Eloise - Figlia di una schiava

By NonEsisteNome

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Quando sei una schiava, nulla è facile. Gestire la tua vita diventa tremendamente complicato, soprattutto qua... More

Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Capitolo XXX
Capitolo XXXI
Capitolo XXXII (Parte I)
Capitolo XXXIII (Parte II)
Capitolo XXXIV
Capitolo XXXV
Capitolo XXXVI
Capitolo XXXVII
Capitolo XXXIX
Capitolo XL

Capitolo XXXVIII

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By NonEsisteNome

Ero in una piccola casa, con poche stanze e le pareti colorate, com'erano sempre piaciute a me. Le finestre avevano i davanzali colmi di fiori, le tendine bianche terminanti in pizzo e qualche raggio di sole filtrava dai vetri. La sensazione di poter stare sotto la luce del sole senza ridurmi in un mucchietto di cenere era da un po' che non la provavo. Ed era bella. Mi faceva sentire viva, forse come non lo ero mai stata. Non ci soffermiamo mai a pensare alle cose belle della vita, non ci rendiamo conto di quanto la semplicità possa valere più di qualunque altra cosa. Ci accorgiamo di essere circondati da beni preziosi solo quando, oramai, li abbiamo persi. Come il sole, nella banalità quotidiana potrebbe apparire come colui che ci illumina e riscalda le nostre giornate. Ma qualcuno di noi ha mai pensato a quanto sia importante? Tutto, poi, diventa effimero e sembra sfuggire alla portata delle nostre menti.

Nella stanza nella quale mi trovavo vi era un piccolo tavolo, su di esso una brocca in vetro con dei fiori freschi, sembravano appena colti. Margherite, girasoli, primule e tulipani. Era la casa di campagna, semplice e rustica che avevo sempre desiderato. Abituata a vivere in una villa, tutto ciò che sognavo era un ambiente piccolo, naturale, ma accogliente, nel quale potermi sentire davvero a casa e non dispersa, una fra tanti in una dimora troppo grande.

Decisi di uscire in giardino. Dalla porta pendeva un acchiappasogni con le campanelle, ornato di piume colorate. Quando varcai la soglia, si estese davanti a me una piccola distesa verde, non troppo grande, al cui centro vi era un albero di ciliegio maturo.

I fiori erano magnifici, punteggiavano il prato di mille colori. E all'ombra della chioma del grande ciliegio, era stesa una donna. I capelli biondi svolazzavano al vento e sapevo benissimo di chi si trattava. Mi avvicinai e mi chinai in ginocchio, fino a raggiungere la sua stessa altezza. Fra le mani aveva un cestino di vimini, dal quale proveniva un certo profumino. «Ciao mamma», la salutai, scoccandole un bacio sulla guancia.

«Ho preparato per te una crostata, una crostata alla marmellata di ciliege, le stesse colte da questo albero.» Era radiosa e felice, come l'avevo vista poche volte. Era così allegra solo quando le cose andavano davvero bene. Indossava un magnifico abito color pesca a fiori, che si abbinava perfettamente all'intero contesto.

«Grazie mamma.»

Mi prese il viso tra le mani, cominciando ad accarezzarmi le goti rossastre. «Tesoro, devo dirti una cosa», annuii pronta ad ascoltarla «Io adesso devo andare, ma tornerò. Te lo prometto.»

«Dove vai, mamma?» ero tranquilla, leggera, per nulla agitata. Nel mio animo sapevo che quella fosse la cosa giusta, ne ero certa e quindi stavo bene. Non temevo di rimanere da sola, non temevo nemmeno che lei sarebbe andata via e non l'avrei più rivista. Tanto sarebbe tornata. Ed ero certa che sarebbe stata bene.

«Non lontano da te, non temere. Ma io torno presto», adagiò il cestino sulle mie ginocchia e da lì presi un pezzo di crostata, già tagliata, e lo addentai. Si alzò e andò via, tenendomi la mano. «Tornerò presto, tesoro» e mentre continuava a stringere la mia mano, vidi la sua figura diventare fioca fino a scomparire.

Nello stesso istante aprii gli occhi e tornai alla realtà. E nella realtà mia madre non c'era.

