The Promise 2

By heavnsqueen

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Volume 2 (sequel The Promise) "Together but alone." A causa di una promessa, Diamond One si trova obbligata a... More

Introduzione
❤️‍🩹A voi❤️‍🩹
Prologo
Eros 1
Diamond 1
Eros 2
Eros 2 (parte 2)
Diamond 2
Eros 3
Eros 3 (parte 2)
Diamond 3
Diamond 3 (parte 2)
Diamond 4
Diamond 4 (parte 2)
Eros 4
Diamond 5
Diamond 5 (parte 2)
Eros 5
Eros 5 (parte 2)
Diamond 6
Diamond 6 (parte 2)
Diamond 7
Diamond 7 (parte 2)
Diamond 8
Eros 7
Eros 8
Diamond 9
Eros 9
Diamond 10
Eros 10
Diamond 11
Eros 11
Diamond 12
Eros 12
Diamond 13
Eros 13
Diamond 14
Eros 14
Eros 15
Diamond 15
Eros 16
Eros 16 (parte 2)
Diamond 16
Diamond 16 (parte 2)
Eros 17
Diamond 17
Diamond 17 (parte 2)
Eros 18
Diamond 18
Eros 19
Diamond 19
Eros 20
Eros 21
Diamond 20
Ringraziamenti
The Promise 3

Eros 6

880 34 3
By heavnsqueen

Posso essere sia il più dolce dei sogni che il peggiore degli incubi.
Eros Knight


<Mamma, mamma, perché...> ripetei, preso dal panico.

<Mamma, perché lo hai fatto?> chiesi singhiozzando.

<Mamma...> caddi a terra appena oltre la soglia della porta.

<Ma-mamma, avevi promesso...> ripetei piangendo e incapace di rialzarmi.

<Me lo avevi promesso!> urlai, stringendo le manine in pugni e fissandola con occhi pieni di rabbia.

Mi risvegliai di soprassalto, gli occhi spalancati, il corpo sudato e il cuore che batteva veloce. Mi alzai, stringendo la bottiglietta d'acqua tra le mani, e versandone un po' nel bicchiere. Con le mani ancora tremanti, sollevai il bicchiere e bevvi, con il respiro corto e affannato.

Mi avviai verso il bagno e mi sciacquai il volto con acqua fredda, stringendo gli occhi nel tentativo di cancellare dalla mente quell'incubo. <Era solo un incubo... solo un incubo.> mormorai quasi sottovoce, cercando di convincere me stesso. Fissai il mio riflesso per un istante, cercando di normalizzare il battito cardiaco.

Entrai in doccia, lasciando che l'acqua calda scorresse lungo la mia pelle.

Sollevai lo sguardo, consentendo all'acqua di colpire direttamente il mio volto. Poi presi la spugna e la sfregai energicamente sulla pelle, cercando di eliminare ogni traccia di quel veleno e di distogliere la mia mente dall'immagine angosciante di mia madre.

<Cazzo!> urlai, gettando violentemente la spugna a terra e reggendomi al muro, con ancora l'acqua a scorrere.

Il mio respiro era irregolare, così come il battito del mio cuore, mentre la pelle arrossata a causa della forza con cui sfregai la spugna.

Questo veleno mi sta consumando, mentre i ricordi mi stanno annientando. La consapevolezza della mia debolezza passata, mi sta lentamente distruggendo.

Chiusi il getto d'acqua e uscii dalla doccia, avvolgendo un asciugamano attorno alla vita.

Mi vestii con una camicia nera abbinata a pantaloni dello stesso colore, lasciai la cabina armadio e tornai in camera. Mi diressi verso i cassetti posti all'angolo della stanza. Aprii il primo cassetto stringendo una boccetta di profumo di narciso, inspirai profondamente e tolsi il tappo, spruzzando diverse volte sul mio corpo.

Strinsi gli occhi sentendo quel profumo avvolgermi, poi richiusi la boccetta e la riposi nel cassetto.

Aprii il secondo cassetto e presi la pistola, caricandola. La posizionai sul lato posteriore dei pantaloni.

Feci per andarmene, ma mi fermai e rivolsi nuovamente lo sguardo ai cassetti, concentrandomi sul terzo cassetto.

