The Wayright

By Blacksteel21

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I Wayright sono una famiglia grande quanto disomogenea, affari in sospeso e antichi rancori hanno fatto sì ch... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
capitolo 4.
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 16
capitolo 17
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20
capitolo 21
capitolo 22
capitolo 23
capitolo 24
capitolo 25
capitolo 26
capitolo 27
capitolo 28
capitolo 29
capitolo 30
capitolo 31
capitolo 32
capitolo 33
capitolo 34
capitolo 35
capitolo 36
capitolo 37
capitolo 38
capitolo 39
capitolo 40
capitolo 41
capitolo 42
capitolo 43
capitolo 44
capitolo 45
capitolo 46
capitolo 47
capitolo 48
capitolo 49
capitolo 50
capitolo 51
capitolo 52
capitolo 53
capitolo 54
capitolo 55
capitolo 56
capitolo 57
capitolo 58
capitolo 59
capitolo 60
capitolo 61
capitolo 62
capitolo 63
capitolo 64
capitolo 65
capitolo 66
capitolo 67
capitolo 68
capitolo 69
capitolo 70
capitolo 71
capitolo 72
capitolo 73
capitolo 74
capitolo 75
capitolo 76
capitolo 77
capitolo 78
capitolo 79
capitolo 80
capitolo 81
capitolo 82
capitolo 83
capitolo 84
capitolo 85
capitolo 86
capitolo 87
capitolo 88
capitolo 89
capitolo 90
capitolo 91
Capitolo 92
capitolo 93
capitolo 94
EPILOGO

capitolo 15

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By Blacksteel21


Capitolo 15

"Turn me on take me for a hard ride
Burn me out leave me on the other side
I yell and tell it that
It's not a friend
I tear it down I tear it down
And then it's born again

How long how long will I slide
Separate my side I don't
I don't believe it's bad
Slit my throat
It's all I ever."

RED HOT CHILI PEPPERS - OTHERSIDE

NIKOLAJ

Avevo sentito i ragazzi uscire insieme per passare una serata fuori e dentro di me non potei fare a meno di essere sollevato. Decisi di fare un salto nello studio di Norman a prendere qualcosa da leggere, così uscii dalla mia camera e mi diressi al piano di sotto.

La porta dello studio era socchiusa ed appena l'aprii del tutto mi ritrovai ad incrociare lo sguardo di mio fratello maggiore, era dietro la scrivania con delle carte davanti ed altri documenti sparsi lungo ripiano lucido.

- Ehm, mi dispiace disturbarti - mi affrettai a dire – torno dopo. –

- Aspetta – mi fermò prima che potessi fuggire dal suo cospetto – entra pure Nikolaj, stavo quasi per terminare. –

Annuii allora e timidamente feci il mio ingresso nella stanza – scusami, prendo solo qualcosa da leggere e vado via, non ho portato con me molta roba ... non credevo che mi sarei dovuto fermare così tanto ... –

- In realtà vorrei che rimanessi qui un momento – mi informò indicandomi la sedia di fronte a lui.

Lo trovai molto strano ma mi sedetti in silenzio per qualche istante, non sapevo di cosa volesse parlarmi e quell'uomo mi incuteva non poca soggezione, il suo sguardo mi ricordava quello di papà ma senza quell'espressione perennemente rilassata.

- Nikolaj – disse alla fine – so benissimo che tutto questo non è esattamente quello che ti aspettavi ... –

- Io non mi aspettavo niente – volli mettere in chiaro – insomma, non ho alcuna pretesa verso di voi, siete stati gentili e ... –

- Gentili – mi interruppe – non è la parola che userei, ma grazie per il discorso politicamente corretto. – fece una pausa sistemando le carte davanti a lui – come avrai certamente notato ci sono ... dei dissapori all'interno della casa. Mio fratello Ben ha un carattere piuttosto peculiare ma non è giusto che tu debba soffrire nel vivere qui a causa sua. –

- Non mi sembra che ci siano solo fra voi tre i dissapori ... – dovetti ammettere.

Lui sorrise amaramente, era piuttosto evidente come persino fra i ragazzi la tensione fosse ai massimi livelli, ma anche fra genitori e figli. Il ricordo degli occhi fiammeggianti di Seth nei confronti dei membri della famiglia era ben impresso nella mia mente.

