Come un fiore tra le mine (Re...

By Elle_Jenny

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Mason vedeva solo nero. Non desiderava vedere più la luce in fondo al tunnel perché ormai era sceso a patti... More

Prologo di Mason
Prologo di Seb
Capitolo 1 - Mason
Capitolo 2 - Seb
Capitolo 3 - Mason
Capitolo 4 - Seb
Capitolo 5 - Mason
Capitolo 6 - Seb
Capitolo 7 - Seb
Capitolo 8 - Mason
Capitolo 9 - Seb
Capitolo 10 - Mason
Capitolo 11 - Mason
Capitolo 12 - Seb
Capitolo 13 - Mason
Capitolo 14 - Seb e un po' di Mason
Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb
Capitolo 16 - Seb
Capitolo 17 - Mason
Capitolo 18 - Mason
Capitolo 19 - Seb
Capitolo 20 - Mason
Capitolo 21 - Mason
Capitolo 22 - Seb
Capitolo 23 - Mason
Capitolo 24 - Mason e Seb
Capitolo 25 - Mason
Capitolo 26 - Seb
Capitolo 27 - Mason
Capitolo 28 - Seb
Capitolo 29 - Mason
Epilogo

Capitolo Speciale - Andy e Ben

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By Elle_Jenny

«Ayla, smettila di fissarmi.»

Sua sorella emise uno sbuffo. Gli ricordava Batman, il cane di Toby, quando lui e Thomas non gli davano della pappa extra.

Andy cercò di ignorarla mentre continuava a lavorare a maglia. Muoveva sapientemente i ferri, cercando di non sbagliare. Voleva creare un cappello per sua nonna Dorina, usando del filato dai toni dell'azzurro e del verde oliva. Sembrava stesse venendo bene e quei colori insieme gli piacevano.

Gli ricordavano gli di occhi di...

Ayla continuava a fissarlo. Ad Andy iniziò a pulsare una vena sulla tempia sinistra.

Alzò gli occhi sulla sua gemella. Era seduta di fronte a lui, sul tappeto variopinto che avevano portato le nonne da un viaggio in Turchia, con le gambe incrociate, i gomiti poggiati sulle cosce, le mani intrecciate sotto al mento. Fissava Andy con sguardo perplesso. Aveva le sopracciglia rossicce aggrottate e osservava il suo gemello come se avesse tanto voluto entrargli nel cervello.

«Mi stai innervosendo.»

Ayla sbuffò per la seconda volta nel giro di pochi minuti. «Sarebbe una novità, Andy. Sei sempre così noiosamente calmo.»

Andy tentò di ignorarla di nuovo, continuando a concentrarsi sul suo lavoro con il filato. Aveva iniziato a sedici anni per impiegare il tempo dopo lo studio quando non si allenava con la squadra di atletica. Gli era capitato per caso un video su YouTube di una ragazza che spiegava come creare delle sciarpe a mano. Tutto quel lavoro di attenzione, di precisione, di manualità gli era sembrato così calmante, quasi ipnotico.

Aveva iniziato quell'hobby acquistando su Amazon un kit base per principiante e non si era più fermato, arrivando a creare dei maglioni natalizi per tutta la sua famiglia quando era diventato più manuale con l'arte del filato.

Ayla e Finn, suo fratello maggiore - uno dei tanti - inizialmente, lo avevano preso in giro, dicendogli che lavorare a maglia o all'uncinetto era noioso e che nemmeno le loro nonne ne erano capaci e non si erano mai interessate a quell'attività da pensionate; poi, col tempo e capendo che Andy non era intenzionato a smettere e che, effettivamente, lavorare a maglia lo aiutava a rilassarsi e a ignorare tutti i suoi problemi da adolescente omosessuale che cercava di essere abbastanza maschio per poter mantenere il suo posto nella squadra di atletica, allora, solo in quel momento, lo avevano lasciato in pace.

Gli altri suoi fratelli maggiori e i suoi genitori non avevano mai commentato più di tanto. Per quanto riguardava le sue amabili nonne adolescenti, invece, di tanto in tanto si divertivano a chiedergli se quel mese gli era stata accreditata la pensione sul conto quando lo trovavano sul divano a sferruzzare, avvolto, da una di quelle camicie di flanella che irritavano l'animo da fashion blogger di Toby.

