Come un fiore tra le mine (Re...

By Elle_Jenny

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Mason vedeva solo nero. Non desiderava vedere più la luce in fondo al tunnel perché ormai era sceso a patti... More

Prologo di Mason
Prologo di Seb
Capitolo 1 - Mason
Capitolo 2 - Seb
Capitolo 3 - Mason
Capitolo 4 - Seb
Capitolo 5 - Mason
Capitolo 6 - Seb
Capitolo 7 - Seb
Capitolo 8 - Mason
Capitolo 9 - Seb
Capitolo 10 - Mason
Capitolo 11 - Mason
Capitolo 12 - Seb
Capitolo 13 - Mason
Capitolo 14 - Seb e un po' di Mason
Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb
Capitolo 16 - Seb
Capitolo 17 - Mason
Capitolo 18 - Mason
Capitolo 19 - Seb
Capitolo 21 - Mason
Capitolo 22 - Seb
Capitolo 23 - Mason
Capitolo 24 - Mason e Seb
Capitolo 25 - Mason
Capitolo 26 - Seb
Capitolo 27 - Mason
Capitolo 28 - Seb
Capitolo 29 - Mason
Epilogo
Capitolo Speciale - Andy e Ben

Capitolo 20 - Mason

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By Elle_Jenny

«Dunque», iniziò col dire Mason, afferrando il bastone con cui si mise lentamente in piedi. Mentre si aggrappava a quel bastone, immaginò, anzi, sognò ad occhi aperti, come sarebbe stato bello colpire le parti basse di Evan e, successivamente, quelle di Michael. «A cosa devo la vostra così sgradita presenza in casa mia?»

Seb si muoveva lentamente e a disagio alle sue spalle. Sorrideva, Seb sorrideva sempre, ma era imbarazzato. In fin dei conti, era stato beccato da quei due idioti mentre era cavalcioni su Mason e gli stava infilando la lingua in bocca. Chiunque sarebbe stato a disagio, ma non Mason. Mason era semplicemente irritato. Certo, era sempre irritato e infastidito dall'intera umanità, ma proprio quando era impegnato in un gradevolissimo modo per renderla più tollerante e piacevole, era stato interrotto.

Allora, era proprio vero che il mondo intero ce l'aveva con le sue povere ossa, tenute insieme da placche di ferraglia.

«Io qui ci vivo», rispose il suo migliore amico. L'idiota ghignava e continuava a sorseggiare la sua birra.

«Tu qui ci vivi a scrocco. Hai un nuovo lavoro e, da quanto mi hai detto, sei anche ben pagato, quindi potresti tranquillamente affittarti un appartamento», replicò Mason, burbero, mentre zoppicava verso la sua cucina con Eva e Sanji che camminavano, scodinzolando, una alla sua destra e l'altro alla sua sinistra.

Lanciò un'occhiata a Seb e lo trovò con le mani affondate in quella sua felpa che gli andava enorme e con le guance ancora arrossate. Notò dei leggeri segni di sfregamento da barba su una guancia. Quelli erano i segni della sua barba e la vista gli causò anche un bizzarro senso di orgoglio.

Avrebbe tanto voluto roteare gli occhi, ma verso sé stesso. Che coglione, che sono diventato, pensò. Ci manca solo che inizi a regalare fiori e cioccolatini, accompagnati da letterine d'amore. Bleah, odio i fiori recisi. E odio ancor di più le letterine melense. Sul cioccolato, potrei anche chiudere un occhio.

«Io non sto scroccando proprio nulla, caro Mason. Anzi, sto svolgendo un duro lavoro di badante senza nemmeno essere retribuito».

Mason si voltò per guardare meglio quella grandissima faccia di cazzo. «Tu staresti badando a me?»

Evan allargò il ghigno. «Esattamente. E la maggior parte delle volte nemmeno te ne rendi conto. Sono molto fiero del mio secondo lavoro non retribuito. Offrirmi un alloggio è il minimo».

