The Wayright

By Blacksteel21

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I Wayright sono una famiglia grande quanto disomogenea, affari in sospeso e antichi rancori hanno fatto sì ch... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
capitolo 4.
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 15
capitolo 16
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20
capitolo 21
capitolo 22
capitolo 23
capitolo 24
capitolo 25
capitolo 26
capitolo 27
capitolo 28
capitolo 29
capitolo 30
capitolo 31
capitolo 32
capitolo 33
capitolo 34
capitolo 35
capitolo 36
capitolo 37
capitolo 38
capitolo 39
capitolo 40
capitolo 41
capitolo 42
capitolo 43
capitolo 44
capitolo 45
capitolo 46
capitolo 47
capitolo 48
capitolo 49
capitolo 50
capitolo 51
capitolo 52
capitolo 53
capitolo 54
capitolo 55
capitolo 56
capitolo 57
capitolo 58
capitolo 59
capitolo 60
capitolo 61
capitolo 62
capitolo 63
capitolo 64
capitolo 65
capitolo 66
capitolo 67
capitolo 68
capitolo 69
capitolo 70
capitolo 71
capitolo 72
capitolo 73
capitolo 74
capitolo 75
capitolo 76
capitolo 77
capitolo 78
capitolo 79
capitolo 80
capitolo 81
capitolo 82
capitolo 83
capitolo 84
capitolo 85
capitolo 86
capitolo 87
capitolo 88
capitolo 89
capitolo 90
capitolo 91
Capitolo 92
capitolo 93
capitolo 94
EPILOGO

capitolo 17

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By Blacksteel21


Capitolo 17

"I'm not strong enough to stay away.
Can't run from you I just run back to you.
Like a moth I'm drawn into your flame,
Say my name, but it's not the same.
You look in my eyes
I'm stripped of my pride.
And my soul surrenders and you bring my heart to it's knees. "

APOCALYPTICA - NOT STRONG ENOUGH

WES

Ero sbronzo, lo capii quando mi ritrovai seminudo con la faccia contro il bordo della piscina ed il corpo ancora mezzo immerso in acqua. Mi guardi intorno, confuso e decisamente infreddolito. La cena era terminata nell'imbarazzo più totale, tanto che alla fine avevamo cercato di seppellire quei lunghi e spaventosi silenzi ingurgitando le generosi quantità di alcohol presenti nel mobiletto dei liquori di zio Norman, soltanto così sembrò tornare la pace. Monica aveva provato ad ostacolare la mia sete ovviamente, ma avevo Chris dalla mia parte, il mio fedele cugino dalle mani abili e dai gesti veloci. Era riuscito ad afferrare una vecchia bottiglia di whiskey davvero ottimo senza farsi notare da nessuno. Mi ritrovai a fissare la bottiglia che galleggiava ancora sul canottino al centro della piscina.

- Mmm ... -

Scattai in piedi, atterrito da quel verso soltanto per vedere un istante dopo il viso pallido di mio cugino fare capolino da una sdraio a qualche metro da me. Lo vidi portarsi le mani allo stomaco come se fosse ad un passo dal rimettere, poi tornò ad affondare sul suo giaciglio, sospirando forte.

- Credevo fossi annegato in piscina mentre ero svenuto. Chi cazzo lo avrebbe spiegato a tua madre poi? - biascicò confusamente quello fissandomi con il viso lievemente alzato.

- Capirai che perdita! Probabilmente ti avrebbe pure ringraziato nella confusione, ti sarebbe stata dedicata una statua o ... una piazza! - le luci erano basse ma fastidiose da far schifo, pensai, chiudendo forte gli occhi. Afferrai un asciugamano e me lo strinsi contro il corpo, stavo tremando.

