The Wayright

Da Blacksteel21

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I Wayright sono una famiglia grande quanto disomogenea, affari in sospeso e antichi rancori hanno fatto sì ch... Altro

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
capitolo 4.
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 15
capitolo 16
capitolo 17
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20
capitolo 22
capitolo 23
capitolo 24
capitolo 25
capitolo 26
capitolo 27
capitolo 28
capitolo 29
capitolo 30
capitolo 31
capitolo 32
capitolo 33
capitolo 34
capitolo 35
capitolo 36
capitolo 37
capitolo 38
capitolo 39
capitolo 40
capitolo 41
capitolo 42
capitolo 43
capitolo 44
capitolo 45
capitolo 46
capitolo 47
capitolo 48
capitolo 49
capitolo 50
capitolo 51
capitolo 52
capitolo 53
capitolo 54
capitolo 55
capitolo 56
capitolo 57
capitolo 58
capitolo 59
capitolo 60
capitolo 61
capitolo 62
capitolo 63
capitolo 64
capitolo 65
capitolo 66
capitolo 67
capitolo 68
capitolo 69
capitolo 70
capitolo 71
capitolo 72
capitolo 73
capitolo 74
capitolo 75
capitolo 76
capitolo 77
capitolo 78
capitolo 79
capitolo 80
capitolo 81
capitolo 82
capitolo 83
capitolo 84
capitolo 85
capitolo 86
capitolo 87
capitolo 88
capitolo 89
capitolo 90
capitolo 91
Capitolo 92
capitolo 93
capitolo 94
EPILOGO

capitolo 21

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Da Blacksteel21


Capitolo 21


"You say I'm crazy
'Cause you don't think I know what you've done
But when you call me baby
I know I'm not the only one

You've been so unavailable
Now sadly I know why
Your heart is unobtainable
Even though Lord knows you have mine."


SAM SMITH - I'M NOT THE ONLY ONE

SETH

Quella sera uscii di casa per andare al pub per il mio turno, ne fui più felice del solito, gli adulti sarebbero tornati il giorno successivo ma nel frattempo Wes aveva trasformato la sua camera in un bordello vittoriano e vedere lui e Wayne sbucare per i corridoio mezzi nudi alla lunga era diventato stancante. Mi chiedevo perché avesse fatto una cosa del genere, di certo far rientrare Wayne nel suo giro non lo avrebbe aiutato in nessun modo, anzi tutt0altro. Lo avevo sempre ritenuto spregevole e del tutto superficiale e di certo averci a che fare non aiutava affatto l'indole di Wes. Mi chiesi cosa ci fosse sotto, se mio cugino stesse davvero tornando sui suoi passi, quasi a voler ricalcare gli errori del passato o se invece avesse imparato dalla lezione ricevuta.

Arrivato al locale mi misi il grembiule ed iniziai il mio turno sperando di poter tenere a bada i miei di problemi sentimentali. Ogni istante in cui non mi tenevo impegnato finivo col pensare a Koll e fissare il cellulare, non sapevo da cosa scaturisse il mio dubbio eppure una voce sempre più pressante nel mio cervello mi diceva che le cose non andavano bene in quel modo. Doveva essere il mio buon senso, doveva ormai averne abbastanza delle condizioni in cui mi permettevo di vivere.

C'era un discreto afflusso di gente quella sera e poco dopo le dieci vidi entrare una faccia conosciuta, era Kevin. Aveva lo sguardo spento ed un'espressione molto tesa che rendeva il suo viso più severo, niente a che fare con l'inglese distaccato che era entrato in casa nostra qualche settimana fa. Prese posto su uno sgabello del bancone senza farsi notare più di tanto, alla fine gli andai incontro.

- Come mai qui? – chiesi rifornendo velocemente di stuzzichini le ciotole vuote intorno a me.

- Non sopportavo più quel rumore, sono dovuto uscire di casa. – mormorò mentre lasciava scorrere una mano tra i capelli.

Sapevamo entrambi cosa si nascondeva dietro la parola rumore, ancora Wes e Wayne, era evidente come la cosa lo disturbasse e, ancora più di ogni altra cosa, lo rattristasse. Non avevo badato molto a come si fossero evolute le cose fra di loro, ammesso che ci fosse davvero stata un'evoluzione, ma se conoscevo mio cugino sapevo che non aveva mollato. Stava giocando ancora con loro ma dal modo in cui Kevin si tormentava le mani capii che doveva essere un gioco a tutt'altro livello adesso.