Mason aveva sempre più voglia di prenderlo a bastonate nei genitali.

«Beh, nessuno te lo ha chiesto, cazzo. Ce la faccio benissimo da solo».

Evan gli andò vicino e gli mise una mano sulla spalla con fare accondiscendente. «Prego, non c'è di che, Mason», rispose, ironico.

«Levami questa mano di dosso o te la sbrano».

Il suo migliore amico oramai aveva un sorriso che gli raggiungeva entrambe le orecchie. «Un tempo ti piacevano le mie mani addosso».

Mason sgranò gli occhi e li fece ribalzare un attimo dopo su Seb. Si accorse che anche lui stava fissando Evan come se avesse voluto sbranarlo, era davvero inusuale quell'espressione contrita, che era andata a sostituire il perenne sorriso di Sebastian. Aveva anche le palpebre socchiuse. Sembrava volesse lanciare dei raggi laser contro Evan.

Quell'espressione potrebbe davvero eccitarmi, meditò Mason.

Michael, nel frattempo, ce la stava mettendo davvero tutta per cercare di mantenersi serio ed imperturbabile, ma gli angoli delle sue labbra stavano tremando e quei leggeri colpetti di tosse, come se gli fosse andata di traverso la birra, lo stavano tradendo. Peccato che la birra di traverso nemmeno gli era andata.

«Tu sei un cazzo di idiota», ringhiò Mason, scacciando la mano di Evan con un gesto brusco.

Evan scoppiò in una fragorosa risata, poi si affiancò a Seb e gli circondò le spalle con un braccio.

Sta mettendo a durissima prova la mia pazienza inesistente.

«Non preoccuparti, Seb, è tutto tuo. Non ho nessunissima intenzione di ritornare a fare il filo a Mason. Tra l'altro, non hai idea di come sia stato difficile entrare nelle sue grazie», disse Evan. Era sorprendente la fierezza che aveva quel ragazzo quando sparava le sue solite cazzate. Lui ne era proprio orgoglioso.

Mason, per evitare sempre di prenderlo a bastonate tra le gambe, preferì aprire il frigo per cercare di capire se c'era qualcosa di commestibile che avrebbe potuto cucinare per cena.

«Io penso, invece, di sapere quanto sia difficile entrare nelle sue grazie», fu la replica di Sebastian.

Effettivamente, non gliel'aveva resa proprio semplice, ma Sebastian non aveva demorso e alla fine Mason aveva ceduto. Il bello stava nel fatto che non se ne era pentito, anzi, dopo essersi fatto un lunghissimo viaggio mentale a bordo del suo cervello traumatizzato, era giunto alla conclusione di aver finalmente preso una decisione sensata perché Seb gli faceva bene.

«Hai guadagnato un sacco di punti, Seb», replicò Evan, continuando ad avere quel suo tono divertito.

«Alla fine della raccolta punti potrò scegliere un premio?» domandò Seb, stando al gioco di quel cretino.

«Ma anche più di uno, mio caro».

«Bene!» sbottò Mason, chiudendo di scatto la porta del frigorifero.

Quel discorso stava uscendo fuori binario e Mason non aveva intenzione di prendere altre medicine per curarsi anche una cirrosi epatica causata da quella sottospecie di migliore amico che si ritrovava. Migliore amico che aveva anche le mani e le braccia troppo lunghe.

Spostò di malo modo una sedia, facendola stridere contro il pavimento, e si sedette per poi ritornare a fissare prima Evan e poi Michael, che fino a quel momento aveva detto poco e niente, ma si era limitato a fare brutte espressioni per evitare di sghignazzare in faccia a Mason.

«Mi potete dire cosa ci fate qui, insieme?» ripeté la sua domanda. Avrebbe preferito di gran lunga continuare a palpare il culo tondo di Seb mentre si scambiavano lunghi baci.

