13 Boys, 1 Heart ❥SEVENTEEN

By arielcarterlawliet

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Lee Yoonji, 16 anni, è la sorella gemella di Lee Chan, nonché la pigrizia fatta persona. Ancora però non sa c... More

Capitolo 1: Audizioni
Capitolo 2: Risultati
Capitolo 3: Imprevisto
Capitolo 4: Trasformazione
Capitolo 5: Camere
Capitolo 6: Difficoltà
Capitolo 7: Cellulare
Capitolo 8: Piscina
Capitolo 9: Lee Chan
Capitolo 10: Chiamata
Capitolo 11: Aiuto
Capitolo 12: Scoperta
Capitolo 13: Addio?
Capitolo 15: Menzogne

Capitolo 14: Finzione

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By arielcarterlawliet

Non ho mai fatto l'attrice in tutta la mia breve vita da normalissima sedicenne, né ci avrei mai particolarmente tenuto a farlo.

Invece, in così pochi giorni, mi sono ritrovata a dovermi fingere mio fratello gemello e allo stesso tempo una idol femmina coreana fidanzata con quello stronzetto di Mingyu. E tutto questo ovviamente contro il mio volere.

La giornata di ieri sembrava non finire più, in quanto, da dopo colazione fino all'ora di andare a letto, non ho fatto altro che pensare a come sarebbe andata la giornata successiva, cioè oggi.

Ma, nonostante le assidue prove di canto e ballo e nemmeno un attimo libero per riprendere fiato, eccomi qui a dover affrontare questa giornata che, chissà, forse sarà davvero d'aiuto a Mingyu, anche se continuo a dubitarne fortemente da quando mi ha proposto - anzi, ordinato - di prendere parte al suo piano.

Ne sto dubitando specialmente adesso, mentre osservo con un misto di divertimento e di disgusto alcune ciocche della lunga parrucca rossa che sono stata costretta ad indossare. Per non parlare dei chili di trucco con cui mi sono dovuta impiastricciare la faccia e queste scarpe col tacco che, aish, mi stanno facendo salire gli insulti più improbabili!

Ora sono di nuovo donna, okay, e mi fa uno strano effetto, ma più che altro la cosa più assurda è che proprio non ci so fare con l'eleganza!

«Se sei davvero sicuro che, così come sono conciata, i tuoi non dubiteranno di niente, allora poi non dare la colpa a me» sbraito, mentre sono praticamente aggrappata al suo braccio nel tentativo di non fare capitomboli sfasciacervello. Per quel poco di cervello che ancora mi resta, ci tengo ancora a tenermelo ben saldo.

Sbuffo numerose volte. La sua camminata nervosa e rapida non mi aggrada affatto, ancor meno in questa metropoli giapponese abnorme, piena di gente, traffico e smog.

Sì, sono parecchio irascibile oggi, a cominciare da quando Mingyu a colazione, dopo aver chiesto al manager il permesso di dirigersi all'aeroporto con un taxi accompagnato da me, mi ha dovuto far poi cambiare i vestiti e farmi truccare in un bagno pubblico. Cioè, che schifo!

Già che non so fare, ma dovermi addirittura truccare in luoghi squallidi come un bagno pubblico non rientrava decisamente nella mia lista di cose da fare prima di morire!

«Zitta e cammina, siamo in ritardissimo!» urla lui, strattonandomi forte e facendomi inciampare. Dopodiché continua imperterrito a camminare, senza neanche aiutarmi, questo stronzo!

«Yah! Mica è colpa mia se il taxi andava così piano e se tu sei voluto scendere nel bel mezzo della corsa!» gli grido in risposta, alzandomi e cercando di aggiustarmi questa dannatissima scarpa col tacco il prima possibile.

«Aish... È normale che andasse piano, se c'è troppo traffico!» sbuffa lui, poi alza le mani al cielo, perdendo definitivamente la pazienza e continuando ad andare veloce come un treno.

«E allora potevamo prenderlo prima!» esclamo, accelerando il passo, scansando di malavoglia alcune persone e riuscendo ad affiancarlo nuovamente in pochi secondi.

«Sei tu che ci hai messo tre ore per truccarti! Ma che razza di donna sei?!» sbraita Mingyu, squadrandomi dall'alto al basso in quel modo sempre così carico di disprezzo.

«Sei tu che hai voluto che lo facessi, quindi non lamentarti!» gli rinfaccio, incrociando le braccia e abbozzando un'espressione compiaciuta nel pregustare già come reagirà.