Andy era cresciuto in una famiglia numerosa, un po' stramba e fuori dalle righe. I suoi genitori, Bryan e Cristin Lynch, erano due medici per i diritti umani, lavoravano per l'ONU e si erano conosciuti a sedici anni durante una manifestazione organizzata per salvaguardare le lepri dal bracconaggio illegale. Non si erano mai più lasciati, avevano studiato insieme alla Dublin City University in Irlanda e si erano laureati entrambi in Medicina e Chirurgia. Due piccoli geni con l'animo da missionario.

Entrambi avevano desiderato una famiglia numerosa e così avevano fatto. Sua madre era rimasta incinta di Connor a ventiquattro anni, quando erano trascorsi solo un paio di mesi dal loro trasferimento negli Stati Uniti; due anni dopo era rimasta incinta di Briana; precisamente dieci mesi dopo era in attesa di Maeve e Finn. Tre anni dopo, sorpresa delle sorprese, aveva scoperto di aspettare altri due gemelli ed erano nati lui e Ayla. Fortunatamente, dopo la loro nascita avevano capito entrambi di doversi fermare, altrimenti sarebbero arrivati ad avere tredici figli come la maggior parte delle famiglie mormone.

La famiglia di Andy era sempre stata un gran casino, con genitori che, improvvisamente, avevano deciso di diventare medici umanitari, dopo anni trascorsi a lavorare al pronto soccorso; sei figli che erano stati tirati su in parte dalle loro nonne, Ester e Dorina, venute negli Stati Uniti dall'Irlanda per dare una mano con una prole così numerosa.

Le nonne di Andy erano una coppia di particolari nonne che avevano scoperto di essere bisessuali in tarda età. Ester era la madre di Bryan mentre Dorina la madre di Cristin. Entrambe erano diventate vedove giovani e, non appena i loro figli le avevano fatte conoscere, erano subito entrate in simpatia. Talmente in simpatia, che si erano innamorate e nel 2015, non appena erano state legalizzate le unioni tra persone dello stesso sesso in Irlanda, avevano deciso di sposarsi.

Avevano dato una grande mano ai loro figli, arrivando a lasciare la terra dove avevano vissuto per tutta la vita. Era facile procreare e mettere al mondo i figli, un po' meno crescerli ed essere abbastanza responsabili per poterlo fare senza che i bambini crescano con evidenti traumi causati dalla stessa famiglia.

Connor e Meave, la gemella di Finn, erano diventati anche loro medici umanitari, in viaggio per gran parte dell'anno; Ayla, la sua gemella, invece, era appassionata di teatro e sognava di diventare una brava attrice; Briana faceva l'insegnate di Letteratura inglese ed insegnava Shakespeare agli adolescenti di cui si lamentava un giorno sì e uno no; Finn era laureato in ingegneria mineraria.

I suoi fratelli erano tutti dei piccoli geni, come i loro genitori.

Poi c'era Andy che non era mai stato particolarmente brillante a scuola, ma a cui era sempre piaciuto correre. Correva quando era triste, correva quando doveva sfogare l'adrenalina, correva quando era arrabbiato con i suoi genitori che non si facevano sentire per settimane, correva quando le sue nonne lo guardavano con occhi preoccupati, correva dopo aver resistito all'ennesima provocazione e offesa di Grayson Helmer; correva quando si ritrovava a pensare troppo a lui.

«Perché non esci? Domani avrai lezione nel pomeriggio.»

«Perché non esci tu e ti diverti anche per me?» Andy replicò immediatamente.

«Lo farò, Andy. Sto aspettando che Kate e George mi vengano a prendere. A proposito di George...»

Andy rilasciò un lungo sospiro pregno di esasperazione. «Non ricominciare...»

Ayla si mise velocemente in piedi per potersi sedere sul divano accanto a lui. Andy osservò sua sorella con la coda dell'occhio: aveva i lunghi capelli rossi acconciati in tante onde, un leggero make-up sugli occhi e sulle labbra, indossava una camicetta blu infilata in una gonna di jeans, le gambe lasciate nude, nonostante facesse freddo, e riparate solo da un paio di stivali bianchi in stile cowboy alti fin sopra il polpaccio.