Anche Michael e Evan decisero di sedersi, Seb li seguì poco dopo, posizionandosi proprio accanto a Mason. Mason fissò il suo profilo dolce e fu quasi tentato prima di sorridere e poi di incastrare il viso nell'incavo del suo collo. La necessità di ricevere conforto e affetto da un'altra persona - nello specifico, da Seb - lo aveva travolto come un tir. Eppure, così erano andate le cose nella sua vita e, per una volta dopo anni, poteva quasi azzardarsi a dire che era stata una fortuna. O una vera e propria botta di culo.

«Mike ti deve dire una cosa e chiedertene un'altra», parlò Evan.

Mason guardò Michael, sembrava improvvisamente nervoso. «Ti sei indebitato e mi vuoi chiedere un prestito? Sappi che lo Stato mi ha risarcito poco e niente per la gamba che mi è quasi saltata via, ma ho parecchi risparmi di quando lavoravo ancora con Alan».

Mike abbozzò un sorriso. «No, niente del genere. I tuoi risparmi sono al sicuro».

Mason, rendendosene conto a fatto ormai compiuto, allungò un braccio e lo posò sullo schienale della sedia di Sebastian. Tutti si accorsero del suo gesto, ma nessuno glielo fece notare, Evan, fortunatamente, non glielo fece notare, facendogli qualche battutina allusiva delle sue.

Però, era diventato palese il fatto che Sebastian fosse definitivamente il punto debole di Mason.

«Allora cosa devi dirmi e chiedermi?»

Michael si aggiustò la montatura nera e squadrata degli occhiali e prese un profondo respiro. Strano, pensò Mason, questo nervosismo non è da lui.

«A maggio prossimo mi sposerò con Jamie. Vuoi essere il mio testimone di nozze insieme a Rose. Ti ricordi di lei?» gli disse, tutto d'un fiato.

Mason aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite. «Cazzo, questo non me lo aspettavo».

Quei due si sarebbero sposati.

Il rapporto tra Michael e Jamie era sempre stato solido come un albero di quercia.

«Sì, sì, mi ricordo di Rose. Vive ancora a Barcellona insieme a Cloe?»

Rose era un'amica del college di Michael, che molti anni prima si era trasferita a Barcellona con Cloe, la nipote delle vecchie proprietarie del Red Moon.

«Sí, si sono sposate in Spagna un paio di anni fa», lo informò Michael.

Mason si ritrovò ad annuire, improvvisamente senza parole. Cioè, era già un uomo di poche parole, ma dopo la richiesta di Michael, quelle poche parole che aveva le aveva definitivamente perse.

Seb, come se avesse percepito il suo stato d'animo confuso, gli posò una mano tiepida sulla gamba, che Mason si affrettò ad afferrare e a stringere.

«Quindi...», continuò a dire Michael, «ti andrebbe di farmi da testimone?»

Mason aprì la bocca, poi la richiuse. Scosse il capo e la riaprì. «Sì, sì... Cazzo, ti farò da testimone. Ecco, mi farebbe davvero piacere».

Mason era abbastanza sicuro di non aver mai visto il suo vecchio amico dedicargli un sorriso così ampio e genuino. Forse, si sarebbe dovuto aspettare che quei due prima o poi si sarebbero sposati, ma di certo non si sarebbe aspettato di essere scelto come testimone. Soprattutto, non dopo il suo comportamento del cazzo, avuto per anni.

«Bene», sospirò Michael, portandosi una mano al centro del petto. «Nemmeno quando ho dovuto dirlo ad Alan e Belinda ho avuto questa ansia insensata».

«Pensavo, quando sarebbe successo, che avresti voluto Evan come tuo testimone», disse Mason, continuando a mantenere salda nella sua la piccola mano di Seb.

Evan scosse il capo. «Io sarò il testimone di Jamie con Rachel. È perfetto così. È finalmente di nuovo tutto perfetto».

Mason si sentì gli occhi celesti di Seb addosso, ruotò lentamente il capo verso di lui e lo trovò a dedicargli un piccolo sorriso. Gli stava regalando uno di quei suoi sorrisi piccoli e dolci, che gli arricciavano il naso lentigginoso.