Ma come al solito, Mingyu è Mingyu, e se non ha l'ultima parola non può stare in pace con il mondo, altrimenti non è più lui, no?

«Volevo solo usufuire della tua disponibilità!» si giustifica, stringendo la sua presa sul mio braccio mentre attraversiamo la strada. Se non altro, il fatto che non voglia farmi morire spiaccicata sotto una macchina è già un passo avanti.

«Sì, certo, come no... Disponibilità un cavolo. Sotto costrizione, che razza di disponibilità potrà mai essere?» lo riprendo io, meravigliandomi al limite delle possibilità e chiedendomi quanto ancora questa litigata è destinata a perdurare.

Nel mentre, alzo una buona volta lo sguardo dai miei piedi, notando con immenso piacere che finalmente siamo arrivati all'aeroporto. La porta che conduce alla zona degli arrivi è a pochi metri di distanza da noi.

In dieci secondi siamo dentro, inglobati nell'atmosfera affrettata e indifferente della gente che ci avvolge.

Ho il fiatone, mi sudano le ascelle, mi fanno malissimo i piedi, sono stanca, ho una gran fame e sto per cadere da un momento all'altro. Però, insomma... Almeno siamo arrivati.

«Bene» è l'unica parola che esce dalla bocca del mio finto fidanzato per un giorno, non appena ci ritroviamo davanti ai tabelloni con gli orari esatti degli arrivi.

«Eh?» sbuffo io, confusa.

«Il volo atterra alle 11.38 esatte, il loro arrivo ha subito un ritardo di mezz'ora. E noi, grazie al cielo, siamo ancora in tempo» spiega affrettato, ingranando subito la marcia del suo passo super fast e dirigendosi nella zona adibita agli arrivi, ossia dove coloro che sbarcheranno a Tokyo verranno o meno accolti dai loro amici e parenti.

Ci posizioniamo in attesa dietro le sbarre di sicurezza; io appoggio i gomiti sul ferro e chino la testa, tentando di riprendere fiato.

«Su con la testa, Lee Yoonji» Mingyu subito mi riprende, posizionandomi indice e pollice sotto il mento.

Aish, ma che palle...!

Prevedo già che ha intenzione di ubriacarmi con un bel discorsetto, visto che ieri non ha avuto il tempo di spiegarmi le cose a modo.

«Tu sei Lee Yoonji e fai parte di un gruppo coreano che è ancora in fase di debutto, però fai la trainee da quando avevi 14 anni» comincia, tenendo lo sguardo fisso nei miei occhi nel stilare la mia nuova - in parte - identità.

«Però, se i tuoi si informano di più su questo presunto gruppo, capiranno sicuramente che si tratta di una balla» osservo, da brava maestrina.

Avrei potuto non dirgli niente e lasciarlo agire secondo il suo "super piano", ma come al solito il mio senso solidale l'ha avuta vinta. Aish!

«Ai miei non interessa di che gruppo tu faccia parte, basta che ti fingi sicurissima di te e gli dici che sei famosa, e loro ti crederanno. Non sono poi così interessati al kpop, ma gli basta sapere che sei famosa» mi risponde tranquillamente Mingyu, facendo spallucce.

«Il vero problema è cercare di essere il più convincente possibile, capisci cosa voglio dire? Se ti chiedono come ci siamo conosciuti o perchè ci amiamo profondamente o... cose così, insomma, tu devi mostrarti veramente innamorata di me. Non importa il resto, d'accordo? E, se proprio non hai la più pallida idea di che fare, scema come sei, segui a me. Ti manderò dei segnali per farti capire come comportarti a modo» continua a spiegarmi, prendendosi la libertà di posarmi entrambe le mani sulle spalle e di fissarmi a lungo.

Rabbrividisco dall'inquietudine, annuendo poco convinta.

«Non sono sicura al cento per cento di poterci riuscire come vuoi tu, ma... stai pur certo che proverò a fare del mio meglio. Ti seguirò in ogni tua mossa» biascico, facendo il segno del fighting per sembrargli convicente, ma invano.

Mingyu infatti scoppia inspiegabilmente a ridere. Che sia una risata nervosa, visto che dalla mia recita dipende forse il suo futuro?

Chissà poi perché non vuole stare assieme a questa presunta tizia famosa con cui i suoi genitori, a quanto mi ha detto, stanno già pianificando il matrimonio? Che sia più terribile di me a tal punto che Mingyu non la sopporta, o, peggio, la odia proprio? Mah...

