Heroes

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[Crossover: Midez + Percy Jackson] Michael, figlio di Ade, viene portato al Campo Mezzosangue per sfuggire al... Еще

Nota introduttiva
Prologo
Arrivo al Campo Mezzosangue
Il duello
Festa di Dioniso
Farfalle
Ferite
Il Giardino delle Esperidi (parte 1)
Il Giardino delle Esperidi (parte 2)
La cintura di Ippolita
Scoperte
Lasciarsi
Ritrovarsi
La furia di Zeus
Momenti di quotidianità
La spada di Crono
La missione
Il castello delle arai (parte 1)
Il castello delle arai (parte 2)
La tomba di Crono

Addestramento alternativo

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Michael entrò con rabbia nella sua stanza vuota e sbatté la porta prima di gettarsi sul letto e affondare la testa nel cuscino. Piangeva solo lacrime di rabbia, perché anche quella volta non era stato capace di difendersi ed era risultato per l'ennesima volta debole. Già, glielo aveva detto anche Federico.

Tu sei debole.

Prese varie volte a pugni il cuscino e si fermò solo quando i singhiozzi scossero il suo corpo in una maniera troppo forte. Si ripulì il volto dalle lacrime e afferrò la sua valigia riposta sotto il letto: voleva andarsene, e aveva intenzione di farlo subito. Aprì l'armadio scuro e afferrò rapidamente e alla rinfusa i pochi abiti che nella fretta aveva portato con sé. Li ripose malamente nella valigia proprio quando sentì la porta della camerata aprirsi.

Chirone - conoscendo i suoi polli - aveva raggiunto Michael e la sua figura ora si stagliava imponente sull'uscio della porta.

«Cosa stai facendo?»

«Me ne sto andando» disse il ragazzo in un tono che non ammetteva repliche.

Il centauro stette un po' in silenzio, poi con una manata afferrò la valigia e la sottrasse alla vista di Michael, che lo guardò incredulo.

«Ti stai davvero arrendendo adesso? Per una cosa così stupida? Federico è solo un bulletto, cosa farai quando ti troverai di fronte i veri mostri?»

«Non hai mai pensato che magari non sono fatto per affrontare i veri mostri?!» Sbottò il ragazzo allargando le braccia. «Magari questa non è la mia strada!»

«Qual è la tua strada, Michael, lo sai?»

Il riccio si ammutolì e guardò a terra, poi si mise a sedere sul letto.

«La scuola non fa per te, lo hai visto. Ora stai provando questo nuovo percorso, non arrenderti così presto. Ci sono ancora tantissime cose da fare, migliorerai, io ne sono sicuro. Io credo in te.»

Il ragazzo rialzò lo sguardo su Chirone, incredulo per ciò che aveva appena sentito.

«Ti deluderò» gli sussurrò.

«Se dovesse succedere, pazienza. Però voglio che ci provi ancora.»

Michael si morse le labbra, poi annuì. Il centauro gli diede una pacca sulla spalla e lo lasciò da solo. Seppur contrariato, il riccio dovette disfare di nuovo i bagagli e riporre tutto nell'armadio - perlomeno aveva una scusa per non mettere ancora il naso fuori dalla casa.

Non ci fu bisogno, comunque, di uscire dalla camerata. Mentre sistemava i suoi abiti, infatti, Federico entrò a sorpresa nella stanza del riccio. Questo sobbalzò nel vedere la sua figura e sgranò appena gli occhioni dalle ciglia lunghe. Nella testa di Michael si susseguirono almeno un centinaio di motivi per cui Federico fosse di fronte a lui in quel momento, ma quello che prese il sopravvento fu che forse il figlio di Ares non aveva ancora terminato di umiliarlo.

«Ehi.»

Dal tono di voce pacato Michael si calmò appena, ma non ricambiò il saluto e rimase in silenzio per incitarlo a proseguire. Federico si guardò attorno imbarazzato prima di cominciare a parlare, poi sbuffò.

«Senti io non voglio chiederti scusa, cazzo» il suo tono mostrò improvvisamente una punta di rabbia e fastidio. «Però Chirone mi ha praticamente obbligato a fare la pace con te, neanche fossimo bambini di due anni.»

