Mignoli |Fil rouge h.s #0.5|

By ghiacciobollente

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Infondo la vita, Vivienne, non l'ha mai saputa gestire NA: Prequel della mia storia 'Fil rouge'. More

Mirrors
Let her go
Wake me up when september ends
Beautiful
Try
Wings
Poison
Elastic heart
Human
All about you
Breakeven
21 Guns
Never say never
Madness
I miss you
Cosmic love
Creep
It Will Rain
Skinny love
Hold Me While You Wait
Unconditionally
Torn
Take Me To Church
Natural
I Hate Everything About You
Paralyzed
Love The Way You Lie (Part II)
Blue Jeans
Cinnamon Girl/Flashforward
Million Reasons
Let's Hurt Tonight
Naked
The Reason/Missing-moment
Us
Sign Of The Times/Epilogo
Trailer✨
Extra I
Extra II
Extra III

Give me love

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By ghiacciobollente

Venerate Ed Sheeran, caso chiuso!


Dammi amore, come lei
Perché ultimamente mi sveglio da solo
Il dolore spruzza lacrime sulla mia maglia
Ti ho detto che le avrei lasciate scorrere

E che avrei trovato il mio angolo
Forse stanotte ti chiamerò
Dopo che il mio sangue si sarà tramutato in alcool
No, voglio soltanto stringerti

Dammi un po' di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore

Dammi amore come mai prima d'ora
Perché ultimamente ne ho un bisogno disperato
Ed è passato un po' ma i miei sentimenti sono rimasti uguali
Forse dovrei lasciarti andare

E sai che troverò il mio angolo
Forse stanotte ti chiamerò
Dopo che il mio sangue si sarà tramutato in alcool
No, voglio soltanto stringerti
Dammi un po' di tempo per me

Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore

Dammi un po' di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Give me love- Ed Sheeran
-------------------