Mi feci forza e lo aprii lentamente, tralasciando la chiavetta e la busta. Avvicinai la mano alla piccola scatola in legno bianco, su cui era inciso in oro il nome di mia madre: Denise.

La mia mano tremò nel preciso istante in cui fu a pochi centimetri da essa.

Ritirai la mano, richiudendo il cassetto, e presi il cappotto nero prima di uscire dalla stanza.

Indossai il cappotto e mi diressi verso la camera della mia Helianthus.

Aprii la porta lentamente, sorridendo alla vista di lei ancora immersa nel più profondo dei sonni. Mi avvicinai e le sistemai le coperte, innocente come il più prezioso dei fiori. La luce filtrante la illuminò in modo perfetto, donandomi una vista mozzafiato: i suoi lunghi capelli rossi cadevano come una cascata di rose sul cuscino. Le guance rosate incorniciavano alla perfezione le labbra carnose e dolci. Accarezzai delicatamente la sua guancia prima di voltarmi ed uscire dalla stanza.

Avevo quattro appuntamenti programmati in clinica, ognuno con una ragazza diversa. Cancellai tutte le prenotazioni, salii sulla mia Aston Martin e mi diressi verso il Königloom.

Non avrei avuto la lucidità mentale sufficiente per comprendere i loro problemi e suggerire un piano coerente che potesse migliorare la loro situazione, o la pazienza necessaria per sedermi per ore ad ascoltarle. Era evidente che non sarei stato d'aiuto, per questo decisi di risparmiare loro questa inutile perdita di tempo.

Come al solito, non appena varcai la soglia d'entrata, la musica si interruppe e tutti volsero lo sguardo nella mia direzione, abbassando poi la testa.

Attraversai la sala principale con passo misurato, consapevole di incarnare la posizione più elevata nella fazione e cosciente delle aspettative che ognuno di loro nutriva nei miei confronti.

Nessuno osò pronunciare una parola; persino coloro che stavano apertamente scopando si interruppero, ricomponendosi per mostrare rispetto.

Scesi al piano inferiore e, esattamente in fondo al corridoio, vidi Isabel con Roman, impegnati a ridere insieme.

Mi avvicinai lentamente nella loro direzione. Isabel mise una mano sulla spalla di Roman, spiegando qualcosa mentre continuava a sorridere, apparentemente senza curarsi del fatto che ci trovavamo al Königloom, nella mia dimora. Era lì con uno dei miei seguaci, e non uno qualsiasi, ma con un Phala.

<Isabel.> pronunciai, guardandola. Lei si girò verso di me, togliendo immediatamente la mano dalla spalla di Roman.

<König> affermò Roman, abbassando la testa in segno di rispetto.

<Amore> disse finalmente Isabel, sorridendo a me.

<Se non avete bisogno di me, tornerò al piano superiore.> dichiarò Roman.

<Puoi andare.> affermai senza distogliere lo sguardo da Isabel, la quale abbassò il suo, incapace di sostenere il mio.

Le indicai la strada, permettendole di incamminarsi davanti a me, verso il mio ufficio.

Chiusi la porta alle mie spalle e mi avvicinai a lei.

<Sai, ti stavo proprio cercando. È da ieri che ti voglio vedere.> pronunciò con voce sottile. Le strinsi un braccio e la feci voltare con forza.

<Cosa credi di star facendo?> chiesi, cercando di mantenere il controllo su me stesso.

<Mi stai facendo male, lasciami.> disse, cercando di liberare il suo braccio dalla mia presa.

<Parla.> affermai con enorme calma, senza distogliere lo sguardo dalle sue iridi nocciola.

<Stavamo solo parlando, gli ho chiesto di te e...> riuscii a percepire il suo respiro irregolare e la paura nei suoi occhi. <...e di mio fratello. Sono giorni che non so nulla, volevo solo delle informazioni.> concluse con gli occhi lucidi, stringendo la mia mano. <Mi stai facendo male...> affermò nuovamente.

<Solo questo?> le chiesi nuovamente, stringendo anche l'altro braccio e bloccandola contro il muro. <Solo questo?> ripetei, consapevole che non fosse tutta la verità.

<No! Non è solo questo, ma cosa ti interessa?! Ritorna dalla tua straniera e lasciami stare.> urlò con rabbia, una lacrima le rigò il volto.