Michael lo guardò male.

«Io penso davvero quello che ti ho detto, e cioè che sei debole. Dai, non sei capace a fare nulla!»

Per Michael quello fu abbastanza.

«Se sei qui per continuare ad insultarmi, puoi andartene adesso!» Sbottò.

«No, sono qui perché ho esagerato, lo riconosco. Non tanto per quello che ti ho detto, ma per come ti ho trattato davanti a tutti. Non...»

Federico si morse il labbro inferiore: non aveva mai fatto una cosa del genere, scusarsi con qualcuno, e si sentiva tremendamente ridicolo. Eppure, se da un lato era stato obbligato da Chirone, dall'altro sentiva che doveva farlo.

«... non credo che tu meritassi quell'umiliazione pubblica, ecco. Sono stato uno stronzo.»

Il volto di Michael si addolcì un po' e spostò lo sguardo al pavimento.

«Va tutto bene. Non fa niente.»

In realtà avrebbe voluto dirgli che era stato l'ennesimo stronzo a trattarlo male, ma voleva che Federico se ne andasse subito e perciò tentò di liquidarlo con un falso perdono. 

Il figlio di Ares spostò lo sguardo facendolo nuovamente vagare per ammirare la stanza.

«È bello, qui» disse in un soffio, ma Michael lo ignorò.

Federico portò gli occhi sulla figura alta e slanciata del riccio, intento a finire di rimettere a posto le sue cose dalla valigia all'armadio.

«Io posso aiutarti a diventare più forte.»

Dopo aver pronunciato quelle parole il tatuato si morse immediatamente la lingua. Era una pessima, pessima idea quella che gli stava balenando per la mente. Pessima. Una immane cazzata.

Michael si bloccò e si voltò verso di lui, guardandolo con una faccia incredula e disgustata allo stesso tempo.

«Ma stai scherzando?» Fece ironico il riccio.

Federico scosse lentamente la testa e assottigliò lo sguardo saccente.

«Ti sembro uno che dice cazzate?»

Michael avrebbe voluto rispondergli di , ma fu anticipato dallo stesso Federico.

«No, stronzetto, la risposta è no: non dico cazzate.»

Michael sbuffò.

«Me lo hai detto tu che sono un incapace. Sentiamo: cosa faresti per aiutarmi a diventare forte, sapendo che sono completamente negato in qualunque cosa?»

Il tatuato incrociò le braccia al petto e sorrise malvagio incurvando un solo angolo di labbra.

«Io sono il figlio di Ares, non dimenticarlo.»

«E hai qualcosa in mente, oltre a darti tante arie?» Lo interruppe annoiato.

«Come dicevo, pivellino, io sono il figlio di Ares. Per questo conosco tantissime tecniche di guerra e di addestramento che qui se le sognano.»

Il riccio aggrottò la fronte e stette in silenzio per lasciarlo proseguire.

«Tu hai bisogno di un addestramento particolare perché sei abbastanza scarso. No, diciamo la verità come sta: tu sei molto scarso

L'altro alzò gli occhi al cielo e pregò che la smettesse di sottolineare ogni secondo la sua debolezza.

«Io ti dico che oltre all'addestramento di Chirone te ne farò uno personalizzato. Ci stai?»

Michael alzò le mani come a fermarlo.

«Ehi, no, aspetta. Quando dovrei addestrarmi, secondo te? Lo sai che gli allenamenti vanno dalla mattina alla sera, non ho tempo di fare anche il tuo addestramento!» Protestò lievemente il riccio.

«Dopo cena. Cos'hai da fare di notte?»

«Dormire, forse?»

Federico gli si avvicinò minaccioso, lo afferrò per la maglietta e lo sbatté senza troppa forza contro l'anta chiusa dell'armadio. Michael deglutì.

«Tu non hai capito niente. Non hai capito che Zeus ti sta cercando e che la tua vita è in pericolo, che ti schiaccerà come una mosca in un pugno, quando ti troverà. E te ne stai ancora qui a perdere tempo come un idiota e a piangerti addosso, invece di rimboccarti le maniche e vedere cosa devi fare.»

