The Promise 2

By heavnsqueen

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Volume 2 (sequel The Promise) "Together but alone." A causa di una promessa, Diamond One si trova obbligata a... More

Introduzione
❤️‍🩹A voi❤️‍🩹
Prologo
Eros 1
Diamond 1
Eros 2
Eros 2 (parte 2)
Diamond 2
Eros 3
Eros 3 (parte 2)
Diamond 3 (parte 2)
Diamond 4
Diamond 4 (parte 2)
Eros 4
Diamond 5
Diamond 5 (parte 2)
Eros 5
Eros 5 (parte 2)
Diamond 6
Diamond 6 (parte 2)
Eros 6
Diamond 7
Diamond 7 (parte 2)
Diamond 8
Eros 7
Eros 8
Diamond 9
Eros 9
Diamond 10
Eros 10
Diamond 11
Eros 11
Diamond 12
Eros 12
Diamond 13
Eros 13
Diamond 14
Eros 14
Eros 15
Diamond 15
Eros 16
Eros 16 (parte 2)
Diamond 16
Diamond 16 (parte 2)
Eros 17
Diamond 17
Diamond 17 (parte 2)
Eros 18
Diamond 18
Eros 19
Diamond 19
Eros 20
Eros 21
Diamond 20
Ringraziamenti
The Promise 3

Diamond 3

907 39 2
By heavnsqueen

La speranza è come il sole,
che proietta le ombre della nostra vita dietro di noi.
Samuel Smiles

Non ci pensare.
Chiudi gli occhi.
Stringi il cuore e abbandona l'anima.

Ascoltami Diamond, reagisci. Non permettere a un simile mostro di piegarti. Non cedere alla debolezza. Mi hai fatto una promessa in passato, è arrivato il tempo di mantenerla.

Apri quella porta.

Non ti nascondere come sei solita fare. Non arriverà nessuno a proteggerti. Sii l'eroe di cui avevamo e abbiamo bisogno. Reagisci.

Non voglio più essere la vittima, voglio essere io la carnefice. Difenditi. Attaccalo.

Dimostragli che non sei una debole, dimostra al mondo intero che possiamo plasmare il nostro destino, che possiamo emergere con potenza. Dimostralo ora, Diamond One. Rendimi orgogliosa.

Mi voltai, distogliendo lo sguardo dallo specchio con cui avevo bloccato la maniglia della porta. Ignorai le parole della bambina nel riflesso, mettendo a tacere la sua voce, la mia voce, la me bambina. Aveva ragione, dovevo reagire, aprire la porta e affrontare Eros. Tuttavia, avevo paura di quello che sarebbe potuto accadere dopo. Mi avrebbe costretta a piegarmi, lacerandomi con violenza, assorbendo le mie grida come fossero una dolce melodia. Avrebbe violato la mia essenza, obbligandomi a diventare sua, come se fossi un oggetto da usare a suo piacimento, un giocattolo pronto a soddisfare le fantasie degli uomini.

Appoggiai la testa contro la parete e chiusi gli occhi, sentendo le guance umide. Non avrei mai potuto mantenere la promessa fatta alla bambina; non sarei mai riuscita a diventare io stessa la carnefice. Come avrei potuto farlo in un mondo in cui il potere era nelle mani degli uomini, in cui la donna era spesso considerata poco più di un oggetto, un pezzo di carne. Un mondo che riduceva il genere femminile a un passatempo senza diritti o obiettivi indipendenti. Un mondo che mi aveva respinto ripetutamente, costringendomi a piegarmi al volere degli uomini.

Non sono mai stata risparmiata.
Nessuno si è mai preoccupato di chiedermi come mi sentissi.
Non ho mai preso decisioni per conto mio.

Avrò mai il diritto di chiamarla la mia vita?

Chiusi le orecchie nel momento in cui diversi spari colpirono la porta della stanza, rompendo la serratura. Un colpo seguito da un altro, i mobili spostati con forza, i suoi passi avvicinarsi e la voce velenosa chiamare il mio nome <Diaamoond> batté contro la porta, una, due, tre, continuò a colpirla con forza. Abbassai lo sguardo sullo specchio posto davanti a me. Vidi la bambina stringersi le braccia, implorandomi con gli occhi lucidi. "Reagisci." mi sussurrò, svanendo nel nulla.

Asciugai le lacrime e mi alzai dal suolo, le avrei dato ascolto, avrei agito, non mi sarei fatta usare senza lottare.