«Non hai freddo?» le chiese.

Ayla agitò una mano. «Non tentare di cambiare discorso. George chiede sempre di te.»

«E io non chiedo mai di lui. Ci sarà un motivo se non lo faccio», replicò Andy con voce piatta.

George era un amico di Ayla e fratello di Kate. Era interessato a Andy da parecchio tempo. Era un bravo ragazzo, ma Andy non voleva nulla di più da lui. Non l'aveva mai voluto, nonostante il suo palese interesse e nonostante la sua gemella cercasse sempre di farli mettere insieme.

«Perché sei sempre così chiuso?» Ayla sembrava esasperata.

No, cara sorella: sono io quello esasperato dalla tua insistenza.

«Perché si evitano molti problemi con il mondo esterno, chiudendo bene le porte.»

Ayla sbuffò per la terza volta. «Ora fai anche il filosofo.»

Ad Andy sfuggì un piccolo sorriso. Adorava la sua gemella, era sempre stata la sua migliore amica, nonostante la sua stressante insistenza.

«George dovrebbe mettersi l'anima in pace e trovarsi un ragazzo che sappia apprezzarlo. Quel ragazzo non sono io, non lo prenderei mai in giro.»

Una mano piccola e con le unghie curate si posò sulle sue, bloccandogli i movimenti. Andy alzò gli occhi su sua sorella. Gli occhi verdi di Ayla si erano fatti seri, non c'era più traccia della genuina insistenza di poco prima. «Io lo so che non ti approfitteresti mai di lui, ma potresti provare semplicemente ad aprirti un po', a divertirti senza pensarci troppo. Pensi sempre così tanto, Andy.»

Andy prese le mani di sua sorella e le strinse. «Quando provo ad aprirmi, poi succede sempre qualcosa che me ne fa pentire. È più facile rimanere chiusi. Si sta al sicuro.»

Ayla poggiò il capo sulla sua spalla. «Ma ci sarà qualcuno per cui varrà la pena aprire quella porta.»

Il suo pensiero, per quanto tentasse in ogni modo di deviarlo, alla fine si mosse di volontà propria e puntò verso il professor Carson.

Quell'uomo lo mandava in tilt. I suoi occhi eterocromi lo mandavano in tilt. La sua gentilezza ed educazione lo mandavano in tilt.

«C'è qualcuno, vero? Te lo leggo negli occhi. Hai cambiato espressione.» Sua sorella ci metteva sempre un secondo per far uscire fuori uno dei suoi continui bluff.

Andy non lo faceva apposta, ma odiava quando sua sorella, Finn o le sue nonne si preoccupavano per lui. Voleva evitare di avere gli occhi puntati addosso, nonostante sapesse di essere il più fragile della famiglia. In realtà, era sicuro che anche la sua stessa famiglia pensava che fosse il più fragile.

Era sempre stato così. Da bambino vedeva i suoi fratelli e Ayla che, ovunque andassero, riuscivano sempre a infilarsi in ogni gruppo e a fare nuove amicizie. Poi c'era Andy... che non ci riusciva, che preferiva rimanere in disparte. La sua salvezza erano stati sempre Finn e Ayla. Non voleva più essere continuamente salvato, voleva imparare a cavarsela da solo.

Non aveva mai compreso cosa c'era in lui che non andava di pari passo con la sua numerosa famiglia. Era l'unico a essere così introverso.

Poi, l'anno precedente c'era stato quello scontro con Grayson Helmer: quel bastardo lo aveva preso di mira da mesi. Gli davano fastidio i suoi capelli rossi, le sue lentiggini, il fatto che, nonostante Andy non avesse un briciolo dello stile eccentrico di Toby o di Seb, riuscisse ugualmente a far trasparire il suo essere frocio.

Eppure, Andy aveva sempre cercato di risultare anonimo proprio per evitare problemi nella squadra di atletica, ma Grayson Helmer aveva esclamato a gran voce di sentire la sua puzza di omosessuale.

Aveva tentato di picchiarlo l'anno prima, la sua famiglia non aveva mai scoperto nulla. Gli era andata bene perché Toby si era messo in mezzo, finendo all'ospedale al posto suo, e perché anche il suo professore si era messo in mezzo.

