Give me love

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Venerate Ed Sheeran, caso chiuso!


Dammi amore, come lei
Perché ultimamente mi sveglio da solo
Il dolore spruzza lacrime sulla mia maglia
Ti ho detto che le avrei lasciate scorrere

E che avrei trovato il mio angolo
Forse stanotte ti chiamerò
Dopo che il mio sangue si sarà tramutato in alcool
No, voglio soltanto stringerti

Dammi un po' di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore

Dammi amore come mai prima d'ora
Perché ultimamente ne ho un bisogno disperato
Ed è passato un po' ma i miei sentimenti sono rimasti uguali
Forse dovrei lasciarti andare

E sai che troverò il mio angolo
Forse stanotte ti chiamerò
Dopo che il mio sangue si sarà tramutato in alcool
No, voglio soltanto stringerti
Dammi un po' di tempo per me

Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore

Dammi un po' di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra

Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Give me love- Ed Sheeran
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Papà sapeva i punti in cui colpire per farmela pagare. Era un cavolo di genio del male.
Infatti, quando mi aveva chiesto di accompagnarlo, avevo creduto che facessimo una passeggiata. Mi sarei accontentata di poco dato che stavo per fare la muffa in casa. Di certo non mi sarei aspettata che mi portasse in un Wallmart fuori Blacksburg per la nostra solita spesa atta a sfamare un esercito di persone.
Papà sapeva che odiavo i supermercati, soprattutto quelli grandi, e che le file lunghissime alle casse mi deprimevano, facendomi sentire un animale in gabbia.
Uffa! Qua da due ore non eravamo arrivati a niente. In silenzio camminavamo per le corsie, riempendo il carrello. Ancora non gli era andata giù la sospensione e mi dispiaceva. Davvero. Non mi piaceva renderlo triste, io non lo avevo mai reso triste. Fino a questo momento.
Forse ti ho anche deluso e pensi che Lyssa avrebbe dovuto portarmi con sé.
Grugnii, prendendo tre buste di merendine alla crema. Le mangiavamo io e Nate di notte, prima di addormentarci insieme. Continuai con le barrette energetiche e quelle al cioccolato e noci. Dato che iniziai a lasciarmi prendere troppo dal bisogno di zucchero, papà cominciò a togliere qualcosa.
Strinsi i denti. Forse lo faceva per farmi un torto, di certo non perché si preoccupasse che ingrassassi. La cosa bella di fare sport era che potevo mangiare tante schifezze.
Okay, dovevo risolvere questa situazione. Era strano essere così distaccati, mi metteva a disagio. Papà... Era papà, cacchio!
Passammo dal reparto macelleria, poi di fronte ai profilattici: ne afferrai due pacchetti per i miei fratelli. Papà non fece una piega, sapevo quali prendere da almeno due anni.
Alla fine un solo carrello non bastò e come permettesse a un carcerato la libertà vigilata, mi lasciò andare a recuperarne un altro.
Al reparto vestiti raccattai un paio di t-shirt bianche che mi sarebbero servite per gli allenamenti.
《Manca altro?》 Domandai. Le prime due parole da quando eravamo a casa. Controllò la lista con fare pensieroso.
《Aspetta》, borbottai, subito dopo, 《gli assorbenti.》
《Già fatto.》 Agitò il pacco che, sicuro come la morte, non ero stata io a prendere. Sorrisi, era la mia marca preferita.
《Grazie》, bofonchiai, muovendo i piedi come una bambina. Ed ero lì, sul punto di dire qualcosa o abbracciarlo direttamente e chiedere perdono, anche se non mi sentivo nel torto e l'avrei fatto se non mi fossi ritrovata la signorina Mendel di fronte, la mia professoressa di Dialettica e Dibattito.
《Vivienne》, mi salutò, gentile. Mi era sempre risultato difficile discutere con gli insegnanti fuori dalle mura scolastiche, forse perché mi sembrava strano che avessero una vita. Okay, stupido ragionamento ma - diamine! - ero pur sempre una teenager.
La professoressa Mendel era giovane, piccolina e bionda, mi piaceva il suo metodo ma mi stava sulle scatole per il modo in cui cercava di far colpo su papà. Era attraente, lo sapevo, ma mi... mi irritava. Era mio e basta.
Per questo mi avvicinai a lui, come se volessi tracciare una linea di confine invisibile ma invalicabile. Era come dire con il linguaggio del corpo: "Ehi, stronza, vai da qualche altra parte!"
Rimasi a braccia conserte e attenta come una lince mentre parlavano, sapevo di essere infantile ma mi accertavo che non ci fossero contatti fisici.