<Se ci riesce, manterrai la tua promessa. Ucciderai lui e poi te stessa.> dissi lentamente, fissando quello che ora divenne il mio riflesso nello specchio. Presi il portasapone di ceramica sopra il lavandino e lo scagliai con forza contro lo specchio. Raccolsi un grosso frammento di vetro nascondendolo dietro la schiena. Effettuai un passo indietro, appoggiandomi contro la parete.

Prigioniera, il mio cuore accelerò il suo battito nel momento in cui Eros si scagliò con violenza contro la porta. Ogni colpo risuonò nella mia mente come un tuono, mandando brividi lungo la mia schiena.

Quella porta divenne l'unica barriera tra la mia sicurezza e la sua brama di possesso. Il confine tra il mio presente e il mio futuro.

Strinsi con forza il frammento di vetro, percependo le gocce di sangue scivolare sul suolo. Chiusi gli occhi, concentrando la mia attenzione su di esse.

Le sue grida risuonarono nel bagno, parole indistinte e minacce che si insinuarono come lame nella mia mente.

Mi avvicinai alla porta, stringendo la maniglia e cercando di resistere ai continui colpi che Eros scaricò su di essa.

Ogni secondo si prolungò in un'eternità, la mia mente divenne un vortice di pensieri contrastanti, e il mio cuore un misto di emozioni.

Dio, dicono che tu sia misericordioso. Se mi salvi questa volta, ti prometto che perdonerò il dolore della mia infanzia. Per una volta, soltanto questa, aiutami.

<APRI QUESTA PORTA DIAMOND!>

La porta divenne sempre più fragile e, nell'oscurità soffocante del bagno, pregai che Dio mi ascoltasse e che quella porta resistesse ancora per un po'.

Con un colpo finale, la porta cedette, lo specchio fu scagliato con forza e il suo sguardo gelido si posò su di me.

Stringendo con maggior forza il frammento di vetro dietro la schiena, fissai i suoi occhi cercando di mostrare una forza che in realtà non mi apparteneva. <Non otterrai mai nulla da me.> sussurrai.

Eros mi fissò con uno sguardo minaccioso. Non gli avrei mai concesso la soddisfazione di percepire il terrore nei miei occhi.

Lentamente, fece un passo in avanti sorridendo. <Non capisci?> ribadii <Non riuscirai mai a piegarmi. Non appartengo a te.>

La paura si fuse con la rabbia dentro di me.

Avanzò lentamente guardandomi attentamente mentre io stringevo con forza il frammento di vetro. Il respiro si fece affannato e la tensione si diffuse nell'aria.

Mi trovai intrappolata tra il suo corpo e il muro, stringendo con ancora più forza il frammento di vetro. Con un movimento rapido, cercai di spingerlo nella sua direzione, ma lui riuscì a bloccare la mia mano stringendo il mio polso. Col suo gomito, immobilizzò il mio collo contro la parete.

Il mio corpo si irrigidì, cercai con gli occhi qualcosa per respingerlo, ma non trovai nulla. <Sei meschino.> sussurrai a bassa voce mentre lui mi strappava il frammento di vetro dalla mano. Lo sollevò con un sorriso sul volto.

<Prima hai detto che non appartieni a me. Fammi indovinare: appartieni al König?> un ghigno si dipinse sul suo volto. <Appartengo a me stessa.> risposi, tossendo e sfiorando il collo dopo che mi liberò dalla sua stretta.

<Il tuo piano era di colpirmi con questo?> chiese ironicamente, giocando con il frammento fra le dita. <Conosci la storia del bambino e il frammento di vetro?> chiese nuovamente, sorridendo. <No.> risposi, senza mai distogliere lo sguardo dal suo occhio bianco e dalla cicatrice che gli attraversava la guancia.

Mi afferrò con forza e mi trascinò fuori dal bagno. Lo colpii e urlai cercando di sfuggire di nuovo, ma lui, con un gesto rapido, mi spinse sul letto. <C'era una volta un bambino> cominciò, togliendosi la maglietta rossa e gettandola sul pavimento.

Mi alzai correndo verso la porta, ma lui mi afferrò con forza e mi spinse al suolo. <la sua bellezza era invidiata da tutto il quartiere> disse, togliendo la cintura dai pantaloni. Io mi rialzai con gli occhi colmi di lacrime. <Eros...> sussurrai a fiato corto.