- So bene che tu hai un personale ricordo di nostro padre – precisò – quello che temo francamente per te stando qui è che possa essere offuscato da quello che potresti sentire – sembrava davvero dispiaciuto – mi sembra evidente che non si occupasse di te allo stesso modo in cui si occupava di noi, forse si era reso conto delle sue mancanze e con te voleva fare un lavoro migliore ma ... se alla fine ti ha voluto qui con noi, forse voleva che lo conoscessi anche dal nostro punto di vista. –

Sorrisi – francamente credo che se papà ha fatto una cosa del genere forse voleva rimediare, forse questa sorta di convivenza forzata è il suo modo di dirvi che gli dispiace, che vorrebbe fare qualcosa per migliorare la situazione ... –

- Può darsi, lui ha sempre avuto uno strano modo di fare, contorto ... - ammise ma il suo sguardo sembrava più rilassato di un minuto prima – sai, io rimprovero spesso mio figlio per il modo in cui parla di lui ... ma so che non è il solo a pensare quelle cose e forse, se a lui fosse importato di farsi amare, si sarebbe comportato in modo diverso con molti di noi ... –

- Era un uomo strano – dovetti ammettere lasciandomi andare nei ricordi – ma non credo che fosse davvero intenzionato a ferire qualcuno. –

- Lui non ha mai detto neanche questo – mormorò, io annuii - ora capisci cosa intendo ... qui non troverai molti aneddoti di vita serena e familiare... non ci saranno nostalgiche gite nei ricordi di infanzia, qui nessuno ricorda volentieri il giorno precedente. –

- Non sono un ragazzino – risposi – so qual é il senso di questo discorso, posso accettare che mio padre possa essere un uomo diverso da quello che ho sempre creduto. –

Lui mi osservò ancora e per la prima volta da quando lo avevo incontrato sorrise, un sorriso rilassato e calmo, in quel momento parve davvero Richard.

- Ho parlato con Monica di te qualche giorno fa, abbiamo parlato molto, non possiamo darti dei bei ricordi con cui arricchire i tuoi ma ... vorremmo provare a creare un legame adesso, se per te va bene ... –

Io restai stupito da quella frase, non mi ero accorto di quanto volessi sentirmelo dire se non dopo che le mie orecchie udirono quelle parole. Ero emozionato, mi limitai ad annuire frettolosamente.

- Piacerebbe anche a me ... insomma ... voi ora siete tutto quello che resta della mia famiglia. – farfugliai.

Mi tese la mano ed io la strinsi, poi mi sollevai – grazie Norman. –

- Grazie a te Nikolaj per aver avuto pazienza con noi ... –

- Ora vado ... ho del lavoro da fare. – lo informai.

Uscii dallo studio molto più leggero di quanto mi aspettassi, forse per la prima volta qualcuno aveva fatto un passo verso di me, potevo davvero dare inizio a qualcosa. Poi un ricordo si infilò prepotente nella mia mente "Perché non scrivi un diario? Sei uno scrittore".

Matt, anche lui mi aveva teso la mano, l'unico che nel momento in cui nessuno sembrava sopportare la mia vista mi ha convinto a restare e a guadagnarmi un posto in quella casa e in quella famiglia. Mentre attraversavo il corridoio per raggiungere la mia stanza gettai distrattamente lo sguardo in direzione della sua porta. Mi bloccai, era socchiusa, ero convinto fosse andato fuori con gli altri invece dovetti ricredermi appena notai un ombra attraversare la stanza. Senza neanche volerlo mi bloccai osservando l'interno della camera, doveva aver fatto la doccia da poco. Aveva i capelli bagnati e gocciolanti, il corpo esile era coperto unicamente dall'asciugamano assicurato in vita, stava cercando qualcosa nel cassetto. Ad un tratto con un movimento rapido fece scivolare a terra il telo, poi tirò fuori un paio di boxer dal cassetto. Non sarei dovuto restare lì, lo sapevo, ma rimasi come incantato da quella visione, da quel corpo pallido e perfetto, lo osservai infilarsi l'intimo e dopo poco voltarsi verso la porta. Non rimasi abbastanza però da sapere se mi aveva visto o meno.

