Come un fiore tra le mine (Re...

Door Elle_Jenny

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Mason vedeva solo nero. Non desiderava vedere più la luce in fondo al tunnel perché ormai era sceso a patti... Meer

Prologo di Mason
Prologo di Seb
Capitolo 1 - Mason
Capitolo 2 - Seb
Capitolo 3 - Mason
Capitolo 4 - Seb
Capitolo 5 - Mason
Capitolo 6 - Seb
Capitolo 7 - Seb
Capitolo 8 - Mason
Capitolo 10 - Mason
Capitolo 11 - Mason
Capitolo 12 - Seb
Capitolo 13 - Mason
Capitolo 14 - Seb e un po' di Mason
Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb
Capitolo 16 - Seb
Capitolo 17 - Mason
Capitolo 18 - Mason
Capitolo 19 - Seb
Capitolo 20 - Mason
Capitolo 21 - Mason
Capitolo 22 - Seb
Capitolo 23 - Mason
Capitolo 24 - Mason e Seb
Capitolo 25 - Mason
Capitolo 26 - Seb
Capitolo 27 - Mason
Capitolo 28 - Seb
Capitolo 29 - Mason
Epilogo
Capitolo Speciale - Andy e Ben

Capitolo 9 - Seb

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Door Elle_Jenny

«Lui è la ragione per il quale io non riesco ad andare avanti».

Quelle parole fecero male.

L'ascoltarle fece male al cuore di Seb, ma comprese che fu una sofferenza anche per Mason doverle pronunciare.

Seb guardò il viso giovane e sorridente dell'uomo nella foto sulla lapide. Timothy Ross.

Timmy.

«Cosa gli è successo?» chiese Seb a Mason, trovando il coraggio.

Mason aveva lo sguardo fisso sulla foto di Timmy, ma sembrava allo stesso tempo perso nel vuoto. O nei ricordi, forse. Seb aveva la sensazione che nella testa del veterano ci fosse un gran macello.

Lo vide cacciare un profondo sospiro ed accarezzare distrattamente un fiore bianco. Seb non si intendeva di botanica quindi non era in grado di dare nessun nome ai fiori che decoravano quella tomba, ma era ordinata e curata quasi in modo maniacale.

Mason finalmente ruotò il capo e lo guardò negli occhi. Tutte quelle dannate fiammelle presenti in quel cimitero lo avvolsero con la loro flebile luce, facendolo assomigliare ad un demone della notte. Un demone della notte bellissimo e sexy, ma comunque un demone.

Anzi, una versione affascinate del Dio della morte Ryuk in Death Note. Il nerd e l'ansioso che erano in lui e che troppo spesso prendevano possesso della mente di Seb, lo spinsero a sperare che Mason alias Ryuk non scrivesse il suo nome sul quaderno nero.

"L'umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà", recitò a memoria nella sua mente.

Beh, Seb pensò subito dopo che sarebbe stato davvero ironico morire e trovarsi già al cimitero.

Seb, mantieni la concentrazione, cazzo, e non distrarti, lo rimbeccò la sua coscienza.

Cazzo, avrò anche la memoria fotografica, ma è così difficile concentrarsi. Mio Dio, questo cimitero sarà brulicante di fantasmi.

Seb, concentrati!

Non ce l'avrebbe mai fatta, Seb e la concentrazione erano due rette parallele.

«Hai tempo per questa storia? O devi tornare a casa?» gli domandò Mason.

Seb, in tutta risposta si sedette a terra a gambe incontriate e guardò l'uomo dal basso della sua posizione. «Mason, sono le tre di notte, mi trovo in un cimitero, circondato da anime che probabilmente vogliono mangiarmi; arrivato a questo punto della notte, non so nemmeno se ci ritornerò più a casa».

Le fiammelle attorno a loro, permisero a Seb di notare le sopracciglia di Mason che si arcuavano verso l'alto, poi il veterano scosse il capo ed alzò gli occhi verso la notte stellata. «Sebastian, bastava che mi dicessi solamente che non devi tornare a casa».

«Come avrai notato, non sono di poche parole. Mi chiamerai mai solo Seb?» replicò Seb, facendo un sorrisetto.

Mason lo squadrò con i suoi occhi turchesi, Seb rabbrividì e non era tanto sicuro che fosse un brivido di freddo.

«No, Sebastian. Ora, stai un momento zitto perché sto per chiederti un favore ed io non chiedo mai favori».