Lo osservo mentre continua a ridacchiare senza un apparente motivo. Sembra proprio che stia pensando qualcosa come: "Tsk... Come diamine ho fatto ad ingaggiare una mezza cartuccia come te, che non sei buona neanche di fingerti un uomo? Figuramoci una idol famosa..."

E, in effetti, sinceramente parlando, non avrebbe neanche tutti i torti.

«Penso che tu non abbia capito, Yoonji. Tu non devi provare a fare del tuo meglio, tu devi fare del tuo meglio. Ne va del mio futuro, lo sai, piccola tontarella?» mi provoca, dipingendosi in viso una smorfia di disgusto, che pochi secondi dopo si tramuta in una espressione carica di tensione, non appena una marea di gente comincia a confluire dal portone automatico degli arrivi.

Sono tutti stra carichi di valigie, tutti dai visi anonimi e uguali. Sposto il mio sguardo su Mingyu; la fronte gli sta sudando e i suoi occhi stanno scrutando la zona millimetro per millimetro.

Passano alcuni secondi, dopodiché un «Eccoli>» appena sussurrato dal principino mi riscuote dal mio torpore e sono costretta a rizzarmi ben dritta sui tacchi.

«Hai la parrucca storta, sistematela» mi mugugna poi fra i denti, mentre sta già correndo in direzione dei suoi genitori, che non riesco ancora bene ad identificare fra la massa.

Ad operazione riuscita, cerco Mingyu con lo sguardo e lo scopro intento a stringere la mano a suo padre e ad abbracciare sua madre, gesto che mi spiazza parecchio.

Non credevo che uno freddo e stronzo come Mingyu fosse capace di cotanto affetto, wow.

Mentre mi incanto ad osservarli, noto poi una sua mano che sventola nella mia direzione per richiamarmi alla realtà, così in pochi secondi li raggiungo.

«Papà, mamma, questa è Lee Yoonji» si limita a dire Mingyu, senza aggiungere altro, mentre il padre già mi stringe forte la mano presentandosi.

«Kim Minkyeong, piacere» parla deciso, la voce grave e rimbombante in tutto questo caos aeroportuale.

Mentre mormoro timidamente il mio nome, non perdo occasione per studiarlo bene: non ha più di 40 anni, capelli corti brizzolati, occhi taglienti e penetranti come quelli del figlio, altezza media, viso spigoloso e naso un po' troppo a patata per i miei gusti, su cui sono incastrati degli occhiali tondi alla Harry Potter che mi fanno quasi sorridere. Nel complesso, comunque, è un uomo la cui presenza passa difficilmente inosservata, ne è causa principale quel suo sguardo da aquila come quello di Mingyu, che mi inquieta sempre così tanto.

Non sapendo più che dire, dopo qualche secondo di silenzio passo a stringere la mano di sua madre, che mi si presenta col nome di Park Haru. Lei mi incute ovviamente molto meno timore di quanto  non lo faccia suo marito, ma di sicuro con quei suoi capelli corti tinti di color biondo ossigenato e quel rossetto rosso, abbinato ad un vestito color blu elettrico che la fa sembrare quasi una ragazza, non passa inosservata nemmeno lei.

Fra lei e il marito, se si sommano le età, non arriveranno agli 80 anni. Sono giovanissimi, e lei in particolare dimostra anche molto meno della sua età.

Com'è possibile che con un'età del genere si sia già arrivati al culmine della propria prestigiosa carriera lavorativa tanto da potersi permettere per il loro figlio un matrimonio combinato con la figlia di un'altra famiglia ricca?

«Sei un'amica di Mingyu, cara Yoonji?» la domanda della signora Park interrompe le mie contorte riflessioni, mandandomi in panico.

Oh cielo... Mi fa già la domanda? Quella domanda?

Questo non è affatto un buon momento per risponderle, tuttavia cerco di dare a vedere la mia paura il meno possibile, lanciando un'occhiata disperata a Mingyu per chiedergli aiuto. Ed infatti lui subito si affretta ad intervenire al meglio delle sue capacità.

«Lei è... una mia collega. Vi spiego dopo, con più calma. Adesso è quasi ora di pranzo, che ne dite se andiamo a mangiare?» propone, guardando il suo orologio a polso.