Benjamin Carson.

«Durante le lezioni, faccio davvero fatica a levarti gli occhi di dosso», gli aveva confessato una delle tante volte che Benjamin aveva cercato di approcciarsi ad Andy.

Andy aveva provato, inizialmente, a cercare di non cedere al fascino del professor Carson, ma non ci era mai riuscito del tutto. Non voleva prendere la nominata dello studente che ci provava con uno dei suoi professori per avere una media più alta, come non voleva che la carriera accademica di Benjamin andasse a rotoli se si venisse a scoprire di una relazione clandestina con un suo studente.

Quella sera al Red Moon, quando Benjamin aveva cercato di baciarlo e poi si era tirato indietro, Andy lo aveva capito, ma lo aveva anche odiato. Poi, subito dopo, aveva odiato anche se stesso perché finiva sempre per fare la cosa giusta.

Avevano ragione le sue nonne: Andy era il più assennato della famiglia. Avrebbe dovuto diventare parroco, darsi alla carriera ecclesiastica. Toby gli diceva che era troppo serio; Seb, invece, che avrebbe dovuto rischiarsela qualche volta, come aveva fatto lui con Mason.

Da quello scontro con Grayson ci aveva guadagnato, però, l'amicizia di Toby e Seb e, in aggiunta, una cotta gigantesca per il suo professore.

«Non c'è nessuno», mentì.

«Stai dicendo una cazzata», affermò Ayla, perentoria.

«Siamo d'accordo con Ayla», affermò, improvvisamente, la voce dal marcato accento irlandese di nonna Ester.

«Stai nascondendo qualcosa, piccolo Andy», rincarò nonna Dorina, stesso accento dell'Irlanda del Sud di sua moglie.

Le labbra di Andy si distorsero in una smorfia di fastidio. Lo avevano accerchiato.

«Non chiamarmi piccolo Andy.» Quel soprannome lo faceva sentire ancora più fragile e diverso.

Andy non azzardò ad alzare gli occhi su quelle due volpi delle sue nonne, preferendo riprendere a lavorare sul suo cappello.

«Da tempo hai qualcosa che non va, Andy», gli disse nonna Ester.

Ho qualcosa che non va da sempre, nonna.

«Hai litigato con quei due tipetti variopinti?» gli chiese nonna Dorina.

I tipetti variopinti erano Seb e Toby.

Negò con il capo. «No, non ho litigato con nessuno.»

Stava diventando l'Inquisizione Spagnola.

«Secondo me, gli piace qualcuno», affermò Ayla.

Andy guardò truce la sua gemella. «Cosa cazzo dici, Ayla?» la rimproverò, parlando tra i denti.

Ayla, invece, sembrava soddisfatta di aver lanciato quell'osso succulento in bocca alle due volpi.

«Non ti sarai mica innamorato di quel George? È noioso», replicò nonna Ester.

«Nonna! È mio amico!» la riprese Ayla.

Nonna Ester alzò gli occhi al cielo e si sedette sulla poltrona accanto al divano dove si trovavano i suoi nipoti. «Sarà anche tuo amico, ma quando lo sento parlare mi viene voglia di farmi una dormita.»

Nonna Dorina sghignazzò e si mise di fronte ad Ayla, le diede un colpetto con la scarpa contro gli stivali. «Forza, alza le chiappe, signorina. Devo rompere un po' le palle al tuo gemello.»

Ayla si alzò subito.

Andy aveva improvvisamente una gran voglia di scappare su Marte.

«Cosa succede? Sono arrivato appena in tempo per l'interrogatorio?»

Andy sospirò. «Perfetto, Finn. Ci mancavi solo tu. Adesso la riunione di famiglia potrà iniziare», commentò, sarcastico.

Finn ridacchiò. Attraversò il salotto, vestito di tutto punto, con i suoi jeans da rimorchio e la camicia azzurra con il colletto sbottonato per uscire con i suoi amici del college; lasciò una lunga scia di profumo legnoso che fece sfrigolare le narici di Andy e andò a sedersi a terra, sul tappeto turco, accanto a sua sorella.

«Ti piace un tipo, Andy?» gli chiese Finn. Era schietto e diretto come le loro nonne.

