Sorelle D'onore

By Uking74

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Nella campagna siciliana della prima metà del Novecento, durante il fascismo, vivono le sorelle Di Dio. Nunzi... More

capitolo 1 - lutto cittadino -
capitolo 2 -Le Tre sorelle -
capitolo 3 - Fiscaletto
Capitolo 4 -la basilica delle Vigne -
capitolo 5 -I Conti tornano -
Capitolo 6 - Viaggio d'affari-
capitolo7 -La Banca-
Capitolo 8- Femmine e maschi -
Capitolo 9- La Mala Vita-
capitolo 10- i migliori nemici-
capitolo 11- la vestizione prima parte-
capitolo 12- la vestizione parte seconda-
Capitolo 13 - La veglia-
capitolo 15 -La casa del fascio -
capitolo 16- La Turingia -
capitolo17- Pranzo Siciliano -
Capitolo 18- La Bella di Notte-
capitolo19- "Lac"

capitolo14 -La cerimonia -

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By Uking74

All'alba il corteo funebre si incamminò verso Bizzini, bisognava raggiungere la chiesa della vigne entro la mezza mattinata.
All'inizio del tragitto il gruppo era composto dai soli membri della famiglia e dalle prefiche, oltre all' impareggiabile Don Tano che conduceva il carretto bardato a lutto.
La vedova e i tre figli seguivano il carro da vicino, ogni tanto i più piccoli venivano seduti sulla sponda posteriore per riposare , le tre sorelle invece seguivano dietro a qualche metro di distanza .
Mano a mano che si approssimavano al territorio di Bizzini, i vicini apparivano sul ciglio della strada col cappello in mano in senso di rispetto, non tanto per l'anima di Don Pinu che in vita non godeva di grandi simpatie, quanto per la morte di per sé , che passava a bordo di quel carretto, lenta ed inesorabile, calcando le loro strade e diffondendo un monito di avvertimento che rammentava a tutti il destino universale.
Alcuni attendevano solo che il carro passasse, altri compostamente si accodavano dietro le sorelle, non prima di avere ossequiato i congiunti e le tre prefiche.
Cosí che, quando giunsero a poche centinaia di metri dalla chiesa, il corteo ormai nutrito e corposo, assunse non poche similitudini con una marcia trionfale in cui, le vittoriose prefiche conducevano le spoglie di chi in vita era stato un loro ostico avversario, il tutto in pegno di una pace da suggellare tramite quel funerale.

Tutto andò esattamente secondo le disposizioni di Tina, i "Falso Mauri" c'erano tutti!
D'altra parte era inevitabile che fossero presenti alla dipartita di un loro affiliato, ma ciò che fece l'evidente differenza fu il loro ossequiare le prefiche al termine della messa funebre.
Virando come di consueto alla destra di Padre Antonio per porgere loro le condoglianze, ad uno ad uno ciascun "uomo d'onore dei Falso Mauri" omaggiava le sorelle come da copione.

Il primo di tutti fu"U babbaleccu", il cui abbondante profumo di gelsomino sovrastava persino gli incensi della basilica, gratificando le altezzose narici delle prefiche e sancendo definitivamente la sottomissione di quel clan al triumvirato delle leonesse.

Quella pace era da tempo nell'aria sin dalla morte dei tre mariti, ma fino a prima di quel funerale, veniva considerata una sorta di tregua armata, vigilata dalle autorità fasciste che ritenevano la malavita un semplice fenomeno di disordine pubblico e dunque rettificabile.

Certamente i connotati culturali di tale fenomeno, legati alla tradizione ribelle di un antichissimo popolo come quello siciliano, sfuggivano all'ideologia fascista che vedeva l'isola solo come un possedimento al confine dell'impero, al pari dell'Eritrea, della Libia etc.
Tuttavia le conseguenze dell' ordine imposto da tale politica colonialista, giocavano a favore del ruolo assunto dalle tre sorelle che astutamente sapevano trarne vantaggio.

Non tutti però erano soddisfatti da questa nuova situazione, Don Calogero ad esempio, mal digeriva l'attuale gerarchia, difatti fu l'unico quel giorno, a non porgere le condoglianze alle prefiche.
Tina ovviamente ci fece caso, ma in quel momento decise di non darci troppo peso, d'altronde sapeva bene che le ventimila lire versate alla questua cadevano dal portafogli del "cravatta", come costui sapeva che, la coincidenza fra la notevole somma pretesa da Donna Tina per le onoranze di quel giorno, con quella versata dalle stesse sorelle il lunedì di banca, non era casuale, ma piuttosto un avvertimento esplicito per l'usuraio.

Altri due episodi furono degni di nota durante quella cerimonia.
Il primo riguardò Reparata Santamaria, l'incantevole figlia ventenne di Tina , presente a quel funerale per volontà irremovibile delle prefiche.
Zie e madre infatti, colsero l'occasione per mettere a tacere definitivamente le malelingue che il solito Don Pinu, aveva diffuso quando era in vita riguardo la loro principessa, vantandosi di averne colto il fiore della verginità.