Papà sapeva i punti in cui colpire per farmela pagare. Era un cavolo di genio del male.
Infatti, quando mi aveva chiesto di accompagnarlo, avevo creduto che facessimo una passeggiata. Mi sarei accontentata di poco dato che stavo per fare la muffa in casa. Di certo non mi sarei aspettata che mi portasse in un Wallmart fuori Blacksburg per la nostra solita spesa atta a sfamare un esercito di persone.
Papà sapeva che odiavo i supermercati, soprattutto quelli grandi, e che le file lunghissime alle casse mi deprimevano, facendomi sentire un animale in gabbia.
Uffa! Qua da due ore non eravamo arrivati a niente. In silenzio camminavamo per le corsie, riempendo il carrello. Ancora non gli era andata giù la sospensione e mi dispiaceva. Davvero. Non mi piaceva renderlo triste, io non lo avevo mai reso triste. Fino a questo momento.
Forse ti ho anche deluso e pensi che Lyssa avrebbe dovuto portarmi con sé.
Grugnii, prendendo tre buste di merendine alla crema. Le mangiavamo io e Nate di notte, prima di addormentarci insieme. Continuai con le barrette energetiche e quelle al cioccolato e noci. Dato che iniziai a lasciarmi prendere troppo dal bisogno di zucchero, papà cominciò a togliere qualcosa.
Strinsi i denti. Forse lo faceva per farmi un torto, di certo non perché si preoccupasse che ingrassassi. La cosa bella di fare sport era che potevo mangiare tante schifezze.
Okay, dovevo risolvere questa situazione. Era strano essere così distaccati, mi metteva a disagio. Papà... Era papà, cacchio!
Passammo dal reparto macelleria, poi di fronte ai profilattici: ne afferrai due pacchetti per i miei fratelli. Papà non fece una piega, sapevo quali prendere da almeno due anni.
Alla fine un solo carrello non bastò e come permettesse a un carcerato la libertà vigilata, mi lasciò andare a recuperarne un altro.
Al reparto vestiti raccattai un paio di t-shirt bianche che mi sarebbero servite per gli allenamenti.
《Manca altro?》 Domandai. Le prime due parole da quando eravamo a casa. Controllò la lista con fare pensieroso.
《Aspetta》, borbottai, subito dopo, 《gli assorbenti.》
《Già fatto.》 Agitò il pacco che, sicuro come la morte, non ero stata io a prendere. Sorrisi, era la mia marca preferita.
《Grazie》, bofonchiai, muovendo i piedi come una bambina. Ed ero lì, sul punto di dire qualcosa o abbracciarlo direttamente e chiedere perdono, anche se non mi sentivo nel torto e l'avrei fatto se non mi fossi ritrovata la signorina Mendel di fronte, la mia professoressa di Dialettica e Dibattito.
《Vivienne》, mi salutò, gentile. Mi era sempre risultato difficile discutere con gli insegnanti fuori dalle mura scolastiche, forse perché mi sembrava strano che avessero una vita. Okay, stupido ragionamento ma - diamine! - ero pur sempre una teenager.
La professoressa Mendel era giovane, piccolina e bionda, mi piaceva il suo metodo ma mi stava sulle scatole per il modo in cui cercava di far colpo su papà. Era attraente, lo sapevo, ma mi... mi irritava. Era mio e basta.
Per questo mi avvicinai a lui, come se volessi tracciare una linea di confine invisibile ma invalicabile. Era come dire con il linguaggio del corpo: "Ehi, stronza, vai da qualche altra parte!"
Rimasi a braccia conserte e attenta come una lince mentre parlavano, sapevo di essere infantile ma mi accertavo che non ci fossero contatti fisici.
Non ero gelosa, o almeno non fino infondo e non avevo neppure problemi con l'idea che potesse avere una fidanzata. Io volevo che papà avesse una compagna... Karen. Solo e unicamente lei. Erano perfetti insieme, solo che preferivano essere ciechi come Harry.
《L'ultimo compito di Vivienne è andato molto bene.》
Papà mi fissò confuso dato che non lo avevo informato. Mi strinsi nelle spalle in risposta.
《Di cosa si trattava?》 Chiese. Il fatto che avessi preso un bel voto lo aveva ammorbidito. Mi diedi della stupida: avrei dovuto usare questa carta tempo prima.