Ma come nel sogno, adesso stavo bene, non mi sentivo più triste e malinconica perché ero certa che mia madre vivesse meglio, lontano da questo posto, ovunque lei fosse andata.

Eravamo lontane, ma non con il cuore. E all'improvviso mi sentivo incredibilmente leggera e serena, come se tutto il male che prima si trovava dentro di me fosse all'improvviso scomparso. Lei viveva bene e non mi avrebbe abbandonata. Lei sarebbe tornata.

Era il giorno prima del matrimonio, Luke doveva essere molto indaffarato poiché quella mattina non lo vidi in casa. Di solito quando ci si sposa si dovrebbe essere emozionati, agitati, euforici. Immagino si provino mille sensazioni nello stesso momento. Chissà Luke cosa provava, chissà cosa sentiva in quel cuore da vampiro.

Passai un po' di tempo a parlare con le gemelle, avevo trovato in loro davvero due amiche, stranamente erano così gentili che stentavo a riconoscerle.

Quando venne pomeriggio, poi, erano tutti talmente impegnati a misurare i vestiti per l'ultima volta, ad accertarsi che il bouffet per il giorno dopo fosse sistemato e che in chiesa ci fossero gli appositi fiori, che io non trovai nulla da fare e decisi di uscire in giardino per una passeggiata. Il sole del mio sogno era sparito, sostituito invece da nuvole nere che oscuravano il paesaggio e che annunciavano l'arrivo di un tremendo acquazzone.

Il boschetto era il mio posto preferito, anche se non mi era concesso addentrarmi lì dentro, così mi limitai a sedermi sul mio solito cespuglio, all'entrata.

Poco dopo vidi una chioma bionda dirigersi nella mia direzione e riconobbi subito Luke. «Stanco?», gli domandai, ancor prima che lui potesse sedersi accanto a me.

«I matrimoni sono stressanti. Sposati solo per amore, non farlo mai perché devi», rispose e mi venne da sorridere in maniera isterica. Cos'era quella, una lezione di vita?

«Questo sarebbe il tuo consiglio?»

Il vampiro annuì e mi circondò le spalle con un braccio. «Sì, dai, prendilo pure come un consiglio da parte di una persona che tiene a te.»

«Tanto io non mi sposerò», dissi sicura di me, tutto d'un fiato. Era vero. Nella mia prospettiva di vita il matrimonio non rientrava, non lo avevo mai immaginato, perché non era una tappa che avevo preso in considerazione.

«E perché mai?» sbottò osservandomi accigliato e confuso.

«Sposati solo per amore, lo hai detto tu, non ricordi? C'è già una persona che amo e non potrò sposarla», adesso ne ero certa. Avevo la conferma di ciò che provavo e non avevo più paura di dirlo.

Quando cambiò discorso, ci rimasi un po' male, avrei preferito un "ti amo anch'io", anche se in tutta quella situazione non avrebbe affatto avuto senso. Beh, pazienza, perché quello che mi propose fu anche meglio. «Ricordi quando ti avevo detto che ti avrei portata a vedere il mare d'inverno?»

«Mi avevi detto che saremmo andati insieme quando fosse stato brutto tempo...» il mio Mondo era così cambiato in pochissimo tempo. «E che non lo avresti fatto per me.»

«Adesso però lo faccio per te. Per me. Per entrambi», affermò, abbracciandomi.

Le gemelle mi prestarono un jeans e una maglia per uscire. Possedevo pochi vestiti, usati e rovinati e non ce n'era nemmeno uno adatto ad una semplice uscita. Io stavo sempre in casa, quindi tutto ciò che mi serviva era la divisa da lavoro; in più avevo il vestito di mia madre e adesso quello per il matrimonio.

Uscimmo di casa e salimmo, ovviamente, su una delle tante limousine. Avevamo anche l'autista, spesso era Luke a guidare, ma quel giorno voleva passarlo interamente con me e ci teneva che stessimo bene, rilassati e ci godessimo ogni singolo attimo.

Nei sedili posteriori trovai già diversi pacchi di patatine e panini, teli da spiaggia, ombrellone e finanche gli occhiali da sole, le ciabatte per il mare, il salvagente a ciambella, il secchiello, la paletta e diverse cose che chiunque va al mare porta con sé. «Cosa dobbiamo farci con tutta questa roba?» domandai guardando il tutto allibita e trattenendo una risatina.