Erano mesi che la dolce "Ata" era stata costretta in casa per precauzione, secondo la volontà delle prefiche.
Neppure a messa le era stato concesso di recarsi.
Quel giorno dunque sarebbe servito a fare la differenza agli occhi della gente.
La presenza serena e rilassata di Reparata a quel funerale, discreta e aggraziata, per nulla scossa o addolorata, avrebbe posto fine a quei pettegolezzi.

Al momento dell'Eucarestia però accadde un fatto che alle prefiche diede noia.
Nel somministrarle l'ostia, Padre Antonio, che fino al precedente fedele era stato sistematico e professionale al pari di un impiegato delle poste che timbra lettere una dietro l'altra, non appena ebbe di fronte il perfetto viso di Ata, reso ancora più angelico dal raccoglimento spirituale necessario alla comunione, esitò!

Furono pochi istanti, ma furono abbastanza per risultare troppi:

_Biii! E Quanto dura Sta comunione?_ Osservò Fina

_Forse ci 'mpicò l'ostia nelle dita!_ suggerí con ironia Nunzia tradendo l'orgoglio da zia per l'imbarazzante bellezza della nipote

_Lo so io cosa ci sta 'mpicando a questo parrino! Sbottò Tina

_Un parrino sempre masculo è da qualche parte dentro la sottana!_ Fece notare Nunzia

_Magari sta vedendo un angelo!_ Sospirò romanticamente Fina

_Guardasse verso qui che gli faccio vedere il diavolo!_
concluse lapidaria Tina

In verità prima della metà di questo siparietto, Padre Antonio era già passato alla somministrazione successiva, tuttavia quell' attenzione aveva fatto arrossire Ata.
Inoltre il volto attonito del cappuccino di fronte alla visione celestiale, la coda dell'occhio che non potette fare a meno di seguirla mentre tornava al suo posto e il sudore sulla fronte che il parrino dovette asciugarsi prima di ripulire il calice e conservare i sacri resti nel tabernacolo, bastarono per condannarlo agli occhi delle prefiche.
Ora sapevano che infondo egli era un uomo e gli uomini hanno sempre debolezze.

L'altro episodio degno di nota avvenne alla fine della messa, quando sotto la mensolina della panca, in mezzo al rosario e al ventaglio, Tina trovò un fazzoletto rosso che conosceva bene.
Forse era stato messo lí quando era andata a farsi la comunione o forse c'era sin dall'inizio della cerimonia, non era importante quando e come.
Ciò che contava era che Nitto fosse stato lí ad assistere al loro trionfo sui "Falso Mauri", questa era di certo una buona notizia.

Dopo la cerimonia, gli intimi si spostarono al cimitero per la sepoltura.
Esistono vari tipi di cimiteri in Europa, vi sono quelli paesaggistici, dei veri e propri parchi con alberi rigogliosi e piccole boscaglie in cui tra una radura e l'altra o lungo immensi prati o ancora su colline verdi panoramiche, vi stanno sparse le lapidi a segnalare il riposo eterno ed il ricongiungimento con la madre terra.
Poi vi sono cimiteri di tipo monumentale, pieni di cappelle costruite in blocchi di pietra millenaria, nell'illusione che almeno quei luoghi di sepoltura durino nel tempo per alimentare il ricordo dei morti e soprattutto il dolore nei vivi.
Quello di Bizzini era un cimitero a concezione mista.
In parte vi erano aiuole e giardini all'italiana ed in parte cappelle e lapidi in pietra.
Monumentale era di certo l'ingresso in stile ottocentesco, delimitato da due enormi obelischi tra i quali un cancello di ferro battuto, all'apparenza invalicabile, pretendeva di segnare un confine tra la terra dei vivi e quella dei morti.
Sopra la pensilina del cancello era inciso il celebre monito della cappella dei cappuccini romana , frase comune a molti camposanti: "Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete".

Nonostante quel luogo fosse una consuetudine per le tre prefiche, abituate come erano sin da bambine alla confidenza coi defunti, con la vedovanza e la presenza delle salme dei loro coniugi, qualcosa era cambiato.

La sepoltura fu l'ultimo atto della pantomima, Fina e Nunzia giunsero al culmine della disperazione, tanto da riuscire a commuovere e coinvolgere pure la "vedova nera".
Don Tano si occupava intanto delle operazioni pratiche assieme al guardiano del cimitero, Tina invece era un po' in disparte, da quel luogo riusciva a vedere in lontananza la cappella dei Santamaria, posta sulla collinetta a sovrastare tutte le lapidi e le cappelle degli affiliati.
Mentre era indecisa se recarvisi oppure no, le si avvicinò il più grande dei figli di Pinu Cristaldi e le disse:

_È vero che l'avete ammazzato voi mio padre?_ chiese diretto il giovane caruso

_Chi lo dice?_ rispose Tina con la calma di chi conosce la propria posizione

_ i figli dei compari di mio padre_ disse il ragazzo prendendo un po' le distanze, aggiungendo poi _dicono pure che devo vendicarlo!_

_ E tu? Tu che dici? Sai dire qualcosa di tuo?_ rispose Tina col tono da maestra di vita

