Come un fiore tra le mine (Re...

By Elle_Jenny

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Mason vedeva solo nero. Non desiderava vedere più la luce in fondo al tunnel perché ormai era sceso a patti... More

Prologo di Mason
Prologo di Seb
Capitolo 1 - Mason
Capitolo 2 - Seb
Capitolo 3 - Mason
Capitolo 4 - Seb
Capitolo 5 - Mason
Capitolo 6 - Seb
Capitolo 7 - Seb
Capitolo 8 - Mason
Capitolo 9 - Seb
Capitolo 10 - Mason
Capitolo 11 - Mason
Capitolo 12 - Seb
Capitolo 13 - Mason
Capitolo 14 - Seb e un po' di Mason
Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb
Capitolo 16 - Seb
Capitolo 17 - Mason
Capitolo 18 - Mason
Capitolo 19 - Seb
Capitolo 20 - Mason
Capitolo 21 - Mason
Capitolo 22 - Seb
Capitolo 23 - Mason
Capitolo 24 - Mason e Seb
Capitolo 25 - Mason
Capitolo 26 - Seb
Capitolo 28 - Seb
Capitolo 29 - Mason
Epilogo
Capitolo Speciale - Andy e Ben

Capitolo 27 - Mason

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By Elle_Jenny

«Mason... Qual buon vento ti ha spinto a venire fin qui di nuovo?» gli disse Michael, spalancando la porta per permettergli di entrare con la sedia a rotelle.

«Un vento abbastanza tempestoso che prende il nome del nostro migliore amico in comune», rispose Mason, usando lo stesso tono sarcastico di Mike.

Udì il rumore della porta che veniva chiusa e, poco dopo, i passi lunghi di Michael. Si ritrovarono l'uno accanto all'altro, a muoversi verso il suo studio off-limits per i comuni mortali. Nel loro gruppo, di persone comuni non se ne ritrovava nemmeno mezza. Perfino Jamie, il quale poteva risultare esternamente come il più pacato e il più normale proprio perché era avvolto da quell'aria da eterno e dolce bambino, nonostante avesse quasi trent'anni. Anche se, in realtà, non lo era per nulla.

«Hai notato anche tu qualche comportamento strano in Evan? Cioè... non sta compiendo le sue solite stranezze» gli chiese Mike, aprendo anche la porta del suo studio per farlo entrare e richiudendola subito dopo alle loro spalle.

Mason si fermò con la sedia a rotelle davanti l'ampia scrivania dell'uomo, piena di monitor, attraverso i quali aveva una visione completa sia dell'esterno che dell'interno del suo locale.

Michael era sempre stata una persona meticolosa, sapeva che i locali come il suo rischiavano la chiusura e di essere confiscati ogni singolo giorno, proprio perché non erano ben visti e perché si credeva, erroneamente, che tutti fossero delle semplici coperture per gli spacci di droga e per favorire la prostituzione.

Mike poteva chiudere un occhio su qualche canna fumata fuori o nei bagni, ma non sul resto. Teneva troppo alla sua attività e quindi aveva finito per riempire il Red Moon di buttafuori e telecamere. Nulla poteva sfuggire ai suoi occhi, soprattutto perché dietro al bancone, da quando quel posto era diventato il suo, anzi, il loro, c'era Jamie.

«L'hai notato anche tu?» Ciò significava che Evan non era stato così bravo a fingere come doveva aver creduto. Aveva pensato, erroneamente e stupidamente, di darla a bere a tutti.

Michael si rinfilò gli occhiali dalla montatura nera e spessa, che aveva lasciato accanto alla tastiera del computer. Scosse il capo. «Jamie l'ha notato prima di me.»

A Mason venne da sogghignare. A quella dannata principessa non sfuggiva mai nulla.

«Cosa pensate che abbia? Ho provato a parlargli, ma mi dice sempre che esagero e che i periodi no possiamo averli tutti», gli spiegò. Poi gli venne da sbuffare. «Sono cazzate, non è Evan.»