《Un componimento di mille parole sui valori e la persona che si vuole essere in una società dinamica come la nostra.》
Mi imbarazzai. Ora ricordavo perché non gliene avevo parlato.
Richard aggrottò la fronte. Non avevo particolare talento nella scrittura - quello bravo era Nate - ma avevo fatto centro coi contenuti.
《Vivienne, non gli hai detto della nostra conversazione?》 Continuò la Mendel.
Taci, porca vacca!
《Può farlo lei, prof》, ribattei, inacidita. Papà mi fulminò con lo sguardo.
La mia insegnante sorrise, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
《Ho mandato una copia del suo compito come iscrizione alla competizione annuale di dibattito delle scuole di questa parte dello Stato. Ed è stata accettata.》
Ieri mattina le avevo fatto intendere che non ero interessata. Merito della mia lingua lunga ero tra i più bravi nella mia classe e la Mendel era certa che avrei potuto vincere.
《Vivienne!》 Esclamò papà. Sorrisi, falsamente.
Non volevo partecipare a nessuna schifosissima competizione piena di secchioni. Dovevo recuperare un sacco di materie, ingraziarmi la Williams perché accettasse di farmi tornare in campo, tenere a posto Dillon e i suoi metodi per infilarsi nei miei pantaloni e togliermi dalla testa Harry una volta per tutte.
Non avevo tempo.
《Ci stavo pensando》, mentii. Ora ero alle strette. Papà e la Mendel che mi invitavano con gli occhi ad acconsentire mi facevano sentire a disagio.
Quando le nostre strade si divisero non finsi neppure di essere gentile. La mandai al diavolo con un'occhiata e di certo lo comprese. Stronza!
Una volta alla cassa, non avevamo rotto il nostro mutismo, la fila come nel peggiore dei miei incubi era interminabile e mi divertivo a rispondere nello stesso modo alle linguacce di una bambina in braccio alla madre.
Ero ancora arrabbiata con quell'impicciona della mia professoressa. Non solo ci provava con mio padre sotto il mio naso ma gli raccontava gli affari miei.
《Vorrei leggerlo》, proruppe. Mi voltai, fissandolo da sopra una spalla.
《Eh?》
《Il tuo saggio.》
《Era un tema.》
Alzò gli occhi al cielo, capendo il mio goffo tentativo di deviarlo. 《Non importa, Viv. Voglio leggerlo.》
《Non ricordo dov'è.》
《Non mentire.》
《Forse l'ho dimenticato a scuola.》
《Vivienne!》
Sbuffai. 《Non voglio che lo leggi.》
《Non deve essere tanto male se hai avuto una A+.》
《È una cosa mia.》
《E io vorrei leggerla.》
《Papà!》
《Dimmi perché non vuoi!》
《Ho scritto di te》, sbottai, 《che da grande vorrei essere come te, che sono felice che lei non mi abbia portato via, che sei il mio eroe e la persona migliore della terra. Per cui no, non puoi leggerlo!》
Solo dopo mi accorsi di aver attirato l'attenzione con la voce troppo alto. Con la coda dell'occhio vidi la bimba delle linguacce che ghignava, indicandomi, alzai il dito medio che papà prontamente riabbassò. Nonostante tutto era divertito e commosso forse.
《Se non me lo farai vedere di tua spontanea volontà, andrò dalla Mendel.》
Lui e lei. Soli.
Manco morta!
《È nella mia stanza》, biascicai. Rise. Mi baciò la fronte. Non facemmo pace ma eravamo sulla buona strada.
Nel viaggio di ritorno la situazione era molto più rilassata. La canzone alla radio venne interrotta dal suo cellulare che squillò nella tasca interna della giacca.
Compresi che era Karen. Papà sorrideva in modo diverso quando si trattava di lei. Quando avevo provato a dirlo a Nate mi aveva risposto che la mia fantasia galloppava.
《Davvero... E questa da dove salta fuori... Una ragazza... Allora è qualcosa di serio...》
Guardai fuori dal finestrino, ormai il cielo si era fatto scuro e mi mancava il mio cellulare.
《Che succede?》 Chiesi, una volta chiusa la chiamata. Rise, scuotendo il capo.
《Harry...》
Storsi il naso, sfregando le mani sui jeans.
《Cosa?》
《Vuol farci conoscere la sua ragazza.》
No.
《Stasera. Karen ci ha invitati per la cena.》
No.
《Piccola, stai bene?》
No.