Mi gettai in una corsa frenetica vero la mia camera, spalancai la porta e la richiusi rumorosamente alle mia spalle. Mi getti sul letto mettendomi il pc davanti e sforzandomi di concentrarmi il più possibile su un articolo che avevo da scrivere. Ad un tratto sentii bussare, un brivido mi percosse il corpo.

- Avanti – dissi debolmente.

La porta si aprì e Matt entrò nella camera, aveva la sua solita espressione tranquilla sul viso, mi sorrise ed avanzò nella stanza.

- Ciao, ti disturbo? – mormorò.

- Affatto ... stavo ... cercando di lavorare un po' ... non sei uscito con gli altri? –

- Non ne avevo voglia – rispose sorridendo – ho delle cose da fare per il College, le domande da spedire e sono un po' in difficoltà ... –

- Vuoi una mano? – sapevo che era rischioso ma ero comunque in debito con lui.

- Lo faresti? – sembrò sorpreso – credevo che ti mettessi a disagio ... –

Deglutii – non particolarmente ... insomma ... - tentennai.

- Credevo che vedermi nudo ti mettesse a disagio invece sei più sicuro di quanto pensassi, mi piace – rise, io restai di sasso.

-Tu ... -

- Sì, mi sono accorto che c'era qualcuno, ho visto un'ombra e poi ho sentito la porta di camera tua sbattere – stava ancora sorridendo, quel viso angelico, quelle labbra.

- Non è vero che ti serve aiuto per le domande ... – sussurrai.

- No, quello è vero – mormorò avvicinandosi a me – grazie di esserti offerto. –

Poi mi posò un bacio delicato sulle labbra, niente di troppo aggressivo, un bacio leggero a fior di pelle, ma tanto bastò per mandare il mio cervello in tilt, come se la visione di qualche minuto prima non fosse stato abbastanza. Con mia grande rabbia dovetti notare che fu ancora lui il primo a scostarsi, con un vago rossore sulle guance, imposi al mio corpo di non toccarlo, di non trattenerlo.

- Allora ci vediamo ... ti lascio lavorare – disse come se niente fosse.

Così lo vidi lasciare la camera ed io potei tornare a respirare in quel momento, risi era davvero pura follia quello che mi stava succedendo. Ad un tratto ripensai ancora a quella frase, tenere un diario, scriverci sopra, forse mi avrebbe davvero aiutato a esorcizzare questo momento drammatico.

Decisi di farlo, abbandonai l'articolo che non avevo nemmeno cominciato e scrissi sulla pagina bianca di Word, capitolo primo: Come tutto è cominciato.

TYLER

Uscii di casa all'alba, prima ancora che mio padre mi avesse ordinato di fare dodici chilometri di corsa per attivare il mio organismo. Mi ritrovai in giardino a stringere i lacci delle mie Nike nere quando improvvisamente incontrai la figura pallida e barcollante di mia sorella venir fuori da una zona in penombra accanto al garage.

Sollevai un sopracciglio – Che cazzo fai fuori a quest'ora? - chiesi con un tono sbrigativo.

Quella rise appena, stava barcollando visibilmente verso di me. Era ubriaca e con ogni probabilità anche fatta.

- I- io ... sono uscita con i miei amici. Wow, che mal di testa! - dovette trovarlo divertente perché subito dopo rise forte costringendomi a tapparle la bocca con le mani e a trascinarla lontano dalla finestra che dava sulla stanza da letto di nostro padre.

- Cazzo, Rachel ... che cazzo fai? - mi portai una mano al volto, ero stanco e l'orologio al mio polso non faceva neanche le sei del mattino – muoviti, passiamo da qui. Ti porto in camera, qualsiasi cosa succeda dopo sono affari tuoi, idiota. - le dissi bruscamente mentre la spingevo lungo l'ingresso, ben attento ad evitare che potesse urtare qualcosa di rumoroso con il corpo.

- E' che ... c'era così tanta musica, così tanta gente divertente ... è un peccato rimanere a casa con il bastardo quando il mondo lì fuori continua ad essere così ... bello ... - sussurrò con gli occhi al cielo come se vedesse cose che sfuggivano ai più.

