La Costellazione di Orione

By TheBlondeWr1ter

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Nella Scozia degli anni '50, Henry, ribelle figlio del Duca di Aberdeen, s'imbatte nell'enigmatico Isaac, dan... More

Prologo | Fuochi d'artificio a Saint Andrews
Capitolo I | Sfide accese
Capitolo II | Sotto il segno di Isaac
Capitolo III | Scontro di Ego
Capitolo IV| Duello inaspettato
Capitolo V | L'iniziazione d'inverno
Capitolo VI | In whisky veritas
Capitolo VII | Aria di tempesta
Capitolo VIII | Tifone imminente
Capitolo IX | Tra dolcezza e sfida
Capitolo X | Bacio o non bacio?
Capitolo XI | Collisione di nobiltà
Capitolo XIII | Ti fidi di me?
Capitolo XIV | Dove ricomincio a respirare

Capitolo XII | Oltre le apparenze

109 19 64
By TheBlondeWr1ter

Piccolo spazio autore

~

Ciao a tutti, mi scuso molto per l'intrusione. Come prima cosa, spero che la storia vi stia appassionando e vi stiate lentamente affezionando ad essa. Questo capitolo, a cui mi sento particolarmente legato, è stato interamente scritto ascoltando la canzone che vi allegherò in seguito in ripetizione continua per diverse ore. Volevo quindi condividerla con voi, e se vi va, e ne abbiate occasione, anche ascoltarla durante la lettura. Alla prossima ❤️

"i am not who i was - Chance Peña"

https://open.spotify.com/intl-it/track/5uu2OCGGrTRS1sIvlMgKwe

TBW

~

Lasciai il palazzo di Edimburgo e tornai a St.Andrews in auto; la furia pulsante nel petto mentre guidavo a tutta velocità.

La strada si srotolava sotto le ruote dell'auto come un nastro di asfalto e non riuscivo a liberarmi da quel groviglio insopportabile che percepivo nello stomaco. Mi sentivo arrabbiato, isolato e incompreso. Un reietto che non riusciva a capire il proprio posto in un mondo governato da quelle stupide regole.

Era mezzanotte inoltrata e non avevo nessuna voglia o intenzione di mettermi a letto. Desideravo starmene da solo, bere dello scotch e fumare della buona marijuana.

Ogni studente si era ritirato nella propria stanza per la notte e il dormitorio si avvolgeva in un silenzio totale. Mentre mi dirigevo verso la sala comune, il suono regolare dei miei passi risuonava attraverso gli spazi vuoti, amplificandosi in quella solenne quiete.

La porta si aprì con un cigolio familiare e davanti agli occhi mi ritrovai l'ultima persona che avrei voluto incontrare in quel momento.

Era seduto con regale eleganza nella poltrona di fronte al camino, le gambe accavallate con l'atteggiamento di un vero principe. La camicia slacciata quasi fino allo sterno, scopriva appena la muscolatura definita del suo petto. Alcune ciocche ribelli gli coprivano a tratti gli occhi mentre un libro giaceva pigramente sulle sue ginocchia. Le labbra scarlatte indugiavano con grazia sul sigaro fumante mentre lo sguardo era concentrato sulla sua lettura.

«S-Scusami, non volevo disturbarti, me ne vado subito...» Dissi tutto d'un fiato.

«Henry! Non mi disturbi affatto, ma...» Chiuse il libro con un tonfo sommesso, dirigendo il suo sguardo verso di me con una smorfia di interesse. La stanza era pervasa da una tenue luce proveniente dall'abat-jour sul davanzale e dal leggero calore del camino. «Cristo! Ma sanguini? Henry, che succede?» La sua preoccupazione superò ogni mia aspettativa. Si alzò di scatto, si precipitò verso di me avvicinando il suo viso al mio e scrutò attentamente la ferita sullo zigomo e la spaccatura sull'angolo della bocca. Con un gesto deciso, mi prese per un braccio e mi fece sedere sulla poltrona; il velluto ancora tiepido dalla sua presenza.

«Non è niente, Isaac. Non voglio parlarne. Tu, piuttosto, che ci fai ancora sveglio?»

«Non riuscivo a dormire.» Si affrettò a dire prima di dirigersi rapidamente verso il mini-bar. Frugò per bene tra i cassetti e tornò con un sacchetto di ghiaccio, alcune garze e del disinfettante. Poi posizionò uno sgabello di fronte a me e prese posto senza rivolgermi un'ulteriore sguardo. La sua attenzione era rivolta a dispiegare le garze dalla loro confezione.

«È possibile che da quando mi trovo qui alla St.Andrews, la tua faccia sia sempre reduce di qualche lite?» Finalmente sollevò il viso, lanciandomi un'occhiata di velato rimprovero. «O semplicemente ti diletti a combattere in lotte notturne clandestine soltanto per fama?» Continuò sarcastico versando della soluzione disinfettante sulla garza ripiegata su se stessa.

«Oh, certo, sono diventato una celebrità. Sono conosciuto come 'Il Campione Dankworth, Re dei pugni'.» Io sorrisi, lui mise in mostra le fossette.

«Vedi di non farti rovinare questo bel faccino, Re dei pugni.»

«Ahia!» Isaac aveva cominciato a tamponare delicatamente la ferita sullo zigomo e sul labbro.