- Come no ... l'unica statua che potrebbero dedicarmi è quella della stupidità. Mi sono appena messo con una ragazza che non voglio e mandato a puttane il ragazzo più figo che abbia mai calpestato il suolo terrestre chiedendogli se poteva presentarmi una sua amica. - Chris sproloquiava come sempre – dimmi, che cazzo faccio adesso? Se esistesse una macchina del tempo la userei per tornare a quattro ore fa e cambiare il corso degli eventi! -

- Sì, non dirlo a me. Io non svuoterei quella roba irlandese ed assassina ... - dissi puntando un dito verso la bottiglia, mi sentivo una merda. - vado a farmi un caffè, ne vuoi uno anche tu? -

Chris scosse la testa, poi si coprì con un telo da spiaggia prima di scomparire totalmente dalla mia vista. Lo sentii lamentarsi appena sotto la coperta. Era un tipo strano, ma anch'io a volte sentivo la necessità di contestare ad alta voce le mie pessime scelte di vita, beh ... eravamo cugini dopotutto.

Entrai in cucina barcollante, ero a piedi nudi e gocciolante, ma non ci feci caso, i miei zii erano a letto e con ogni probabilità non era rimasto più nessuno in giro a rompere per il mio casino. Stavo per aprire il frigo in cerca di un altro po' del dolce buonissimo della signora Bradbury quando una figura scura e fino a quel momento celata ai miei occhi si fece avanti facendomi sbattere contro il bancone accanto a me per la sorpresa. Mi piegai su me stesso, distrutto dal dolore al fianco che aveva urtato contro lo spigolo mentre i miei occhi mettevano a fuoco la terribile sagoma di Kevin, chino su di me con una tazza fumante di qualcosa ed un'espressione piuttosto confusa sul volto.

- Che cazzo fai qui al buio come un maniaco sessuale in attesa di qualcuno da importunare? - gli chiesi tra un'imprecazione e l'altra. Mi alzai, sorreggendomi con la sua spalla.

- Potrei farti la stessa domanda. Io almeno indosso il pigiama. - commentò lui, acido e schizzinoso come sempre. Accese la luce e a quel punto mi ritrovai a battere le palpebre come un idiota mentre mi appoggiavo ai fornelli.

- Sei uno straccio ... ti ho visto sgattaiolare fuori con Chris e quella bottiglia. Americani ubriaconi. - butto lì dalla sua posizione sopraelevata. Se ne stava seduto sul bancone come una cornacchia rompipalle ed impicciona che osserva ogni cosa.

- Per fortuna ci sei tu che risollevi la situazione allora! Scusami se non me ne sto chino su una tazza di thé come un vecchio allettato. - lo presi in giro gustandomi quella smorfia di disappunto che appariva sempre sul suo bel viso ogni qualvolta si sentiva contestato. - preparami un caffè, ok? Non riesco a muovermi come dovrei. -

- Certo, come no. Sei sempre stato così gentile con me, come negartelo ... - Kevin mi fulminò con lo sguardo ma alla fine scese dal bancone e si diresse verso la macchinetta del caffè – senti ... quel tipo, quel Wayne ... cosa c'entra con Celine? -

Sospirai, non ero dell'umore adatto per prendermi gioco della coppietta dell'anno, la mia testa sembrava essere scossa da un martello pneumatico che scavava ogni secondo sempre più in fondo. Lo guardai ed il suo viso era serio, in evidente attesa che parlassi.

- E' per questo che non riesci a dormire, inglesino? Non mi dire ... eppure è opinione comune che siete dei tipi molto freddi voi. - risi appena – ti stai crucciando per il passato burrascoso e sconosciuto della tua dolce metà, è così? -

Kevin fece spallucce, incredibilmente non cedette alle mie parole provocatorie quella sera. Forse la sua sete di conoscenza era più forte della rabbia che la mia risposta doveva aver scatenato in lui. - Senti, vuoi il tuo caffè? Voglio soltanto conversare mentre te lo preparo e finisco di sorseggiare il mio thé. Che c'è di tanto sbagliato? -

Come se potessi bermela. Lo guardai, lasciando scivolare il mio sguardo lungo il suo corpo tonico fasciato alla perfezione dalla tuta blu che aveva messo a mo' di pigiama. Era bello e lontano come un'aquila che vola dieci spanne sopra al resto, era irraggiungibile e fiero, eppure adesso aveva bisogno di una risposta, così forte era la sua necessità da spingerlo a rivolgersi a quello che poteva considerarsi il suo peggior nemico in quella casa.

