Eloise - Figlia di una schiava

Por NonEsisteNome

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Quando sei una schiava, nulla è facile. Gestire la tua vita diventa tremendamente complicato, soprattutto qua... Más

Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Capitolo XXX
Capitolo XXXI
Capitolo XXXII (Parte I)
Capitolo XXXIII (Parte II)
Capitolo XXXIV
Capitolo XXXV
Capitolo XXXVI
Capitolo XXXVII
Capitolo XXXVIII
Capitolo XXXIX
Capitolo XL

Capitolo XIV

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Por NonEsisteNome

Prima di cominciare con il capitolo, volevo fare una piccola premessa. "Eloise" è nata come una trilogia un paio di anni fa e un anno fa il primo libro è stato completato. Ho cominciato anche il secondo, ma dopo un po' di capitoli ho avuto un blocco e non sono più riuscita ad andare avanti. Ho deciso di revisionare tutta la storia da capo, ecco perché a voi appare completa quando in realtà non lo è. Il primo volume di Eloise conta in tutto 40 CAPITOLI! NON FINISCE COSÌ. Essendo questa una revisione, ho già detto un miliardo di volte che procederò con molta calma, prendendomi tutto il tempo di cui ho bisogno. Al momento mi sto dedicando completamente sulla trilogia "Dark Angel", di cui sto provando in tutti i modi a pubblicare anche il cartaceo. (Potete capire quanto io ci tenga!)
Posso anche scusarmi con voi per i ritardi, ma al tempo stesso non è esattamente così che la penso. Per me scrivere significa libertà ed io scrivo quando ne ho voglia, quando ho l'ispirazione, quando lo sento dentro di me. Scrivere sotto costrizione non ha senso, diventa quasi un lavoro. Io non scrivo per gli altri, scrivo per me stessa e lo faccio molto liberamente. La scrittura è la mia più grande passione da quando sono piccola, non un OBBLIGO! Potete non seguire più la storia, o me, odiarmi, segnalarmi, criticarmi. Non mi interessa. Io sono una persona sincera e quella che vi ho raccontato non è altro che la verità. Detto ciò, vi invito a smetterla con i mille commenti in cui scrivete "Aggiorna" (e non solo, molti di voi sfiorano i picchi della maleducazione), perché non serviranno a farmi aggiornare più velocemente. Spero di essere stata chiara. Buona lettura!




«Ciao». Una parola lieve, detta con voce roca. Vidi sbucare dal giardino una chioma bionda e due pozzi azzurri. Sorrideva ed era bellissimo, ma io dovevo scacciare quei pensieri su di lui.

«Salve» mormorai, si trattava del mio padrone e dovevo essere gentile. Ma feci un grande sforzo, sapevo che era venuto per portarmi al patibolo. «Immagino siate qui per la mia punizione.»

Scosse la testa e lo guardai perplessa, non capendo. «Credo tu ne abbia avuta abbastanza» si sedette accanto a me, il cespuglio era grande da poter ospitare entrambi. «Sono qui per rilassarmi un po'.»

«Se volete vado via.»

«No no, resta pure», ancora una volta rimasi sorpresa, ma non dissi nulla. Un momento del genere non sarebbe capitato di nuovo, per la prima volta nella sua espressione non vedevo cattiveria o malizia.

Il silenzio regnò sovrano, nessuno fiatava e la situazione cominciava a diventare imbarazzante. Lui rimase all'ombra, ben nascosto fra gli alberi. Come vampiro, non poteva trascorrere molto tempo al sole. Allenandosi aveva sviluppato una certa resistenza, ma si trattava di pochi minuti. Lo vidi sporgersi di più per assaporare la luce solare sulla pelle, socchiudere gli occhi e lasciarsi accarezzare dai raggi di fuoco.

«Cosa fate?» balzai, spaventata. Così si sarebbe ucciso. «In questo modo morirete» lo afferrai per un braccio con l'intento di trascinarlo via e lo vidi sorridere.

«A volte disprezzo il mio essere vampiro, sai? Ha un sacco di privilegi, ma anche milioni di difetti» credevo che invece la sua natura gli piacesse e anche tanto. «Non poter godere della luce solare, per esempio, è una tortura. Non sai quanto mi piacerebbe andare al mare.»