Il tempo trascorse in modo strano prima di quella cena in cui avrei incontrato la famosa Kim. Se fino a quel momento l'avevo sempre classificata come una cotta passeggera, adesso dovevo ricredermi dato che voleva presentarla a Karen.
Certo non era la prima volta ma era la prima volta che mi feriva.
No, non avrei piagnucolato. Quella sera ci sarebbe stata una guerra, non con la famosa Kim ma con lo stupido che frequentava.
Animata da chissà cosa chiesi a papà se anche Dillon potesse esserci, con la scusa che con la punizione non lo vedessi da tanto e con la questione del componimento di mille parole che lo aveva intenerito, accettò suo malgrado.
Nella mia camera fumai erba prima di fare la doccia, ne avevo rubato il necessario per una canna il giorno prima a Nate.
Con i capelli aggrovigliati nell'asciugamano scelsi dall'armadio i miei nuovi jeans neri così attillati da rischiare qualche problema di circolazione e un maglione beige lavorato ai ferri e che lasciava lo stomaco scoperto. Anche la pancia era ricoperta di lentiggini e per una volta mi piacque, notando su un fianco una serie di macchioline più grandi rispetto alle altre.
Lasciai che i capelli si arricciassero e scompigliai la frangia.
Mi truccai in modo tale che non sembrasse avessi messo mano allo trousse e passai sulla bocca il mio ormai abitudinario rossetto rosso. Apparentemente avevo l'aspetto di chi si era vestito senza nessuna particolare attenzione, solo io sapevo della mia metodica scelta. I jeans, il rossetto e lo pancia scoperta avrebbero attirato lo sguardo fin troppo esplicito di Dillon e contavo che Harry lo notasse cosicché si incazzasse.
Gliel'avrei fatto vedere quanto potesse essere bastarda questa Vivienne che non gli piaceva.
《Che hai in mente?》 Domandò Nate mentre indossavo il giubbotto di pelle e una lunga sciarpa di lana. Sorrisi innocente.
《Niente.》
Non parve convinto, anzi sembrò proprio certo che avrei combinato qualcosa.
Gabe non sarebbe stato presente dato che doveva lavorare per il servizio serale e quando papà parcheggiò nel vialetto di Karen, Dillon era già lì con le mani in tasca e contro la fiancata del suo pick-up. Avrei dovuto ringraziarlo dato che aveva accettato su due piedi anche la parte in cui pretendevo che non chiedesse spiegazioni.
Ormai era entrato nell'ordine delle idee che non doveva conquistarmi dato che non stavamo insieme. O meglio noi due sapevamo che era solo divertimento, gli altri ci credevano felici e fidanzati.
Schizzai fuori dall'auto mentre mio fratello faceva una smorfia di disgusto. Dillon si comportò bene, capendo che Richard era nei paraggi e mi baciò la guancia.
Karen appena vide Dillon sgranò gli occhi. Effettivamente il mio ragazzo - o finto ragazzo - faceva una gran bella figura. Quando quest'ultimo si voltò per appendere il cappotto nell'attaccappanni, Karen si sventolò una mano sul viso, mimò qualcosa come "ragazza fortunata" e si beccò una spintarella da parte di Richard che per poco non fece spiaccicare contro una parete.
《Cretino!》 Bofonchiò.
《Ragazzina》, replicò papà.
Risi a crepapelle.
Lei si ricompose in fretta, lisciandosi le pieghe nella camicia più per abitudine che per necessità.
《Harry e Kim sono di là.》
Harry e Kim, suonava così... fuori posto.
Harry e Kim. Presupponeva che fossero una forza, uniti contro tutti. Harry e Kim, il sentirlo dire mi disgustava, mi annodava lo stomaco e la voglia di distruggere tutto con una spranga di acciaio mi infiammava. La questione non era neppure Kim, Harry era il problema. Lui, io, la sua strana mania di infatuarsi di chiunque e la mia ossessione per lui.
Eravamo da manicomio, caso chiuso.
Quando tolsi la giacca, come speravo, Dillon mi guardò il culo per poi strizzarmelo di nascosto. Per un attimo pensai che fosse quello il trattamento che meritavo.
Conoscevo Kim di vista e sapevo della sua bellezza. Così bella e magra che mi vergognai a mostrare i miei fianchi. Il suo viso non era nulla di particolare, capelli scuri come gli occhi, pelle candida e labbra sottili, era il suo corpo a lasciare basiti. Alta quanto Harry - cosa assurda - e snella. Perfino Nate e quell'idiota di Dillon sbavarono. Indossava un bel vestito di lana grigio fumo e degli stivaletti bassi; di certo non aveva bisogno di scarpe col tacco.
Ad Harry piacevano le ragazze magre, cosa che io obiettivamente non ero. Avevo la nausea e gli occhi pizzicavano. Non era solo l'età, che mi considerasse sua sorella, anche il mio corpo.
Osservai Harry. Era felice, fiero di averla al suo fianco, desideroso di presentarla.
Inspirai con forza. Era come avere costantemente un coltello piantato nel petto e imparare a conviverci, aspettare che si cicatrizzasse insieme alla pelle squarciata.