- Dovresti chiedere a lei, Kev. Non sono mai stato un uomo magnanimo ... non la libererò dai suoi peccati privandola della possibilità di essere sincera almeno una volta nella vita. Se ci tiene davvero a te alla fine te lo dirà. - dissi con il mio solito tono insolente – eppure sappiamo entrambi che non lo farà ormai ... è andata troppo avanti. Mi sa che sono proprio io la tua ultima speranza di penetrare il segreto. - usai quelle parole pronunciandole con un tono più incisivo degli altri.

Kevin era pallido adesso, mi avvicinai a lui, approfittando di quello stato di confusione che sembrava averlo pervaso.

- Fai sempre un buon odore, sai? - sussurrai a qualche centimetro dal suo collo nascosto appena dal colletto della t-shirt. Lo annusai, inebriandomi un po'.

- Vorrei poter dire la stessa cosa di te ... - la voce di Kevin era bassa e roca, i suoi occhi chiari brillavano di cose che era meglio non pronunciare mai ad alta voce mentre mi fissava con insistenza le labbra. Risi piano, gustandomi la confusione più totale fare capolino sul suo bel volto.

- Sono parecchio ubriaco, Kev, e un sacco su di giri, sai? Potrei far finta che lo fossi anche tu ... ti prometto che non ti giudicherei ... siamo da soli qui e lo so che non ti dispiacerebbe lasciarti andare per un po' ... - le mie labbra erano a poco meno di qualche centimetro da lui, sentivo il suo respiro farsi pesante sul mio viso – ti farei provare delle sensazioni che quella bambina che ti aspetta in stanza non sa neppure cosa siano ... - rincarai la dose inchiodando i miei occhi ad i suoi, erano del tutto persi, come se la sua coscienza fosse stata spedita a dormire. Ne approfittai, feci quello che desideravo fare da giorni e giorni, mi umettai le labbra prima di lasciar vagare la mia lingua lungo la sua mandibola chiara e perfettamente simmetrica. Quel tratto del suo viso mi aveva sempre fatto impazzire, tanto che adesso lo stavo assaporando con gusto, sporcando la sua pelle di saliva e lasciando segni rossi dove le mie labbra si erano appoggiate per succhiare con forza. Sentii le mani di Kevin stringermi con forza la vita mentre chiudeva gli occhi e si lasciava andare all'oblio delle mie carezze. Afferrai i suoi capelli con poca eleganza, spingendo la sua testa all'indietro, adoravo anche il suo collo, era così pallido e delicato ... lo leccai, immergendo il mio volto con violenza nell'incavo, lo baciai, morsi, succhiai. Kevin era senza fiato ed io non avrei resistito ancora per molto. L'avrei preso lì, sul bancone della cucina senza pormi neppure una domanda, stavo per spingerlo contro il marmo freddo quando il rumore della moca che veniva fuori dalla macchinetta ci riscosse entrambi.

Kevin mi spinse improvvisamente via come se si fosse svegliato da un terribile incubo. I suoi occhi erano spalancati e le sue labbra tremavano visibilmente.