Conoscevo il mare solo in foto o cartoline, nessuno mi ci aveva mai portata, ma avevo una voglia matta di andarci. Mi sembrava un posto molto interessante. «Beh, in inverno il mare non va mica via» commentai «E comunque, nemmeno io sono mai stata al mare.»

La sua pelle cominciò a bruciarsi e così fu costretto a tornare da me, al sicuro. «Ci andiamo insieme, appena sarà brutto tempo. Che dici?»

Spalancai la bocca e poi gli occhi e forse emisi anche un verso stupito. L'aveva detto, l'aveva detto davvero? Andare insieme al mare, portare me al mare, farmi uscire. «Dite sul serio?»

«Beh, mi accompagnerai, chi lo sa che io non abbia bisogno di una schiava anche lì» mi fece l'occhiolino e sorrise ed era la prima volta che parlavamo in modo così intimo e naturale.

L'istinto agì da solo e mi ritrovai ad abbracciare il mio padrone e a toccare la sua pelle estremamente fredda. Era un abbraccio così bello, che lui non ricambiò né respinse, ma rimase totalmente sorpreso. «Grazie, grazie davvero.»

«Non lo faccio per te» sbottò. Ma non mi importava, avrei comunque visto il mare, che lo facesse per me oppure no non aveva importanza. Lasciai le sue braccia e mi soffermai a guardare il suo viso: era strano, quasi triste e malinconico.

«Voi non amate Odette» le parole mi uscirono di bocca da sole, senza che potessi rendermene conto. «Io... scusate, davvero.»

Tirò un lungo sospiro, mi stavo già preparando ad un rimprovero esemplare. «Hai ragione» rivelò invece. Ma che gli prendeva? Non era mai stato così clememte nei miei confronti. «Il cuore di un vampiro è chiuso, non può amare. Siamo fatti di ghiaccio, non vedi?»

«Sì, certo» affermai «Ma io penso che lei a voi non piaccia nemmeno, caratterialmente parlando. Non mi sembrate interessato.»

Mi guardò incuriosito, mettendomi in imbarazzo come sempre. «Come fai a sapere tutto ciò? Te l'ho per caso detto io?»

«Alcune cose si capiscono dagli occhi» sentenziai «Altre anche dal conoscere una persona da troppo tempo, tanto da imparare di lei ogni particolare.»

Emise una risata, quasi isterica e un po' divertita. «E tu credi di conoscermi bene? Non sai niente di me.»

«Non mi prenderei mai la presunzione di dire che vi conosco bene» avevo studiato quel vampiro per tanto tempo, in realtà lo conoscevo meglio di quanto entrambi potessimo immaginare. Lavoravo in quella casa da diciassette anni e lui aveva sempre catturato la mia attenzione. Eravamo cresciuti insieme, lo avevo osservato, guardato, avevo indagato la sua anima. «Ma con il tempo ho imparato a capirvi, ad osservarvi.»

Ancora una volta sospirò, quasi rassegnato e poi parlò, si aprì con me per la prima volta e rimasi ad ascoltare ogni sua parola. «Odette non mi piace. Certo, mi soddisfa sessualmente, è sexy, bellissima, è una vampira di buona famiglia, la figlia del capo del Gruppo dei Cinquanta. Ma è la persona peggiore che io conosca» era amareggiato, un senso di sconforto percorse anche me. Perché stava con lei? Perché aveva intenzione di sposarla? «Con lei non mi diverto, sto male. Si parla di cose sciocche, è così presuntuosa e viziata. Crede che il mondo sia concentrato nelle sue mani e che ogni attenzione le sia dovuta. Insomma, è davvero insopportabile.»

«Ho notato» commentai a voce alta. Avevo preso in antipatia Odette sin dal primo giorno in cui l'avevo vista, già il suo nome non prometteva nulla di buono.

«Ma mia madre vuole che io la prenda in sposa» continuò «Il nostro è un matrimonio combinato e deciso da un pezzo, ai nostri diciotto anni saremo marito e moglie. Che merda!» si lasciò sfuggire.

«Non dovete sposarla per forza se non volete.»

Mi guardò con tenerezza, quasi sorridendo. «Oh, Eloise, quante cose non sai» sospirò «Io voglio o non voglio, devo sposarla e basta. Purtroppo la mia vita va così e non posso fuggire. Non importa ciò che voglio io, tutto è basato sulle scelte di mia madre. È lei che pilota tutto», cosa stava facendo? Si stava confidando con me? Non potevo crederci.
«E se parlaste con vostra madre?» volevo davvero trovare una soluzione. Per lui, ma anche per me. Odette nei paraggi non l'avrei mai e poi mai voluta.