Gli occhi scuri di Michael si muovevano velocemente sugli schermi, a tempo con il tic tic tic del mouse.

«Io credo che Evan, nonostante sia sempre stato accerchiato da tante persone, tante persone che gli vogliono bene, si senta solo.»

Mason sgranò gli occhi. «Solo?» ripeté.

Mike annuì, si sfilò gli occhiali e iniziò ad accarezzarsi il ponte del naso. «Jamie, invece, pensa anche a un'altra cosa.»

«Michael, non parlare a pezzi. Mi innervosisce. Dimmi cosa pensa Jamie senza fare strane pause a effetto.»

Michael si rimise gli occhiali e lo fissò con occhi attenti, seri, con occhi che nascondevano, in realtà, anche molta preoccupazione.

«Evan potrebbe sentirsi ancora in colpa per Timothy. In auto... lui lo stava stuzzicando, io mi sono distratto nel guardarli e...»

«No!» sbottò Mason. Michael sgranò gli occhi. «Ci ho messo anni, Mike, anni per cercare di farmene una ragione, per arrivare alla consapevolezza che è stata una fottuta tragedia. La strada era ghiacciata, quel camion ha slittato sull'asfalto... So, dentro di me, che Timmy non vorrebbe mai che io ce l'avessi con nessuno di voi. Non è stata colpa tua. Non è stata colpa di Evan. Non è stata nemmeno colpa di quell'autista.»

Per anni, Mason aveva preferito incolpare Michael, che era stato alla guida, piuttosto che scendere a patti con la consapevolezza che era stata un'enorme tragedia.

Mike lo osservò per qualche istante, gli scandagliò il viso con gli occhi. A Mason parve di vedere dei calcoli immaginari che comparivano sopra la sua testa, come se stesse cercando di risolvere un'equazione difficilissima.

«Hai fatto un buon lavoro su te stesso, Mason.»

Mason sbuffò e si ficcò le mani nelle tasche. «Non è stata tutta farina del mio sacco.»

Mike gli dedicò un piccolo sorriso. «Già, lo so.» Poi riportò gli occhi sui monitor.

Mason odiava quando Michael faceva l'enigmatico, sembrava sempre che l'uomo si trovasse una decina di passi davanti a tutti.

«Quindi, che si fa? Non possiamo lasciarlo affogare nella sua merda. Lui, a me, non l'ha permesso.»

Mike rilasciò un piccolo respiro, mosse il collo a destra e a sinistra, si sentirono dei leggeri schiocchi.

«Dovremmo fargli un agguato.»

«Un agguato?»

Michael annuì, le labbra gli si arricciarono appena verso destra, mettendo in risalando delle leggere rughe da risata. Michael non era un tipo che rideva spesso, proprio come Mason. Solitamente, rideva di più in compagnia di Jamie, proprio come Mason aveva iniziato a ridere più spesso da quando Seb aveva preso a gironzolargli attorno, da quando Timothy non c'era più.

L'amore... era un mondo bizzarro e sconosciuto.

«Sei stato per anni un soldato, dovresti sapere come funzionano gli agguati.»

«Mi stai prendendo per il culo, Mike?»

«Non è nel mio stile.»

Si guardarono per qualche istante negli occhi, Mason sentì un altro pezzo andare al suo posto nel puzzle che da anni era diventata la sua vita.

«Se hai un piano, dimmi come dovremmo fare.»

Michael ritornò a maneggiare con il mouse. Quel tic tic tic stava diventando una nenia quasi rilassante.

«Una semplice cena, come quando eravamo ragazzini. Io, te, Jamie, Evan e Rachel. Pizza, birra - acqua per Rachel - e un film.»

