Ti regalo l'infinito (Complet...

By MancusiGiovanna

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Programmiamo la nostra vita in ogni piccolo dettaglio, ma non ci rendiamo mai conto che basta poco per stravo... More

Capitolo primo - Incontro
Capitolo secondo - Tramonti
Capitolo terzo - L'arte profuma
Capitolo 4 - A cena
Capitolo sei - Il ritorno
Capitolo sette - Notte
Capitolo otto - Una Luce
Capitolo nove - Chi viene a pranzo?
Capitolo dieci - Ragione e sentimento
Capitolo undici - Un salto nel vuoto
Capitolo dodici - Una nuova consapevolezza
Capitolo tredici - Persone nuove
Capitolo Quattordici - Lacrime
Capitolo quindici - Avrò cura di te
Capitolo sedici - Dialogo fra ali
Capitolo diciassette - Una parte di verità
Capitolo diciotto - Latte, miele e mandorle
Capitolo diciannove - Firenze
Capitolo venti - Dialogo con Dio
Capitolo Ventuno - Intuizioni
Capitolo Ventidue - Aprii gli occhi e vidi
capitolo ventitré - Un nuovo inizio
Continua la missione

Capitolo cinque - Bianco

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By MancusiGiovanna

«Scusa, sai...il traffico» L'imbarazzo totale. Non sapevo che parole usare, mi sentivo come se stessi per cominciare una lunga serie di figure poco gradevoli.

Un po' se la bevve la questione del traffico, ma nemmeno tanto. Mi accompagnò nel suo angolo cottura dove stavano bollendo gli spaghetti e in una padella soffriggeva un ottimo sugo di funghi e pomodorini. Sapeva anche cucinare, troppo bello.

«In realtà mia mamma è andata via poco fa, ha avviato lei la cena.» Ok. Troppo bello per essere vero, ma andava bene lo stesso: aveva chiesto alla sua mamma di aiutarlo a cucinare, forse per fare bella figura. Stappò una bottiglia di vino di produzione della sua famiglia, e ne versò un po' nei due calici che stavano, fragili, sulla tavola. Una tovaglia bianca, i piatti bianchi. Perché tutto quel bianco?

Gli spaghetti erano pronti, li adagiò abilmente nei piatti, poi prese un fiammifero e accese giusto una candelina di fronte a noi, mi fece accomodare e si sedette anche lui. Presi il calice, e assieme al calice l'iniziativa: «Allora, brindiamo alla tua cara mamma e alla sua cena, brindiamo a questo nostro strano incontro. Brindiamo a noi.»

Avevo deciso di mostrarmi anche nei miei lati esagerati, avevo deciso di accettare il fatto di essere un libro aperto avevo anche accettato il fatto di camminare su un filo in sua presenza; avevo però la certezza che se fossi caduta da quel filo, sbilanciandomi a causa della mia esagerazione, ci sarebbe stato lui a prendermi. Era diventato una certezza, una delle poche in questi ultimi giorni. Sorrise a quel brindisi che avevo proposto e mi guardò compiaciuto, compiaciuto per la mia decisione. Cin Cin.

La bottiglia di vino rosso era arrivata agli ultimi due calici, e nel frattempo anche i bocconcini di salsiccia al forno stavano per concludersi. Parlammo un po' delle ultime idee che avevamo avuto per il nostro locale. Si, ormai era il nostro. Eravamo d'accordo sul fatto che spendere delle energie per cambiare totalmente quel posto, lo faceva nostro. Poi fu lui a prendere una decisione: «Ascolta, perché non riprendi in mano i pennelli?»

«Adesso? Con tutto quello che abbiamo da fare? Non se ne parla. Abbiamo una lista di...»

«Nella tua lista io ci sono?»

«Cosa intendi dire?»

«Passare del tempo con me. Dopo questa serata è inutile pensare che fra noi due ci sia solo un rapporto lavorativo. Due colleghi non si vestono di bianco a una cena a lume di candela.» Bingo. Ancora questo bianco.