Andy arricciò il naso e sentì un po' di umidità sulle tempie. Si sentiva accerchiato, sempre più in trappola.

Alla fine, gli toccò lasciar perdere il suo cappello e metterlo da parte, anche se gli sarebbe piaciuto picchiare suo fratello con un ferro da maglia.

«Non mi...»

«Stai mentendo», lo interruppe Ayla.

«Sì, lo stai facendo. Quando provi a mentire ti si deforma la faccia», aggiunse Finn. Suo fratello sapeva sempre come infilare il dito nella piaga.

Andy buttò il capo all'indietro contro lo schienale del divano e si mise a fissare il soffitto. Si arrese.

«D'accordo. Mi piace un uomo», ammise.

«Un uomo?» ripeté Finn.

Andy lo guardò, alzando un sopracciglio. «Non sono diventato improvvisamente etero.»

Finn sbuffò. «Non intendevo quello. Pensavo ti piacesse un ragazzo, come te.»

Andy avrebbe preferito farsi venti chilometri di corsa, piuttosto che stare lì a confidare i suoi problemi di cuore alle sue nonne, a suo fratello maggiore e alla sua gemella.

«Il problema non è la sua età, il fatto che abbia trent'anni e io ventidue, ma che sia uno dei miei professori.»

Nel salotto di casa Lynch cadde improvvisamente il silenzio. Andy non aveva tanto il coraggio di guardare negli occhi la sua famiglia, si sentiva il collo bollente e le sue guance, probabilmente, dovevano essere in pendant con i suoi capelli rossi.

«Quindi, facci capire un attimo», a rompere per prima il silenzio fu nonna Ester. «Vuoi andare a letto con un tuo professore?»

Andy aveva capito che l'unica soluzione per poter sfuggire a quella situazione era soccombere.

«Non si tratta solo di quello, nonna», replicò Andy, infastidito.

Avrebbe voluto passare quel martedì sera a lavorare sul suo cappello, ma quella banda di familiari invadenti aveva annullato ogni suo piano.

«Oooh!» esclamò Ayla. Andy la guardò: la sua gemella aveva proprio la faccia di chi pensava di aver unito tutti i punti. «Ti sei innamorato!»

Se Andy avesse avuto dell'acqua in bocca, probabilmente avrebbe emulato un idrante e avrebbe fatto un bel bagno alla sua famiglia impicciona.

«Ma cosa cazzo dici!» sbraitò.
Non era innamorato. Aveva un bella cotta, ma non si trattava ancora di amore.

Ayla incrociò le braccia al petto e lo fissò con accondiscendenza. Finn stava sghignazzando, scuotendo il suo petto da energumeno e da ex giocatore di rugby.

Ad Andy sarebbe davvero piaciuto poter cacciare raggi laser dagli occhi.

Fece vagare lo sguardo sulle sue nonne, le quali si stavano lanciando delle strane occhiate. Quelle due parlavano con gli occhi, erano irritanti e inquietanti allo stesso tempo.

Il campanello suonò tre volte di fila. Andy si irrigidì. «Oh, no.» Alzò gli occhi sull'orologio appeso alla parete: mancavano pochi minuti alle nove. «Oh, cazzo», continuò a parlare tra sé e sé.

Ayla e Finn balzarono in piedi e si incamminarono verso il portone d'ingresso. «Non aprite quella porta!» urlò, saltando in piedi e i suoi amati gomitoli rotolarono a terra.

I suoi fratelli ruotarono contemporaneamente la testa verso di lui. Andy si bloccò. Inquietanti.

«Stai facendo una citazione del film omonimo, fratellino?» gli chiese Finn, sarcastico.

«No! Non. Aprite. Quella. Porta», parlò, scandendo parola per parola come se ne andasse della propria vita, della sua incolumità.

Dei ricci familiari, somiglianti alle corna di un diavolo, fecero capolino dalla finestra del salone. Una mano sottile con le dita chiuse a pugno iniziò a sbattere contro il vetro.

Andy si mosse per bloccare i suoi fratelli, percependo un terrorizzante senso di déjà vù perché anche la volta precedente Toby si era comportato in egual maniera, presentandosi alla sua porta come la peggiore delle anime infernali.