Guardai dalla soglia del salotto papà parlarle, Kim aveva anche un bel sorriso. Piaceva a tutti.
Volevo morire. Non volevo rivivere una situazione simile alla prossima ragazza. Era schifosamente sbagliato sperare di morire davvero per dimenticarmi delle loro mani unite.
《Viv.》 Nate mi fu accanto e mi strinse le dita con le sue. Mi girai nella sua direzione, un po' disorientata.
《Cosa...》
《Non piangere》, mormorò, talmente piano che quasi non lo compresi, 《ci sono io》, mi rassicurò, usando il pollice per asciugarmi la coda di un occhio. La sua espressione era leggera perché nessuno facesse caso a noi ma la voce era seria da spaventare.
Non riesco a respirare.
Ricambiai la sua presa come se fosse l'unico appiglio in un mare di nulla.
《Respira!》 Ordinò, afferrandomi il gomito prima che traballassi. Annuii. Serrai i denti e provai a sorridere.
《Troppo》, scherzò, per rilassarmi. Allora abbassai un po' le labbra.
《Perfetta.》 Mi baciò la testa.
Kim sembrò contenta di conoscermi e volle sapere dove avevo comprato il mio maglioncino. Le dissi una bugia. Aveva Harry non c'era alcuna possibilità che mi copiasse i vestiti.
Harry, dal canto suo, a malapena posava gli occhi su di me. Come se non esistessi. E in un certo senso era così. Con una mano stringeva quella di lei e con l'altra mi stritolava il cuore. Chissà se un giorno avrebbe mai provato il dolore intenso che mi procurava.
A tavola la nuova coppietta si sedette di fronte a me mentre io ero tra Nate e Dillon.
Ero diventata taciturna, c'era Kim che compensava.
《Pulce, potresti aiutarmi?》 Domandò Karen. Mi alzai senza rispondere. La aiutai con i piatti, dato che ero anche cameriera ai tavoli ero brava a portarne quattro in contemporanea.
Quando ci chiudemmo dietro la porta della cucina sembrò rilasciare la tensione.
《Stai bene?》
Scrollò le spalle, porzionando il cibo. Arrosto di maiale con contorno di verdure. In silenzio la vidi tagliare la carne, sistemarla nelle porcellane affinché avesse anche un bell'aspetto, affettò il pane che raggiunse il cestino in vimini. Era strana.
《Karen?》
《Mi dispiace per quella ragazza, ecco cos' ho》, disse, sottovoce. Non feci altre domande, m'interessavano le informazioni su suo figlio non sulla nuova conquista.
Sbuffò, aprendo il frigorifero. Recuperò un paio di bottiglie di vino e un cavatappi.
《Quando metterà la testa apposto?》 Pigolò. Si rivolgeva più a sé stessa che a me.
《Kim?》
《No, Vivienne. Parlo di Harry.》
Sono ufficialmente confusa.
《Lui... lavora, è un bravo ragazzo, molto più di altri ventenni quindi non devi preoccuparti.》
Avrei dovuto fomentarla ma non ci riuscivo. Era più forte di me. Harry era Harry, anche se la sua lista di difetti era infinita ma i pregi rimediavano a tutto.
《Non devo preoccuparmi?》 Ribattè. 《Sono stanca che mi faccia conoscere ragazze fantastiche e poi spariscano nel nulla.》
Mi irrigidii. Per Karen, Kim era fantastica.
《Porto i piatti e tu il vino e il pane?》 Cambiai discorso, altrimenti sarei finita a strapparmi i capelli e urlare come una schizzata. Odiavo che le ragazze di Harry le piacessero.
Il mio piano mi si era rivoltato contro. Non volevo combattere nessuna battaglia, semplicemente smettere di amarlo.
《E niente》, sentii dire dalla ragazza, 《ho provato col college ma non fa per me.》
Muta come un pesce servii tutti.
《Non ci hai sputato, vero?》 Harry e la sua fottutissima bocca larga. Sorrisi falsamente.
《No, ho versato solo una fiala di cianuro.》
Eravamo serissimi eppure gli altri risero.
Neanche volevo stare lì, a guardare Kim mangiare solo le verdure - il che mi fece passare la fame - Harry che la toccava di tanto in tanto come fosse un tesoro prezioso, sentirli parlare di cazzate e avere la mano di Dillon sulla coscia.
Immaginai di poter essere in uno di quei libri fantasy che leggevo. Lasciare il corpo lì ma andare da qualche altra parte con la forza del pensiero. Sarebbe stato bello, di certo meno deleterio.
Ora mi chiedevo come avessi potuto credere di avere una possibilità, ora che vedevo come trattava le sue ragazze. Gli sguardi dolci, la complicità dei gesti... Qualche abbraccio in confronto era niente.
《La trovi bella?》 Bisbigliai, all'orecchio di Dillon. Ignorai la sua espressione smarrita.
《Non quanto te.》
Bugiardo del cazzo! Era palese che se avesse avuto una chance se ne sarebbe fregato di me.
Lo odiavo quando sparava luoghi comuni uno dietro l'altro.
《Dimmelo e basta.》
Voltò il viso nella mia direzione.
《È figa, okay?》
Vaffanculo. Vaffanculo. Vaffanculo.
Gli sfiorai la gamba con la punta delle dita e andai tanto su da costringerlo a tendere la schiena.
《Grazie.》
Non ne conoscevo la ragione, anche se mi feriva avevo il bisogno necessario sapere che lei era migliore di me. Per questo lo stavo ringraziando.
Dillon sospirò, divertendomi.
Ci pensò un calcio sulla mia sedia a spaventarmi.