- Cosa ti porto? – chiesi a quel punto.

- Qualcosa di forte, per favore. –

Presi un bicchiere e lo riempì di scotch, glielo porsi e lui bevve una lunga sorsata – se vuoi parlarne ... -

- Cosa ci sarebbe da dire? – mormorò amareggiato dopo qualche attimo – tutta questa situazione è ridicola, io lo sono, anche il fatto che io sia qui è ridicolo! – lo vidi stringere con forza il bicchiere – guardami Seth ... guardami e dimmi che non merito di essere deriso. –

- Nessuno lo merita. – risposi ed era vero.

Conoscevo quella sensazione, quello stadio di mezzo straziante, indeciso fra come dovresti comportarti e come vorresti, confuso sul da farsi quando la cosa giusta da fare sai che sarebbe correre via.

- Che dovrei fare secondo te? – mormorò ma lo chiese più a sé stesso che a me.

- Se vuoi che sia sincero, considerando tutto ... dovresti saltare su un aereo e non rimettere più piede qui – sussurrai – altrimenti finirai per bruciarti sul serio. –

Ci fissammo ancora una volta, uno sguardo eloquente, non si trattava più solo di far saltare i nervi ad un pivello o a farla pagare ad una stronzetta superficiale, qualcosa si muoveva nell'ombra e nemmeno Wes a mio avviso aveva capito di cosa si trattasse davvero, per quanto mi riguardava era pericoloso.

Ad un tratto il suono di una voce prorompente attirò la mia attenzione, spostai gli occhi verso l'ingresso e li vidi entrare, mio cugino e il suo amante occasionale avevano deciso di interrompere la routine della camera da letto per farsi un giro. Ci fissammo attentamente da lontano e fui molto eloquente nel fargli notare che non era un buon momento. Lui parve perplesso per una decina di secondi, ma ben presto quell'atteggiamento lasciò il posto ad altro, puntò Kevin con lo sguardo, ovviamente mio cugino aveva deciso di voltare le spalle al buonsenso, lo capii quando sorrise ed indicò a Wayne gli sgabelli davanti a me. Si accomodarono al bancone, giusto a qualche metro di distanza da Kevin che li aveva certamente notati anche se non si era voltato. Sospirai e mi diressi nella loro direzione.

- Sarebbe opportuno che andassi da un'altra parte ... – dissi appena gli fui abbastanza vicino.

- Non ne vedo il motivo. – rispose gioviale.

- Io giurerei che è seduto lì invece – mi feci serio – non so che intenzioni tu abbia Wes, ma questa cosa è più grande di te, ti sfuggirà di mano. –

Quello rise, divertito – ma di che parli Seth? Sei sempre il solito paranoico, non c'è nessuna cosa in ballo qui, rilassati una volta tanto nella vita. –

- Forse non per te – mi affrettai ad aggiungere.

- Scusate, qual è il problema? – si intromise Wayne squadrandomi con un'occhiata intensa.

Gli lanciai un'occhiataccia – ovviamente tu. –

- Seth ... lascia perdere, non sono affari tuoi, sei il barista adesso, quindi portaci delle birre – il tono di Wes era serio, così scossi la testa e me ne andai.

Tornai con le birre e li lasciai alle loro faccende che di minuto in minuto diventavano sempre più sfacciate. Lanciai un' occhiata preoccupata verso Kevin che ormai aveva raggiunto il suo terzo bicchiere, la sua mano destra tremava leggermente, ero certo che le risatine non sfuggivano neanche a lui. Ad un tratto notai che Wayne aveva afferrato Wes per il mento e gli aveva dato un lungo bacio appassionato, lui non era stato da meno, gli si era incollato addosso cominciando a baciargli il collo in modo parecchio provocante. Mi chiesi se avessero intenzione di consumare sul dannato bancone mentre le occhiate di Kevin ormai non erano più fugaci, li stava proprio fissando. Mi mossi immediatamente verso di loro.

- Wes! Porca puttana avete intenzione di copulare sul dannato sgabello? – mormorai tagliente – cazzo, dateci un taglio o affittatevi una stanza in un dannato motel ad ore. –

Tutto quello che ottenni furono le risate di entrambi, poi Wayne si sollevò - vado a fare un po' d'acqua – ci informò dando un altro bacio stavolta fugace a Wes.