- Stai lontano da me! Questo ... questo non succederà mai! -

- Oh, sì ... continua pure a ripetertelo se ti fa sentire meglio. - ribattei spedendogli un bacio. - ma io ti ho visto piuttosto eccitato, anzi ... tutt'ora direi che ... - puntai lo sguardo sul suo pantalone elasticizzato che mostrava quanto i miei trattamenti non l'avessero affatto infastidito tutto sommato. Kevin tremava, lasciò la stanza un istante dopo, lo vidi catapultarsi fuori senza guardarsi indietro. Non mi restò che staccare la macchinetta e prendere la tazza ormai colma fino all'orlo di un caffè che neanche più volevo ... desideravo altro adesso.

Mi passai le dita sulle labbra, profumavano della sua colonia ... perfino la mia lingua ne era pregna. Gustai il sapore amaro del profumo, con un sorriso che andava a delinearsi sul mio viso ogni istante di più.

- Scappa pure ... vediamo quanto resisterai, io ti darò la caccia, inglesino. - sussurrai tra me e me prima di spegnere la luce ed abbandonare la stanza.

KEVIN

Non m era mai capitato di non ragionare lucidamente, eppure di recente mi accadeva sempre più spesso. Tutta questa faccenda di Celine, Wes e Wayne mi mandava fuori di testa in un modo che non era francamente da me. Il mio momento di massima bassezza era stato proprio cedere a lui, credere per momento che potesse essere leale a qualcun altro che non fosse sé stesso. Gli avevo parlato dei miei dubbi, di quello che mi urgeva di più sapere, cosa c'era fra quei tre, cos'era che Celine si ostinava a non volermi svelare per intero. Eludeva le mie domande dicendo che era un vecchio amico, che ci passava l'estate ma il suo coinvolgimento era palese a livelli ben maggiori di quanto lei cercasse di farmi credere. Mi faceva rabbia che lei non volesse dirmelo e avevo ceduto, rivolgendomi all'unica persona che non avrebbe mai dovuto vedermi vulnerabile. Non aveva perso tempo Wes, aveva gettato i suoi artigli famelici su di me, proprio come nei miei incubi che ormai si facevano presenti sempre più spesso. Era così che l'avevo vissuta, per un istante quel momento mi sembrò uno di quei sogni fra il sonno e la veglia, quelli da cui mi risvegliavo terrorizzato, in quel momento la macchina del caffè mi aveva bruscamente riportato alla realtà. In quella cucina, in quell'istante che non era fantasia, la mia pelle era tesa sotto il suo tocco che era reale. Ero fuggito, mostrando ancora una volta le mie debolezze, sentendolo ridere e leccarsi le labbra per quello che avevo tristemente dimostrato. Lo sentivo, da qualche parte dentro di me mi stavo perdendo, ad ogni sua provocazione ero sempre più debole e ormai incapace di ribattere, potevo soltanto fuggire da lui, starmene a debita distanza.

Mi catapultai in camera scosso ancora da brividi e fremiti ovunque, il cuore mi batteva forte e sentivo il sangue scorrere veloce sotto la mia pelle. Quando alzai gli occhi vidi che Celine era ancora sveglia, la dolce Celine, la fonte dei miei guai. Per essere leale a lei avevo accettato di accompagnarla in quel luogo tanto rischioso e avevo intrecciato la mia vita con quella di Wes.

Celine ... quanto mi stava costando la tua felicità ...

- Kev? Tutto bene? Hai una faccia terribile ... – mi disse con tono preoccupato.

- No ... non sto bene Celine ...- dovetti mormorare fra i denti – ho bisogno di sapere cosa mi nascondi ... dico sul serio. –

La vidi farsi tesa in viso, un'espressione che non le avevo mai visto addosso fino a quel momento, di profondo disagio e paura – Senti, non mi sembra il caso di parlane adesso ... non è niente di grave e poi non mi interessa riprendere l'argomento. –

- Ma interessa a me! – sbottai – perché continui a evitarlo? Perché non mi dici semplicemente come stanno le cose? –

- Sono fatti miei – urlò alla fine – non sono obbligata a parlartene quindi smettila di essere così ossessivo! –

- Ho il diritto di saperlo Celine! –

- E chi ti ha messo in testa una cosa del genere? Wes? Beh, è ovvio! Adesso ti fidi più di lui che di me! Che ti ha detto? Sentiamo! –

Stavamo urlando ed era una novità per noi, urlavamo l'uno contro l'altra ferocemente ed il solo sentirlo nominare non fece altro che accrescere la mia furia. C'era sempre lui a capo della mia frustrazione ormai, era quasi doloroso sapere il potere di cui poteva disporre all'interno della nostra relazione.

