The Promise 2

By heavnsqueen

45.7K 2K 562

Volume 2 (sequel The Promise) "Together but alone." A causa di una promessa, Diamond One si trova obbligata a... More

Introduzione
❤️‍🩹A voi❤️‍🩹
Prologo
Eros 1
Diamond 1
Eros 2
Eros 2 (parte 2)
Diamond 2
Eros 3
Eros 3 (parte 2)
Diamond 3
Diamond 3 (parte 2)
Diamond 4
Diamond 4 (parte 2)
Eros 4
Diamond 5
Eros 5
Eros 5 (parte 2)
Diamond 6
Diamond 6 (parte 2)
Eros 6
Diamond 7
Diamond 7 (parte 2)
Diamond 8
Eros 7
Eros 8
Diamond 9
Eros 9
Diamond 10
Eros 10
Diamond 11
Eros 11
Diamond 12
Eros 12
Diamond 13
Eros 13
Diamond 14
Eros 14
Eros 15
Diamond 15
Eros 16
Eros 16 (parte 2)
Diamond 16
Diamond 16 (parte 2)
Eros 17
Diamond 17
Diamond 17 (parte 2)
Eros 18
Diamond 18
Eros 19
Diamond 19
Eros 20
Eros 21
Diamond 20
Ringraziamenti
The Promise 3

Diamond 5 (parte 2)

881 39 15
By heavnsqueen

Una risata sfuggì dalle labbra di Brayan di fronte alla mia domanda <Sai è buffa come storia> rispose guardando un punto imprecisato del giardino, forse rivivendo qualche momento del passato <Ero da poco entrato nella fazione del König, mi trovavo al Königloom e un uomo si avvicinò a me, si sedette e ordinò da bere sia a me che a lui. Io all'inizio mi meravigliai ma in seguito bevvi con lui e iniziammo a parlare. Tutto andava alla grande finché il suo sguardo non si posò su mia sorella Carla. L'ha definita "bona", mi ha detto che non vedeva l'ora di "sbatterla", che era una delle migliori "troiette" che avesse visto, che l'avrebbe posseduta.> abbassò lo sguardo sulla tazza stringendola con più forza.

<Non sono riuscito a controllarmi e l'ho colpito, ripetutamente. Mi parve come se tutto attorno a me fosse scomparso, finché una mano mi strinse il braccio allontanandomi.> mi guardò negli occhi <Una mano appartenente a un uomo che solamente dicendo "Basta." riuscì a diffondere il silenzio in tutta la sala. Ero arrabbiato, non ho ragionato e l'ho affrontato chiedendogli chi fosse e chi si credesse di essere per venire al Königloom e fare quel che gli pareva e piaceva.> riuscii a percepire l'angoscia nel suo timbro di voce <Lui mi rispose chi fossi io e io gli dissi con tutta fierezza> un sorriso si dipinse sul suo volto prima di continuare <che ero un Tabe.>

Inspirò profondamente <Si avvicinò al bancone ignorandomi, io non potevo accettare un simile gesto, ero nuovo e dovevo farmi rispettare. Mi avvicinai e lo tirai da un braccio ordinandogli di voltarsi. Lui si girò verso di me e mi strangolò. "Me lo ordini?" mi chiese ironicamente per poi gettarmi al suolo prima che gli morissi fra le mani.> finì la tisana in un solo sorso. <Sai, Diamond, quell'uomo era il König. Mi puntò la pistola contro e mi avrebbe ucciso se non fosse intervenuta mia sorella Carla e l'uomo che ama, Roman, che si prese la responsabilità di tutto.>

Posò la tazza sul tavolino. <Il König non si fida di me, semplicemente vuole farmi pentire di averlo sfidato. Allontanò mia sorella assegnandole una missione in Russia, di modo che io non la possa contattare e non riesca a scoprire cosa le stia succedendo. Lui non si fida, vuole solamente sottolineare il suo potere su di me e fare capire a tutti che per lui il perdono non esiste.>

Si avvicinò, facendo alcuni passi verso di me. <E credo di aver intuito la mia punizione, la nostra punizione. Lui ha allontanato me da mia sorella, mia sorella da me e Roman da lei. Direi che ha colpito tre piccioni con una fava.> si sforzò di sorridere <Il König non è un angelo. Non ti conosco molto, ma sono certo che sei una brava persona, Diamond. Per questo voglio farti una domanda su cui spero rifletterai attentamente. Vale davvero la pena sopportare tutto questo inferno per lui?> concluse, voltandosi. <Ritorno tra i condannati al freddo!> disse, ridendo, prima di uscire dalla villa.