Andy si era ritrovato a maledire lui, Seb che continuava a spalleggiarlo; aveva maledetto Ben e sé stesso per quel bacio mancato. Sono un ipocrita.

Sgranò gli occhi e urlò: «No, dannazione! Nonna, non di nuovo!» Ma sua nonna Ester fu più veloce e, facendo tintinnare tutte le sue collane di filigrana colorata prese in Africa, spalancò la porta.

«Morirò di infarto, ha ragione Thomas», disse, fissando il sorriso diabolico di Toby. Seb era accanto a lui, sorrideva in modo più discreto.

«Buonasera, Ester», la salutò Toby. Anche Seb disse: «Buonasera a tutti».

Andy si mosse all'indietro, voleva andare a chiudersi a chiave nella sua stanza, ma nel muoversi andò a sbattere contro il petto di Finn. Suo fratello lo bloccò, afferrandolo per le spalle. Era di nuovo in trappola.

Toby si spostò di lato per poterlo scrutare dalla testa ai piedi. La sua faccia si distorse in una smorfia di completo disappunto misto a un bel pizzico di disgusto quando notò la sua camicia di flanella con la trama scozzese.

«La flanella è un materiale infiammabile, giusto?» domandò, facendosi meditabondo, cacciò dalla tasca un accendino. Doveva averlo fregato a Thomas.

Seb iniziò a sghignazzare, Finn e Ayla risero di gusto mentre le sue nonne sogghignarono. Entrambe adoravano Toby, ovviamente. Erano stati creati con lo stesso impasto intinto nel sarcasmo.

«Non voglio uscire. Sto bene a casa e...»

Toby roteò gli occhi e continuò per lui: «E odi la confusione. Sì, questa preghiera l'ho imparata a memoria.»

«Allora, perché continui a volermi portare al Red Mood?»

Toby entrò dentro casa, le mani ficcate nelle tasche del suo giubbotto color lavanda, lo sguardo pieno di furbizia e malizia. Andy deglutì.

«Perché hai bisogno di uscire dalla tua zona di comfort e da quelle tue camicie di merda, Lolly.»

🧶

«Andy, fermati! Aspettami, dannazione!»

Benjamin allungò il passo per il corridoio poco illuminato, che portava alla sala principale del Red Moon, per riuscire ad agguantare quel maledetto ragazzo, circondandogli il polso con una mano.

«Lasciami», gli disse con un filo di voce, scuotendo il braccio. Nonostante la musica nel locale, Ben riuscì ugualmente a udirla.

Non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare, non di nuovo. Stava rincorrendo Andy Lynch da troppo tempo e si era stancato.

Quella sera Thomas gli aveva proposto di andare al Red Moon insieme al suo ragazzo e al suo migliore amico. Ben aveva accettato solo perché Thomas gli aveva assicurato che Toby e Seb si sarebbero trascinati anche Andy.

Ben aveva percepito dell'astio da parte di Andy nei confronti dei luoghi troppi affollati. Cercava di evitarli o di voler passare in osservato. Si comportava in quel modo anche durante le lezioni, ma Ben lo aveva sempre notato.

Lo strattonò per costringerlo a girarsi verso di lui. Andy cercò di non guardarlo negli occhi. «Lasciami, per favore.»

«Non lo farò», replicò Ben, la voce ferma. Gli afferrò anche l'altro polso e lo strinse, ma senza causargli del dolore.

I clienti del Red Moon continuavano a camminare accanto a loro, chiacchierando, euforici, verso la sala principale. Alcuni di loro gli stavano lanciando delle occhiate di apprezzamento da molto prima che entrassero, ma per Ben non esisteva nessun altro da quando aveva visto Andy in aula un anno prima, durante la sua prima lezione di Discipline sportive. Aveva il cappuccio scolorito di una felpa rossa sulla testa, gli occhi verdi puntati in basso sul suo quaderno degli appunti e una matita stretta tra indice e medio, che faceva picchiettare nervosamente contro il banco.

Quando Andy si era accorto della sua presenza in aula e aveva alzato gli occhi su di lui, Ben aveva capito molte cose. Non era esagerato e non voleva nemmeno affermare di credere in quella pagliacciata del colpo di fulmine. Ben credeva semplicemente nelle connessioni tra le persone e con uno sguardo si era sentito connesso a quel ragazzo.