Michael alzò gli occhi dai monitor e ritornò a fissarlo. Mason si specchiò negli occhi scuri dell'uomo che aveva davanti e che aveva conosciuto quando era poco più che un ventenne costretto dal padre a dover studiare Legge, una laurea che aveva odiato fino all'ultimo giorno. Gli vennero in mente le serate che trascorrevano a casa di Belinda e Alan, addossati sul divano e sul pavimento, a guardare quei disgustosi film romantici che piacevano tanto a Jamie, ma che finivano per guardare tutti perché nessuno riusciva a dirgli di no. Anche Timothy aveva partecipato ad alcune di quelle serate pizza-film disgustoso. Si ricordava anche la presenza sporadica di Cody, però, sia Timmy che Cody avevano sempre saputo che quelle serate erano una loro cosa, un qualcosa che facevano per tenere saldo il loro rapporto. Eppure, alla fine era andato comunque tutto a puttane. 

Proprio durante quelle serate, avevano finito sempre per raccontarsi i loro problemi, le loro preoccupazioni, ma anche le cose... belle. Erano state delle terapie di gruppo tra ragazzini, ma senza il terapista.

«Mi sembra una buona idea», disse Mason.

Michael annuì, abbozzando nuovamente quel piccolo sorriso sbilenco. «È stata un'idea di Jamie.»

Mason sbuffò e mosse una mano per aria. «Avrei dovuto immaginarlo.»

Poi qualcosa attirò l'attenzione di Michael che riabbassò gli occhi sullo schermo collegato alle telecamere presenti nella sala del Red Moon.

«Sta succedendo qualcosa?» gli chiese. Non voleva apparire allarmato, ma Seb era lì, insieme ai suoi amici, e se qualcuno avesse provato a torcergli anche un solo capello, probabilmente si sarebbe trasformato in un drago sputa fuoco.

Davvero patetico, Mason. Davvero, davvero patetico, gli disse una voce nella sua testa.

Oh, fanculo.

Michael strinse un po' le palpebre e avvicinò gli occhi al monitor, poi li rialzò di scatto su Mason e iniziò a picchiettarsi l'indice al centro delle labbra.

«Mhm...», mugugnò. «Forse, dovresti venire a dare un'occhiata.»

Mason gli si avvicinò velocemente, raggirando la scrivania con la sedia a rotelle. Quando puntò gli occhi sullo schermo che stava fissando Michael, si ritrovò a osservare una familiare testa piena di soffici capelli viola, poi, subito dopo un tizio allampanato che si stava avvicinando fin troppo al suo ragazzo, gli stava dicendo qualcosa e Seb stava facendo un passo indietro. Accanto a lui comparve Toby, iniziò a parlare e a gesticolare, simulando anche una pistola con le mani, un colpo che gli sarebbe stato sparato alla testa.

Mason lo avrebbe fatto volentieri.

Il tipo non la smetteva, però, di provare ad avvicinarsi a Sebastian. Mason prese un profondo respiro per tentare di calmare la gelosia quasi rovente. Come aveva già detto, si fidava di Seb, ma non si fidava dei ragazzi che provavano a gironzolargli attorno perché quel ragazzo era una bellissima creatura che attirava più sguardi languidi di quelli che credeva. Non riusciva a darsi, anzi, ad accettare il reale valore che aveva come persona. E Mason non parlava solamente del suo aspetto fisico.

Lo vide alzare il capo e puntare i suoi bellissimi occhi azzurri su una telecamera, come se sapesse che Mason lo stesse controllando attraverso di essa.

Prese un altro profondo respiro. «Mi devo calmare, altrimenti potrei trasformare quel tipo in carne macinata e non vorrei mai spargere del sangue nel tuo locale perché poi lo faresti pulire a me. Porca puttana, mi ero dimenticato come ci si sentisse a essere geloso di qualcuno.»

«Forse dovresti continuare a guardare.»

Mason riportò di scatto gli occhi sullo schermo. Il tipo allampanato stava cercando di accarezzare il viso di Sebastian. Mason era pronto a schizzare dentro la sala, quando vide Seb alzare un braccio e scacciare con un gesto secco la mano viscida di quel tizio. Toby, al suo fianco, stava sghignazzando; anche se non c'era l'audio, Mason poteva ugualmente immaginare la sua risata sadica.