Scossi la testa irritato, mi voltai verso Kevin e rimasi pietrificato, non era più al suo posto, feci vagare lo sguardo alla sua ricerca ma non sembrava trovarsi nelle immediate vicinanze. Poi un tonfo sommesso, guardai Wes che a sua volta mi lanciò un'occhiata confusa, a quel punto ci avvicinammo velocemente verso la porta del bagno. Un altro tonfo poi un altro ed infine la porta si aprì, il corpo di Wayne fu gettato con violenza fuori dalla stanza riverso sul pavimento del locale. Kevin avanzava pesto in volto, con le mani sporche di sangue, si gettò ancora una volta su di lui, stava per colpirlo nuovamente ma Wes fu più veloce, si interpose tra loro spingendo con forza l'inglese affinché si allontanasse dall'altro.

- Cristo! – sbottai prima di precipitarmi su di loro – visto che cos'hai fatto? – urlai ad un Wes completamente sconvolto.

- Che cazzo ti passa per la testa, coglione? - Wayne si portò la mano al volto, continuava a perdere del sangue dal naso.

- Calmati adesso – afferrai Kevin per le spalle e cercai di condurlo lontano da quella situazione pietosa.

Era sconvolto adesso – Io .... Io .... – aveva il fiatone sembrava che quella furia cieca si fosse improvvisamente dissolta, lasciando posto alla vergogna di chi non era abituato a risolvere le cose a quel modo.

- Va tutto bene, Kevin – gli dissi porgendogli uno straccio pulito – devi andare a casa adesso – poi mi voltai verso quei due idioti che nel frattempo si erano messi in piedi – andatevene da qui tutti e due, ti avevo avvertito Wes ... piantala. –

Quello non mi degnò di uno sguardo, i suoi occhi erano rivolti a Kevin, ormai in lontananza adesso lo fissava in modo piuttosto ambiguo, difficile dire cosa gli passasse per la mente in quel momento. Poi la vibrazione del mio cellulare mi distolse un attimo da loro, vidi un messaggio lampeggiare sul display, i miei occhi si spalancarono, era Koll.

Sono appena tornato, appena puoi fatti sentire.

Un brivido mi percorse tutto il corpo, il fiato mi si mozzò.

- Devo andare, non posso chiudere qui. – mormorai.

Wes si voltò verso di me sconvolto – Adesso? Scherzi? –

- Tieni d'occhio il locale – gli ordinai – renditi utile almeno una volta nella vita. –

Poi volai via, fuori, correndo per la strada senza badare a niente o nessuno.

Tornato ... doveva farlo domani, era in anticipo, non mi aveva abbandonato. Corsi a perdifiato, il suo appartamento distava poco dal locale, solo qualche isolato, arrivai con il fiatone alla sua porta e dopo un istante bussai freneticamente sul legno. Poi sentii la serratura scattare, la porta si aprì e rivelò la sua figura alta e imponente, ci fissammo negli occhi per qualche istante, potevo leggere la sorpresa nei suoi occhi per avermi visto arrivare ad una tale velocità.

- Seth ...-

Mi gettai su di lui, spingendolo all'interno dell'appartamento, baciandolo, abbracciandolo, senza dargli il tempo di replicare. Lui mi assecondò senza fiatare, mi strinse ancora più forte e mi tolse i vestiti di dosso in modo febbrile, sembrava che non ci vedessimo da anni, era così che mi sentivo almeno io. Come se fosse la prima volta dopo tanto tempo, era qui con me, era tornato, tutto quello che pensavo era questo mentre mi spogliava e si impossessava di nuovo delle mie labbra avidamente. Sentivo il suo tocco ovunque, sulla schiena, fra le gambe, nel collo e ansimavo, forte. Volevo che vedesse solo me come io vedevo lui, volevo cancellare quei giorni in cui non eravamo stati insieme.

- Koll ... - sussurrai fra i baci che si facevano sempre più appassionati e roventi.

Ero esausto, sdraiato accanto al suo corpo mentre lui mi cospargeva di baci la schiena nuda.

- Sei tornato prima ... – mormorai.

- Già ... i miei affari sono andati meglio del previsto, ma fra qualche giorno dovrò ripartire di nuovo – mi informò con il suo solito tono – questo mese è parecchio frenetico. –

- Perché non mi porti con te? – sussurrai nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

- Lo sia che non si può – bisbigliò accarezzandomi i capelli – ma ho un piccolo regalo per te stavolta ... –

Io restai sorpreso – un regalo? – ero confuso, non me ne aveva mai fatti prima.