«Sta' fermo!» Mi ordinò con tono autoritario, ma ogni movimento delle sue mani era intriso di premura. La sua presa ferma ma delicata sul mio mento emanava un calore rassicurante sulla mia pelle. Sentivo il profumo della sua colonia, una fragranza leggera e avvolgente che fluttuava nell'aria come un sussurro gentile di una brezza primaverile. Isaac era così vicino che potevo studiarne ogni dettaglio: le screziature dorate dentro l'ambra dell'iride, le ciglia folte che incorniciavano lo sguardo, e i lineamenti del suo viso delicati come tratti leggeri di una matita, uno schizzo realizzato da un abile artista. La sua bellezza era un'ode all'armonia e alla perfezione.

«Brucia...» Protestai mentre sentivo un sottile calore scorrermi sotto la pelle e non era certo dovuto al disinfettante.

«Chi ti ha ridotto così?» Mi chiese mantenendo fermo il ghiaccio sulla mia guancia.

«Alexander Spencer, uno stupido, presuntuoso e vigliacco figlio di puttana!»

«Cosa è successo?»

«Lui...» Esitai per un breve istante. Poi continuai. «Si tratta del figlio del marchese Spencer, lo conosco da anni. Frequenta la nostra università, ma è stato via qualche mese per un viaggio diplomatico; circo aristocratico.» Isaac mi guardava con interesse mentre la sua mano giaceva ferma sul mio viso, premendone il ghiaccio con delicatezza. «Diciamo che è un bravo provocatore ed io ho qualche problema a gestire gli impulsi.»

«Oh, di quello ne ero certo!» Le sue labbra si piegarono in una curva scarlatta, un sorriso dolcissimo.

«Isaac, tu dovrai fare attenzione. Alexander è uno stupido classista... odia quelli come te e in passato è stato molto duro con le matricole e...»

«Calma, calma, Henry. Non avrai mica fatto a botte a causa mia?»

Mi si spezzò la lingua, e non riuscii a rispondere. Il silenzio era interrotto soltanto dal lieve suono del ghiaccio che scricchiolava sciogliendosi lentamente contro la mia guancia. Un breve istante, e Isaac si alzò rapidamente.

«Henry, non ho bisogno di qualcuno che mi difenda, lo sai questo?» Il suo sguardo si intensificò.

«Quell'idiota ti ha dato della feccia, dello scalatore sociale!»

«Credi che mi importi qualcosa di quello che pensa la gente, Henry? Le opinioni altrui non mi scalfiscono, non è di quello che mi preoccupo. E tu dovresti smetterla di risolvere le cose facendo a pugni!»

Sorpreso, rimasi lì, con il ghiaccio appiccicato alla guancia, mentre le sue parole risuonavano nella stanza. Non sopportavo il fatto che avesse ragione.

Lo guardai negli occhi, e riconobbi un'anima navigata nelle sue profondità. Mi resi conto che forse avevo molto da imparare da lui, che fino a quel momento lo avevo giudicato senza davvero conoscerlo.

Restai in silenzio e abbassai lo sguardo.

«Promettimi che non farai più niente di così stupido. Sei migliore di questo, Henry.»

«Ti sbagli. Non lo sono.»

«E invece si, è soltanto che non riesci a vederlo. Hai un'intelligenza e un cuore che vanno ben oltre questa gente. Non permettere che la loro meschinità offuschi la tua vera nobiltà d'animo.»

«Come fai a dirlo? Parli di me come se mi conoscessi da molto tempo.»

«Mi è bastato vedere come reagisci quando qualcuno è in difficoltà. Ricordi quel giorno del tifone? Ti sei precipitato a cercarmi senza nemmeno preoccuparti per te stesso. Questo è ciò che conta davvero, quello che ti rende speciale, la tua autentica bontà nei momenti di difficoltà. Non c'è cosa più bella di questa.»

Tornò seduto sullo sgabello e posò le sua mani calde sulle mie ginocchia. Continuava a fissarmi, il suo sguardo fermo sul mio. Sembrava come se sugli occhi avesse un filtro speciale che gli permetteva di conoscere la mia vera natura. Dopo le sue parole, provai uno strano calore al petto, come se avesse illuminato un angolo nascosto di me stesso.

Mi tolsi il ghiaccio dalla guancia e presi un profondo respiro prima di parlare.

«Questo però non ti fa venire voglia di baciarmi.»

«Oh, Henry, se ti riferisci a quel giorno, al contrario, c'è voluta fin troppa forza di volontà per trattenermi!»

«Allora perché ti sei scansato? Insomma, abbiamo già scopato una volta...»

«Esatto, Henry. Scopato. Eravamo soltanto due corpi, non c'era niente che sentissi nei tuoi riguardi, a parte un enorme eccitazione per il tuo culo. Ho baciato e fatto sesso con altri prima di te, ma non volevano dire niente. Dato che eri curioso di saperlo, risponderò alla tua domanda: si, mi importa di te e credo fermamente di iniziare a provare qualcosa nei tuoi confronti, e non voglio bruciare tutto lasciandomi prendere dal momento, non voglio ridurre tutto ad un bacio o ad una scopata. Vorrei conoscere prima i tuoi sogni e i tuoi incubi. Vorrei sapere di più sulla tua vita e vorrei poter restare a parlare ore ed ore con te. Vorrei che noi due sentissimo le stesse cose, che siano i nostri sentimenti a baciarsi, prima delle nostre bocche.»

Restai sbigottito. Le sue parole furono un chiarimento inaspettato che mi lasciò interdetto.

La solita incredibile capacità di Isaac di vedere oltre le apparenze mi colpiva ancora una volta. Era come se ogni volta che pensavo di aver capito qualcosa, lui fosse lì a dimostrarmi quanto in realtà fossi lontano dalla verità.

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