«No, non funziona così, te l'ho già detto, mia madre ha organizzato tutto e non le interessa ciò che voglio io» replicò «E Odette vuole sposarmi solo perché a lei conviene. Se mi azzardassi a dire di volere un'altra donna al mio fianco, lei potrebbe farmi uccidere all'istante.»

Rimasi senza parole. «Hanno tutto questo potere, lei e la sua famiglia?»

«E anche di più» concluse e poi si alzò, forse doveva sbrigare qualche faccenda. «Torna in casa, o mia madre si insospettirà. Oggi pomeriggio tieniti pronta, usciamo.»

«Torniamo all'Asta?» ero terrorizzata, l'ultima volta non era andata per nulla bene.

La sua risposta mi lasciò ancora una volta sorpresa e perplessa. «No, usciamo e basta. Ho bisogno di distrarmi e voglio portarti con me.»

Non mi diede il tempo di replicare,  scomparve e basta. Cos'era, quello, un tentativo di essere carino con me? Ne dubitavo, sapevo che sotto c'era qualcosa che non quadrava. In ogni caso non avevo tempo per pensarci, lui avrebbe agito nel modo più utile ai suoi interessi, quindi mi conveniva ubbidire ed evitare quanti più problemi.

Gli schiavi non sono stupidi come si crede in giro, molti di loro sono dotati di una finissima psicologia. Il mio quoziente intellettivo e la mia intelligenza erano abbastanza alti da farmi capire che, per quanto a volte potessi ricevere delle piccole gentilezze dai miei padroni, io rimanevo sempre una schiava e loro non tardavano a dimostrarmelo.

Quando tornai dentro casa, Bernadette mi comunicò che la padrona mi aspettava in camera. Le chiesi cosa volesse, ma non mi seppe rispondere.
Scrollai le spalle e salutai quella donna che per me, lì dentro, era come una seconda mamma.

Bussai alla porta della camera della padrona ed entrai solo dopo aver ricevuto il solito permesso.

Lei era distesa sul letto, con indosso soltanto la biancheria intima. Un reggiseno a balconcino, un perizoma di pizzo e la giarrettiera, ovviamente. Le spalle contornate da un boa di piume e Zach che le stava accanto, baciandole le spalle e il collo.
«Ben arrivata Eloise!» mi salutò radiosa e nel vederla in quelle condizioni provai sì, ribrezzo, ma anche un tremendo senso d'inferiorità. Vivevo in una casa di vampiri, creature immortali prive di impurezze e di imperfezioni, note – fra le tante cose – anche per la loro bellezza fuori dal comune.

Come potevo sentirmi io, inutile schiava e ragazza semplice, dal viso e dal corpo anonimi?

La vidi sorridere e fare cenno a Zach di alzarsi. Il ragazzo mi si affiancò e dai suoi movimenti capii una cosa: lui sembrava omosessuale e pertanto, fare da schiavetto sessuale ad una donna come Agatha doveva essere senza dubbio una punizione. Eppure si muoveva con scioltezza, sapeva cosa fare e aveva imparato il suo ruolo alla perfezione.

«Zach sa già perché siete qui entrambi» la voce di Agatha risuonò altezzosa nel silenzio della camera. «Non vi chiedo niente di tanto eclatante, solo uno spogliarello fra voi due.»

Niente di tanto eclatante? Dovevo spogliarmi insieme ad un perfetto sconosciuto, mostrargli il mio corpo nudo!

«Dobbiamo farlo per forza? Insomma, non c'è davvero altro che vogliate?»

La vampira dai capelli arancioni sembrò pensarci su qualche secondo, poi sorrise di nuovo con malizia. «No», risposta scontata, la immaginavo. «Sono stanca del sesso e delle solite cose. Oggi voglio provare qualcosa di nuovo e divertente e voi soddisferete i miei bisogni» ottima spiegazione, non faceva una piega. Gli schiavi servivano anche a questo, no?

Soddisfare i bisogni sessuali era il compito che svolgevo con più malavoglia. Non mi piaceva affatto e non lo trovavo nemmeno giusto. Solitamente non venivo usata come schiava sessuale, perché c'erano degli schiavi che svolgevano soltanto quella mansione, ma se i padroni volevano potevano chiamarmi in qualunque momento.