- Porca puttana, Rachel ... la pacchia è finita, Luis ci sta col fiato sul collo, smettila di comportarti così, cazzo. - con enorme fatica la guidai verso la sua stanza, poi le tolsi le scarpe e la feci accasciare sul letto, ben coperta da un groviglio di lenzuola. - dormi adesso, chiudo la porta a chiave, poi dovrai vedertela tu con Luis però. -

Lasciai le sue mani che continuavano a stringere le mie, poi corsi fuori e ripresi da dov'ero rimasto. Faceva ancora buio a quell'ora del giorno, una brezza fresca mi colpì il volto quando iniziai a correre verso la parte bassa di South Gate. Odiavo allenarmi sulla pista dello stadio cittadino, preferivo viaggiare con il rumore delle onde che sbattevano sulla battigia ed il sole che sorgeva alle mie spalle ed anche quella mattina decisi di correre da solo lungo le strade vuote e desolate del porto. Era un modo per combattere quel senso opprimente che sentivo al petto, quel malessere generale a cui non riuscivo a dare un nome ben preciso, era come dover vivere in un incubo dal quale non ci si poteva mai svegliare.

Mi fermai parecchi chilometri dopo, stremato. Mi appoggiai a tentoni contro ringhiera che dava direttamente sul mare calmo e piacevolmente illuminato dai primi raggi di sole di quel giorno. Riprendevo respiro e allo stesso tempo mi rendevo conto che una corsa, seppure estenuante come quella, non avrebbe potuto mettere a tacere i pensieri tormentosi che mi assalivano ogni istante della mia vita. Avevo bisogno di altro, di qualcosa o qualcuno che non mi facesse pensare, che mi assorbisse completamente in un mondo diverso, lontano dall'incedere veloce del tempo, dalle decisioni pressanti, da chi avrei voluto massacrare ed invece continuava a vivere con me.

Mi guardai intorno con le mani alle tempie ed il respiro pesante, sapevo dov'ero ma non dove sarei dovuto andare, c'era un rifugio che conoscevo, perché quando avevo bisogno di spegnere i pensieri ero sempre stato lì. I miei piedi si mossero automaticamente verso la strada opposta, presi le scale scendendo lungo la costa, attraversando quei viottoli che ben conoscevo fino a quando non toccai la fredda pietra di quella casa. Mi arrampicai con forza, puntando i piedi tra l'albero secolare in giardino e i mattoni mezzi frantumati della fiancata. Le mie nocche colpirono il vetro della sua finestra, facendolo risuonare tetramente. Una volta, poi una seconda ed una terza. Un rumore di passi che preannunciava il suo arrivo.

Ginevra apparve alla finestra, i suoi occhi erano già vigili quando si posarono su di me. Ero l'unico a passare da lì, lo sapevo. Mi trascinò dentro stringendo la mia t-shirt bagnata tra le mani. Guardai il suo viso bello e bruciante di eccitazione, poi lasciai vagare lo sguardo sul suo letto sfatto che proprio in quel momento ospitava un ragazzo completamente nudo.

- Non posso aspettarti per sempre. - sussurrò lei ad un un centimetro dalle mie labbra.

- Non mi importa con chi te la fai. - le assicurai io prima di trascinarla con violenza lontano da quella stanza, conoscevo casa sua, i suoi non c'erano praticamente mai. Spinsi la porta che dava sulla loro camera da letto con una ginocchiata mentre liberavo Ginevra dalla t-shirt nera troppo grande, appartenuta al suo amante occasionale. La sentii gemere sotto i miei tocchi, le infilai un ginocchio tra le cosce, impedendole di dibattersi mentre le sue mani stringevano con forza i muscoli delle mie spalle. Era nuda adesso, pallida eccetto per i segni appena accennati del costume sul seno ed il bikini. Scesi a leccare il suo corpo magro e flessuoso mentre venivo liberato dalla costrizione dei pantaloni.

- Con chi sei stato nel frattempo? - mi sussurrò lei ad un centimetro dall'orecchio prima di addentarlo con vigore.

- La domanda esatta sarebbe con chi non sono stato ... - risi di fronte a quel viso che si faceva rosso di rabbia. Urlò, straziandomi le spalle con quelle unghie lunghe ed affilate come artigli. Ma il dolore andava bene, aiutava a non pensare e più dolore provavo più ero al sicuro. La morsi sul collo, stringendo il suo corpo contro il mio prima di affondare con un colpo secco e deciso dentro di lei.