Inspirai profondamente lasciandole le braccia. <Per gelosia? Per gelosia ti avvicini a un Phala? Da quando sei così idiota, Isabel.> affermai a denti stretti, reggendomi al muro e bloccandola con il mio corpo.

<Non ti fidi nemmeno delle persone che ti circondano. Come ci si sente a continuare a considerarsi soli, nonostante si sia circondati da migliaia di persone?> chiese, asciugandosi le guance dalle lacrime e sforzandosi di sorridere.

Strinsi i pugni cercando di tranquillizzarmi. Mi stava sfidando, cercando di farmi perdere il controllo. Conosco Isabel e le sue stupide idee.

<Ti ho ripetutamente detto che non ti avrei mai proibito di allontanarti da questo mondo. Ma non ti ho mai autorizzato ad avvicinarti ai miei uomini. E men che meno a un Phala.> affermai, percependo la rabbia scorrere nelle mie vene. <Non con un Phala capace di farti del male, Isabel.> dettai, stringendo con ancora più forza i pugni.

<Geloso?> sussurrò, avvicinandosi alle mie labbra.

Persi il controllo della rabbia e colpii con forza la parete alle sue spalle, a pochi centimetri dal suo volto. Lei si protesse il viso, impaurita.

La presi con forza per le braccia. <Sei mia. Ti ho presentato all'intera fazione come mia. Comportati di conseguenza o nessuno di voi sopravviverà.>

<Sono anni che mi comporto come tale! Mi sono sempre mostrata perfetta per te! Non ho mai fatto nulla che potesse metterti in imbarazzo con la fazione, nulla! E come mi ripaghi? Dormendo con quella straniera e impedendomi persino l'accesso alla villa? Tutto per quella mocciosa? Non sono un gioco, Eros. Anch'io ho dei sentimenti, e li stai non solo ignorando ma calpestando.> urlò, presa dalla rabbia.

<Perfetto, tutta questa situazione ti ha stancata?> liberai la presa dalle sue braccia, allontanandomi e indicando la porta. <Vattene. Ritorna in Inghilterra e ricostruisciti una vita, libera da me e da ogni peso. Lì non dovrai più cercare la perfezione costantemente, e non apparterrai a nessuno. Esci da questo paese e vivi come desideri, senza restrizioni.> affermai, contenendo la rabbia che lentamente mi stava consumando la mente. Rifiutando di cedere a un nuovo attacco di rabbia, cercando di dominarlo come avevo sempre provato a fare.

Isabel è una donna molto intelligente; non posso permetterle di giocare con Roman. Nella gerarchia della fazione, i Phala sono posizionati esattamente sotto al König.

Isabel è mia, tutto il Brasile sa che mi appartiene, ma non fa parte della fazione. Un Phala potrebbe semplicemente distruggerla e giustificare la sua azione con questo dettaglio. Morirebbe comunque, ma agli occhi della fazione non avrebbe colpe.

La mia ninfetta, per farmi del male, sta giocando con le fiamme più alte della fazione, e si brucerà. Soffrirà se continuerà su questa strada.

Si avvicinò a me con passo lento, osservando ogni mio movimento, cercando di prevedere ogni mia reazione. Mi avvolse il viso con le sue calde mani. <Non voglio tornare in Inghilterra. Io voglio te, Eros. Solamente te.> si avvicinò posandomi un bacio sulle labbra. <Voglio continuare ad essere tua davanti a tutto il Brasile.> concluse, guardandomi negli occhi.

<Devi stare lontana dai miei uomini.> affermai a denti stretti, stringendo le sue mani e allontanandole dal mio viso.

Lei annuì con gli occhi lucidi. <E tu dovrai stare lontano dalla straniera.>

<La straniera, la straniera, la straniera, dannazione! Non sai dire nient'altro?!> urlai, allontanandomi da lei prima che la rabbia offuscasse troppo la mia mente. Non volevo ferirla.

<Te l'ho detto, Eros. Puoi stare con chiunque desideri, ma appartieni a me. Però> rimase in silenzio per alcuni istanti prima di proseguire <con chiunque tranne lei.> affermò, e sentii le sue mani posarsi sulla mia schiena.