«E...cosa proponi?»

«Riprendi tela e pennelli. Ti porto con me.»

«Ma con te dove?»

«In un posto.»

«Sei sempre misterioso tu...»

«Dimmi che non è uno dei motivi per cui ti piaccio!» Sorrido.

Perfetto, adesso stavo perdendo l'equilibrio sul mio filo.

«Scherzavo eh! Diventi subito rossa!» Risata. Peggiorava solo la situazione, dovevo fare qualcosa.

«Sì, è uno dei motivi.» Sorrisi anche io e alzai leggermente il calice come per brindare a questa mia ultima affermazione. E finii tutto il vino.

Come si stava bene in sua compagnia, che belle parole che mi diceva, che belle emozioni mi trasmetteva.

Seguivo con lo sguardo il profilo del suo volto, mentre mi parlava, seduto sul divano accanto a me, con un bicchiere di Bourbon: sarà stato il vino, o il mio sorso di whiskey, ma non lo stavo più ascoltando; stavo solo attenta alle sue labbra che si muovevano, alla camicia bianca che formava deliziose pieghe sul petto, alle braccia che ospitavano vene bluastre in rilievo, alle mani che tenevano il bicchiere, così sicure. Forse se ne accorse, forse anche lui parlava ma non dava peso a ciò che diceva, perché ci fu un attimo particolare, un attimo in cui si zittì e mi guardò. Avevo la treccia già disfatta, ciocche di capelli fuoriuscivano bizzarri, il vestito che prima mi sembrava così fine ed elegante improvvisamente mi sembrò solo un goffo tentativo di apparire bella ai suoi occhi: mi guardava e mi sentivo inadatta. Poi si avvicinò, poggiò le sue mani sul mio volto e mi baciò la fronte; un gesto così pulito e semplice, mi diede una scarica sensuale inconcepibile. L'alfabeto dell'amore si compone di piccoli pezzi, si compone di carezze e di baci sulla fronte, che donati nel modo giusto valgono molto più che di un bacio sfuggente sulle labbra. In quel momento stavamo scrivendo la nostra storia, con un alfabeto tutto nostro.

Era tardi, mi accompagnò alla porta e ci salutammo sicuri che il giorno dopo fosse stato un giorno diverso dagli altri.

Guidai in silenzio fino a casa.

Ero come in un turbinio di domande senza risposte, vagavo in una specie di nuvola che da un momento all'altro poteva trasformarsi in tempesta. Entrai in camera mia e osservai quella stanza che all'improvviso sembrava non essere più la mia, sembrava essere di una ragazza ancora ancorata alla sua infanzia. Accesi una candela profumata e presi carta e penna : quella sera scrissi una citazione : "L'amore non si spiega in una vita è non è mai uguale a un momento prima. Momenti misurano l'amore. Presuntuoso chi pensa di amare e ingenuo chi pensa di esserlo per sempre. Non si promette infatti "per sempre" o "per mai", ma si giura sull'adesso e sulla sua intensità." (Catullo)

Trascorsi anni a tutelare quella citazione, come se volessi conservarla per un momento speciale, al posto di stappare una costosa bottiglia di vino io aspettavo di scrivere questa citazione; era il momento, ora potevo scriverla. Ero innamorata.

Ripensai a tutto quel bianco, cercai di trovare una spiegazione, ma l'unica cosa che partorì la mia mente di notte, offuscata dal vino e dalle emozioni fu una sola parola: tela. Sì, una tela bianca sulla quale dipingere qualcosa, sulla quale dipingere una storia... Gli occhi si chiusero.

Quel mattino la voce di Norah Jones si spargeva nel mio laboratorio; finalmente mi ero decisa a riprendere in mano quei pennelli. Volevo farlo prima da sola, come se volessi prima effettuare una specie di verifica riguardo alle mie capacità. Così dipinsi tutta la mattina, con la musica e la voglia di capirci di più. Forse dipingevo e pregavo Dio che mi desse qualche risposta.