«Si sa difendere», constatò Mike. Sembrava soddisfatto.

Mason aveva le sopracciglia aggrottate e le mani strette in due pugni. Gli sarebbe venuto un aneurisma, se quel tipo non si fosse allontanano dal suo ragazzo. Subito.

«Dovrò dargli delle lezioni di difesa personale», ringhiò tra i denti.

Mike rise. «Non ti sembra di esagerare?»

Mason lo guardò di traverso. «No. Mi sono sempre chiesto tu come riuscissi a mantenere la calma con tutti gli uomini che girano attorno a Jamie.»

Mike ricambiò la sua occhiata. «E chi ti dice che sia calmo? Una sana relazione è fatta di fiducia reciproca, Mason. Io so che finito il suo turno, Jamie tornerà sempre da me. Anche Seb tornerà da te. Guarda... il tipo se ne è andato, ha capito che non avrebbe ricevuto nulla dal tuo ragazzo.»

Mason vide Seb che era ritornato a ballare, a scuotersi e a cantare insieme a Toby, come se nulla fosse appena successo. Era bellissimo, era allegro, era colorato. Era l'esatto opposto di Mason.

Si passò entrambe le mani sul capo. Aveva deciso che non si sarebbe più rasato la testa, eliminando quell'abitudine presa nell'esercito. Forse, aveva deciso di non rasarti più i capelli, principalmente perché a Seb piaceva immergerci le dita e Mason voleva che lo facesse sempre. Lo rilassava, gli calmava i nervi.

«Guardalo... Io ci provo a capire cosa abbia visto in questo rottame, ma penso che non lo comprenderò mai del tutto. Non mi sto lamentando, sia chiaro, ma Seb è un concentrato di gioia, potrebbe avere accanto una persona migliore e meno incasinata di me. Vorrei essere lì con lui, in questo momento. Vorrei stringerlo davanti a tutti, ma non posso e questa cosa... cazzo, mi sta infiammando lo stomaco.»

«Un tempo l'ho pensato anche io, ti ricordi?» gli domandò Michael.

«Cosa dovrei ricordarmi?»

Mike aveva ripreso a ticchettare con il mouse, stava facendo minimo quattro cose contemporaneamente. «Un tempo anche io pensavo che Jamie avesse dovuto trovarsi un ragazzo della sua età, meno incasinato di me, che non avesse problemi a dimostrare la sua omosessualità. Ma aveva scelto me, voleva me e anche io volevo lui. Alla fine, come direbbe Evan, ho cacciato la testa dal culo. Non è vero che non puoi essere lì con lui, Mason. Forse, te lo sconsiglio durante il fine settimana, ma stasera la sala non è affollata, puoi andare di là, metterti accanto al bancone, farti dare una birra da Jamie e farti vedere da Seb, così da fargli capire che sei lì e che vuoi solo che si diverta.»

Mason elaborò tutte le parole pronunciate da Mike; osservò con le palpebre assottigliate il suo profilo spigoloso, poi borbottò: «Perché devi essere sempre così fastidiosamente intelligente?»

Mike sbuffò una piccola risata. «Sto solo cercando di farti capire di non rinunciare e di non avvilirti.»

Mason incrociò le braccia e riguardò per la millesima volta Seb che si muoveva, come se il suo corpo fosse liquido, accanto a Toby; aveva notato, sempre attraverso le telecamere, come Thomas, accanto al bancone, non stesse levando nemmeno per un secondo gli occhi da entrambi. Non stava controllando solo Toby, ma anche Seb.

«Hai ragione, okay? Hai ragione, cazzo», sbottò Mason.

«Lo so», replicò Mike.

Mason non riuscì a trattenersi e gli tirò un pugno contro la spalla. Michael sghignazzò.

Si allontanò dalla scrivania per avvicinarsi alla porta. Doveva andare da lui.