"Vale davvero la pena sopportare tutto questo inferno per lui?", la verità? Non lo so.

Lui è... non so come descriverlo, è diverso.

Con lui, mi sento al sicuro. Non mi ha mai trattata male o fatto del male. Non mi ha mai giudicata o fatta sentire sbagliata. Nonostante tra di noi non ci sia alcun legame, nonostante non sia obbligato a starmi accanto, lui mi ha protetta.

Sin dal mio primo problema in questo paese, lo trovai al mio fianco. Mi aiutò e mi vendicò.

Uccise uno dei mostri al Blue, mentre l'altro morì sempre a causa sua. Catturò Ivan, e sicuramente lo starà torturando come gli chiesi.

Mi soccorse il giorno in cui la lametta quasi mi portò alla morte. Rimase con me in ospedale e mi portò con sé a casa sua.

Mi ascoltò per diversi mesi, mi fornì consigli e mai mi giudicò.

Si sedette e ascoltò la mia storia, capendomi e accogliendomi fra le sue braccia.

Mi donò ciò che nessun altro riuscì a darmi, oltre a papà: un luogo degno di essere chiamato casa. E non intendo questa villa, intendo lui. Lui era la mia casa, il mio unico rifugio sicuro. Possedeva quel calore, l'unico in grado di lenire le mie ferite, anche se solo in minima parte.

È un mafioso, uccide e tortura senza alcun rimorso, è il "cattivo" nella storia degli altri. Ma nella mia storia, è un "buono".

Quindi la vera domanda è: chi sta raccontando la sua storia, era con lui o contro di lui?

"Vale davvero la pena sopportare tutto questo inferno per lui?", la risposta? Non sto sopportando tutto questo per lui, ma per Eros Knight. È a lui che devo attribuire la responsabilità di tutto ciò, nessun altro. Lo psichiatra ha solo reso questo inferno un po' più vicino al paradiso e un po' meno all'inferno.

Chi lo ha descritto nelle vesti del cattivo, ha davvero compreso la persona che è lo psichiatra, o l'ha giudicato solo basandosi sull'apparenza?

Lui va compreso. Non conosco il suo passato, so solo che entrambi i suoi genitori sono morti ed è finito in carcere. Ma di una cosa sono certa: nessun uomo desidera che il proprio futuro lo conduca in questa posizione. Nessun uomo vorrebbe che i propri figli crescano nella mafia. Lui ha un passato, e io lo scoprirò per comprenderlo appieno.

Ritornai in stanza, applicai una crema per scottature sulle ferite causate dall'acqua bollente, le coprii e mi sdraiai sotto le coperte cercando di dormire. Tentai di chiudere gli occhi, bloccare le voci che lentamente tornarono a farsi presenti nella mia mente. I ricordi che riaffioravano vividi, costringendomi a tornare a quelle notti, a rivedere quei volti e a sentire il veleno che fuoriusciva dai loro polpastrelli e si insediava nella mia pelle.

Ed era in questi momenti, durante la notte, in cui andare avanti mi sembrava del tutto privo di senso.

Non riuscii a trattenere le lacrime che caddero calde sul cuscino ormai inumidito. Strinsi la coperta in un pugno, stringendo gli occhi e cercando di concentrarmi su altro. Provai a eliminare quei ricordi e a rivivere i momenti sereni con papà: le lunghe passeggiate, i suoi caldi abbracci, l'amore che ogni giorno mi dimostrava, come se fossi veramente sua figlia, come se non mi avesse mai adottata, ma fossi sempre stata con lui. Lui mi salvò quel giorno all'orfanotrofio, regalandomi una nuova vita colma di amore, fiducia e lealtà.

Mi donò una seconda opportunità, insegnandomi che anche se la vita ti stringe il cuore sino a soffocarlo, ci sarà sempre un modo per ritrovare il respiro e vivere.

Sentii i raggi caldi del sole filtrare dalla finestra e posarsi sulla mia pelle. Mi svegliai, alzandomi e dirigendomi verso il bagno, dove sciacquai il viso con acqua fredda, evitando di guardare il mio riflesso allo specchio. In seguito, uscii dalla stanza.