Andy aveva gli occhi sfuggenti come sempre, non lo guardava mai in faccia, però non stava nemmeno più scappando.

A Ben venne da sorridere. Quel ragazzo lo faceva impazzire in tutti i sensi. A trentun anni si era ritrovato a perdere la testa per un suo studente. Quando aveva iniziato la sua carriera di professore qualche anno prima, non aveva di certo immaginato di prendersi una cotta da adolescente per un ragazzo poco più che ventenne.

«Possiamo parlare?»

Gli occhi di Andy lo scrutarono in viso velocemente.

Quel viso era perfetto, perfetto per Ben. Andy aveva gli occhi più verdi che avesse mai visto, una zazzera folta e scombinata di capelli color ruggine, una spolverata di lentiggini color cannella sul naso dritto, le mascelle appuntite ed era alto quasi quanto Ben. Aveva due gambe atletiche nascoste sempre da pantaloni della tuta che sembrano non finire mai.

Non gliene fregava più niente che Andy fosse un suo studente ne che avesse nove anni di meno. Gli occhi di quel ragazzo sembravano nascondere più saggezza della maggior parte degli adulti che Ben conosceva.

«Non ho vie di fuga. Di nuovo», replicò, afflosciando le spalle.

Ben continuava a sorridergli con tenerezza, non poteva farne a meno. «No, non ne hai, Lynch.»

Le belle labbra di Andy si distorsero in una smorfia, facendogli venire ancora più voglia di riuscire a baciarle.

«Almeno mi lasci andare le braccia?»

Ben gliene lasciò libero uno poi fece scivolare la mano che gli stringeva l'altro per poter attorcigliare le dita alle sue. Gli sorrise e gli disse: «Devo assicurarmi che non scapperai di nuovo.»

Andy guardò le loro mani unite con le labbra socchiuse, le strinse in un attimo, riducendole in una linea sottile e scosse il capo. «Sto davvero terminando la pazienza con tutti», bofonchiò.

Ben rise. Lo adorava, fin troppo.

Lo trascinò per la mano dentro al locale, l'aria era già pregna di odore maschile, la musica non era troppo alta e il bancone del bar era sgombero. Nonostante fosse inizio settimana, però, il locale non era del tutto vuoto. Non c'era la calca del fine settimana, ma una buona clientela era comunque presente.

«Vuoi qualcosa da bere? Analcolico, ovviamente.» Ben ricordava che non gli piaceva l'alcool.

Andy negò con il capo. Ben avrebbe voluto prendersi una birra, ma avrebbe atteso perché aveva davvero paura che il ragazzo decidesse di svignarsela.

Si sedettero su un divanetto a ferro di cavallo nell'angolo più appartato del locale. Andy si guardava attorno e nel mentre si tormentava le dita delle mani.

«Mi piaci, Andy», asserì Ben. Non era amante dei giri di parole, una sua caratteristica era proprio quella di andare dritto al sodo. Non aveva senso arzigogolare una frase quando si potevano dire semplicemente due parole, riuscendo a far intendere tutto.

Andy sgranò gli occhioni verdi. «Oh, santo Cielo. Lo hai detto sul serio?»

Ben annuì, accavallando le gambe. «Mi sembrava fosse già abbastanza ovvio.»

Andy scosse il capo e le spalle. «Sì, ma sentirselo dire in modo così diretto... ha tutto un altro effetto.»

Ben riappoggiò a terra la gamba che aveva accavallato per potersi sporgere verso Andy. Il volume della musica nel locale si stava lentamente alzando e voleva che Andy udisse per bene ogni parola che stava per dirgli.

«Hai paura di me, Andy?»

«Cosa? No, assolutamente», rispose velocemente.

«Allora, smettiamola di scappare l'uno dall'altro. Sono abbastanza sicuro che anche io ti piaccia.»

Andy sbuffò, gonfiando le guance. «Davvero presuntuoso da parte tua, Ben

Ben sorrise. Gli si sarebbe spaccata in due la faccia. «Non si tratta di presunzione, ma di consapevolezza.»