Si sollevò recuperando un pacchetto dalla valigia ancora piena e me lo porse, lo scartai velocemente con il cuore che mi batteva ad una velocità sconvolgente. Mi ritrovai davanti una stringa di cuoio da cui pendeva una croce celtica, lui la prese dalle mie mani e me la posizionò sul collo. Allacciò la chiusura e si allontanò appena da me, la presi tra le mani, stringendo il metallo freddo nel palmo.

- L'ho vista in un negozio etnico molto particolare e mi sembrava che si addicesse a te in qualche modo – sussurrò poggiandomi un altro bacio leggero – mi piace come ti sta ... non toglierla mai. –

- Promesso ... – sussurrai.

Mi sentii speciale ancora una volta, quello doveva essere un gesto importante per Koll, sapevo che non doveva essere un tipo molto espansivo per quanto riguardava questo genere di cose. Continuavo a sorridere e ad accarezzarla come un idiota, quel gesto sembrava aver messo a tacere tutto il resto ancora una volta. Poi Koll si sollevò e si diresse in bagno mentre io mi distesi sul letto ancora sognante, la mia attenzione venne però attirata da un rumore velato. Mi resi conto che il suo cellulare era sul comodino accanto a me, mi sporsi verso lo schermo quasi senza volerlo, guidato più dall'istinto che da altro. Lo vidi in bella vista sul display il testo del messaggio, diceva: Non vedo l'ora di riabbracciarti, mi manchi da morire, ti amo XOXO.

Gelo, caddi con le spalle sul materasso, lacrime bollenti trattenute a fatica, il respiro mozzato. Non era mio quel messaggio, non era mio quel numero, strinsi le dita intorno a quel laccio di cuocio che adesso mi sembrava un cappio che tentava di soffocarmi. C'era qualcun altro, non ero l'unico.

TYLER

- Non avresti dovuto farlo ... - Ginevra si portò le mani ai fianchi, aveva una luce ferina negli occhi mentre mi spingeva da parte – è mio cugino! Stavi per dar fuoco a mio cugino! -

- Tecnicamente ho dato fuoco a tuo cugino, il fatto che si sia salvato non è dipeso dalla mia volontà. - dissi guadagnandomi un'altra occhiata truce. Non provò a toccarmi anche se sapevo che doveva avere una voglia pazzesca di farlo. Vidi le sue mani tremare prima che venissero nascoste dietro la schiena.

- Sei un bastardo e sei anche completamente fuori da ogni controllo ... se fosse morto ... se tu l'avessi ucciso ... -

- Non mi importa, Ginevra, non l'hai ancora capito? La sua vita conta meno di quella di una mosca per me. Doveva dei soldi a Lex ed io ho fatto in modo che li ricevesse, non mi scocciare. Tuo cugino è una testa di cazzo, non puoi incolpare me anche per questo. - la interruppi lanciando un'occhiata alla folla intorno a noi. La gente che mi circondava sembrava spassarsela quella sera, i pensieri che tormentavano me non dovevano neppure sfiorare la stragrande maggioranza dei miei coetanei, pensai, osservandoli con un odio rinnovato, ancora più scottante. Ginevra era immobile accanto a me, la guardai, in attesa.

- Che altro vuoi? -

- Niente ... non c'è niente che possa volere da te. Lex sta bene, se ti importa almeno questo. Ma ne dubito, sei incurante ed egoista, avevi soltanto bisogno di sfogare la tua rabbia ... non l'hai fatto per lui, soltanto per te ... come tutto ciò che fai del resto. -