«Parla con Jamie, fatemi sapere per quanto sarà previsto l'agguato a Evan che me lo segno sull'agenda.»

Mike annuì, sogghignando. «Ora, vai da Seb.»

Ci sarebbe andato, eccome.

«E non farti riempire la testa di chiacchiere inutili dai baristi. Quei due sono assurdi... Prima o poi mi faranno venire un infarto», continuò a brontolare Mike.

🖤💜

Quando Mason aprì la porta anti-panico, che dal corridoio dove si trovava lo studio di Michael, i bagni e i camerini dei ragazzi che lavoravano lì, venne investito da un pungente odore di sudore, misto a feromoni maschili e a vari profumi chimici; inoltre, il volume della musica era stato alzato, quindi anche le sue povere orecchie furono aggredite da una canzone pop commerciale discutibile, una di quelle che andavano di moda. Poteva essere di Ariana Grande o di Selena Gomez, non ne aveva idea. Per lui quelle tizie erano tutte uguali; sapeva riconoscere solo Rihanna tra di loro, e non perché fosse una bellissima donna nera, ma perché le sue canzoni, invece, non le disdegnava.

Ci mise un po' ad abituarsi a quel nuovo ambiente, anche i suoi occhi dovettero abituarsi alla classica luce rossastra del Red Moon. Il locale non era affollatissimo, non c'era nemmeno fila al bancone, ma il centro della sala ospitava ugualmente un discreto gruppo di uomini di ogni tipo. Mason vide qualche cinquantenne che tentava di spacciarsi per silver fox, qualche orso, dei ragazzini che sembravano non avere più di vent'anni, magri come spilli e con dei fazzoletti al posto dei vestiti.

Cazzo, ognuno è libero di vestirsi come gli pare, pensò Mason. Forse, sarò un po' all'antica, ma se fossi genitore, non manderei mai mio figlio svestito in quel modo.

Fortunatamente, non erano figli suoi.

Non ci mise molto ad avvistare Seb, che continuava a ballare e a cantare insieme a Toby. Appariva così spensierato, muoveva i fianchi e la testa a tempo di musica e sulle labbra aveva il più bello dei sorrisi. Ma la parte migliore per Mason erano i suoi occhi brillanti. Truccati o meno, quegli occhi rimanevano la cosa più bella che Mason avesse mai visto.

Gli sfuggì una smorfia. «Mah», si ritrovò a borbottare tra sé e sé. «Ci manca solo che decida di scrivere una poesia sui suoi occhi. Sei ridicolo, Mason».

Un paio di ragazzi gli lanciarono delle strane occhiate. Probabilmente, non doveva essere la migliore delle visioni: un uomo con la fronte perennemente aggrottata, su una sedia a rotelle, vestito con felpa e tuta, in un locale dove normalmente le persone si agghindavano, per conquistare o essere conquistati e farsi una bella trombata in auto o nei cessi.

Mason lì guardò male, i due ragazzi sussultarono, come se davanti avessero avuto il mostro che si nascondeva sotto ai letti, per poi defilarsela. 

Tanto quella sera, se tutto sarebbe andato secondo i suoi piani, avrebbe avuto Seb, fantasticamente al caldo nel suo letto, e non aveva avuto bisogno né di mettersi un perizoma né di riempirsi i capelli di lacca per riuscire a rimorchiare qualcuno.

«Stupidi mocciosi», continuò a brontolare a bassa voce.

Scosse il capo per allontanare tutti quegli stupidi pensieri e si fece largo tra la folla di persone così piene di vita - beati loro - per raggiungere il bancone del Red Moon. Decise di non andare da Seb, si stava divertendo e voleva che continuasse a ballare con Toby. L'avrebbe controllato da lontano, proprio come stava facendo Thomas.

Erano due casi persi. Due casi clinici. Cioè, Mason, teoricamente, era già un caso clinico.

Il primo a notarlo avvicinarsi e a regalargli il più grande dei sorrisi fu, ovviamente, Jamie.