Tolsi il cappotto e lo gettai sul divano, voltandomi nella sua direzione. <Pensi che, se mai volessi stare con lei, chiederei il tuo permesso?>

<Per questo ti sto avvertendo, se tu->

<Se io cosa? Eh? Mi minacci? Prima mi menti, poi nascondi Diamond da me e ora mi minacci?> lei fece due passi indietro, bloccandosi a causa del divano. <Per la tua stupida bugia, quel bastardo di tuo fratello ha stuprato Diamond!> urlai con rabbia, ripensando alla mia rossa terrorizzata, con i vestiti strappati e le guance inumidite dalle lacrime. <Soltanto per questo avrei dovuto ucciderti.> conclusi, effettuando alcuni passi verso di lei.

<Cosa hai fatto a Ivan?> chiese con gli occhi lucidi e la voce tremante.

Mi venne da sorridere alla sua domanda. <Sei tu che appartieni a me, Isabel. Non il contrario.> mi fermai a pochi centimetri da lei. <E ti avverto: se ti vedrò ancora una volta provarci con un altro uomo, farò in modo che dalla tua vagina esca sangue al posto della sborra.> affermai, stringendo le sue braccia e spingendola sul divano.

<Anche se non lo ammetti, tu mi ami. Non mi faresti mai del male.> dichiarò con sicurezza, alzandosi.

<Ne sei sicura?> affermai lentamente, effettuando un ulteriore passo verso di lei.

<Ne sono sicura.> rispose Isabel, alzando la testa per poter reggere il mio sguardo.

Sorrisi e sciolsi i pugni, stringendola da un braccio e costringendola a piegarsi sul divano. <Eros!> urlò e io le alzai il vestitino, strappando le sue mutandine.

La costrinsi a divaricare le gambe, tenendola ferma contro il divano e stringendo le sue mani dietro la schiena in una presa salda.

Abbassai i pantaloni e i boxer, strinsi l'erezione e la appoggiai sulla sua entrata.

<Sei pronta a soddisfarmi senza alcun pentimento?> dissi, avvicinandomi al suo orecchio.

Seguirono alcuni secondi di silenzio. <Ti appartengo, no? Fallo anche senza rivolgermi questa domanda. Prendi ciò che consideri tuo.> disse singhiozzando.

<Sei pronta a soddisfarmi senza alcun pentimento?> ripetei, spostando l'erezione e toccando la sua intimità con la mano.

<Se dicessi di no, ti allontaneresti?> chiese, nonostante fosse a conoscenza della risposta.

<Sei pronta a soddisfarmi senza alcun pentimento?> ripetei, percependo la sua intimità bagnata.

<Ti odio. Odio l'effetto che mi fai.> affermò, cercando di dimenarsi per allontanare la mia mano.

La tenni stretta, bloccando ogni suo movimento. <Sei pronta a soddisfarmi senza alcun pentimento?> ripetei nuovamente, massaggiando il suo clitoride.

<Sì.> affermò emettendo un sospiro di desiderio, sottolineando maggiormente il suo consenso annuendo.

Nello stesso istante in cui udii il "Sì.", spinsi con enorme forza l'intera erezione dentro di lei. <Sì, sì, sì.> continuò a ripetere, piangendo e soffocando un urlo, mordendo il divano.

Mi ritrassi e poi entrai in lei con enorme forza.

Continuò a piangere nel mentre che io alternai dall'invadere le cosce ai glutei.

Mi abbassai, sfilando la cintura dai miei pantaloni.

Presi le sue mani e le legai con la cintura, stringendo fino a farle arrossire.

La spinsi in avanti sul bracciolo del divano, costringendola ad aprire maggiormente le gambe.

Posai l'erezione sull'entrata dell'ano per poi avvolgere i suoi glutei con entrambe le mani, stringendoli con forza e aprendoli, consentendo ai miei occhi di possedere una vista completa della via che avrei invaso.

Spinsi l'erezione al suo interno, con forza. Consapevole di starle provocando sia piacere che un'enorme dolore. La ritrassi e rientrai in lei violentemente.

Strinsi con più forza i suoi glutei, tirandoli per far aprire maggiormente l'ano sotto al mio possesso.

<Sei mia Isabel, mia. Appartieni a me.> dissi con rabbia, nel mentre che il mio pene continuò ad invaderla senza alcuna delicatezza.