Non me la presi, in parte doveva essere vero, in parte il suo giudizio non mi toccava neanche un minimo, avanzai verso la folla scarmigliata, passando tra quella bolgia di corpi avvinghiati e risucchianti, sentivo la loro pelle bollente sfiorare la mia, le loro mani stringere le mie braccia mentre continuavo a camminare oltre. Una ragazza ammiccò, suadente, un'altra mi strinse il viso tra le mani, aveva grandi occhi luminosi ed un sorriso appena accennato sul volto. Mi lasciai baciare, annegai in quella sensazione di calore e noncuranza. Gli occhi di Ginevra fiammeggiavano dall'altra parte della pista, avrebbe voluto possedermi come un oggetto prezioso da tenere sempre addosso, avrebbe voluto sentirsi l'unica che fosse riuscita a carpire il segreto di Tyler Bradbury. La donna salvifica che avrebbe fatto redimere il peccatore... ma non esisteva cura in grado di salvarmi, neanche se Caleb fosse tornato in vita e mio padre avesse preso il suo posto le cose sarebbero potute cambiare per me. Non avevo bisogno di un'ancora di salvezza e nessuna di quelle tipe intorno a me, d'altronde, possedeva qualcosa in più dell'altra. Erano tutte uguali ... ragazze con cui passare una notte di passione, niente di più, niente di meno.

Mi ritrovai in una zona più isolata della pista, sotto le mie mani sentivo l'erba pungere appena, uno spicchio di luna semicoperta illuminava appena il volto della ragazza, adesso seduta su di me. Passai le mani lungo le sue cosce, erano fresche e morbide ed il suo viso mi apparve quasi evanescente.

- Tyler ... Tyler ... - sussurrò fiocamente al mio orecchio, ridendo appena – sei il mio sogno proibito tu ... -

- Allora non hai delle grandi ambizioni ... - dissi di rimando, infilando le mie mani sotto gli slip sottili. Quel gesto la fece zittire così come avevo spirato. La sentii trattenere il respiro prima di gemere più forte, mordendosi le labbra dall'eccitazione. Ritirai la mano, gustandomi l'espressione di pura delusione che si stava dipingendo lentamente sul suo viso, ma non si lasciò scoraggiare, le sue mani veloci scesero lungo la mia zip abbassandola subito dopo. Fu il mio turno di gemere quando percepii il suo tocco farsi sempre più insistente. Spinsi il suo viso contro la mia erezione e chiusi gli occhi. Niente pensieri, soltanto quel piacere bruciante che cresceva e cresceva come un'onda bollente dentro il mio corpo. Non mi trattenni, stavo per raggiungere l'apice del piacere quando la ragazza si fermò.

- Che diavolo ... -

- Non l'hai sentito anche tu? - mi chiese con il viso rosso ed accaldato. Mi tirai su con la schiena, guardandomi intorno. - c'è qualcuno qui vicino ... ho sentito un frusciare lì dietro ... -

- Ovvio che c'è qualcuno qui, è una festa ... si beve e poi si finisce nei boschi a fare le porcate. - commentai, improvvisamente stanco. Mi alzai da lì sotto lo sguardo adesso preoccupato della sconosciuta.

- Aspetta! Dove vai? Non vuoi ... -

- Non voglio. Mi hai annoiato, me ne torno a casa. -

Tirai su la zip dei miei jeans, abbottonandoli subito dopo. Perfino le feste studentesche cominciavano a starmi strette adesso, inoltre sapevo che Luis mi stava aspettando, una volta non sarebbe stato un problema rincasare alle prime luci dell'alba, ma con mio padre tra le palle era meglio evitare. Continuavo a sentirli quei suoni, c'era qualcuno molto vicino a dove ci trovavamo, poi li vidi ... due sagome aggrovigliate contro un albero a qualche metro da me. Erano tutti affaccendati a darci dentro, li sentivo gemere e affannarsi come pazzi, ma faceva troppo buio per vedere davvero chi fossero né mi importava saperlo. Camminai oltre tornando al parcheggio e dirigendomi verso casa.

Rachel doveva essere rincasata da molto tempo, erano le quattro del mattino e gli allenamenti serrati del pomeriggio cominciavano a farsi sentire anche per me. Il salotto era buio e silenzioso come sempre, lo percorsi fino alla fine, ben attento a non produrre il minimo rumore, poi presi le scale e in un attimo mi infilai in stanza, chiudendomi la porta dietro.

Mi tolsi istintivamente la t-shirt bianca e la gettai su una sedia, soltanto un attimo dopo mi voltai verso il mio letto e con stupore notai che non era vuoto. Mio padre stava aspettando il mio rientro, era sdraiato, con il cuscino sotto le spalle che rialzava appena il suo busto. Si portò le braccia al petto, conoscevo quello sguardo, lo conoscevo benissimo.