«Oh, mio Dio, Mason», gli disse. Sembrava così felice di vederlo.

«Non ti sembra vero, eh, principessa? Sappi che non sono un ologramma», replicò Mason, ironico.

Jamie gli fece un altro sorriso, uno di quelli che non mettevano in mostra la sua dentatura regolare, ma un sorriso dolce alla Jamie.

«Vuoi qualcosa da bere?» gli chiese.

Mason negò con il capo. «Devo guidare e deduco che qualcun altro sarà abbastanza ubriaco per entrambi, questa notte.»

Jamie capì subito a chi si stesse riferendo Mason e il suo sorriso da dolce divenne malizioso, gli occhi castani che luccicavano.

«Ha bevuto già tre drink speciali di Simon.»

«State parlando di me?» disse il barista del Red Moon, comparendo al fianco di Jamie. Aveva un braccio completamente tatuato, un anellino al naso, occhi grigi e furbi, circondati da matita nera e riccioli biondi da cherubino. Quello era il nipote di Annie.

«Tu sei il nipote di Annie.»

Simon lo osservò, inclinando il capo di lato, poi gli dedicò un sorrisino sbilenco e si appoggiò con gli avambracci sul bancone per potersi sporgere meglio verso Mason. Come sua zia, anche Simon emanava la stessa aurea di sicurezza in sé stessi.

«In persona. Tu devi essere Mason. L'hai combinata grossa, eh? Mia zia sembrava abbastanza irrequieta quando l'ho incontrata, stamattina. E quando mia zia diventa irrequieta, allora, è meglio che il mio uomo non si faccia vedere da lei o rischierebbe un cazzo tatuato sulla fronte ancor prima di pronunciare: "Ciao, Annabelle"

Le sopracciglia di Mason balzarono verso l'alto. «Il nome completo di tua zia è Annabelle

Mason scosse una mano in avanti. «Già, ma l'ha sempre odiato. Per questo si fa chiamare da tutti Annie. Wesley, il mio fidanzato, la chiama Annabelle per farla infuriare. Quei due hanno uno strano rapporto basato sull'odio e rispetto reciproco.»

«Annabelle è anche il nome di una bambola demonica», disse Mason.

Simon gli fece un sorriso furbo. «Non l'hai mai vista arrabbiata.»

Mason era abbastanza certo di non volerla mai vedere in preda all'ira demoniaca.

«Odio il martedì», sbottò improvvisamente una voce. Proveniva dall'altro barista del Red Moon: un ragazzone tutto spalle ampie da nuotatore e capelli bruni arruffati e tenuti in parte da una bandana. «Perché esiste il martedì?» continuò a lamentarsi, sfilandosi la bandana dalla testa. I suoi capelli sembravano usciti direttamente da una presa per la corrente.

Simon lo guardò di lato. «E perché esiste il lunedì?»

Il barista si passò una mano tra i capelli per provare a riordinarli. «Già! La settimana dovrebbe iniziare direttamente dal mercoledì.»

Quel discorso per Mason non aveva senso.

Il nuovo arrivato si accorse della presenza di Mason. «Ehi, tu devi essere Mason.»

Mason aggrottò le sopracciglia. «E tu come lo sai?»

Bran indicò Jamie, occupato a sciacquare una serie di bicchieri da liquore. «Al futuro marito di Batman piace chiacchierare.»

Jamie alzò lo sguardo, inarcò le spalle e disse: «Mea culpa.»

«Io comunque sono Bran.» Il ragazzone, allungandosi sul bancone, gli posizionò una mano quasi sotto al naso. Mason gliela strinse, era grande, calda e un po' ruvida.

«Beh, il mio nome già lo sai.»

Bran gli fece un occhiolino. «Sei anche il ragazzo di quello scricciolo con i capelli viola.»