Lei annuì soffocando i singhiozzi e le urla, cercando rifugio nel divano che continuò a mordere con forza fin dall'inizio.

Estrassi l'erezione, aprendola maggiormente, facendo cadere una modesta quantità di saliva al suo interno e ritornando dentro di lei.

<Il tuo corpo, la tua mente, la tua anima. Tutto appartiene a me.> affermai, stringendo l'erezione e violando anche la sua vagina.

Entrai in lei con una tale forza che mi trovai costretto a stringerla per evitare che cadesse dal bracciolo.

Sorrisi mentre la vidi stringere le mani, arrossate a causa della cintura, in due pugni. Avvertii il suo corpo irrigidirsi per un istante, prima di tremare completamente e venire.

<E tu ami appartenermi.> dichiarai, sussurrando al suo orecchio e continuando a possederla senza alcuna delicatezza.

La colpii ripetutamente sui glutei. Strinsi la cintura, costringendola ad alzarsi con la sua calda vagina ancora ad avvolgere la mia erezione, e a liberare il morso che diede al divano.

Alternò i singhiozzi ai gemiti, le strinsi il collo in una presa salda continuando a ritrarre l'erezione e rientrare in lei.

<Ti odio.> sussurrò a denti stretti, prima di gemere nuovamente.

Volse la testa per incontrare il mio sguardo. <Ti odio.> dichiarò nuovamente con voce flebile e gli occhi lucidi.

Lasciai il suo collo, stringendo il suo capezzolo e tirandolo in avanti, mantenendola salda contro di me.

Molte lacrime scivolarono sulle sue guance, appoggiò la testa contro il mio petto, stringendo gli occhi e venendo di nuovo.

Emise una successione di gemiti, tremando completamente su di me. <No, non mi odi. Tu mi ami. Anche più di te stessa.> le sussurrai, facendola piegare nuovamente sul bracciolo. Continuai a invaderla con violenza, prolungando l'atto finché entrambi raggiungemmo l'apice, finché io non venni dentro di lei.

Mi rialzai i pantaloni e i boxer, sistemai la camicia e mi allontanai da lei, osservando il suo corpo ancora tremante di fronte a me.

Inspirai profondamente avvicinandomi, liberando le sue mani dalla cintura.

Lei non riuscì ad alzarsi e scivolò a terra, stringendo le gambe al petto.

Mi abbassai al suo livello, accarezzandole i capelli. <Ninfetta> la chiamai, ma lei non alzò la testa nella mia direzione.

Inclinai il capo per osservarla meglio. <Ninfetta> ribadii, asciugandole le guance nel momento in cui allontanò le gambe dal suo viso e alzò lo sguardo verso di me.

<Sei uno stronzo.> disse con rabbia, guardandomi da sotto le ciglia.

Sorrisi di fronte alla sua dichiarazione. <Se io sono uno stronzo, tu cos'eri quando venivi in continuazione sul mio cazzo?>

Alzò la testa, incrociando il mio sguardo. <Mi ami?> chiese, stringendo la mia mano e posando un delicato bacio sul palmo. <Mi ami?> domandò nuovamente, appoggiando la guancia sulla mia mano.

Sorridendo, la presi in braccio e la appoggiai delicatamente sul divano. <Ti porto da bere.> affermai, dirigendomi verso la bottiglietta d'acqua posta sulla scrivania.

Le versai un bicchiere d'acqua e glielo portai. Lei lo strinse e bevve tutto il contenuto.

Mi sedetti accanto a lei. <Nessun Phala, starai lontana dai miei uomini. Hai capito, Ninfetta?> chiesi, accarezzandole i capelli.

Lei annuì e si avvicinò, baciandomi sulle labbra, per poi distendersi e appoggiare la testa sulle mie gambe. <Sì.> rispose chiudendo gli occhi.

Le sistemai il vestitino per coprirla, continuando ad accarezzare i suoi capelli per tranquillizzarla.

Con dolcezza, nel momento in cui la mia Ninfetta si lasciò trasportare dal sonno, sollevai con delicatezza la testa e le collocai un cuscino sotto di essa. Poi, prendendo il mio cappotto, la coprii.

Rimisi la cintura, sistemandomi, ed uscii dirigendomi nella stanza accanto. <Dì a Roman di raggiungermi.> dissi a una delle guardie, la quale eseguì la mia richiesta senza alcuna esitazione.