Il riccio deglutì di nuovo a fatica e boccheggiò prima di cominciare a parlare.

«T-Tu come sai che Zeus mi sta cercando?» Domandò flebilmente.

Federico lasciò la presa sulla sua maglietta e tornò ad incrociare le braccia al petto.

«Sono un grande amico di Chirone» concluse con sufficienza. «Allora? Cosa mi dici adesso?»

Michael si sistemò la maglietta e posò lo sguardo a terra. Ripensò alle parole appena pronunciate da Federico e concluse che, se voleva avere una possibilità di salvarsi, doveva almeno imparare a difendersi da Zeus e dai mostri. Solo quello gli bastava, non aveva alcuna intenzione di imparare particolari tecniche offensive.

«Va bene.»

Dopo cena Federico raggiunse Michael nella sua stanza da letto. Spalancò la porta e mosse all'interno della stanza la sua figura leggermente bagnata dalla pioggia - a causa del breve tragitto fatto dalla casa di Ares a quella di Ade. Michael, rannicchiato sul letto con le gambe abbracciate al petto, sobbalzò alla vista improvvisa del ragazzo.

«Come facevi a sapere che ero qui?»

Federico diede una rapida occhiata alla stanza vuota, poi guardò con sufficienza Michael.

«Sei l'unico asociale che se ne sta da solo dopo aver cenato.»

Non faceva una piega.

«Dai, seguimi» lo incitò Federico, avviandosi per varcare di nuovo la soglia della porta.

Il riccio lo guardò incredulo mentre un'idea terrificante gli si insinuava nella mente.

«Dove vuoi andare?»

Il tatuato si voltò di nuovo verso di lui e aprì la porta. Fuori dei grossi fulmini illuminavano a tratti il Campo, mentre la pioggia fitta non rendeva possibile la visione di ciò che c'era in lontananza.

«Devi cominciare il tuo addestramento» disse categorico.

Michael scosse la testa freneticamente.

«Ma c'è un tempo orribile! Non possiamo rimandare a domani?»

Il figlio di Ares assottigliò lo sguardo.

«Quando Zeus ti scaglierà contro un'idra tu cosa gli dirai? "Oh, non oggi, oggi piove!"» pronunciò l'ultima frase con un orribile falsetto che non gli apparteneva.

Il riccio sbuffò sconfitto e lo seguì. 

Camminarono rasente i muri delle camerate, fino ad arrivare al circuito di addestramento della corsa a ostacoli. Federico restò sotto la tettoia spiovente dell'ultima camerata e spinse Michael sotto la pioggia. Il riccio barcollò e si fermò giusto in tempo per non inciampare nei suoi stessi piedi.

«Devi fare tutto il circuito in massimo sei minuti» urlò Federico per farsi sentire dall'altro nonostante lo scrosciare impetuoso della pioggia.

Un fulmine rischiarò il cielo e Michael sobbalzò.

«Ma sei pazzo? È impossibile!»

«Io lo faccio in tre minuti è mezzo, quindi datti una mossa!»

«Che succede se non ci riesco?»

Federico ci pensò.

«Lo rifarai finché non ci riuscirai.»

«E se non dovessi riuscirsi oggi?»

Il tatuato sbuffò annoiato.

«Farai cinquanta addominali e andrai a dormire, poi ci riproverai domani.»

«Sei cattivissimo» sbottò il riccio.

«Muoviti. Prima cominci e più possibilità hai di risparmiarti gli addominali.»

Michael sbuffò e, già zuppo, si avvicinò al primo di quella serie di ostacoli rudimentali disseminati per il campo. Contrasse il volto in una smorfia di dolore, poi sentì Federico dargli il via mentre faceva partire il cronometro.

Il riccio si fiondò abbastanza goffamente verso il primo ostacolo: era una bassa rete metallica orizzontale a maglie larghe sotto cui avrebbe dovuto strisciare per uscire. Non appena si inginocchiò e si sdraiò sotto la rete sentì il ciaf del fango sporcargli tutti i vestiti, il viso e finanche i capelli. Era altamente disgustato da quella cosa, ma non poté fare altro se non proseguire a strisciare sui gomiti per tutta la rete, incontrando non poche difficoltà perché il fango, laddove si posava, lo appesantiva notevolmente.