«Stiamo o non stiamo andando al mare?»

Roteai gli occhi. «Sì, okay, ma non è estate. Non c'è il sole. Non stiamo davvero andando a trascorrere una giornata in spiaggia.»

«Questo lo dici tu», ribatté il biondo, rilassando le gambe e socchiudendo gli occhi. Aveva qualcosa in mente, lo capii dal sorrisino beffardo e soddisfatto che gli comparve sul viso. Ed ero contenta, la sua imprevedibilità mi sorprendeva ogni volta.

Guardai il paesaggio, il modo in cui cambiava a mano a mano che ci avvicinavamo al mare. Pian piano, le querce, i pini, i ciliegi, le betulle, lasciavano spazio alle palme e ai fiori colorati, che nonostante non fosse più estate, si mantenevano comunque bene. Il cielo continuava ad essere grigio, non un filo di sole, ma dall'aria - anche se non potevo toccarla, soltanto vederla dal finestrino - potevo comprendere che ci stavamo avvicinando ad una zona di mare.

Quando poi scorsi la spiaggia, la sabbia, il mare e le onde che si infrangevano sul bagno asciuga, i miei occhi si illuminarono. Finalmente. Questo era un posto che avevo visto solo in fotografia, non ero mai stata al mare, ma era uno dei miei tanti sogni poter prendere il sole sdraiata, con un buon libro e le cuffiette nelle orecchie. Ora non lo avrei più potuto fare, mi sarei dovuta godere il mare solo d'inverno, quando fosse stato possibile.

Luke prese gli occhiali da sole e li mise sugli occhi, poi si sfilò i pantaloni rimanendo con un ampio costume a metà coscia e una camicia a maniche corte, con delle palme disegnate, che non chiuse del tutto. Sulla testa indossava un cappello di paglia: aveva l'aspetto di un diciottenne che stava andando a mare con gli amici, a trascorrere una giornata divertente. E invece, lui il giorno dopo si sarebbe sposato. Io ero intrappolata in una gabbia di polvere e di maltrattamenti, ma lui era intrappolato in un castello di lusso e di cristallo, che stava per crollargli addosso, costringendolo ad un urto contro una realtà alla quale non era ancora pronto. Le apparenze possono far credere che le differenze sociali servano a creare anche una distinzione tra felicità e tristezza, ma le catene d'oro, talvolta, fanno più male di quelle d'acciaio. 

«Gaspar, fai pure ciò che vuoi, l'importante è che tu vada via di qui», si raccomandò con l'autista che annuì più volte. A lui cosa poteva mai importare di noi e di ciò che avremmo fatto? L'unica che si sarebbe infuriata, se lo avesse scoperto, era Agatha, ma la donna era troppo impegnata fra parrucchieri ed estetisti, quel giorno.

Luke mi prese per mano e ci incamminammo verso la spiaggia. I piedi affondavano nella sabbia, soffice, morbida, conteneva mille misteri. Lì sotto probabilmente si nascondevano pietre, conchiglie, rametti, rimasugli di persone troppo scostumate, la distesa sabbiosa poteva essere tanto uno scrigno contenente un tesoro prezioso, quanto un deposito di spazzatura.

Solo dopo essere arrivati a pochi passi dalla riva, il biondo si fermò e piantò l'ombrellone nella sabbia. Poi aprì le due sdraio, vi mise i teli, poggiò il resto delle borse sotto l'ombrellone e si tolse anche la maglia, rimanendo solo con i pantaloncini del costume. «Cosa fai?», gli domandai, guardando imbambolata il suo fisico perfetto. La pelle era marmorea, tanto da sembrare ghiaccio e il corpo era mascolino, scolpito, ma non eccessivamente. Al punto giusto per una figura piuttosto esile.

«Dai, spogliati!», mi invitò ed io guardai il mio abbigliamento. Scarpe da ginnastica, jeans skinny, una t-shirt a righe blu e bianche. In fondo, non era poi così male.

«Non ho il costume.»