Gli venne naturale spostare il braccio che aveva sullo schienale per potergli scostare con la mano il ciuffo viola pallido dalla fronte.

Ti stai rammollendo! Gli urlò una voce nel suo cervello. Mason la scacciò via con il suo bastone.

«Non sono dolci, Mike? Guardali, sono due pasticcini. Mason, ovviamente, è un pasticcino al limone, per via della sua acidità e asprezza, ma rimane comunque un pasticcino».

Mason lo giurò su chiunque stesse in Cielo a manovrare i fili delle loro vite, che prima o poi avrebbe davvero riempito di botte Evan.

«Evan, credo proprio che stai rischiando la vita. Quel tipo ha ancora una pistola», gli disse Michael.

«E so usarla bene», aggiunse Mason, distogliendo lo sguardo da Seb.

Evan se la sghignazzava beatamente, poi sospirò. «Il mio fratellino si sposa».

Mason incrociò le braccia sul tavolo. «La principessa convoglierà a nozze con il tuo migliore amico».

Evan alzò gli occhi al cielo. «Per favore, non ricordarmi di come ho scoperto del mio fratellino di sedici anni che se la faceva con il mio migliore amico di ventuno. È stato traumatico e per riprendermi ho dovuto ubriacarmi per bene bevendomi una bottiglia di grappa».

Michael alzò gli occhi al cielo, poi colpì la nuca di Evan con uno schiaffo. «Dobbiamo riaprire per forza questo discorso?»

Seb iniziò a ridacchiare, perché in fin dei conti quei due, quando ci si mettevano, sapevano essere dei veri idioti.

Cazzo, mi era davvero mancato tutto questo.

«Bello, tu hai deflorato il mio fratellino!» ribatté Evan, sembrando anche indignato.

Michael incrociò le braccia al petto, negli anni aveva fatto dei bicipiti davvero invidiabili. Non che Mason fosse un chiodo o che avesse trasformato i suoi addominali in una tartaruga al contrario perché se c'era una cosa buona che aveva fatto, una volta ristabilito dal bel salto in alto che gli aveva fatto fare quella bomba in Siria, era stata non trascurare la sua muscolatura. Non per vanità o per altro, ma perché la palestra e il dolore che gli causava la fisioterapia al Centro Veterani lo avevano aiutato a non impazzire del tutto.

«Oh, Signore», disse Michael, alzando di nuovo gli occhi al cielo.

«Stiamo sul serio discutendo sulla deflorazione di Jamie, che non è nemmeno qui per poterti mandare a fanculo? Tra l'altro, sono passati tipo più di dieci anni dalla sua deflorazione», commentò Mason, ritornando a posare il braccio sullo schienale della sedia di Seb.

Evan puntò gli occhi su Mason. «Senti, sei un botanico gay, dovresti capirne meglio di chiunque altro di deflorazioni».

Mike iniziò a sbattere la fronte contro il tavolo, avrebbe tanto voluto farlo anche Mason.

Seb invece buttò il capo all'indietro e scoppiò in una lunga risata di pancia. Mason lo guardò, scosse la testa, poi sogghignò. Riportò l'attenzione su Evan che lo stava fissando; il suo migliore amico spostò un secondo lo sguardo su Seb, che stava ancora ridendo, poi gli fece un occhiolino.

Quell'occhiolino era stato il modo silenzioso del suo migliore amico di dirgli che aveva preso finalmente una decisione giusta.

«Stasera siamo a cena da Belinda e Alan. Ci saranno anche Rachel e Cody. Vieni anche tu», gli disse Michael, improvvisamente e accantonando finalmente l'argomento "deflorazione di Jamie".

«Cosa? No, non mi sembra il caso», Mason si affrettò a rispondere.

«Invece, penso che sia proprio il caso», replicò Evan, passando dall'idiozia di poco prima alla completa serietà.

Seb gli rimise la mano sulla gamba. Mason si aggrappò ad essa di nuovo.

