevo dirtelo, avrei dovuto farlo la prima volta. Mi dispiace>>

Mi sta chiedendo scusa, perché mi ama, e perché non me l'ha detto prima. Ma nemmeno io ho mai detto di amarlo, anche se avrei dovuto farlo. Forse, se l'avessi fatto sarebbe rimasto. Forse se l'avessi fatto sarebbe tornato prima. E forse, se lo avessi fatto, lui non sarebbe tornato affatto.

Quindi, dispiace anche a me, Chris. Ma non glielo dico. Glielo dimostro, come sappiamo fare noi.


È il crepuscolo quando arriviamo alla trattoria di Ariston ed Eudokia, ma non perdiamo tempo in chiacchiere con loro, saliamo in camera trattenendo il respiro. La prima cosa che sento, quando Chris chiude la porta con un calcio, sono le sue mani che mi alzano la maglia. E presto sparisce sul pavimento. Non faccio in tempo a girarmi del tutto che lui ha incollato le nostre labbra e mi spinge verso di lui, e verso il letto, freddo, al centro della stanza oscura. Gli ultimi barlumi di luce stanno entrando attraverso le tende, ci travolgono con la loro potenza rossa, e noi siamo vittime di questo incantesimo. Non so quanto tempo siamo rimasti nella piazza, seduti sulle ginocchia, a baciarci come se ci fossimo appena ritrovati. Forse è stato proprio così.

Le parole che avrebbe dovuto dire quella notte, quando se ne è andato, sono impresse a fuoco nella mia mente e rimbombano con tutta la loro potenza mentre bacio Chris.

Sospiro sulla sua pelle, sento il suo calore toccarmi e perforarmi, facendolo mio. Chiudo gli occhi, credendo che sia un sogno, credendo che il mio petto non possa sopportare il peso dei sentimenti che adesso stanno scorrendo dalla punta delle mie dita fin sopra la cute, forse persino oltre. È come il viaggio della luce, che dal sole parte e si scontra sulla terra, riflette su di noi; così tutto ciò che provo per Chris scorre dentro di me, in un turbine violento, una tempesta furiosa.

Mi spinge lentamente sul materasso, ho ancora gli occhi chiusi ma è vicino, lo sento vicino. Mi sdraio, aspettando che mi raggiunga ma quando il mio corpo comincia a sentire freddo spalanco gli occhi, timorosa che se ne sia andato.

Ma è qui davanti a me, mi sta guardando. I suoi occhi brillano nel buio della stanza, sono i fari che ci guidano in questo mare scosso dalle nostre anime.

Non dice niente, apre leggermente le labbra e io alzo il busto. Allungo le mani, accogliendolo e lui subito le afferra, intrecciando le nostre dita e stringendo talmente forte da sorprendermi, facendo impallidire le nostre nocche.

So che freme per avermi, così come io fremo per avere lui; dopo tanto tempo. Ho bisogno del nostro contatto, ho bisogno di lui, adesso più che mai. Tutto il tempo che ci ha separato, tutti i baci che potevamo darci, tutte le parole che sono corse tra di noi soffocate da questi istanti, puri ed eterei, che narrano la nostra storia.

<<Di cosa hai paura?>> sussurro, timorosa che la mia voce troppo alta possa scontrarsi con le pareti di questa stanza bianca e rompere l'incantesimo che ci avvolge.

Chris abbassa un po' il mento, poi torna a guardarmi. <<Non ho paura, non quando ti sto accanto.>>

Fa un passo avanti, il tono profondo delle sue corde vocali vibra dentro di me. Mi carezza un intero braccio partendo dal polso e baciandovi l'interno; finisce sulla spalla, da dove inizia a scendere delineandomi il fianco. Le sue dita ruvide così delicate che temono di rompermi.

<<Allora a cosa pensi?>> tento ancora, avventandomi con una mano sulla sua schiena per avvicinarlo di più, perché lui si lasci cadere tra le mie braccia. Fa un altro passo, adesso è abbastanza vicino che gli posso cingere i polpacci con i miei, e così faccio. Un attimo dopo una mano di Chris mi sorregge la testa, alzandomi il mento così che i nostri sguardi non si lascino, nemmeno per un istante.

Le sue labbra, il più lentamente possibile, si stendono piane e le sue guance ne risentono l'effetto. <<Penso a te.>>







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Xoxo❤

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