«Tranquilla, te l'ho portato io, dovrai solo indossarlo.» Nonostante le mie svariate proteste, alla fine riuscì a convincermi. Ai piedi misi finanche quelle bizzarre infradito, poi finalmente potei stendermi accanto a lui per prendere la fredda aria di novembre. 

Ancora non mi ero soffermata a guardare il mare. Ora potevo farlo. Era una tavola dalle tonalità del blu e dell'azzurro più belle, le onde partivano da lontano e si concludevano sulla riva in una bianca schiuma. In fondo potevo scorgere l'orizzonte, la linea immaginaria che divide il mare dal cielo. Io mi sono sempre trovata lì, sull'orizzonte, in bilico, alla ricerca di un equilibrio sconosciuto. Ho sempre vissuto non sapendo cosa ne sarebbe stato della mia vita, sarei potuta morire da un giorno all'altro, ma non mi faceva alcun effetto tutto ciò. Non avevo paura della morte, avevo imparato ad apprezzarla.

«Allora, cosa ne pensi di questo mare?» mi domandò Luke, scuotendomi dai miei pensieri.

Un'immensa, interminabile, infinita distesa di blu. No, blu è fin troppo riduttivo, oserei dire, sfumature. Il mare era come la tavolozza di un pittore che ha scelto tutte le tonalità di azzurro esistenti e le ha mescolate tra di loro. Indefinito. Le parole non basterebbero, ma proverò a spiegarmi. Lì sotto, sotto quell'acqua cristallina, si celano segreti che non sono conoscibili. Il mare nasconde, copre e riveste, ti avvolge, completamente. Rapisce il tuo sguardo ed apre i tuoi sensi: sono tutti in allerta, pronti a scattare. La vista, per innamorarti di ogni onda che si infrange sulla sabbia. L'udito, per lasciarti trasportare da suoni profondi e melodici. Il gusto, quando l'acqua salata tocca la bocca e pizzica leggermente, ma senza causare alcun fastidio. L'olfatto, per assaporare odori freschi e dolci al tempo stesso. Il tatto, per lasciarti cullare da un'acqua gelida e carica di mistero. Il mare è troppe cose, che la percezione umana non riesce a cogliere nella loro più vasta interezza.

«È una delle cose più belle che io abbia mai visto» ammisi, in totale estasi «Mi trasmette pace, calma, serenità, mi fa stare bene. Sembra che mi parli, se stai in silenzio ed ascolti il rumore del mare ti sembrerà di sentire dei suoni magici. Devi andare oltre i tuoi limiti per riuscire a capirli. E a te, a te piace il mare?»

«Sì», mi passò la crema solare, facendomi cenno di metterla. «Voglio vivere una giornata di mare come si deve. Vuoi sapere cosa penso del mare, quindi?» annuii e lo feci voltare, posizionandomi dietro di lui per potergli spalmare bene la crema sulla schiena - voleva che io stessi al gioco, che fingessi insieme a lui di essere al mare d'estate, come una persona normale. «Il mare è un posto così misterioso, magari per alcuni spaventoso, ma io credo che lo sia, non sai mai quali segreti nasconde. Non fraintendere, è proprio per questo che io lo trovo esageratamente affascinante. La mia vita si è costruita sulle apparenze. Il mare non ha bisogno di apparire, lui è meraviglioso e basta nella sua più totale naturalezza e semplicità. È la forma d'essere più pura che io conosca. A volte, penso che lui viva più di chiunque altro.»

Dopo che ebbi finito di spalmargli la crema solare su tutto il corpo, sentii le sue mani agire sul mio in maniera troppo abile e sensuale, tanto da mettermi in soggezione. Mi faceva stare bene con il solo e semplice tocco, provocando delle scosse in tutto il mio corpo. Mi massaggiò la schiena, le spalle, le clavicole, le gambe, in poco tempo mi ritrovai cosparsa di crema e quando arrivò al viso, mi baciò intensamente sulle labbra.

Dimenticate i baci casti, io e lui avevamo la possibilità di assaporarci poche volte ed ogni volta lo facevamo in maniera vorace, passionale e desiderosa, come se quei baci fossero per noi l'unica fonte di nutrimento.