Chissà se lo psichiatra è tornato?

Mi avvicinai alla sua stanza e bussai, ma nessuno rispose. Decisi di stringere la maniglia e aprire la porta, varcando la soglia.

Questa stanza era completamente opposta alla mia: il soffitto e le tende che circondavano il balcone erano nere, le lenzuola e le pareti grigie, mentre in alto, al centro, vi era un lussuoso lampadario di diamanti.

Mi accomodai sul bordo del letto. Mentre il mio era soffice, il suo era robusto, duro al tatto. Osservai l'ambiente circostante prima di alzarmi e dirigermi verso alcuni cassetti all'angolo della stanza. Aprii il primo cassetto e vi trovai diverse boccette del medesimo profumo: narciso. Aprii il secondo cassetto trovandovi una pistola e diversi proiettili. Nel terzo cassetto, vidi solo una chiavetta, una busta e una piccola scatola in legno bianca con inciso un nome in oro: Denise.

La presi, stringendola fra le mani. <Diamond.> mi fermai nel momento in cui udii il mio nome pronunciato con un tono così basso che ormai mi era impossibile non riconoscere a chi appartenesse. Cercai di riporre la scatola nel cassetto prima che la vedesse. <Cosa fai?> chiese nuovamente, e io mi voltai aderendo al cassetto per chiuderlo.

Gocce d'acqua scivolarono lungo i suoi addominali, i capelli neri erano bagnati e in disordine, il volto arrossato e il corpo avvolto solamente da un asciugamano stretto in vita. Esaminai ogni dettaglio del suo corpo con attenzione, rimanendo incantata dalla sua vista. <Tutto bene, Diamond?> alzai gli occhi sulle sue iridi, che mi fissavano quasi preoccupate. Riuscii solo ad annuire, facendo qualche passo indietro. <Ehm, sì, sì.> balbettai, reggendomi ai cassetti alle mie spalle.

"Step By Step", era questo il tatuaggio posizionato proprio sopra il cuore, vicino alla ferita che potei presumere fosse stata causata dal proiettile di Luke. Mi avvicinai, osservandolo attentamente. <Mi dispiace...> riuscii a sussurrare, sfiorando la ferita. Lui mi guardò, sorridendo. <Per cosa?> chiese, benché sapesse a cosa mi riferissi. Alzai lo sguardo su di lui. <Per tutto. Hai dovuto affrontare diversi problemi per me.> Abbassai la testa, scrutando meglio il tatuaggio vicino alla ferita. Mi sembrò che la sua pelle fosse stata lacerata in quel punto, ma non potei esserne certa, poiché nel momento stesso in cui avvicinai il dito al tatuaggio, lui mi bloccò stringendo delicatamente il mio polso.

<Se c'è qualcuno che dovrebbe scusarsi sono io. Non tu.> mi lasciò il polso effettuando un passo indietro. <Per cosa?> chiesi anch'io, cercando di capire quale comportamento ritenesse errato.

Mi trovavo in questo paese per causa di Eros Knight. Se c'era qualcuno che doveva chiedere scusa, quello era lui, non lo psichiatra.

<Per tutto. Ti ho coinvolto in un mondo che non è il tuo.> dichiarò, sistemando i capelli umidi con una mano.

<Credimi, non è colpa tua.> è colpa del fantasma che persiste nella mia vita, del peso di un passato che mi tormenta, di una promessa che mi ha completamente distrutto, spingendomi sull'orlo del baratro.

Mi superò, dirigendosi verso i cassetti alle mie spalle. Estrasse uno dei profumi di narciso dal primo cassetto, lo spruzzò sul suo corpo, poi si voltò nella mia direzione. <Mi stavi cercando?> domandò infine, fissandomi con un'espressione preoccupata.

<No, beh, sì. Volevo solo assicurarmi che tu fossi tornato.> risposi, consapevole che non fosse una giustificazione sufficiente per entrare nella sua stanza e frugare tra i suoi effetti personali.

<Solo per questo? È successo qualcosa ieri?> domandò, avvicinandosi nuovamente a me. Un'ondata di profumo mi colpì nel momento stesso in cui fu a pochi passi da me.