«Mi state mettendo con le spalle al muro?»

«È arrivato il momento, Mason. Abitano qui di fianco e non sei riuscito più a mettere piede in casa loro da quel giorno che hai incontrato me e Jamie», gli disse Michael.

«La mamma ne soffre molto e Alan pensa di aver sbagliato qualcosa. È venuto a bussare più volte alla tua porta e tu non gli hai mai aperto», continuò Evan, dandogli il colpo di grazia.

Mason si passò la mano libera dalla stretta di Seb per tutto il viso, fino a stringersi il ponte del naso. Gli stava venendo mal di testa.

«Mi dispiace per Belinda e Alan non ha sbagliato proprio nulla. Quello che ha sbagliato tutto per via del suo orgoglio di merda sono solo io».

«Mason», lo chiamò, piano, Sebastian.

Mason lo guardò e quasi gli venne voglia di mettersi a frignare sulle sue gambe. Per anni era stato avvolto da momenti di rabbia che si erano andati ad alternare a momenti di completa apatia, quindi quel sovraccarico di emozioni gli stava facendo esplodere il cranio.

«Meriti di circondarti di persone che ti vogliono bene, non privartene».

Mason, fregandosene della presenza di Evan e Michael, inclinò il capo verso Seb per poter appoggiare la fronte contro la sua.

«Per favore, verresti con me?»

Seb sgranò gli occhi azzurri, poi gli sorrise e gli diede un colpetto con il naso. «Solo perché finalmente mi hai chiesto una cosa per favore. Può venire anche Sanji?»

Mason accennò un sorriso, sentendosi un pizzico più sollevato, ed annuì. «Eva ne sarà felice» E anche il sottoscritto.

🖤

Quando Evan spalancò la porta della sua vecchia casa di infanzia, Mason aveva la nuca completamente sudata. Seb era dietro di lui, gli strinse delicatamente le spalle, provando a dargli forza.

«È arrivato il figlio preferito!» urlò Evan, annunciandosi alla sua maniera.

Mason prese una lunga boccata d'aria. In quel momento, si sarebbe fumato volentieri uno di quei sigari che aveva comprato durante un suo viaggio a Cuba con l'esercito, nonostante non fosse mai stato un grande fumatore.

«Veramente, il figlio preferito è già qui da un pezzo», sentì dire da Jamie.

«Ehi, sono io la figlia preferita!» replicò Rachel.

Quando svoltarono l'angolo per giungere nell'ampia cucina di Belinda e Alan, Mason era un ammasso di sudore e agitazione.

Il primo a notarlo fu Jamie, il quale gli dedicò un grandissimo sorriso. Michael doveva averlo già avvisato della sua presenza, quella sera a cena.

«Bentornato, Mason», gli si rivolse quel ragazzo tanto buono e intelligente che a Rockford, tanti anni prima, aveva deciso di volergli bene per primo.

Mason aveva sempre più voglia di mettersi a frignare.

«Ehi... principessa», riuscì a pronunciare.

«Finalmente ti sei deciso a ritornare alla base, idiota», gli disse Rachel, sogghignando.

«Oh, Signore!» fu l'esclamazione sorpresa di Belinda. Mason raggruppò la forza per guardarla negli occhi e trovò i suoi lucidi, pronti per piangere a causa della presenza inaspettata di Mason in casa sua dopo tantissimo tempo.

«Mason», sentì dire da suo zio Alan, il quale si portò una mano al centro del petto.

«Per favore, non farti venire un infarto», gli disse Mason, cercando di sdrammatizzare.

Guardò quella coppia straordinaria, i quali si erano sempre comportati più loro da genitori rispetto ai suoi veri genitori, che avevano sempre preferito ignorarlo perché Mason era stato ed era ancora un ragazzo complicato. Non si era mai sentito accettato, ne trattato al pari di sua sorella.

«Mi dispiace», trovò il coraggio di dire. «Scusatemi».