«Vi do giusto qualche minuto per consultarvi fra di voi, vado a fare un bagno veloce e poi voglio vedere il vostro spettacolino» annunciò prima di alzarsi. Perlomeno ci aveva lasciato del tempo per organizzarci, siccome non avevamo proprio avuto modo di parlare.

Quando la donna scomparve dietro la porta del bagno, guardai Zach supplice e lui sospirò. «Suppongo che tu non abbia mai fatto cose del genere» la sua voce era stridula e insopportabile proprio come quella di una ragazza. Io scossi la testa. «Come immaginavo. A me non piacciono queste cose, però so che devo farle e so che se voglio che la padrona sia soddisfatta e non rompa le scatole, devo farle bene.»

Cosa stava cercando di dirmi? Che dovevo impegnarmi? Che non potevo farlo finire nei guai? «Sì, lo so» risposi secca non sapendo cos'altro dire.

«Sappi che non ho alcuna intenzione di ripetere lo spogliarello né di fare altre cose con te o con lei. Quindi metti da parte la vergogna e impegnati» concluse e cominciava a starmi davvero antipatico. Finora aveva solo saputo comandare, decidere lui per gli altri, dettare leggi. Lo trovavo piuttosto insopportabile, nonostante il suo discorso, in fin dei conti, non facesse una piega.

In realtà non avevo idea di come avvenisse uno spogliarello e in che modo mi dovessi comportare, però ero troppo orgogliosa per chiedere informazioni a quell'insopportabile di Zach, così appena arrivò la padrona mi raddrizzai sulla schiena e decisi di seguire il mio istinto.

Indossava la sua solita vestaglia di raso, soltanto quella e con classe ed eleganza si stese sul letto, assumendo una posa sensuale. Le gambe accavallate, una mano sotto la guancia e l'altra reggeva i capelli ancora bagnati.

«Cominciamo» disse soltanto e vidi Zach raggiungere uno stereo che non avevo mai notato, fino ad allora. Quando lo accese, partì una di quelle tipiche canzoni da spogliarellisti esperti e mi sentii subito inadeguata.

Non volevo spogliarmi davanti a lui.

Il ragazzo cominciò a slacciarsi la camicia con la massima sensualità ed io lo imitai lasciando scendere le bretelle del vestito, fino a quando non cadde sul pavimento. Continuavo ad osservarlo e ad imitare i suoi movimenti, cercando di muovermi in maniera sexy, anche se quella per me era un'ardua impresa. Ero abituata a fare la schiava, a lavorare sodo, non a spogliarmi per degli spettatori.

Eppure Agatha sembrava entusiasta, urlava, batteva le mani e rideva come una pazza. Quando Zach passò ai pantaloni, capii che dovevo fare di più.
Mi sfilai la maglietta sempre con assoluta classe e lentezza, dalla testa e, come aveva fatto il ragazzo con i suoi pantaloni, la lanciai sulla padrona. Lei a quel punto si alzò in piedi sul letto, entusiasta e cominciò a slacciare i laccetti della sua vestaglia.

Zach si avvicinò a me, prendendomi per i polsi e facendo combaciare le nostre schiene nude. Che cosa voleva adesso? Non avevo alcuna intenzione di collaborare con lui. «Cosa fai?» borbottai vicino al suo orecchio.

«Oh, ma allora non sai proprio nulla!», si lamentò; beh, scusa se il mio compito non è fare la schiava sessuale come il tuo. «Quando Agatha si alza in quel modo e comincia a spogliarsi, vuole che i due collaborino a vicenda e siano completamente nudi come lei.»

«Cosa? Non ci penso nemmeno!» credevo che lo spogliarello si sarebbe limitato al rimanere in intimo, ma invece non fu così.

Il ragazzo intrecciò le sue mani nelle mie e cominciò a farle passare ovunque; sui nostri fianchi, sulle nostre gambe, sul nostro sedere.

Non potevo permettermi di mostrare a tutti il mio fondo schiena, era ridotto troppo male e me ne vergognavo molto.