- Non temere, anche lui si è mostrato fin troppo felice di mantenere il segreto, a quanto pare vi divertite a tenere la gente all'oscuro e giocare con i sentimenti degli altri. –

Lei parve spiazzata ed io ero fin troppo arrabbiato per restare un secondo in più in quella stanza, dovevo uscire, fare altro, allontanarmi al più presto da quella tempesta che avevo dentro. Non mi ero mai sentito così e non mi piaceva quella sensazione, come se fossi in grado di fare qualsiasi cosa per ferirla, per farla sentire smarrita come mi sentivo io.

Corsi fuori nel corridoio e lo percorsi furiosamente, ad un tratto la porta di una delle camere si aprì ed apparve Seth con la sua solita aria annoiata, mi lanciò un' occhiata sommaria.

- Cos'è questo casino? – chiese scocciato, io gli afferrai il braccio.

- Dimmelo! – sbottai.

Quello sollevò un sopracciglio – Dirti cosa? –

- Cos'è successo fra Celine e Wes? Lo voglio sapere, lo pretendo! – ringhiai.

- Non è roba per te ... lascia stare, ok? – provò a liquidarmi.

Io non lo mollai, anzi, strinsi ancora più forte e lo inchiodai con lo sguardo per intimidirlo – non te ne vai se non rispondi! -

A quel punto mi mostrò lui uno sguardo che faceva sul serio paura, mi fissò dritto in faccia con quegli occhi scuri che con la luce fioca sembravano pozzi neri e si liberò dalla mia presa spingendomi al muro.

- Tu pretendi? – mormorò – allora te lo dirò cos'è successo, ma non correre a piangere se la persona che tu ritieni così casta e pura in realtà è miserabile quanto chiunque in questa casa – pronunciò quelle parole con puro sdegno nella voce – vuoi sapere cos'ha fatto la piccola Celine? Beh, si è messa in mezzo. Ha fatto quanto di più crudele si possa fare e con le più infime delle ragioni. Sono trascorsi tre anni ma tutto questo ad una parte dannatamente profonda del cuore di Wes brucia ancora - più lui parlava più io mi facevo piccolo di fronte all'enorme furia negli occhi di Seth - lui e Wayne stavano insieme ... sul serio ... Wes era ... stenteresti a riconoscerlo, insomma... -

- Non ...- mi sfuggì dalle labbra.

- Sì invece, credimi. Lei venne quell'estate con un paio delle sue amichette snob del cazzo e decisero di fare un gioco. Io lo dissi a Wes, gli dissi: " non mi piacciono quelle, sta attento" , ma lui non era esattamente sveglio all'epoca. Hanno fatto una scommessa – mormorò alla fine – le sue amichette sfidarono Celine a soffiare a Wes il suo ragazzo a detta loro, "troppo figo per essere gay" –

Il baratro per un momento, il pensiero che Celine potesse fare una cosa del genere per un istante mi provocò la nausea, poteva aver fatto una cosa così meschina?

