Addestramento alternativo

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Michael entrò con rabbia nella sua stanza vuota e sbatté la porta prima di gettarsi sul letto e affondare la testa nel cuscino. Piangeva solo lacrime di rabbia, perché anche quella volta non era stato capace di difendersi ed era risultato per l'ennesima volta debole. Già, glielo aveva detto anche Federico.

Tu sei debole.

Prese varie volte a pugni il cuscino e si fermò solo quando i singhiozzi scossero il suo corpo in una maniera troppo forte. Si ripulì il volto dalle lacrime e afferrò la sua valigia riposta sotto il letto: voleva andarsene, e aveva intenzione di farlo subito. Aprì l'armadio scuro e afferrò rapidamente e alla rinfusa i pochi abiti che nella fretta aveva portato con sé. Li ripose malamente nella valigia proprio quando sentì la porta della camerata aprirsi.

Chirone - conoscendo i suoi polli - aveva raggiunto Michael e la sua figura ora si stagliava imponente sull'uscio della porta.

«Cosa stai facendo?»

«Me ne sto andando» disse il ragazzo in un tono che non ammetteva repliche.

Il centauro stette un po' in silenzio, poi con una manata afferrò la valigia e la sottrasse alla vista di Michael, che lo guardò incredulo.

«Ti stai davvero arrendendo adesso? Per una cosa così stupida? Federico è solo un bulletto, cosa farai quando ti troverai di fronte i veri mostri?»

«Non hai mai pensato che magari non sono fatto per affrontare i veri mostri?!» Sbottò il ragazzo allargando le braccia. «Magari questa non è la mia strada!»

«Qual è la tua strada, Michael, lo sai?»

Il riccio si ammutolì e guardò a terra, poi si mise a sedere sul letto.

«La scuola non fa per te, lo hai visto. Ora stai provando questo nuovo percorso, non arrenderti così presto. Ci sono ancora tantissime cose da fare, migliorerai, io ne sono sicuro. Io credo in te.»

Il ragazzo rialzò lo sguardo su Chirone, incredulo per ciò che aveva appena sentito.

«Ti deluderò» gli sussurrò.

«Se dovesse succedere, pazienza. Però voglio che ci provi ancora.»

Michael si morse le labbra, poi annuì. Il centauro gli diede una pacca sulla spalla e lo lasciò da solo. Seppur contrariato, il riccio dovette disfare di nuovo i bagagli e riporre tutto nell'armadio - perlomeno aveva una scusa per non mettere ancora il naso fuori dalla casa.

Non ci fu bisogno, comunque, di uscire dalla camerata. Mentre sistemava i suoi abiti, infatti, Federico entrò a sorpresa nella stanza del riccio. Questo sobbalzò nel vedere la sua figura e sgranò appena gli occhioni dalle ciglia lunghe. Nella testa di Michael si susseguirono almeno un centinaio di motivi per cui Federico fosse di fronte a lui in quel momento, ma quello che prese il sopravvento fu che forse il figlio di Ares non aveva ancora terminato di umiliarlo.

«Ehi.»

Dal tono di voce pacato Michael si calmò appena, ma non ricambiò il saluto e rimase in silenzio per incitarlo a proseguire. Federico si guardò attorno imbarazzato prima di cominciare a parlare, poi sbuffò.

«Senti io non voglio chiederti scusa, cazzo» il suo tono mostrò improvvisamente una punta di rabbia e fastidio. «Però Chirone mi ha praticamente obbligato a fare la pace con te, neanche fossimo bambini di due anni.»

Michael lo guardò male.

«Io penso davvero quello che ti ho detto, e cioè che sei debole. Dai, non sei capace a fare nulla!»

Per Michael quello fu abbastanza.

«Se sei qui per continuare ad insultarmi, puoi andartene adesso!» Sbottò.

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