Mason si limitò ad assottigliare le palpebre e a lanciargli una luuunga occhiata. Il barista, Bran, lo guardò a sua volta per poi sorridergli. «Oh... cazzo, che sguardo penetrante», disse, sghignazzando. «Non preoccuparti, soldato, sono già accoppiato e non sono nemmeno intenzionato a cambiare compagno nel futuro prossimo.»

«Qualcuno stava parlando di me?» parlò un ragazzo che non doveva avere più di venticinque anni. Non era molto alto, anche lui aveva dei strabilianti occhi chiari e dei particolari capelli biondi che sembravano quasi color platino.

Bran, non appena lo vide, si illuminò come una grossa lampada a neon. «Oh, ecco l'amore della mia vita!» esclamò, con fin troppa enfasi.

Il nuovo arrivato, infatti, roteò gli occhi, ma stava ugualmente sorridendo. «Devi sempre esagerare, Bran.»

Bran si toccò il petto, come se fosse stato appena colpito proprio al centro. «Mi ferisci, Joel. Mi ferisci molto. Tu sei l'amore della mia vita.»

Quindi quel ragazzo doveva chiamarsi Joel.

Con la coda dell'occhio, Mason vide Simon e Jamie che fingevano di mettersi due dita in gola per vomitare.

A Mason venne da abbozzare un ghigno. Sembravano essere un gruppo molto unito.

Poi notò Thomas, in fondo al bancone, stava sorseggiando lentamente una birra mentre aveva gli occhi fissi tra la folla. Mason sapeva bene chi stesse osservando così attentamente.

Si mosse all'indietro con la sedia a rotelle. «Bene, ragazzi, è stato un piacere parlare con voi, ma adesso vorrei raggiungere una persona.»

Lo sguardo di Jamie si fece attento. Cioè, il suo sguardo era sempre attento, ma si fece più attento. «Vai da Thomas?»

Mason annuì. «Mi piace perché è un tipo che parla poco.»

Jamie ridacchiò e osservò Simon e Bran che avevano iniziato a prendersi a spallate mentre Joel li guardava, scuotendo il capo. Poi arrivarono un gruppo di uomini che chiesero degli shot di vodka e i due baristi, da cui Michael lo aveva messo in guardia, si misero subito a lavoro, sorridendo e ammiccando agli uomini perché quei sorrisi riuscivano a fargli accaparrare un bel po' di mance.

«È un tipo che si sente anche particolarmente a disagio, qui. Ci viene solo per il suo ragazzo, ma ne farebbe volentieri a meno», gli spiegò Jamie.

«Lo consoci bene», constatò Mason.

Conosceva Thomas Parker solo per via del Centro Veterani e perché, dopo che sua sorella Olivia gli aveva scaricato Eva a casa, gli era stato consigliato come centro veterinario proprio l'Animal's Planet dove lavorava Thomas.

Jamie annuì. «Lui e Mike sono diventati amici, vanno a correre insieme. Ogni tanto costringono anche me.»

Mason sbuffò. «Mi ricordo di averti visto arrancare dietro di loro.»

«Non sfottere, la mattina mi piace dormire, ma quei due preferiscono andare a gelarsi il culo, correndo. Pazzi.»

«Pazzi sconsiderati», rincarò Mason, standogli dietro.

Jamie assottigliò lo sguardo. «Odio quando utilizzi quel tono accondiscendente.»

Mason scrollò le spalle. «È il mio tono di voce.»

Uno straccio gli finì in faccia. Mason emise una breve risata e glielo rilanciò. Jamie lo prese al volo.

«Ci vediamo la sera dell'agguato a Evan», gli disse Mason.

Jamie affilò lo sguardo e si fece serio, poi, un attimo dopo gli fece un sorrisetto un po' triste. Mason incominciò ad avere la sensazione che Jamie sapesse più di quanto lui avesse creduto inizialmente.

«Ci sentiamo, Mason.»

Sì, Mason ne era più che certo.

Raggiunse Thomas, ma aveva iniziato ad avvertire una strana sensazione di inquietudine alla bocca dello stomaco non appena aveva dato le spalle a Jamie.