Andy gli dedicò un'occhiata accondiscendente. Quel ragazzo era la persona più espressiva che conoscesse. «Quindi... saresti consapevole di essere presuntuoso.»

Ben non ce la faceva davvero più. Si avvicinò ulteriormente ad Andy. «Sto consumando ogni goccia di autocontrollo, Andy.»

Andy incrociò le braccia e lo sfidò con lo sguardo. «L'ultima volta mi sembra che tu abbia avuto un ottimo autocontrollo.»

L'ultima volta aveva evitato di baciarlo, ma non avrebbe ripetuto nuovamente lo stesso sbaglio.

Si aggrappò alla nuca di Andy con una mano e gli spinse il viso ad un soffio dal suo. Ben stava rischiando perché in quel locale avrebbe potuto incontrare un altro studente del college e la sua carriera sarebbe potuta finire in un attimo, eppure... eppure per una volta voleva davvero rischiare.

«A maggio finirai l'anno accademico e ci sarà la consegna dei diplomi», gli disse sulle labbra. Aveva un buonissimo profumo, non riusciva a capire con esattezza che profumo fosse, ma era buono, era fresco e il suo alito profumava di mentolo.

Andy aveva gli occhi socchiusi e stava respirando a fatica. Annuì. «Mi laureo», confermò.

«E io non sarò più un tuo professore», continuò a dire Ben.

Andy negò. «Non lo sarai più.»

Ben sorrise e strusciò la punta del naso contro la sua. «Ti arrendi anche tu?»

Andy sospirò e poco dopo Ben percepì la sua mano calda contro la guancia. «Mi arrendo anche io, ma dovremmo stare attenti fino al giorno della...» Ben non lo fece finire di parlare perché aveva già schiacciato le labbra contro le sue.

Oh, finalmente, cazzo.

Mentre si avvicinava sempre di più al corpo di Andy, baciando e mordendogli le labbra, gli era sembrato di udire la voce stridula e ubriaca di Seb che urlava: «Toby, li hai visti?»

«Vedo la loro lingua, cazzo!» Anche Toby sembrava abbastanza brillo.

Probabilmente, li stavano vedendo tutti.

Quando si separarono, Andy aveva il viso dello stesso colore dei suoi capelli, gli occhi lucidi e le labbra gonfie. Gli scappò una risatina. «Questo sì che è stato un bacio.»

Ben gli fece scorrere una mano tra i capelli. Finalmente poteva toccarlo. «Ce ne saranno altri, se hai deciso di deporre finalmente le armi, Lynch.»

Andy lo fissò negli occhi. Sì, Ben era consapevole di avere degli occhi particolari: erano eterocromi dalla nascita. L'occhio sinistro era azzurro mentre il destro era verde oliva. Diciamo, che i suoi occhi lo avevano aiutato spesso a rimorchiare da adolescente.

«Cerchiamo di non ficcarci nei casini», asserì Andy, era ritornato a essere il ragazzo serio. «Io mi devo laureare e tu hai una carriera da professore da portare avanti.»

Ben annuì. «Poi, una volta che ti sarai laureato, potrai venire a vivere con me.»

Andy sgranò gli occhi poi gli venne da ridere e gli diede una pacca sulla spalla. «Non esagerare.»

Ben lo baciò di nuovo. Non stava esagerando.

Andy iniziò a ridacchiargli sulle labbra. A Ben piaceva quel suono quasi bambinesco, significava che si stava lasciando andare. «Perché ridi?»

Gli occhi verdi di Andy luccicavano di divertimento. «Le mie nonne impazziranno quando lo sapranno.»

Ben aggrottò le sopracciglia. «Le tue nonne?»

Andy sorrise sbilenco e gli diede un'altra pacca su una spalla. «Sono cresciuto con due nonne lesbiche e cinque fratelli. I miei genitori sono sempre dall'altra parte del mondo. Fisicamente, non metaforicamente. Ci vorrà un mese per presentarteli tutti. Sei proprio sicuro di voler prendere il biglietto solo andata per questo treno?»

Ben gli sorrise e gli fece un occhiolino. «Sono certo che ne varrà la pena.»





Nota di Jenny

Ehilà, buongiorno...
Ora è davvero finita.

Grazie di nuovo per il supporto. 🫶🏻

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