- Se l'è portato a letto Kevin ... un ragazzo di cui non le importava nulla ... lo ha fatto per ferire Wes e c'è riuscita, nessuno dei due ha più messo piede in città da allora. Adesso sei contento? Hai avuto ciò che volevi? Desideri altro? –

Indietreggiai, troppe informazioni, troppo velocemente i tasselli del puzzle si andavano incastrando. Quella tensione, quelle occhiate, l'ossessione di Wes per la mia storia con Celine. Lui cercava vendetta, ecco cosa voleva da me, cercava quello che lei le aveva sottratto, voleva metterla in ginocchio. Spostai lo sguardo verso la porta della nostra camera e la vidi lì, con lo sguardo chino ed il viso mortificato, poi la mia mente passò a Wes ed il suo viso fiero. Andai via, semplicemente non riuscii più a reggere quella visione e scappai da quella casa fuori.

La notte era fresca e mi avrebbe fatto bene camminare, per cercare di dare un senso a quella confusione infinita, quel vortice di emozioni. Era tutto finto, ne ero sempre più certo ... ogni attenzione che Wes riversava su di me era, in realtà, diretta a Celine. Non aveva davvero niente a che fare con me, la mia presenza o quella di un altro probabilmente non avrebbe fatto differenza. Voleva solo ripagarla con la sua stessa moneta, ferirla seducendo il suo uomo ed io ero solo un idiota perché gli stavo permettendo di entrarmi dentro e giocare con la mia testa. Passai distrattamente le mani sul collo dove solo poco prima le sue labbra si erano posate e mi ritrovai a pensare quelle parole vergognandomi di me stesso. Ma non potei tacere nel pensare che sarebbe stato bello, se solo fosse vero.

Rientrai a casa solo alle prime luci dell'alba, stanco e ancora nervoso, dovevo calmarmi, forse chiarire con lei o semplicemente chiarire con me stesso visto che sembravo essere io in qualche modo il problema. Rientrando in casa notai una figura pallida appoggiata alla parete, era Celine, doveva essere rimasta in piedi ad aspettare il mio rientro. Appena mi vide accennò un breve sorriso e mosse qualche passo verso di me.

- Kev ... io voglio parlare con te sul serio ... mi sono comportata male, ero una bambina ... ma vedi ci sono cose .. – le parole le morirono in bocca ad un tratto.

Rimase perfettamente immobile a fissarmi sgomenta mentre gli occhi le si riempirono di lacrime, io non riuscii a capire ma ogni secondo che passava il suo viso si mutava in una maschera di disperazione. Si portò le mani alle labbra.

- M-mio Dio ... perché? Cos'hai fatto? – mormorò poi distogliendo lo sguardo.

Non riuscivo a comprendere che cosa fosse successo, perché mi stava guardando in quel modo, poi mi voltai verso lo specchio dell'ingresso e li vidi, rossi e vividi, dalla base del collo per tutta la lunghezza fino alla mascella. I segni, i marchi che Wes mi aveva lasciato ardenti la notte prima.

CELINE

Rimasi immobile, incapace di parlare o fare altro. I miei occhi erano fissi su quello spettacolo tremendo. Lividi sul collo, gli stessi lividi con cui mi divertivo a marchiarlo io di tanto in tanto.

- No ... Celine, non è come pensi! - Kevin si stava avvicinando a me con le braccia protese, mi scostai. Stavo piangendo adesso, il mio cuore aveva perso più di qualche battito ... volevo soltanto scappare da lui e da quella terribile realtà ...

- Celine! Ti giuro che non è come pensi! -

- Ah, no? E cosa sono quei segni lì? Dove sei stato stanotte? Con chi? Sei ubriaco? - la mia voce uscì a stento, stavo singhiozzando senza che riuscissi a darmi un contegno.

- No! Sono uscito sì, ma non ho bevuto. Ho fatto una passeggiata per schiarirmi le idee, cazzo ... troppe informazioni insieme, non sono stato con nessuna, lo giuro. -

Lo guardai dritto negli occhi, come potevo credergli?

- V-voglio una spiegazione ... subito. - sussurrai con il volto tra le mani per l'angoscia. Che cosa ci stava succedendo? Non avevamo mai avuto problemi di coppia, soltanto piccoli litigi di poco conto, ma adesso ... adesso tutto sembrava essere cambiato drasticamente. E sapevo che in parte era colpa mia.