Lui non si curò delle mie suppliche; anzi, sembrarono persino piacergli. <dicevano che avesse inglobato l'alba stessa.> gettò la cintura a terra e si sfilò le scarpe. <PERCHÉ LO FAI! AVEVAMO UN PATTO.> urlai con le lacrime a rigarmi il volto senza sosta.

<Vivace, spensierato, felice, temuto da tutti.> continuò, ignorando le mie parole. Percepii il freddo della parete sprigionarsi nel mio corpo.

<Un bambino ribelle che sin dall'infanzia piegò chiunque al suo volere.> continuò, togliendo anche i pantaloni e i boxer, rimanendo completamente nudo davanti a me. Cercai nuovamente di correre verso la porta, ma mi afferrò, stringendo con forza le mie braccia. <Le promesse si devono mantenere, e tu hai promesso...> affermai, con i battiti irregolari e un tremolio in tutto il corpo.

<Chiunque tranne un uomo.> sussurrò sulle mie labbra. Voltai lo sguardo verso la finestra affianco al balcone, cercando di regolarizzare i battiti.

Mi afferrò il viso, costringendomi a guardare nuovamente il suo occhio bianco e quello nero. <Influente e molto potente.> continuò. In un istante, gli morsi la mano, obbligandolo a stringerla con l'altra. Approfittai di questa breve distrazione per tentare di correre, ma con una velocità sorprendente, mi prese nuovamente colpendomi con forza al viso.

<Un uomo che da sempre disprezzò quel bambino. Lo odiò sfogando su di lui tutta la sua rabbia.> mi colpì di nuovo, poi strinse il mio braccio e mi gettò sul letto. Strinsi le lenzuola nei pugni, implorandolo con lo sguardo. <Non sono fuggita. Ho fatto tutto ciò che mi hai chiesto, perché mi fai questo?!>

<Un giorno il bambino aveva fame.> si mise a cavalcioni su di me, completamente nudo. <Andò in cucina ma non vi trovò nessuno.> mi bloccò i polsi, tenendoli sopra la mia testa.

Mi dimenai con tutte le forze, lottando per alzarmi, cercando disperatamente di liberarmi, di non permettergli di usarmi come avevano fatto tutti quanti da sempre.

Non avrei avuto la forza di affrontare un altro abuso.

<Quando il König ti troverà, ti ucciderà!> gridai, lacrime miste a disperazione scivolarono lungo le mie guance nel mentre che cercavo con tutte le forze di liberarmi dalla sua presa.

<Il bambino aprì il frigorifero e vide la marmellata posta nel ripiano più alto.> disse sorridendo, ignorando le mie parole. <Corse a prendere una sedia e la posizionò davanti, salendoci sopra.>

Con la mano libera, afferrò il colletto del mio vestito e lo tirò con violenza, strappandolo. Poi, con forza, afferrò il mio seno. <TI ODIO!> urlai, guardandolo immobilizzata e incapace di compiere qualsiasi movimento.

<Neanche con la sedia riuscì a raggiungere la marmellata, così dovette salire direttamente sul frigorifero.> strappò con forza il vestito, osservando il mio corpo completamente nudo sotto di lui.

I miei polsi mi fecero male per la forza esercitata su di essi. <Raggiunse la marmellata, stringendola, ma quando cercò di scendere, non trovò più la sedia e cadde a terra, rompendo il barattolo di vetro.> mi colpì con forza sul seno, sulla pancia e sul ventre, stringendo la pelle e costringendola a piegarsi sotto questa tortura fino a sentirmi urlare.

<Colpì la testa con una tale violenza che riuscì a far uscire il suo stesso sangue.> sospese la tortura costringendomi ad aprire le gambe per poi posizionarsi fra di esse. <Sporcò il frigorifero con il sangue e l'uomo lo notò.> con la mano libera, prese il suo pene e lo guidò verso la mia intimità. <Eros...> singhiozzai, tra il pianto ininterrotto e il dolore provocato poco prima.

Mi dimenai nuovamente per allontanarlo, ma lui non si mosse. <Si avvicinò al bambino chiedendogli se avesse bisogno del suo aiuto.> spostò di poco le mutandine facendo aderire il glande alle grandi labbra. <No, no, no.> dissi inconsciamente serrando le labbra e stringendo gli occhi cosciente del dolore atroce che avrei provato.