Finalmente uscì dalla rete e corse verso gli pneumatici: le sue scarpe erano pregne di fanghiglia e gli sembrava di avere due pesi di tre chili ai piedi. Saltò alla bell'e meglio tra gli pneumatici posti alternativamente e corse in seguito verso le corde tirate orizzontalmente. La pioggia gli rendeva tutto più complicato: non riusciva a vedere granché e sentiva la sua pelle diventare sempre più fredda ad ogni goccia che gli si posava addosso.

Cominciò a tremare leggermente per il freddo quando, finite di saltare tutte le corde, si catapultò contro l'enorme struttura in legno da scavalcare. Iniziò ad arrampicarsi sotto il sorriso sardonico di Federico, ma posò male il piede destro e scivolò, battendo a terra la schiena. L'impatto gli tolse il respiro per un secondo e mezzo. Fortunatamente non era salito troppo in alto e perciò riuscì a rialzarsi e riprovare, nonostante la schiena dolorante. Salì alternando mani e piedi, ma una volta in cima non aveva la più pallida idea di come scavalcare e passare dal lato opposto per ridiscendere. Tentò vari appigli, poi finalmente riuscì a portare la sua lunga e goffa gamba dall'altro lato e a ribaltarsi. Scese rapidamente la struttura e anche qui scivolò agli ultimi tre gradini. Atterrò malamente e avvertì un lancinante dolore alla caviglia destra. Lanciò un urlo e portò le mani laddove avvertiva la fitta.

Federico corse verso di lui e andò a recuperarlo, nonostante odiasse doversi bagnare e sporcare tutte le scarpe di fango.

«Dai vieni.»

Lo tirò su un po' bruscamente e lo fece poggiare al suo corpo. Michael zoppicò aggrappato a Federico finché non raggiunsero la stanza del riccio nella casa di Ade. Il tatuato spalancò la porta e fece distendere Michael sul letto, noncurante del fatto che fosse tutto sporco di fango. Il riccio avvertiva un dolore fortissimo che gli fece salire le lacrime agli occhi, ma per dignità - se ancora un po' ne aveva - si trattenne bene dal mettersi a piangere come una ragazzina.

Federico non disse nulla, ma il riccio notò quanto fosse scazzato ad ogni movimento: gli sfilò la scarpa e il calzino e gli arrotolò i pantaloni al polpaccio. Il figlio di Ade guardava la sua caviglia che si stava gonfiando mentre Federico andava a recuperare del ghiaccio dalla cassetta di Pronto Soccorso situata nel bagno della camerata.

Il tatuato aprì l'armadio e recuperò una t-shirt bianca del riccio che avvolse attorno alla tavoletta blu di ghiaccio. Poi accostò l'oggetto alla caviglia di Michael, il quale sobbalzò per il contatto improvviso con quel freddo.

«Sei proprio un casino» affermò Federico con un tono di voce annoiato e scostante.

Seguirono dei momenti di silenzio in cui entrambi guardarono a terra.

«Mi dispiace» sussurrò Michael sull'orlo di una crisi di pianto.

«Tieni questa ancora per un po', poi va' a dormire. Per oggi ti risparmio gli addominali, ma domani riprendiamo.»

Michael non ebbe neppure il tempo di annuire, ringraziarlo o augurargli la buonanotte perché Federico era già andato via sbattendo la porta alle proprie spalle.




ANGOLO AUTRICE

Ma questa cacchio di giraffa, ma che combina? :V io la corsa a ostacoli la facevo a dieci anni a occhi chiusi, PFT. No vabbé, mi dispiace trattarlo male, ma c'est la vie. Ma Fede pure è un po' freddino, diciamo che perde subito la pazienza, ecco. Bisogna dire che gli epiteti che Fede dà a Michael sono so cute.

Ringrazio quelle meravigliose persone che hanno stellinato/commentato lo scorso capitolo! <3

Vi addoro (cit. uno a caso) <3

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