Ben presto Zach lasciò le mie mani e con le sue percorse tutta la mia schiena, staccò i ganci del mio reggiseno e con tocchi sensuali cominciò a far scendere le bretelle. Beh, se fossi stata interessata al sesso, mi sarei data a lui senza dubbio. Ci sapeva fare davvero bene, con le mani, con le gambe e anche con i movimenti del viso. Sprizzava sensualità da tutti i pori, Agatha doveva averlo istruito bene.

Quando i miei seni furono ben in mostra mi vergognai davvero tanto, diventando rossa in viso. Odiavo essere vista in quelle condizioni dagli altri. Ma poi, quando le mani dello spogliarellista vi si adagiarono, cacciai un piccolo urlo e gli diedi qualche schiaffo facendolo tornare al suo posto. Lui lasciò subito la presa e mi ammonì con un ceffone sul sedere.

«Ma cosa fai!», urlai, con il nervosismo alle stelle. Non vedevo l'ora che tutto ciò finisse.

«Lavoro, semplicemente. E comunque, non ti disdegno affatto, sai» forse la sua era tutta apparenza. Quel ragazzo non era davvero omosessuale.

«Continuate, continuate» la mia attenzione ritornò sulla vampira, che ballava sul letto completamente nuda. Non avevo notato che si era tolta la vestaglia, troppo intenta ad ammonire il ragazzo dalle mani lunghe.
Agatha sembrava una dea. Con i capelli bagnati, la pelle marmorea e il fisico tonico. Non esisteva donna umana che potesse superare la sua bellezza.

Le mani di Zach si intrecciarono di nuovo alle mie e continuammo con le carezze, i movimenti di bacino e i tocchi sensuali. Poi, lui si sbilanciò abbassando leggermente l'orlo della mia mutandina. «Non farlo.»

«Devo o Agatha non sarà contenta» Agatha o tu?

«Non voglio mostrarvi il mio fondo schiena, lasciami in pace» protestai.

«Non essere infantile, Eloise.»

Cominciò così un battibecco continuo, io non avevo alcuna intenzione di mollare e lui nemmeno.

Qualcuno, però, mi salvò.

Ad un tratto la porta si spalancò, mostrando un Luke che andava piuttosto di fretta. Non appena lo vidi, mi imbarazzai e tentai di coprirmi con le mani. I suoi occhi si incollarono subito su di me, in fondo mi aveva già vista in quelle condizioni.

Sorrise appena per mettermi in soggezione, poi spostò lo sguardo sulla madre. «Madre!» esclamò, entrando nella stanza e richiudendo la porta. Zach spense la musica ed io raccolsi il mio vestito, coprendomi appena con quello.

Agatha non si smosse nemmeno, né si preoccupò di rivestirsi. «Luke!»

«Cosa fate?» domandò il vampiro biondo, ma la risposta era abbastanza ovvia.

«Mi rilasso» rispose lei semplicemente, come se quella fosse la cosa più normale del mondo. «Ti serve qualcosa?»

«Effettivamente sì, avrei bisogno di Eloise» uh, ma Eloise ero io. Non potevo crederci, per una volta aveva fatto qualcosa di buono.

La padrona si imbronciò. «E ti serve proprio ora che sta dando per me un meraviglioso spettacolino?»

«Sì, madre, è abbastanza urgente.»

Alla fine la donna acconsentì, promettendomi che avremmo continuato un altro giorno. Ma non ce n'era bisogno, andava bene così. «Vestiti, ti aspetto qui fuori!» mi avvertì Luke ed io annuì, contenta di poter indossare di nuovo i miei vestiti.

In poco tempo fui da lui e mi sentii in dovere di ringraziarlo. Anche se non lo meritava. «Vi ringrazio» mormorai appena, mentre ci incamminavamo per i corridoi.

«Perché?»

«Quel...» mugugnai un verso infastidito «Insomma, Zach, voleva togliermi le mutande nonostante io gli avessi detto di no» spiegai «Il mio fondoschiena è ridotto piuttosto male!» conclusi, in tono piuttosto accusatorio.

«Sciocchezze, sta guarendo!» In realtà non stava guarendo affatto. Avevo ancora le natiche martoriate e piene di ferite. «E comunque non mi sembrava ti dispiacessero le attenzioni di Zach.»

«Oh, ma cosa dite! Quel ragazzo è insopportabile!»

Luke ridacchiò, guardandomi divertito.