Dopo pochi minuti, udii la porta aprirsi. <König.> mi voltai e vidi Roman posizionarsi al centro, con la testa china e le mani dietro la schiena.

<Come sta la tua cara sorellina?> chiesi, mettendo le mani nelle tasche. <Alza la testa.>

Lui eseguì il mio ordine e mi guardò negli occhi. <Molto bene, i suoi voti scolastici sono ottimi e ha anche deciso di iscriversi a danza.> disse sorridendo. <Chiede sempre di te, sai? Le stai molto a cuore. D'altronde anche lei sa che dobbiamo tutto a te.>

<Roman, un solo errore, uno solo, e non avrò pietà.> dichiarai con sicurezza, avvicinandomi a lui. <E con te cadrà anche il tuo caro protetto, Brayan.>

<Perché queste parole?> chiese con evidente preoccupazione. <Gli hai ucciso la sorella, lo hai già punito.> affermò.

Risi di fronte alla sua affermazione. <E pensi che la morte di sua sorella sia la sua punizione?>

Roman mi guardò confuso. <Perché, non lo è?>

<No.> dichiarai, ponendo una mano sulla sua spalla. <La sua vera punizione è vivere servendo l'uomo che ha causato la morte di sua sorella e considerare amico colui che ha premuto il grilletto.> affermai, divertito dall'espressione sul suo volto.

Distolse lo sguardo. <Non giocare con me, Roman. Non voglio ucciderti.> affermai, dandogli due pacche sulla spalla.

<Domani porterò Diamond da Luke. Fagli mettere una felpa o un maglione per nascondere le bruciature. Assicurati che fascino la mano in modo che non sia visibile. Lei non deve sapere nulla delle torture che ha subito.> lo superai, dirigendomi verso l'uscita.

<König.> mi fermai al suono del mio nome. <Non puoi condannarmi per un errore. Ti ho servito sempre con assoluta devozione.> disse, e io mi voltai verso di lui. <Ed è proprio per questo che sei ancora vivo.> affermai, aprendo la porta e lasciando la stanza, tornando dalla mia Ninfetta.

Mi avvicinai a lei, osservandola mentre dormiva. Era stanca, ma era bellissima.

E alla fine, la mia più grande speranza è che si allontani da me e conduca la vita che merita. Lei mi ama, mi considera un tesoro nella sua esistenza, e dopo tutti questi anni, ancora mi desidera.

Nonostante i miei demoni, nonostante abbia conosciuto ogni mia versione, lei permane al mio fianco. Non prova timore nei miei confronti e non ha mai cercato di fuggire.

Le strinsi la mano. <Spero che un giorno tu decida di andartene.> sussurrai a poca distanza.

Spero che un giorno troverai un uomo che sia veramente degno di amarti, in grado di regalarti la vita perfetta che meriti.

Spero che tu possa superare questo amore per me e concederti l'opportunità di rinascere, costruendo la vita che una principessa come te merita.

Spero che un giorno, alla domanda "Sei pronta a soddisfarmi senza alcun pentimento?", risponderai con un no deciso.

A quel punto, sarò io a prendere le distanze, continuando a desiderare soltanto il meglio per te.

La mia ninfetta, la donna che sin dall'infanzia ha sostenuto ogni mia follia e che è rimasta al mio fianco in ogni situazione.

Il mio passato, la bambina che riuscì a domare il ribelle con l'alba negli occhi.

La donna che fu in grado di percepire il mio dolore, quando nemmeno mia madre riuscì a vedere la sofferenza e l'ingiustizia che vivevo a causa di quell'essere.

La donna che riuscì a placare la rabbia nel mio corpo, ad accogliere la mia violenza, ad amarmi nonostante le mie continue perdite di controllo.

Mi alzai e le baciai la fronte. <No, non ti amo. Ma non riesco ad allontanarti, anche se dovrei...> sussurrai, alzandomi ed uscendo dall'ufficio.

<Nessuno deve entrare.> ordinai alle guardie davanti alla porta dell'ufficio. Loro annuirono e io mi allontanai, uscendo dal Königloom.

E spero che Diamond non debba mai conoscere questa mia parte, che non incontri mai questo mostro che mi sta consumando sin dall'infanzia.

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