- Sono le quattro del mattino. Tra due ore hai gli allenamenti e sarò io stavolta ad organizzarli. Che diavolo ti dice la testa? Non puoi perdere tempo con queste cazzate, hai la prima fase di arruolamento da superare e non ammetto distrazioni del genere. - cominciò la sua paternale, mi ritrovai a chiudere appena gli occhi, esausto.

- E' soltanto una festa, posso gestire gli allenamenti e allo stesso tempo continuare a vivere, sai? - mi morsi la lingua ma era troppo tardi per rimangiarmi quello che avevo detto.

Gli occhi di mio padre lampeggiarono di rabbia – Ah, sì? Certo, sei proprio esperto tu! Dall'alto dei tuoi diciassette anni di età! Non mi piace il modo che hai di parlarmi, Tyler. Vedi di ... - poi si immobilizzò, lo vidi allungare appena il collo prima di sollevarsi dal letto con uno sguardo sconvolto sul volto.

Mi guardai accanto, confuso, che diavolo stava succedendo? Poi lo compresi. Avevo visto il mio tatuaggio.

- No ... non ci posso credere ... - le sue narici fremettero, avvenne tutto troppo velocemente, eppure sarei stato in grado di spostarmi e sfuggire al suo colpo se soltanto l'avessi voluto, ma a cosa serviva protrarre quell'agonia? Sapevamo tutti come sarebbe andata a finire in un modo o nell'altro.

L'unica cosa che feci fu puntare i piedi al suolo con tutta la mia forza, poi il pugno di mio padre mi raggiunse, veloce e preciso, dritto sullo zigomo. Sentii la mia pelle spezzarsi ed i muscoli del collo tendersi all'infinito. Non mi mossi, strinsi i denti, pronto ad accusare un secondo colpo che stavolta mi raggiunse allo stomaco, facendomi piegare per un istante. Persi il respiro e per un attimo la vista, le sue urla mi rimbombarono nelle orecchie mentre cadevo con le ginocchia contro il pavimento, pronto a rimettermi in piedi subito dopo.

- Che cosa vorrebbe dire questo? Che cosa vorrebbe dire questo?!?!? - la sua mano mi colpì la spalla – sei un piccolo bastardo ... un piccolo bastardo che continua a giocare a fare il ribello! E ti giuro che ti riempirò di pugni fino a quando non ti avrò fatto ravvedere! -

- Oh mio Dio ... Tyler - guardai il volto sconvolto di mia madre mentre si gettava in stanza e si parava tra me e mio padre – che cosa gli hai fatto? Che cosa hai fatto al mio bambino? -

- Il tuo bambino! Il tuo bambino! Guarda cosa ha fatto il tuo bambino! E tu lo sapevi! Lo sapevi! E me lo hai tenuto nascosto per tutto questo tempo! Credete che io sia stupido? Credete che sia qui per farmi prendere per il culo da delle nullità come voi? Dove sareste se non fosse per me? Dove? Io sto provvedendo al futuro dei nostri figli e tu ... tu giochi dalla loro parte, tacendo e acconsentendo a tutto! - Luis esplose in tutta la sua furia. Non mi alzai, non mi mossi, sapevo che se l'avessi toccato non mi sarei più fermato, sapevo che non potevo dare il via libera alle mie emozioni, perché non sarei stato capace di trattenermi dall'ucciderlo. Mia madre si sarebbe messa in mezzo, sarebbe stata picchiata, Rachel lo stesso.

- D-devi devi andare via ... - disse debolmente mia madre, stretta a me. - te ne devi andare o me ne andrò io ... -

- Io? - quello rise – è buona questa. Davvero divertente. Questa è casa mia, Samantha. E se tu provi ad andar via e portare i ragazzi con te ... ci metterei giusto un giorno per denunciarti e ottenere la custodia. Tu non sei nessuno ... non hai un lavoro, non hai un cazzo, soltanto un mucchio di patetiche lamentele che hanno indebolito i miei figli! Guardalo! Guarda quell'obbrobrio sulla spalla! - strinsi mia madre e cercai di allontanarla dalla furia di Luis.

Nel frattempo Rachel entrò in stanza, probabilmente svegliata dalle urla, mi venne incontro, il suo viso era una maschera di sgomento. La strinsi a me prima che avesse potuto fare qualcosa di veramente stupido contro Luis.

- Portalo a togliersi questo scempio di dosso, Samantha, oppure glielo rimuoverò io e sarà nel peggiore dei modi. - se ne andò, non riuscii a smettere di guardarlo allontanarsi. Non sentivo alcun dolore, non piangevo, mi limitavo ad osservare quella figura impettita e tremante uscire dalla stanza.