《Viv, che è successo?》 Domandò Richard. Mi osservai attorno finché non notai l'occhiata di fuoco di Harry.
《Mi sembrava di aver visto un insetto》, mentii. Feci cadere di proposito la forchetta e appena fui sotto il tavolo gli pizzicai il polpaccio per vendicarmi. Stavolta fu Hary a saltare e per di più imprecò. Ero pronta a rimettermi composta ma un secondo più tardi un tovagliolo di stoffa cadde sul pavimento e Harry lo raggiunse.
Era decisamente incazzato.
《Mi hai fatto male!》
《Vai a piangere dalla mammina》, risposi. Sì, la situazione era ridicola ed ero certa che tutti si fossero accorti della nostra manfrina ma non cambiava le cose. Volevo ancora spaccargli la faccia.
《Che cerchi di fare?》
《Io?》 Mi costrinsi a non gridare. 《Hai dato un calcio alla mia sedia!》
《Così terrai le mani al loro posto.》
《Stronzate!》
《Sono un uomo, so riconoscere la faccia di uno che viene toccato. Non ti vergogni? Tuo padre è a meno di un metro da te. E che cazzo ci fai in pieno inverno con la pancia scoperta e pantaloni del genere.》
Rimasi a bocca aperta, letteralmente, e gli mollai un altro pizzico. Sbattè la testa sul legno sopra di noi.
《Vergognarmi? Tu ti stai comportando come un bambino. Non ti deve importare né come mi vesto né se e quando tocco il mio ragazzo, pensa alla tua ragazza.》
《Non deve importarmi? Tieni. Le. Mani. Al. Loro. Posto.》
Che diritto hai?
Fui pronta a fargli di nuovo male ma mi bloccò il polso.
《Smettila cazzo!》
Eravamo vicinissimi e i nostri respiri pesanti si scontravano come se volessero prevalere sull'altro, esattamente come noi. L'aria era satura di elettricità, ogni millimetro del mio corpo.
E un fottuto bacio non sarebbe male.
《Fatti gli affari tuoi, Harry!》
《Perché l'hai portato?》
《Tua madre mi ha dato il permesso.》
《Lui lo sa che hai baciato un altro?》
《Lei lo sa che la mollerai a breve?》
《Kim mi piace.》
《Raccontala a qualcun altro.》
《Merda, Viv! Perché devi dire il contrario di quello che dico?》
《Perché ti piace stare qua sotto a litigare con me, anziché accanto a lei?》
Ammutolì. Vinsi.
Io conosco un modo per fare pace.
Alzammo le teste appena sentimmo bussare contro la tavola.
《Harry, Viv, abbiamo ospiti. Che ne dite di continuare la conversazione più tardi?》 Era la voce divertita di papà.
Presi un respiro profondo, sistemandomi i capelli.
《Non toccarlo》, ordinò.
《Fottiti.》
Rimisi il sedere contro la sedia, fingendo che non fosse accaduto nulla mentre tutti erano curiosi di sapere cosa ci fosse preso.
Dillon era imbarazzato, Kim infastidita. Non era colpa mia se frequentava un idiota.
《Che cavolo è stato?》 Sussurrò Nate.
《Fa lo stronzo, ecco cos' è stato.》
《Cosa gli hai detto? Non ti toglie gli occhi di dosso.》
《È pazzo!》
Bevvi sorso d'acqua, con tranquillità. La mia mano tornò sulla coscia di Dillon e feci in modo che Harry se ne accorgesse.
《Dillon》, esordì proprio lui, 《che effetto fa quando la tua ragazza b-》
《Reggiseno!》 Lo interruppi, agitata. Se avesse continuato avrei detto che mi tolse il reggiseno. Per di più di fronte a Kim. Mi allettava l'idea.
Harry era davvero, davvero, arrabbiato. Lo compresi dal modo in cui le nocche erano sbiancate per quanto serrasse i pugni.
《Di che diamine parlate?》 Sbottò Karen.
《Niente!》 Borbottammo.
《Vivienne potrebbe partecipare ad una competizione di dibattito.》 Se ne uscì papà, dal nulla, per dissipare la tensione.
Se ci fosse stato un martello nei paraggi, lo avrei usato contro la mia testa. Mi passai le mani sul viso, stressata.
Mio fratello tossì, era a conoscenza di tutta la faccenda della Mendel così del mio categorico rifiuto.
《Davvero?》 Esultò Karen.
《Di cosa si tratta?》 Continuò Harry.
Papà spiegò a grandi linee l'incontro con la professoressa, evitando l'argomento compito in cui avevo preso quel bel voto.
《È fantastico!》 Trillò sempre Karen. 《Sono orgogliosa di te, Pulce.》
Perfino Dillon sorrise contento per me. Mi strinsi nelle spalle.
《Non sono certa di volerlo fare...》
《Hai ragione, deve essere molto difficile》, concordò Kim.
Inarcai un sopracciglio, punta da quel commento. Era un modo per intendere che ero poco intelligente?
《Passare settimane a preparare i vari discorsi, arringhe e quant'altro》, spiegò, 《hai pur sempre quindici anni e serve una certa maturità per essere in grado di ribattere nei modi giusti.》
Di colpo la trovai antipatica. Di colpo immaginai che ci fosse lei al posto di Cheryl Lawson col naso che spruzzava sangue come una fontana.
《Evidentemente non la conosci》, biascicò Harry. Sorrisi, anche se tentai di trattenermi.
《Ho cambiato idea, credo proprio che parteciperò.》
Non mi curai che mi fossi cacciata nei guai con le mie stesse mani, almeno avrei dimostrato a Miss. Spilungona di cosa era capace una quindicenne, anche se dubitavo che sarebbe durata tanto.