Più volte ero stata innamorata nella mia adolescenza, e più volte ero rimasta delusa, con l'amaro in bocca perché nessuna di quelle relazioni rispecchiavano le storie dei miei libri. Non sono mai stata ingenua, ho sempre saputo che in amore non era tutto semplice, e non ho mai creduto nel famoso "Principe Azzurro", però non ho nemmeno mai ricevuto quell'amore che speravo di ricevere. Era un continuo chiudermi in camera e piangere, perfino la mia mamma si era stancata di vedermi soffrire; scrivevo spesso in quel periodo, ero una ragazza che non mostrava la sua sofferenza, che rideva ed era felice e che non poteva permettersi di mostrarsi nella sua fragilità. Poche persone sono state importanti nella mia adolescenza, persone che con le parole mi hanno aiutata ad affrontare momenti che allora mi sembravano voragini. Adesso tutto pareva prendere una piega diversa pur convivendo con la consapevolezza che mai tutto sarà proseguito per il giusto verso.

Quando i pensieri si affollavano nella mente non dipingevo cose troppo dettagliate, ma preferivo grosse pennellate cariche di colore che componevano tramonti su spiagge deserte. Amavo il mare con quel suo tormentarsi e placarsi; mi ricordava il mio carattere. Così quella mattina, carica di pensieri, non guardai il cellulare, non procedetti con l'organizzazione del bar, a pensai solo a dipingere. Fui interrotta a ora di pranzo da un "Toc-toc": era la mamma che entrava in laboratorio con un vassoio pieno di cibo – come potevo pensare di avere un fisico snello con la mamma che mi rimpinzava? Nel vassoio stavano una scodella di pasta e piselli e un piatto di insalata mista con pomodorini, mais e cubetti di provola; quell'odorino mi aveva aperto lo stomaco! Mamma si sedette in uno sgabello a fianco al mio e mi osservò divorare quella pasta così buona e fumante.

«Mamma lo sai che ti adoro?»

«Avevi fame, eh? Quando si è innamorati e creativi è normale».

Mi cadde la pasta dal cucchiaio: se anche mia mamma se ne era accorta, potevo starne certa, ero davvero persa.

Mia madre era quella persona che non si lasciava sfuggire neanche un sorriso dal mio volto: ogni espressione era decifrata col suo vocabolario e sembrava avere la giusta soluzione per ogni mio problema. Da piccola pensavo fosse il mio angelo custode, e probabilmente lo era davvero.

Mi lasciò magiare in pace da sola, e quando finii in silenzio mi diressi con i piatti sporchi verso la cucina, per lavarli. Scivolai silenziosa in camera mia e cercai di riconnettermi con il mondo: due messaggi sul telefono.

"Bree cara, come stai? Ti voglio bene. Lù."

Lucia era di poche parole, ma un suo "Ti voglio bene" era la cosa più vera e bella che si potesse provare. Poi lessi un messaggio di Càel.

"Ti passo a prendere stasera alle 20.00. Stomaco vuoto e mente lucida. C."

Certo. Come se fosse semplice avere la mente lucida accanto a lui; mi era bastato un solo messaggio e già tutto il mondo girava sotto i miei piedi.

"Sullo stomaco vuoto non c'è pericolo. Quanto alla mente, devo lavorarci. A dopo. B."

Sulla scrivania avevo i libri dell'università accantonati e lasciati a riposare, e sul letto avevo sparso i fogli con i miei schemi per l'inaugurazione. Ero ad un punto completamente caotico della mia vita, e come se non bastasse suonò il campanello.

Andò ad aprire la mamma ed io mi avviai lentamente verso la cucina, sentendo una voce familiare. Mi fermai. Era lui: l'errore più grande della mia vita era venuto a trovarmi.

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