In tutto il pomeriggio, parlammo tra di noi, ascoltammo la musica, facemmo lunghe passeggiate e mangiammo finanche dei ghiaccioli alla menta. Costruimmo castelli di sabbia, fosse in cui sotterrarci e piscine con l'acqua. Rimanemmo stesi a prendere l'ombra, con il freddo che ci pizzicava la pelle. Ci baciammo continuamente, Luke scattò delle magnifiche fotografie e la mia prima giornata di mare, fu senza dubbio la più bella, quella che avrei ricordato per tutta la vita.

Con i cappelli di paglia sulla testa e gli occhiali da sole sugli occhi, il corpo pieno di crema e le ciabatte da spiaggia, vivemmo un vero e proprio giorno di mare. Il sole non c'era, non era estate ma inverno e faceva freddo. Eppure era bello anche così, il mare d'inverno. Rispecchiava i colori cupi del cielo e con le onde rifletteva la tempesta in arrivo, ma proprio per questo aveva una magia particolare.

Mi divertii molto a giocare con Luke a racchettoni e a pallavolo sul bagnasciuga, per poi cadere a terra e rotolarmi nella sabbia, accompagnata da lui e dalle nostre risate che si fondevano. Non ero mai stata così bene.

«Che c'è?», mi domandò, mentre eravamo sdraiati sulla riva con i piedi nell'acqua. Stavo guardando il cielo e le sue forme, i suoi colori, il modo in cui si specchiava nel mare.

«Nulla» risposi semplicemente, scrollando le spalle «Mi piace solo guardare il cielo e trovare delle forme alle nuvole.»

«E cosa vedi, nelle nuvole?»

Ne indicai una, molto grande, che secondo me era quella che copriva buona parte del sole. «A te quella non sembra una nave? Questa nave, che oscura il sole, lo nasconde e lo trasporta lontano.»

«Hai molta immaginazione», ridacchiò. Sì, a volte sapevo giocare molto con la fantasia, mi faceva tornare bambina, a quando tutta la mia vita e la mia condizione mi sembravano un gioco. Nonostante fossi stata istruita a lavorare sin da piccola, allora vivevo tutto con spensieratezza e serenità. Quando avevo un po' di tempo, mi sedevo sul davanzale della finestra o sul cespuglio in giardino e guardavo il cielo. Potevo passare ore ed ore così, ma solitamente qualcuno veniva a chiamarmi dopo mezz'ora, interrompendo tutta quella magia.

Con la mano, circondai un polso di Luke e con le dita salii fino al suo indice, stringendolo fra i polpastrelli. Lo spostai fino a tracciare i contorni di un'altra nuvola, non troppo lontana dalla precedente. «Questa, invece, a me sembra una ballerina.»

«Anne da bambina voleva fare la ballerina, mia madre le ha fatto seguire dei corsi di danza e fino a pochi anni fa li frequentava ancora» cominciò a raccontare. Forse avrei saputo qualcosa in più sull'altra gemella. Pur vivendo nella stessa casa ed essendo cresciute insieme, molto dettagli mi sfuggivano. «Era brava, sono andato a vedere tutti i suoi saggi. Lei e l'insegnante si sono conosciuti e innamorati, era un bel giovane, ma non era ricco, non apparteneva a una famiglia nobile ed era un umano che possedeva i soldi necessari per sopravvivere e da versare a noi vampiri» guardò il cielo con insistenza, come se cercasse di individuare qualcosa «Anne non frequenta più quella scuola di danza, quando il ragazzo ha provato a cercarla, Agatha non ha perso tempo a farlo fuori; era solo un ostacolo. E ovviamente il sogno di mia sorella di diventare una ballerina è andato in frantumi e l'ostacolo è stato tolto di mezzo.»

«Mi dispiace, per loro non dev'essere stato facile», mormorai.

Questa volta fu Luke ad afferrare la mia mano e a risalire fino a raggiungere l'indice, con il quale mi spinse ad indicare una nuvola. «Lì, invece, credo ci sia un cuore.»

«Già, lo vedo anch'io!» affermai entusiasta, finalmente anche lui era andato oltre i suoi orizzonti e aveva visto qualcosa che magari non esisteva nemmeno. Per poter viaggiare con la fantasia, bisogna uscire dagli schemi mentali e osservare le cose da un'altra prospettiva.