Mi sembrò che fosse la cena più lunga della storia delle cene e più mi soffermavo a controllare l'ora, più il tempo rallentava.
Era una barba.
《Si può dire che io e Harry ci conosciamo da sempre.》
Probabilmente guardai la tizia di fronte a me come se fosse un drago vestito da fatina.
Sempre.
Lei e Harry si conoscevano da sempre?
Mi prendeva in giro per caso?
《Hai la vena nella tempia che pulsa》, notò mio fratello. Lo ignorai.
《Per cui sai come si è fatto quella cicatrice vicino all'orecchio o a cosa è allergico, sai il suo colore preferito o il tipo di cioccolato che adora.》
Potevo giurare che non ebbi nessun controllo su quanto mi scappò di bocca.
Imbarazzo.
Kim rimase per un attimo spiazzata, era ovvio che non aveva una risposta. Ecco, così imparava a sparare paroloni a caso.
Sempre eravamo io e Harry, non loro due. Sempre rappresentava il momento della mia nascita fino ad oggi non un paio di anni di liceo fatti senza calcolarsi di striscio.
Sempre era quella cicatrice che si era fatto a dieci anni quando arrampicandosi su un albero era scivolato e un rametto lo aveva graffiato, sempre era il giorno in cui glielo avevo chiesto mentre guardavamo la TV.
Sempre era conoscere che Harry era allergico alla penicillina.
Sempre era il suo coloro preferito, l'azzurro, perché guardare il cielo lo metteva di buon umore e quando da bambina lo pressavo per una motivazione valida, ci sdraiavamo sul prato di casa mia e i nostri mignoli si trovavano.
Sempre erano le tavolette di cioccolato fondente che dividevamo.
Non lei. Non loro due insieme. Era qualcosa che andava oltre. Io percepivo i cambiamenti d'umore e cosa pensava talvolta, il senso di alcuni sguardi e la tristezza che lo prendeva.
《E tu conosci tutte queste cose?》 Replicò. Anche se contrariata, cercò di nasconderlo. Se avesse potuto mi avrebbe mandato al diavolo.
Avrei potuto rispondere alla sua domanda con ogni particolare al posto giusto ma non lo feci. Non volevo espormi sotto il naso di tutti e con Dillon accanto, mettermi in competizione per un premio che non avrei comunque ricevuto.
《Non è compito mio》, tagliai corto.
Mordendomi in modo spasmodico l'interno della guancia, presi il cellulare di Nathan.