Una sensazione liberatoria invase ogni cellula del mio corpo mentre spingevo con violenza dentro di lei, sentendola gemere ed urlare ad ogni mia spinta. Le sue cosce mi serravano i fianchi, le sue mani continuavano ad aggrapparsi a me, ferendomi la pelle ad ogni movimento.

- T-tyler ... - si portò le mie dita alla bocca, succhiandole con forza. Cercai di resistere, di non lasciarmi trascinare via dall'eccitazione.

- Sta zitta. Non siamo qui per parlare. - uscì da lei giusto il tempo per far aderire il mio petto contro la sua schiena, non volevo vedere il suo viso, né sentire la sua voce. Il sesso non era niente di tutto quello e con Ginevra rischiava ogni volta di diventare qualcosa in più. La penetrai ancora una volta senza mezze misure, non mi importava se si sarebbe fatta male, era quello che voleva anche lei.

Mi lasciai andare a quella sensazione di pura perdizione fino a quando non persi completamente il controllo del mio corpo e venni dentro di lei. Per un attimo fu come vagare nel nulla assoluto, non avevo consistenza, niente sembrava poter scalfire questa mia nuova forma fatta di fuoco e aria. Poi il suo tocco mi fece tornare alla realtà. Sentii la sua piccola mano scivolare dolcemente lungo il mio volto e bastò quel movimento a farmi scostare da lei come se mi fossi bruciato.

- Non toccarmi. - mi alzai con il fiatone, deglutì mentre evitavo il suo sguardo pieno di rabbia e racimolavo i miei indumenti dispersi per la stanza.

- Mi sono sempre chiesta che cazzo di problemi tu abbia ... - disse lei, ancora nuda e perfettamente immobile sul letto.

- Se fossi la mia psicologa potrebbe anche essere una domanda lecita, ma visto che non sei nient'altro che una sgualdrina che mi scopo, beh ... mi dispiace. - dissi facendo spallucce.

Ginevra non rispose, aveva gli occhi fin troppo lucidi ed io non volevo trovarmi nei paraggi quando sarebbe scoppiata a piangere per quelle parole vere ma che non voleva sentirsi dire.

- Tornerai? - mi chiese in un sussurro tremolante mentre si copriva con la t-shirt e rovistava in un pacco di Merit abbandonate sul comodino fino a quando non ne tirò fuori una e l'accese.

Non risposi, sapeva che sarei tornato, alla fine lo facevo sempre nonostante lei non mi piacesse più di qualsiasi altra ragazza che conoscevo. Era soltanto la meno rompipalle del gruppo, l'unica che sembrava capire i miei bisogni e mi lasciava in pace, libero di tornare quando diavolo mi andava, se mi andava. Sapevo che non sarebbe durata a lungo, lo vedevo nei suoi occhi, in quel modo che aveva di fissarmi quando credeva che non me ne accorgessi. In quel suo passare di ragazzo in ragazzo per dare l'aria di sapersi divertire anche senza di me, eppure avrebbe mollato ogni cosa se soltanto le avessi chiesto l'esclusiva sul suo corpo.

Uscii in corridoio e nel frattempo lo fece anche il suo amico di letto. Lo vidi guardarmi con tanto di occhi, stava per dirmi qualcosa, ma lo precedetti sorridendogli con fare amichevole.

- Tranquillo, è tutta tua. Ho finito per oggi. - poi gli diedi una pacca sulla spalla e passai oltre diretto alla finestra dalla quale discesi con un po' più di fatica del solito. I muscoli cominciavano a farmi male dopo la corsa al porto, non correvo tanto dall'ultima volta in cui mio padre era tornato a casa.