Il ragazzo esitò un attimo , poi guardandola fissa negli occhi rispose:
_Io dico che non ci devo nulla ad un padre che manco conoscevo e peggio ancora ai suoi compari, invece forse a voi vi devo un favore_

Tina lo guardò con aria divertita e mentre gli strofinò paternalmente i capelli con la mano destra, gli disse:
_Allora fammelo subito questo favore, vai da tua madre e dai tuoi fratelli e prenditi cura di loro, sembri abbastanza grande per fare l'uomo di casa! _
poi aggiunse
_ qualunque cosa senti di strano che non ti piace, vienila a discutere con me che la risolviamo assieme _
Il ragazzo pensò a quante volte avrebbe voluto sentire quelle parole da suo padre, ora senza di lui c'era qualcuno che finalmente gliele aveva dette. E mentre pensava questo tornò verso i suoi cari.

Intanto Tina si alzò la lunga gonna con entrambe le mani per agevolare la salita della collina, decisa finalmente a fare due chiacchiere con la lapide del suo defunto marito.
Rapidamente giunse alla cappella dei Santamaria, una cuba neo bizantina il cui ingresso era posto nell'arco più grande e sfarzoso, con il nome della temuta famiglia inciso nella pietra a caratteri cubitali.
Ne aveva sempre con sé la chiave, poiché le sorelle erano solite conservarvi paramenti o quant'altro potesse essere improvvisamente necessario all'attività.
Entrando si doveva varcare una bifora vestibolare le cui colonne nascondevano la vista dell'imponente lastra di marmo di Carrara posta al centro, sopra uno zoccolo alto quanto un gradino, ai vertici della quale ci stavano quattro candelabri a luce di gas che tremando mostravano l'epitaffio:
_Qui giace Don Salvatore Santamaria
"Che è mai l'uomo? Il coraggio fu sempre dominatore dell'universo perché tutto è debolezza e paura"(cit.Ugo Foscolo)_

La frase come ogni dettaglio di quel luogo, erano stati scelti da Tina e ci vollero mesi e risorse prima di inaugurare la cappella.
Accovacciata ai piedi della lapide, Tina iniziò una delle speciali conversazioni con il marito defunto, le cui risposte erano tutte nella sua testa ma che lei recepiva benissimo, riuscendo quasi a sentirne la voce:

_ Vedi che bella Tomba Ti feci fare Turi? Non ho guardato i piccioli, d'altronde me ne lasciasti a scifo!
Non è stato difficile avendo tutti quei danari, farti fare un monumento grande e maestoso che tutti possono vedere e temere marito mio, molto più difficile è impedire ai tuoi nemici di raderlo al suolo!_

_Come dici? Ci dovrebbe pensare tuo figlio Nitto? Certamente! Tanto qui dentro lo spazio non manca per farti compagnia, saresti orgoglioso di lui! Ha preso tutti i tuoi difetti, come questo marmo, ho scelto il più resistente che esiste prima che con una testata lo spaccavi in quattro pure da morto!_

Poi guardandosi attorno notò molti mazzi di fiori di campo freschissimi e iniziò a pulirne alcuni dalle foglie ammosciate di caldo dicendo:

_Ata ti è venuta a trovare spesso in questi giorni! Mischina solo qui aveva permesso di andare, vantiti che lei per sua disgrazia ha preso da me!
Attira l'attenzione degli uomini sbagliati, speriamo che almeno lei non se ne innamora_
Mentre diceva questo, notò che fra i mazzi di fiori ci stava un ramo di boccioli il cui fiore le parve familiare.
Estrasse quello che aveva conservato in tasca la sera prima e vide che erano identici!

_Come dici? No che non mi sento sola, ho le mie sorelle lo sai, com'è che ci chiamavi? Il triumvirato delle femmine!
Io ho le mie sorelle Turi, ma i nostri figli hanno solo me! Se solo quella sera mi avessi ascoltata!! Quella sola sera..._ Mentre lo diceva entrò Nunzia

_Lo sapevo che eri qui! Troppo tempo era che non venivi a trovarlo_
Disse "la grande" per introdursi nell'insolita conversazione, poi rivolgendosi alla lapide aggiunse: _ Sanbedica Turiddu, cognatuzzu miu, vi trovo bene! Immerso in un mare di fiori!_
ironizzò con amara nostalgia.
Poi di nuovo verso Tina aggiunse:
_ Si fece tardi! Il sole è tramontato e ancora dobbiamo andare alla casa del fascio, ti aspetto fuori_
e rapidamente uscí

Tina si alzò all' impiedi e guardò la lapide un'altra volta dicendo:

_non mi sento sola, ma mi manchi lo stesso come l'aria!
Non respiro più! Senza di Te vivo per i nostri figli, non c'è per me altro amore.
Sei ancora lo sbaglio della mia vita!_

Mentre lo diceva, i boccioli del misterioso ramo si schiusero, emanando un dolcissimo profumo.
Tina pensò che fosse un segno dall'aldilà per ricambiare l'affetto, ma al di qua, la sua Malavita non le concedeva tempo per rifletterci, "Ammuccapopolo" l'aspettava!

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