Quando arrivammo davanti alla sua camera lui aprii la porta, entrò e mi disse di seguirlo, poi la richiuse. Avevo dimenticato di chiedergli perché fosse venuto a prendermi già a quell'ora, così lo feci in quel momento. «Perché siamo qui? E perché siete venuto a prendermi?»

Lo vidi dirigersi verso l'armadio e prendere qualcosa. «Un piccolo cambio di programma, usciamo adesso. E non voglio che tu esca con quel coso indosso, ho preso in prestito qualcosa dall'armadio delle mie sorelle.»

Wow! Non avevo mai indossato abiti diversi, sempre le solite divise troppo corte e troppo brutte. Rovinate, usate, spesso macchiate. «E le vostre sorelle sono d'accordo?»

«Le mie sorelle non lo sanno e sono fuori per qualche giorno» Anne e Catherine erano andate a fare una piccola vacanza, di soli tre giorni, niente di che. Ma se lo avessero scoperto una volta tornate, non credo sarebbero state molto contente.

Decisi di fare al vampiro una domanda che mi balenava in testa già da qualche ora. «Perché volete che io esca con voi?»

«La verità?» io annuii, anche se avesse detto che voleva utilizzarmi come cane da passeggio, io sentivo la necessità di saperlo. «Ho voglia di uscire, ma non con Odette, mi annoio. I miei amici sono impegnati e sei rimasta soltanto tu.»

«Capisco» mormorai, mi aspettavo di peggio. In fondo preferivo essere la ruota di scorta piuttosto che il cane da passeggio.

Mi porse un paio di jeans con gli strappi sulle ginocchia, non ne avevo mai indossati ma immaginavo che fossero degli indumenti piuttosto comodi. Detestavo indossare continuamente la gonna e quando alla sera potevo mettere il pigiama per me era una grande felicità. Mi passò poi una canotta scollata, bianca e una camicia a quadri, da boscaiolo. Per i miei canoni, quel completo era bellissimo, abituata com'ero a vestire con il peggio del peggio.

Lo guardai, in attesa di altre indicazioni, ma non ne ricevetti alcuna. Fece un leggero sorriso, ma carico di malizia. «Puoi cambiarti.»

«Qui? Davanti a voi?» Non me lo aveva chiesto sul serio. Speravo non desiderasse davvero che io mi cambiassi davanti a lui.

«L'hai già fatto altre volte, è ancora un problema per te?» sì, lo era e anche tanto. Ogni volta facevo uno sforzo immane a mostrarmi nuda agli altri, con le mie svariate imperfezioni.

Sbuffai e rassegnata cominciai a sfilarmi il vestito e poi la maglietta, mentre lui mi osservava divertito dal letto. Ogni volta che mi vedeva, rimaneva con gli occhi fissi sul mio corpo, in ammirazione.
O forse ero io che mi sbagliavo, in fondo ne aveva visti tanti e di molto più belli.

Non ero la tipa da film mentali e non riuscivo a capire perché in quel momento ne stessi facendo su di lui.
Scrollai la testa, infilando i jeans e allacciandoli in vita. La taglia era giusta, a quanto pare io e le gemelle avevamo la stessa. E non mi ero sbagliata: i jeans erano davvero un indumento comodo.

«A cosa pensi?» la voce di Luke mi distolse dai miei pensieri, alzai la testa e mi coprii velocemente indossando la canotta.

«Come?» misi anche la camicia, che era davvero bella e poi le mie scarpe. Erano brutte, bianche e da lavoro, ma non avevo altro e dovevo accontentarmi.

«Ti ho vista scuotere la testa.»

«Oh, no, a nulla.. è stato un movimento spontaneo» risposi, non sapendo cosa dire.

Lui si arrese, prese il suo giubbino di pelle e le chiavi di una macchina. Di solito erano gli autisti a portare i Royalts ovunque, loro non guidavano. «Guidate?»

«Tutti sappiamo farlo, ma ci viene più comodo essere accompagnati» spiegò. Oh, wow, questa mi era nuova. «Oggi però guido io.»

«E dove andiamo?» chiesi con un leggero sorriso, quando uscimmo di casa.

«Andiamo ad una fiera.»

Una fiera? Non ci ero mai stata, ma ne avevo sentito parlare e sapevo che nelle fiere c'era di tutto, soprattutto in quelle londinesi.

Salimmo su una bellissima Ferrari rossa, che non avevo mai visto prima e subito Luke mise in moto, alla volta della città.

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