«Com'è la situazione?» chiese al veterinario, posizionandosi con la sedia a rotelle accanto a lui. Thomas era un ragazzone, ma non era molto più alto di Mason. Quando era in piedi, ovviamente, ma in quel momento lo sovrastava di svariati centimetri.

Il ragazzo di Toby indicò con un cenno del capo un punto della sala. Da quando era arrivato lì dentro, la puzza di sudore era peggiorata ed era stata cambiata la musica almeno quattro o cinque volte. Per lui quelle canzoni rimanevano tutte uguali, cambiava giusto un po' il ritmo.

«Sono ubriachi e domani avranno i piedi gonfi e staranno senza voce», gli disse Thomas. Aveva la classica voce rauca di chi aveva fumato parecchie sigarette.

Mason puntò lo sguardo su Seb. Sgranò gli occhi. «Gesù Cristo... ma sta twerkando.»

Serrò le mani attorno alla gomma delle ruote della sua sedia. Stava cercando di trattenersi o avrebbe scaraventato per aria parecchi uomini, così da poter raggiungere quel pazzo ubriaco del suo ragazzo. Non lo fece, però. Si trattenne. A fatica, ma si trattenne.

«Ah-ah. Dico sempre a quel bastardo di Toby che, quando arriverò a trent'anni, sarò costretto a prendermi la pillola per la pressione a causa sua. Vuoi una chewing-gum? Sto cercando di smettere di fumare.»

Mason negò con il capo e rifiutò la chewing-gum, poi, guardò anche Toby, che aveva preso a twerkare accanto a Seb. «Io i trent'anni li ho superati da un paio d'anni. Arriverò ai quaranta con un pace-maker», replicò Mason, muovendo gli occhi a tempo con il culo di Sebastian.

Thomas sbuffò una specie di risata rauca, continuando a masticare la gomma.

«Non vai a ballare con lui?» domandò al veterinario.

Il ragazzo si grattò una guancia ricoperta da un filo di barba, negò con la testa. «Non fa per me.»

«Nemmeno per me, anche prima che il mio culo finisse su questa due ruote.»

«Lasciamoli sfogare, allora.»

Mason annuì. «Sperando di non dover uccidere nessuno.»

Ci vollero un altro paio di canzoni dal gusto opinabile prima che Seb e Toby decidessero di ritornare da loro.

Toby compì una specie di bizzarro volo per poi cadere letteralmente tra le braccia del suo ragazzo. Aveva uno strano sorriso abbastanza inquietante sulle labbra. «Li ho visti», disse il migliore amico di Seb.

Anche il suo ragazzo lo raggiunse, sculettando come un papero felice, fino ad andarsi a sedere sulle sue gambe. Anche lui stava sorridendo, ma era teneramente ubriaco e non inquietante come Toby. «Anche io li ho visti», disse, poi emise un singhiozzo.

«Ma di chi state parlando?» chiese Thomas.

«Di Andy e Benjamin!» esclamarono contemporaneamente.

Mason inarcò un sopracciglio. Benjamin era un amico comune di Michael e Thomas. Lo aveva conosciuto quella sera. Aveva capito subito che doveva esserci qualcosa tra lui e quel ragazzo allampanato dai capelli rossi.

«Stavano litigando?» domandò Mason, sondando il terreno.

Seb gli diede un colpetto leggero contro la guancia e ridacchiò. Aveva il viso rosso e gli occhi lucidi. Mason avrebbe voluto riempirlo di baci.

«Ma no, sciocco», gli rispose.

«Si stavano infilando la lingua in gola», parlò Toby.

Mason e Thomas si lanciarono un'occhiata complice. Quei due avevano bisogno di smaltire la sbornia.





Nota di Jenny

Bonsoir!

Ahhh, mi erano mancate le scene lunghe e caotiche al Red Moon. So che sono mancate un po' anche a voi.

🌙

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