- Io ... ieri ... continuavo a chiedermi che cosa fosse successo tra te e quel tipo e tuo cugino ... non riuscivo a darmi pace, Celine ... così ho chiesto in giro. Per l'esattezza ho chiesto a Wes ... lui però mi ha immobilizzato ... mi ha fatto questo, ma non è successo altro!

Wes. Il suo viso sorridente fu tutto ciò che vidi. Quel dannato sorriso vittorioso che si formava da parte a parte. Quel dannato bastardo che continuava a tormentarmi e che adesso aveva visto la possibilità di veder compiuta la sua vendetta cercando di farmi rompere con Kevin.

- E' morto ... lo giuro, è un uomo morto! - urlai prima di gettarmi a capofitto su per le scale che davano ai piani superiori. Corsi veloce, incurante dei richiami di Kevin a qualche metro dietro di me. Era arrivato il momento di affrontare le cose alla Wayright, basta silenzi, basta mantenere la calma, adesso ne avevo davvero troppo, avrebbe avuto quello che meritava.

La porta della sua stanza non era mai chiusa a chiave, mi precipitai dentro un attimo prima che le mani di Kevin si chiudessero dove mi trovavo fino a qualche secondo prima. Wes era lì, dormiva pigramente mezzo nudo come sempre. Fui velocissima, la rabbia era troppa e non volevo essere fermata. Per una sola volta nella mia vita non volevo ragionare o chiedermi cosa ne sarebbe stato dopo, mi limitai ad afferrare quelle spalle e a scuotere il suo corpo.

Wes aprì gli occhi, confuso. Non gli diedi neppure il tempo di aprire la bocca, il mio schiaffo lo colpì dritto alla guancia con violenza. Sentivo la mia mano formicolare dalla potenza del colpo, soltanto in quel preciso istante Kevin riuscì a fermarmi.

- Ma che caaazzo ... -

- Stai lontano da noi, fottutissimo depravato! Kevin è etero. La prossima volta che ti avvicinerai ad uno di noi due ... giuro che sarà l'ultima, mi hai capito bene? - urlai ad un centimetro da quel volto paonazzo.

- Basta! Andiamocene subito. - Kevin mi trascinò via, ma non era servito a nulla quel teatrino, sentii la risata bassa di Wes accompagnarmi all'uscita. La rabbia mi montò dentro ancora una volta, feci per liberarmi dalla sua stretta, scuotendomi a più non posso.

- Kevin è etero, eh? La prenderò come una scommessa, cara cugina! - la voce del bastardo venne interrotta dal rumore secco della porta che veniva chiusa, poi girò la chiave nella toppa e Wes sparì dalla nostra vista.

Avrei voluto che sparisse anche dalla nostra vita.



NOTE DELLE AUTRICI: Boooooommm!!!! Capitolo pieno di avvenimenti e scoperte sempre meno piacevoli per il pooovero Kevin!
Ed ecco che anche la dolce Celine viene smascherata dal cugino ... insomma, niente è come sembra in questa famiglia! Nessun Wayright è completamente innocente, perché essere un Wayright è difficile e soprattutto ... ti rende piuttosto problematico.
Finalmente abbiamo il nostro primo approccio tra Kevin e Wes ... siete soddisfatte, shippers della coppia? Cosa credete che accadrà da ora in poi? Kevin sembra piuttosto confuso e perfino imbarazzato per ciò che si è lasciato fare!
Mannaggia ... Wes sa proprio essere diabolico quando vuole e Kevin non è poi così composto come voleva farci credere :P
Insomma, non vediamo l'ora di sentire la vostra!
Grazie a tutti per aver recensito, letto, preferito, seguito :) grazie, grazie, grazie!
Un bacio e a presto!


- BLACKSTEEL -

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