<No, nulla. Isabel, invece? Hai reso la sua serata piacevole, suppongo.> dissi con una nota di fastidio nel mio tono di voce. Sicuramente non l'aveva raggiunta per una partita a scacchi; era rimasto a casa sua per tutta la notte, le aveva concesso ciò per cui era venuta, atteggiandosi come se fosse la padrona della villa.

Lui sorrise prima di rispondere <Lo sai che non devo darti spiegazioni, vero, Diamond?>

No, chi sono io per lui? Nulla. Non mi doveva spiegazioni e io sono stata sciocca a mostrarmi così gelosa nei confronti di un uomo che nella realtà non mi appartiene.

<È meglio che me ne vada.> affermai, avviandomi verso l'uscita, ma una figura possente si interpose fra me e la mia via di fuga.

Alzai gli occhi su di lui. <Cosa cercavi in quel cassetto?> chiusi gli occhi e distolsi lo sguardo non appena pronunciò quelle parole. Come avrei potuto giustificare l'ingiustificabile? Nemmeno io sapevo perché fossi entrata nella stanza, sebbene nessuno avesse risposto quando bussai.

<Ehm, cercavo... cercavo una felpa. Ho freddo e nel mio armadio ci sono solo magliette a maniche corte.> risposi d'un fiato, consapevole che non fosse una giustificazione sufficiente a convincere un uomo sveglio come lui.

<Una felpa?> disse con finto stupore. <Avresti avuto più probabilità di trovarla se avessi cercato nell'armadio.> dichiarò sorridendo.

In fondo, mi sarei sorpresa se avesse creduto a questa banale giustificazione.

<Va bene, vado a cercarla nell'armadio. Non ho intenzione di rimanere al freddo per questa tua stupida punizione.>

<Punizione? Credimi, lo è più per me che per te.> mi voltai non appena pronunciò quelle parole. <Cosa intendi?> chiesi, senza distogliere lo sguardo dalle sue iridi dorate, cercando di controllarmi dal ripercorrere nuovamente il suo corpo perfettamente nudo dinnanzi a me. <Non presto mai i miei vestiti.> affermò, ignorando la mia domanda, superandomi per poi tornare dopo pochi secondi. <Ma questa volta farò un'eccezione.> mi porse una felpa bianca, e io la accettai stringendola.

<So che la storia delle magliette può sembrarti sciocca, ma credimi, preferisco ricevere il tuo disprezzo piuttosto che assistere al tuo dolore e non fare nulla per, non dico fermarti ma, almeno limitarti.> disse lentamente nel mentre che io mi misi la felpa. <Non sono le magliette ad avermi limitata. I segni sono meno rispetto a prima, per te.> dichiarai sistemandomi la felpa calda.

Mi era impossibile smettere, ma sapere che qualcuno ogni mattina sperava di vedere i miei polsi senza nuovi braccialetti, mi spingeva a ridurre, anche se di poco, l'utilizzo di quella lametta, sostituendola con l'acqua bollente.

<Questo implica che in qualche modo ho lasciato un impatto positivo nella tua vita.> disse sorridendo, formando due fossette sul volto ancora arrossato. <Credimi, sono certa che tu abbia compiuto molte azioni positive non solo nella mia vita ma anche in quella degli altri.> affermai, seguendo una ciocca di capelli che gli cadde sulle ciglia. <Scendi a fare colazione, mi vesto e ti raggiungo.> concluse, dirigendosi verso la cabina armadio.

Uscii dalla stanza e avvolsi le braccia intorno a me, respirando ancora il suo profumo impregnato sulla felpa. Lui non ne era a conoscenza, ma fu l'unico in grado di farmi ritrovare in lui il calore paterno, l'affetto fraterno e la sicurezza di avere al mio fianco un uomo forte e degno di essere chiamato Uomo.

Lui incarna la speranza che in questo mondo esistano ancora uomini autentici, con ideali ben definiti e principi sani.

"Vale davvero la pena sopportare tutto questo inferno per lui?", sì.

Continue Reading

You'll Also Like

29.1K 702 53
[ PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE ] Due ragazzi completamente diversi : sole e luna acqua e fuoco dolce e salato giorno e notte angelo e diavolo luce...
33.5K 2.1K 59
una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene
157K 5.1K 42
Un appartamento in condivisione con altre quattro persone. Una donna che perderà la testa per il suo coinquilino, che sarà un vero stronzo con lei. L...