- T-tesoro ... dimmi che stai bene. Questa ferita ... - mia madre mi sfiorò delicatamente lo zigomo tumefatto. - prendo del ghiaccio, va bene? -

- Lascia stare – dissi seccamente – sono stanco, voglio andare a letto. Domani andrò a quel centro per la rimozione dei tatuaggi in cui lavora zia Rebecca. -

Mia madre tirò su con il naso, era pallida e tremante, ma alla fine annuì – ok ... p- prendo un appuntamento, tesoro ... vuoi che rimango con te? -

- Rimango io con lui ... tu puoi dormire nella mia stanza – disse Rachel ancora stretta tra le mie braccia – mamma, devi farti forza, ok? -

Non parve neanche sentirla, si limitò a sollevarsi da terra, appoggiandosi un attimo dopo al bracciolo della poltrona. - Non mi importa di quello che fa a me ... tutte le umiliazioni, le urla ... però questo ... come posso accettare questo? -

Non poteva, non per molto altro tempo ancora, lo sapevamo. Rachel l'accompagnò alla porta, nel frattempo mi ripulì alla bell'è meglio dal sangue rappreso sulla guancia. Mi capitava di farmi male durante i miei allenamenti, ero avvezzo al dolore, forse mi piaceva perfino ... eppure non ero mai stato un tipo remissivo, tutt'altro in realtà. Stavo incassando ma non sarebbe stato per sempre ... non ero mai stato bravo a lasciarmi fare del male senza difendermi.

- Prego ogni notte affinché muoia e ci lasci in pace per sempre ... - Rachel mi si accucciò accanto, stringendosi stretta contro di me – avrei voluto ... avrei voluto massacrarlo con le mie stesse mani, ti giuro. Se fossi stata forte come te l'avrei fatto, l'avrei ucciso, Ty. Ma noi siamo donne, non possiamo batterlo sulla forza ma possiamo andarcene ... possiamo scappare. - disse con rabbia.

- No, lui ha ragione. La mamma non ha nulla, neppure un parente da cui andare né un solo soldo che non sia in comune con lui. Non ci lascerà andare, Rachel ... è un fottuto pezzo grosso, nessuno gli sottrarrà i suoi figli. -

- Ma lui ... ti ha picchiato, Ty e ti costringerà a far parte dei Marines e sarà sempre un inferno, lo sai ... -

- Non è così che lo batteremo. - i miei occhi incontrarono il viso sorridente di Caleb stretto a Rachel e me. Osservavo spesso quella foto appesa al muro, mi piaceva ricordarlo in quel modo, spensierato e vitale, l'ombra dell'arruolamento era ancora lontana dalla sua vita, glielo si leggeva in volto. – tu e la mamma non finirete per strada, sarà lui quello che cadrà in rovina alla fine. E non lo farò soltanto per noi ... -

Lei non avrebbe capito, ma io sapevo. Avrei vendicato la memoria di Caleb, questa era l'unica certezza che possedevo in quel momento.


NOTE DELLE AUTRICI: Ma che sorpresa! Questa settimana siete stateinarrestabili! Non credevamo di poter raggiungere il numero massimo divisualizzazioni nel giro di due giorni, ma siccome così è stato ... noimanteniamo la nostra promessa con un nuovo aggiornamento!
La situazione si fa parecchio pesante per tutti. E' un capitolo violentoquesto, Kevin picchia Wayne ( ma stai a rosica', per caso? :P forse sì), LuisBradbury picchia il figlio e infine ... il povero Seth cade nella trappoladella curiosità: NON APRITE QUEL MESSAGGIO, ma così non è. Lui lo apre e beh... non osiamo aggiungere altro, speriamo che siate voi a fare le vostre supposizionesu come si metteranno le cose da questo momento in poi. Ma lasciatevelo dire, icapitoli soft stanno per giungere alla loro conclusione e da qui in poi tuttoprenderà una piega più complessa!
Ringraziamo tutti voi che continuate a sostenerci, specialmente leragazze della pagina fb e chi recensisce e ci rende felicissime, chi segue, chici preferisce, chi ci ricorda e così via!
Un bacio e a presto!
Quanto presto dipende da voi ormai! :)


- BLACKSTEEL - ���nu�:

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