<Il bambino rispose di no e l'uomo affermò che lui necessita del suo aiuto.> spinse con forza il pene dentro di me lacerandomi le piccole labbra e la vagina <Ma il bambino possedeva un orgoglio senza precedenti e non sottostette all'uomo, lo sfidò col suo ennesimo rifiuto.>

Le lacrime mi solcarono il volto ininterrottamente, e non riuscii a trattenere un urlo. <L'uomo prese un frammento di vetro con cui raccolse un po' di marmellata.> uscì e rientrò in me senza alcuna pietà. <Poi, prese il bambino e lo mise sul tavolo togliendogli la maglietta.>

Sentimmo degli spari e ci voltammo contemporaneamente verso il balcone. Lui aumentò la forza utilizzata <"Hai bisogno del mio aiuto?" gli ripeté posizionando il frammento sul cuore del bambino.> gemette accanto al mio orecchio, sentii il suo respiro sul mio collo, il veleno diffondersi dentro di me, quel calore corporeo assumere le sembianze dell'acido sulla mia pelle.

Percepii dai suoi polpastrelli diffondersi l'odio che riservavo nei suoi confronti, mentre il mio cuore continuò a sperare nell'irruzione dello psichiatra, dell'unico uomo che cercò di proteggermi in seguito alla morte di mio padre.

Mio padre, la radice del mio attuale stato. Quella ingenua promessa che si rivelò essere un manto tessuto di sofferenza e crudeltà impostomi dal destino.

Nuovi spari risuonarono, come se al di sotto stesse scoppiando una guerra vera e propria. Urla e colpi si susseguirono, come se fossi stata catapultata un anno indietro, durante la sparatoria che gettò la mia vita fra le fiamme dell'inferno.

<Il bambino rifiutò ancora.> continuò raccontando questa stupida storia, usando il mio corpo come fossi un oggetto e non una persona <L'uomo spinse il frammento con sopra la marmellata sul cuore del bambino, lacerando la sua pelle.> circondò il mio collo con una presa salda, stringendo e mordendo un capezzolo.

Non ebbi più le forze per urlare, percepii i suoi testicoli colpire la mia pelle con forza mentre il pene usciva e entrava come fossi di sua proprietà, come se fosse mio dovere soddisfarlo senza obiezioni. <Ti odio.> dissi sottovoce guardando il soffitto, indirizzando il mio completo odio verso Dio. L'unico a cui chiesi aiuto per la seconda volta e che si rifiutò di ascoltarmi.

<Venne ricoperto dal suo stesso sangue a causa del suo spirito ribelle.> disse con un ghigno, allentando la presa sul mio collo, seguita da una tosse continua. Mi strinse il viso tra le mani, sussurrandomi sulle labbra <Il bambino perse. L'uomo vinse.>

Aumentò la velocità dei suoi colpi gemendo sulle mie labbra, raccogliendo le mie lacrime con la lingua e continuando a stringere con forza i miei polsi.

<In questo contesto, tu sei il bambino, e io sono l'uomo. Tu hai perso, ed io ho vinto.> affermò, fissandomi negli occhi e irrigidendosi per poi unire la sua fronte alla mia e venire dentro di me.

<No!> urlai prima di sentire quel veleno diffondersi nel mio ventre <no..> ripetei piangendo, sentendo ogni sua goccia.

<Il bambino continua a perdere tutt'oggi.> disse a fatica effettuando gli ultimi colpi per poi uscire e stringere il pene fra le mani costringendomi a guardarlo <Te l'avevo detto che sei sporca. Usata.> disse sorridendo e toccandosi, finendo di venire sul mio ventre.

Usata... aveva ragione, sono solo un oggetto. Sporca.

Nessuna identità.
Solo un giocattolo.
Una distrazione.
Il divertimento maschile.
La giostra della brutalità umana.

<E ora sei anche mia.> dichiarò, alzandosi e liberando i miei polsi, fissandomi. D'istinto, mi coprii con le mani e mi rannicchiai sul letto. Ancora sentivo le sue mani addosso, il suo odore sulla mia pelle, ancora sentivo lui.

Dentro di me.
Mi lasciò contaminata.

<Alzati!> urlò, con gli spari all'esterno che non si fermarono sin dall'inizio. Mi afferrò per le braccia, costringendomi a rialzarmi in piedi. <Reagisci cazzo! Implorami. Pregami. Umiliati ancora di più.>

Gli sputai in faccia e lui rispose con un colpo sul mio viso, spingendomi verso la finestra. <Una parte di me vorrebbe gettarti da questa finestra.> i miei capelli fuoriuscirono da essa, il vento li scompigliò mentre la sua presa rimase salda sul mio viso. Gli risposi con un calcio sull'addome nudo e corsi in bagno.

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