Messaggio inviato: ore 20:40
A: Harry
Lei ti piace davvero?

Il cellulare di Harry squillò ricevendo l'SMS e dopo averlo letto fissò Nate, poi si rese conto che ero stata io.

Messaggio ricevuto: ore 20:42
Da: Harry
Potrei innamorarmi di lei. È quella giusta.

Mi spezzò. "È quella giusta".
Fu lì che presi una decisione. Ero troppo testarda per tirarmi indietro. Perché implorare per l'amore di Harry quando potevo avere chiunque?
Prima del dolce chiesi a papà se potevo andare a fare un giro con Dillon, anche se ero in punizione. Feci di tutto perché acconsentisse, promettendo che per le undici sarei stata a casa. Spinto da Karen, accettò.
Indossato il giubbotto e recuperata la tracolla, con una scusa corsi in cucina. Nel frigo trovai una bottiglia di vodka quasi piena la rubai.

《Woah! Che cazzo fai?》 Urlò, quando in macchina mi vide prendere una lunga sorsata di vodka.
Mi sembrò di avere un tizzone ardente nell'esofago e tossii convulsamente mentre deglutivo.
Che diamine?
La vodka faceva schifo! E menomale che avevo promesso di non bere più alcool.
Mi massaggiai le tempie e bevvi un altro po' di vodka. Chiusi la bottiglia e sospirai. Ora mi sentivo più leggera.
《Viv!》
《Portami... Portami al lago, per favore.》
《Perché?》
Voglio andare lontano!
Inspirai, quando in realtà avrei voluto piagnucolare.
《Voglio stare con te, sola.
Non ci fu bisogno di altre spiegazioni. Mi portò nello spiazzo in cui settimane prima organizzai la festa. Con il cielo coperto, l'acqua del lago era un buco nero, inquietante.
Ero leggera, ancora un po' sballata per la canna fumata meno di un'ora prima e assolutamente decisa ad andare avanti.
Scesi dall'auto, traballante sotto i richiami di Dillon che mi ricordava che si congelava e mi sedetti sul pianale.
Sorrisi quando mi avvolse con una coperta per poi mettersi al mio fianco.
Parlò di qualcosa, della cena, che non si sarebbe mai aspettato che lo invitassi, di Kim e Harry.
《È fuori di testa! Se gli sguardi potessero uccidere io e te saremmo morti.》
Lo so.
Stanca, presi l'iniziativa, posizionandomi cavalcioni sulle sue gambe. Lo baciai con veemenza, sperando di inghiottire tutti i suoi pensieri e sospetti. Un bacio del genere non era fraintendibile. Rimase senza fiato appena mossi i fianchi contro i suoi.
Strinsi gli occhi quando mi morse la spalla.
《Vuoi... Vuoi farlo?》
Mi costrinsi ad annuire anche se ero rigida come un pezzo di legno. Dillon mi voleva, Harry no. Facile. Perché rimandare?
Tutto si svolse con una lentezza disarmante. Mi chiese se volevo entrare nel pick-up ma negai così dal nulla spuntò un'altra coperta consunta - ecco a cosa gli servivano - e un profilattico.
Ne stese una contro il pianale e una volta sdraiati l'uno sopra l'altro ci coprì con la seconda.
Mi spogliò e - dato che avevo incontrato Kim - gli chiesi se fossi grassa. Dal modo in cui mi guardò e gli scappò una parolaccia, compresi che dalla mente gli passava tutto tranne l'idea che fossi grassa.
Mi toccò con troppa irruenza. Desideravo che si sbrigasse, che tutto fosse veloce.
Persi la verginità così, mentre contrariamente alle mie aspettative cercava di rassicurarmi che sarebbe stato delicato, mentre l'unica persona cui pensavo era Harry.
Quando ci fu il punto di non ritorno le lacrime mi rigarono le guance, Dillon pensò fosse per il dolore in realtà erano per Harry. Immaginai come sarebbe stato se la prima volta fosse avvenuta con qualcuno che amavo, con lui. Ci sarebbero stati più baci, sorrisi, carezze sui graffi dell'anima e impronte che lasciavano il segno, ci sarebbero stati dei capelli castani a solleticarmi e delle dita piene di anelli a farmi rabbrividire per la freddezza, ci sarebbero stati i tatuaggi che avrei ridisegnato e forse avrebbe tracciato le mie lentiggini, ci sarebbero state le risate per stemperare la tensione, la mia goffagine data l'inesperienza e il dolore sarebbe passato in secondo piano.
Gli avrei detto che lo amavo davvero, anche se per lui non era lo stesso.
Comunque Dillon mi asciugò le guance con dolcezza. Provò a baciarmi ma non glielo permisi, affondai il viso nella sua spalla e lo strinsi forte, mordendomi le labbra.
Sid mi disse che raramente la prima volta era piacevole, per cui stetti buona finché non finì.
Provò a coccolarmi dopo perché "era la mia prima volta" - parole sue - ma gli ripetei che non era necessario.
Ero vuota. Non diversa come propinavano nei film per adolescenti. Solo vuota.
Malata di incompletezza, ecco cosa.
Avevo fatto un torto ad Harry o a me stessa?
Che fine aveva fatto la Vivienne che era certa che la prima volta avrebbe fatto l'amore?
Appena scattai seduta le fitte mi colpirono al basso ventre, irrigidendomi. Presi un respiro profondo, accelerando i movimenti dato che il freddo era pungente.
Mi rivestii in silenzio con la sola voglia di fare un bagno caldo. Infine allacciai le converse e decisi di prendere la coperta che ci aveva fatto da letto. L'avrei lavata prima di restituirgliela.
Mi bloccò per un braccio quando fui sul punto di salire in auto. Mi baciò, spiazzandomi.
Onestamente, credevo che tra noi tutto fosse finito appena si tolse il preservativo.
《Cos c'è?》 Frusciai, a disagio.
《È stato bello.》
Alzai gli occhi al cielo. 《Okay.》
《La prossima volta andrà meglio》, mi tranquillizzò.
La prossima... Che?
《Okay...》 Borbottai, incerta se si riferisse a una mia prossima volta con qualcun altro o di nuovo con lui.
Nel vialetto di casa mia mi baciò tanto, profondamente. Era contento come un bambino.
Camminare fu difficile ma tenni duro finché non mi chiusi la porta d'ingresso alle spalle. Crollai per terra, afferrandomi la testa tra le mani con le ginocchia al petto. Piansi e singhiozzai, tentando di essere meno rumorosa possibile.
Devastata. Orripilata da me stessa. Ancora non riuscivo a crederci: avevo fatto sesso su un pick-up al gelo. Poche ore prima ero vergine, poche ore prima neanche mi passava dall'anticamera del cervello il pensiero di togliermi le mutande.
Cazzo! Quanto sono disperata?
《Pulce?》
Alzai il capo, trovando papà a fissarmi allarmato. Era in pigiama o almeno quello che lui considerava pigiama. Un paio di pantaloni grigi di una tuta e una t-shirt bucherellata.
Tirai su col naso e mi vergognai di guardarlo negli occhi.
《Cos' hai?》
Mi massaggiai il petto, ansimando. 《Mi... Mi fa male il cuore.》
Si sedette con me e mi avvolse le spalle con un braccio.
《Mal d'amore?》
Annuii, poggiando la fronte sul suo petto. Mi consolò mentre piangevo come un fiume in piena.
Ci sono così tante cose che vorrei dirti ma non posso. Non sono più quella che credi.
《Devo uccidere Dillon?》
Mi strappò un sorriso. 《No...》
Cominciò ad accarezzarmi i capelli. Ero al sicuro. Senza Harry né Dillon. Papà era l'unico uomo che mi amava incondizionatamente.
《Sai... Ho letto il tuo tema e... Sono onorato Vivienne di essere padre di una piccola donna come te.》
Non la penseresti così se sapessi la verità!
《Mi dispiace per il tuo cuore, tesoro.》
《Passerà?》
《Posso dirti quel che so. Il cuore ti si spezza solo una volta nella vita e il dolore è... è così totalizzante da rubarti il respiro. Il resto sono graffi.》
Singhiozzai.
《Stanotte dormirai col tuo papà, va bene?》
Annuii.
Era meglio un cuore spezzato in un attimo, di netto, o un cuore che marcisce lentamente?
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Al mio posto che canzone avreste messo??

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