All'improvviso mi afferrò per la vita e, senza darmi il tempo di capire cosa stesse accadendo né di ribellarmi, mi gettò in mare. Fu un attimo, l'acqua completamente ghiacciata colpì il mio corpo e poi anche Luke mi raggiunse, immergendosi completamente.

«Sei un pazzo, un pazzo, un pazzo!» strillai, schizzandolo. Stavamo facendo il bagno in pieno inverno, a novembre. Solo due folli potevano fare una cosa del genere. E se qualcuno ci avesse visti, cosa avrebbe pensato di noi?

«Siamo vampiri, non dirmi che ti spaventa un po' di freddo? Inoltre siamo immuni alle malattie.»

A volte dimenticavo che cosa ero diventata. L'avevo dimenticato anche quel giorno, fino a non rendermi conto che il contatto dell'acqua ghiacciata con la mia pelle mi piaceva. Si sposavano alla perfezione, entrambi erano gelidi e il freddo non mi dava fastidio, sembrava invece essere parte del mio corpo, la parte che più amavo. Strano come, in pochi mesi, il caldo fosse diventato il mio acerrimo nemico e il freddo, invece, il mio compagno di vita.

In ogni caso, Luke mi strinse a sé, dandomi la possibilità di scaldarmi fra le sue braccia. Anche se stavo bene, non persi tempo a rannicchiarmi contro di lui e a ricambiare quel meraviglioso abbraccio, perché sapevo che sarebbe stato uno degli ultimi.

«Come sei riuscita a cambiarmi così tanto? Cos'hai fatto?» sussurrò al mio orecchio.

«Non lo so» dissi piano, felice della sua rivelazione «Ma mi piace», non sapevo perché entrambi stessimo parlando a bassa voce, ma i nostri respiri erano caldi e al tempo stesso irregolari.

«A me no, ma me lo farò andar bene.» Rise e capii che in fondo, tentava soltanto di fare il duro, ma il Luke che era diventato gli piaceva, anche se un po' lo spaventava.

Le nostre labbra si unirono in un bacio tutt'altro che casto. Mi portò giù, continuando quel gesto sott'acqua, al sicuro da sguardi indiscreti. Non che nei paraggi ci fosse qualcuno, ma certe cose sono fatte per rimanere soltanto nei ricordi di chi le vive. Si tende a nasconderle, a non mostrarle alla luce del sole, a viverle nel cuore e solo con la persona che si ama.

I nostri corpi si unirono ancora una volta, i nostri sguardi si fusero, le nostre bocche combaciarono alla perfezione, avide di assaporarsi, mentre le nostre mani toccavano ogni singolo centimetro del corpo, ansiose di poterlo conoscere nella sua pienezza e desiderose di non perderlo mai. I cuori ormai morti di due vampiri, battevano come non avevano mai fatto prima, il ritmo era regolare e sincronizzato, le mie dita s'intrecciarono fra i suoi capelli e poi nella carne delle sue spalle, fino a lacerarla, provocando delle ferite. Eppure, il suo tocco era una carezza delicata, capace di avvolgermi il corpo con dolcezza e di farmi sentire al sicuro, sotto dita che non mi avrebbero ferito, ma che avrebbero ricucito delle fratture ancora aperte che non ero in grado di affrontare da sola. Addirittura, riuscivo a provare un piacere che finalmente mi invadeva completamente. 

Il giorno dopo Luke si sarebbe dovuto sposare e adesso stava facendo l'amore con me.

Cosa c'era di giusto in tutto ciò? Nulla. Ma chi ha detto che l'amore è giusto? Chi ha mai detto che l'amore è facile? Nell'amore non esiste giusto e sbagliato, l'amore riesce a risucchiarti senza darti il tempo di respirare, eppure ti fornisce tutta l'aria di cui hai bisogno per assaporare ogni singolo, intenso, istante di felicità.

Quando esausti, ci abbandonammo nudi e bagnati sulla sabbia, ridendo felici come due bambini, Luke mi coprì completamente con il suo corpo e mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, accarezzandomi il viso.

«Ti amo», quelle due parole arrivarono all'improvviso e quando le sentii, stentai a crederci.

«Ti amo anch'io.»



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