Alan camminò lentamente verso di lui e gli poggiò le mani sulle spalle. «Basta che tu sia di nuovo qui con noi, ragazzo».

Mason annuì, cercando di buttare giù il groppo di amarezza che stava cercando di soffocarlo.

«Oh, ma spostati un po'!» affermò Belinda, spingendo di lato il suo compagno. La donna si abbassò all'altezza di Mason, che era seduto sulla sua sedia a rotelle, e lo strinse in un abbraccio che Mason si ritrovò a ricambiare immediatamente.

«Sei stato lontano troppo tempo», lo accusò Belinda, incominciando a piangere. «Non farlo mai più o sarò costretta a usare le maniere forti per farti ragionare, Mason».

Mason non riuscì a dire nient'altro, non riuscì a replicare, se la strinse maggiormente e alla fine cedette, mettendosi a piangere. L'ultima volta che Mason aveva pianto in quel modo era stato quando gli avevano comunicato la morte di Timothy. Ma quella volta, invece, fu un pianto liberatorio.

💜

«Allora, Seb, non ti ho mai chiesto come sia lavorare con quella strega di Rachel», Jamie chiese a Seb, quando erano tutti impegnati a mangiare la cheesecake al cioccolato bianco che aveva preparato Belinda.

Dopo un inizio di serata alquanto tragico, era poi proseguita nel migliore dei modi. A spezzare la tensione per primo, ovviamente, era stato Evan, che aveva esclamato: «Mason ha portato il fidanzato a casa!»

Mason si era ritrovato a rimpiangere di aver lasciato il bastone a casa.

Rachel guardò male Jamie. «Non sono una strega. Quel ragazzo lo tratto con i guanti. Vero, Seb?»

Mason osservò Seb. Era stato messo subito a suo agio e si era ambientato facilmente. A Mason piaceva averlo lì con lui, ma era un'altra di quelle cose che non avrebbe detto a voce alta perché si stava sbilanciando abbastanza e aveva lanciato fin troppo cibo succulento a quei due avvoltoi di Evan e sua cugina.

«Rachel è fantastica. Mi piace essere il suo assistente», fu la risposta gentile di Seb.

Rachel sorrise in direzione di Jamie. «Sentito, idiota? Ha detto che sono fantastica».

«Hai pompato a dovere il suo ego, Seb», gli disse Cody, guardando sua moglie con divertimento.

«A me, invece, sembra che quello che ha pompato a dovere qualcosa sei stato proprio tu, Cody. Guarda che pancia che ha tua moglie», parlò Evan, mentre si ingozzava di cheesecake.

Dopo quell'affermazione fuori luogo da parte di Evan, a tavola di creò il panico. Alan colpì la nuca di Evan, Belinda gli disse che prima o poi gli avrebbe tagliato la lingua, Rachel voleva lanciargli un bicchiere in testa, mentre Cody gli disse, chiaro e coinciso, mentre levava delicatamente il bicchiere dalle mani di sua moglie, che forse doveva pompare anche lui perché sembrava essere piuttosto frustrato.

«Vieni a casa con me?» mormorò Mason vicino l'orecchio di Seb, quando tutti sembravano impegnati a discutere della frustrazione di Evan.

Seb lo guardò con quei suoi occhi azzurri giganteschi, gli sorrise, furbo, ed annuì. «Sembra che tu abbia qualcosa in mente, Mason musone».

Mason gli scostò i capelli dalla fronte. «Non ho in mente nulla, Sebastian». E invece aveva in mente un sacco di cose.

Seb lo fissò con accondiscendenza, poi scosse il capo. «Sai, Mason, è da parecchio che non ti chiedo quale livello punta il tuo merdometro personale».

«A dire il vero, è da un po' che non rischi di farlo esplodere, Seb».





Nota di Jenny

Buonsalve! Ci tenevo a chiedervi perdono e pietà per via delle mie pubblicazioni alla ca*zo. Ci hanno messo un po' questi due a richiamare la mia attenzione con il loro canto soave. 😂

💜🖤

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