A volte mi faceva piacere credere che il problema fosse lui, che quel mio carattere particolare fosse dovuto alla mia situazione famigliare, alla presenza assillante di quell'uomo che cercava di governare tutte le vite con cui entrava in contatto in modo autoritario e dispotico, ma la realtà dei fatti era ben diversa. Ero una persona squallida, a cui mancava qualcosa, forse un cuore, pensai, perché avevo sempre avuto bisogno di distruggere quelli degli altri per sentirmi un po' meglio. Un benessere effimero che non durava mai quanto bastava per farmi stare davvero bene però... allora, cos'era che mi mancava? Di cosa avevo bisogno? Perché quella vita non mi appagava neanche minimamente? Perché dovevo distruggere l'esistenza di chi mi stava vicino per sentirmi un attimino meglio? Non lo sapevo. Ma quel pezzo mancante bruciava e allo stesso tempo non si lasciava trovare.

Con quei pensieri in testa tornai a correre verso casa, ma non percorsi più di qualche metro perché improvvisamente la mia auto apparve all'orizzonte con mio padre sopra. Frenai la voglia pazzesca di massacrarlo di botte che mi montò dentro. Aveva la sua auto ma aveva dovuto prendere la mia ovviamente. Ero certo che aveva setacciato ogni cassettino in cerca di qualcosa che avrebbe potuto usare contro di me per controllarmi ulteriormente.

- Ehi! Ty, che piacere trovarti qui! Pensavo ti allenassi allo stadio, ma devo ammettere che qui il paesaggio è molto più suggestivo! - disse giovialmente mentre abbassava il finestrino e mi faceva segno di montare su.

- Ciao ... come mai ti trovi da queste parti? - chiesi lanciandogli una lunga occhiata indagatrice.

- Mi mancava questo porto ... ci ho passato l'infanzia qui. E poi il mattino ha l'oro in bocca, lo sai anche tu. - rispose quello sorridente – allora? Noi due non parliamo da parecchio tempo come si deve ... c'è qualche ragazza all'orizzonte, Ty? -

Scossi la testa – Niente di serio. -

Mio padre era soddisfatto ovviamente, le donne distoglievano l'uomo dai propri doveri, ecco come la pensava Luis sui fidanzamenti in generale. - Bene, meglio così! Chi ha tempo per appuntamenti e fiori quando la guerra chiama? Non noi Bradbury! -

Portai il pollice all'insù, poi mi limitai ad ascoltare la voce bassa e noiosa di mio padre che parlava e parlava. Non c'era una sola cosa che non conoscessi già, erano tutti racconti di notti trascorse in trincee, attacchi aerei, missioni e imboscate. Roba trita e ritrita che continuava a sciorinare come una stupida cantilena interminabile. Non so quanto tempo passò prima che si decidesse a fermarsi.

- Prendo del vino per la cena di stasera e poi torniamo a noi. I Wayright sono stati gentili, quel ragazzo ... Chris ... come lo vedi? -

Sollevai un sopracciglio, confuso. - Piuttosto gracile. -

Mio padre sbuffò – Come lo vedi per tua sorella, intendo. La sua famiglia sta più che bene ... Norman è un uomo d'affari molto rispettato ... -

Piuttosto frocio avrei voluto rispondere, ma chi ero io per distruggere i sogni di gloria di mio padre dopotutto. Sorrisi – Beh, per me c'è già un po' di feeling tra quei due ... -

Luis fischiò, soddisfatto. - E brava la nostra Rachel! Credevo che sarebbe finita con qualche teppista figlio di nessuno, non è mai stata saggia come te ... bene, vedremo di approfondire questa faccenda. -

Lo guardai scendere dall'auto e passare sulle strisce tra camion e mezzi pesanti che purtroppo si fermarono tutti per lasciarlo avanzare. Scossi la testa mentre sputavo fuori dalla finestra, disgustato.



NOTE DELLE AUTRICI: Eccoci qui con un nuovo capitolo!
L'ultima volta non vi siete fatte sentire, presumiamo che il capitolo non sia stato molto apprezzato ... in questo caso ci scusiamo, credevamo che sarebbe stato interessante, anche per via dell'introduzione di Wayne, vecchia fiamma (forse non poi così vecchia) di Wes!
Ma ad ogni modo, probabilmente rallenteremo un po' con gli aggiornamenti, avendo anche l'altra storia da aggiornare e poco tempo in generale per poter star dietro a due storie.
Certo, se ci fossero più manifestazioni di interesse per i The Wayright non ci farebbe dispiacere ovviamente! :)
Quindi a vostra discrezione!
Buona lettura e grazie di tutto!


- BLACKSTEEL - 

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