Diamine, la sua scaltrezza mi stupisce sempre. Anziché io, che sarei stata impalata a bocca aperta come un pesce lesso, e questa scusa così semplice non mi sarebbe mai passata nemmeno per l'anticamera del cervello!

«Certo, figliolo. Ovviamente un buon ristorante, però. Sai, ho bisogno anche di un bagno decente per rifarmi il trucco. E, adesso che ci penso, ho proprio voglia di aragosta» acconsente la signora Park, spostando lo sguardo qua e là fra tutti i presenti.

«Che ne dici, caro?» si consulta poi col marito, che annuisce senza pensarci due volte, chiedendo al figlio di cercare sul suo cellulare i migliori ristoranti di Tokyo, anzi... i più costosi.

Mamma mia, qui non si scherza mica!

Sarà un pranzo tutto lusso e sfarzi con tanto di galateo che non so usare, me lo sento. L'unica cosa positiva è che ci sarà del buon cibo e che al 99% dei casi me lo offriranno loro, sempre che non si incazzino nel sapere chi io sono per Mingyu, o meglio, chi fingo di essere.

In ogni caso, so già che navigherò completamente al buio. Non so minimamente cosa dire o cosa fare, ma devo mostrarmi sicura di me.

Fortunatamente ho però l'unica certezza che, per blocchi improvvisi, ci sarà sempre Mingyu ad aiutarmi. O almeno così lui mi ha detto.

Faccio bene a fidarmi di uno come lui? O tutta questa sua presunta sicurezza è in realtà una maschera per mostrare quanto in realtà sia agitato più di me?

***

«Un'anatra all'arancia per me e un'aragosta per mia moglie» il signor Kim fa la sua ordinazione e quella di sua moglie, chiudendo delicatamente il menu e porgendolo al camere al nostro servizio, vestito di tutto punto e senza un pelo fuori posto.

Qui sono tutti così eleganti ed ordinati che mi sento proprio una stracciona a tutti gli effetti.

Ma io ho un obiettivo per questa giornata, e non devo lasciarmi condizionare dal mio aspetto penoso.

Una sfigatella con la parrucca rossa... che deve far finta di essere un'idol. Ecco il mio obiettivo.

Quindi non devo demordere e devo esibirmi al meglio delle mie capacità davanti ai genitori di quello che - a quanto pare - è veramente un principino.

«Per me un granchio al burro e aglio» si affretta ad ordinare Mingyu, seduto per fortuna vicino a me.

Il tavolo è tondo e di medie dimensioni, fatto apposta per quattro persone, e ricoperto da una tovaglia bianchissima con tanto di corredo di tovaglioli altrettanto bianchi e una miriade di posate che non saprei minimamente come utilizzare. A costo mangerei con le mani come i primitivi, ma non posso.

Il nostro tavolo comunque è posizionato proprio affianco alla finestra che dà sul cortile di un prestigiosissimo hotel di Tokyo, ricoperto di fiori e aiuole di più svariati tipi.

«E lei, signorina, cosa ordina?» mi riporta alla realtà la voce piatta del cameriere, così che sussulto e mi blocco momentaneamente.

Come al solito mi ero incantata, e adesso non ho la più pallida idea di che cosa poter ordinare.

Lancio uno sguardo disperato a Mingyu, che subito, approfittando della barriera davanti a me creata dal larghissimo menu, furtivamente mi indica col dito un piatto che evidentemente vuole che io ordini.

«Per me... Un carpaccio di pesce spada affumicato» dico, seguendo i suoi ordini, senza essere nemmeno sicura di aver pronunciato correttamente il nome di quel piatto.

Chissà, forse anche i gusti personali in fatto di cibo sono importanti per una famiglia di un simile stampo. Tuttavia continuo a chiedermi ancora come diamine trascorreremo questo pranzo, visto che l'atmosfera adesso sembra abbastanza tesa, e c'è un silenzio che potrebbe essere quasi tangibile.

«Allora, Yoonji... Raccontaci un po' di te, come mai sei qui con noi oggi?» domanda subito la signora Park, rivolgendomi un sorriso che dovrebbe sembrare rassicuratore, ma che invece mi manda in ansia più del dovuto.

Ho fatto in tempo a lamentarmi di questo silenzio imbarazzante, che già la madre di Mingyu si è premunita mentalmente di una bella sfilza di domande.

Guardo il principino, con occhi che trasudano ansia e preoccupazione, anzi... panico assoluto.

Caro Mingyu, e adesso come la scampiamo?

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