Non ero gelosa, o almeno non fino infondo e non avevo neppure problemi con l'idea che potesse avere una fidanzata. Io volevo che papà avesse una compagna... Karen. Solo e unicamente lei. Erano perfetti insieme, solo che preferivano essere ciechi come Harry.
《L'ultimo compito di Vivienne è andato molto bene.》
Papà mi fissò confuso dato che non lo avevo informato. Mi strinsi nelle spalle in risposta.
《Di cosa si trattava?》 Chiese. Il fatto che avessi preso un bel voto lo aveva ammorbidito. Mi diedi della stupida: avrei dovuto usare questa carta tempo prima.
《Un componimento di mille parole sui valori e la persona che si vuole essere in una società dinamica come la nostra.》
Mi imbarazzai. Ora ricordavo perché non gliene avevo parlato.
Richard aggrottò la fronte. Non avevo particolare talento nella scrittura - quello bravo era Nate - ma avevo fatto centro coi contenuti.
《Vivienne, non gli hai detto della nostra conversazione?》 Continuò la Mendel.
Taci, porca vacca!
《Può farlo lei, prof》, ribattei, inacidita. Papà mi fulminò con lo sguardo.
La mia insegnante sorrise, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
《Ho mandato una copia del suo compito come iscrizione alla competizione annuale di dibattito delle scuole di questa parte dello Stato. Ed è stata accettata.》
Ieri mattina le avevo fatto intendere che non ero interessata. Merito della mia lingua lunga ero tra i più bravi nella mia classe e la Mendel era certa che avrei potuto vincere.
《Vivienne!》 Esclamò papà. Sorrisi, falsamente.
Non volevo partecipare a nessuna schifosissima competizione piena di secchioni. Dovevo recuperare un sacco di materie, ingraziarmi la Williams perché accettasse di farmi tornare in campo, tenere a posto Dillon e i suoi metodi per infilarsi nei miei pantaloni e togliermi dalla testa Harry una volta per tutte.
Non avevo tempo.
《Ci stavo pensando》, mentii. Ora ero alle strette. Papà e la Mendel che mi invitavano con gli occhi ad acconsentire mi facevano sentire a disagio.
Quando le nostre strade si divisero non finsi neppure di essere gentile. La mandai al diavolo con un'occhiata e di certo lo comprese. Stronza!
Una volta alla cassa, non avevamo rotto il nostro mutismo, la fila come nel peggiore dei miei incubi era interminabile e mi divertivo a rispondere nello stesso modo alle linguacce di una bambina in braccio alla madre.
Ero ancora arrabbiata con quell'impicciona della mia professoressa. Non solo ci provava con mio padre sotto il mio naso ma gli raccontava gli affari miei.
《Vorrei leggerlo》, proruppe. Mi voltai, fissandolo da sopra una spalla.
《Eh?》
《Il tuo saggio.》
《Era un tema.》
Alzò gli occhi al cielo, capendo il mio goffo tentativo di deviarlo. 《Non importa, Viv. Voglio leggerlo.》
《Non ricordo dov'è.》
《Non mentire.》
《Forse l'ho dimenticato a scuola.》
《Vivienne!》
Sbuffai. 《Non voglio che lo leggi.》
《Non deve essere tanto male se hai avuto una A+.》
《È una cosa mia.》
《E io vorrei leggerla.》
《Papà!》
《Dimmi perché non vuoi!》
《Ho scritto di te》, sbottai, 《che da grande vorrei essere come te, che sono felice che lei non mi abbia portato via, che sei il mio eroe e la persona migliore della terra. Per cui no, non puoi leggerlo!》
Solo dopo mi accorsi di aver attirato l'attenzione con la voce troppo alto. Con la coda dell'occhio vidi la bimba delle linguacce che ghignava, indicandomi, alzai il dito medio che papà prontamente riabbassò. Nonostante tutto era divertito e commosso forse.
《Se non me lo farai vedere di tua spontanea volontà, andrò dalla Mendel.》
Lui e lei. Soli.
Manco morta!
《È nella mia stanza》, biascicai. Rise. Mi baciò la fronte. Non facemmo pace ma eravamo sulla buona strada.
Nel viaggio di ritorno la situazione era molto più rilassata. La canzone alla radio venne interrotta dal suo cellulare che squillò nella tasca interna della giacca.
Compresi che era Karen. Papà sorrideva in modo diverso quando si trattava di lei. Quando avevo provato a dirlo a Nate mi aveva risposto che la mia fantasia galloppava.
《Davvero... E questa da dove salta fuori... Una ragazza... Allora è qualcosa di serio...》
Guardai fuori dal finestrino, ormai il cielo si era fatto scuro e mi mancava il mio cellulare.
《Che succede?》 Chiesi, una volta chiusa la chiamata. Rise, scuotendo il capo.
《Harry...》
Storsi il naso, sfregando le mani sui jeans.
《Cosa?》
《Vuol farci conoscere la sua ragazza.》
No.
《Stasera. Karen ci ha invitati per la cena.》
No.
《Piccola, stai bene?》
No.

Mignoli |Fil rouge h.s #0.5|Where stories live. Discover now