Seb fece quasi un balletto sul posto. Mason che chiedeva a lui un favore. Riyuk doveva averci messo lo zampino. Sperò che non andasse mai a chiedergli qualcosa in cambio.

«Vai, dimmi. Giuro che non parlerò, Mason musone. Giurin giurello», rispose, facendo un sorriso a quell'uomo sempre incazzato e tenebroso.

Mason emise l'ennesimo sospirone. Anche sua madre e suo fratello sospiravano spesso quando Seb era nei loro paraggi. Però, sapeva con certezza che Dylan e sua madre gli volevano bene, nonostante la sua ansia che con la terapia si era andata ad attenuare, nonostante le sue chiacchiere e nonostante i suoi manga sparsi ovunque, anche nel mobile del bagno o nel frigorifero.

Che Mason gli volesse bene, invece, non ne era poi così certo...

«Io adesso proverò a sedermi a terra perché la gamba mi sta facendo un male del cazzo e ho bisogno di distenderla. Poi, quando sarà il momento di andarcene, saresti in grado di aiutarmi a rialzarmi? Io, porca puttana, non riuscirei ad alzarmi da solo».

Il sorriso sulle labbra di Seb si ridusse. Percepì tutta la fatica dell'uomo nel pronunciare quella semplice richiesta di aiuto. Mason odiava essere aiutato e, soprattutto, compatito. Quindi, per lui chiedere a Seb di aiutarlo a rialzarsi doveva essere stato un po' come cavarsi un dente senza andare dal dentista.

«So di essere magro, Mason, ma non mi spezzerò aiutandoti a rialzarti», disse Seb. Si morse l'interno della guancia perché limitarsi a pronunciare quella manciata di parole fu una fatica, ma non voleva rimbambire l'uomo con la sua diarrea verbale proprio quando aveva deciso di aprirsi con lui.

Ah, Seb non era così tonto, anche se sembrava provenire direttamente dal Paese delle Meraviglie. Si era accorto perfettamente che il piano di Evan era andato, stranamente, per il verso giusto e che il veterano gli aveva anche fatto una sottospecie di scenata di gelosia.

Quella serata, anzi, nottata si stava rivelando davvero strana.

Sorreggendosi saldamente al bastone, Mason flesse lentamente le ginocchia, il viso contorto da un'evidente smorfia di dolore. Seb strinse le mani in due pugni, era tentato di aiutarlo, ma rimase al suo posto per non infastidire ulteriormente quell'uomo irascibile.

Mason emise un gemito di sofferenza quando con un tonfo riuscì a sedersi sull'erba accanto la lapide di Timmy. Sospirò, si passò una mano sulla fronte perché sembrava aver sudato e borbottò a denti stretti: «Quasi, quasi me la faccio proprio amputare questa gamba di merda».

Distese le lunghe gambe davanti a lui ed iniziò a massaggiarsi con le mani tutti i punti che dovevano causargli dolore.

«Questo è black humor, Mason».

Mason alzò il capo e lo guardò fisso negli occhi. Con voce cupa ed espressione seria, rispose: «No, questo sono io che penso seriamente di farmi tagliare una gamba».

Seb, per una volta e dimostrando di possedere un brandello di saggezza, decise che il silenzio sarebbe stata un'ottima risposta a quella frase da Saw l'Enigmista.

«Ti puoi avvicinare?» gli domandò Mason, improvvisamente.

«Come, scusa?»

Mason brontolò: «Ti ho chiesto se puoi avvicinarti. Devo fare una cosa prima che il cervello mi vada definitivamente in fiamme».

Seb, alquanto perplesso, si avvicinò a Mason, strisciando sull'erba del cimitero come un lombrico. Sgranò gli occhi quando l'uomo si sfilò la felpa grigia che indossava; velocemente levò la giacca di Evan dalle sue spalle e la sostituì con la sua felpa.

Seb aveva occhi e bocca spalancati.

Mason borbottò a bassa voce: «Cristo, non ce la facevo più», poi indossò lui la giacca del suo migliore amico perché quella notte di ottobre era abbastanza fredda.

E strana. Molto strana. Decisamente folle.

Avvertì la pelle del collo iniziare a riscaldarsi per l'imbarazzo perché, cavolo, quella di poco prima era stata un'altra palese dimostrazione di gelosia.

Seb ci mise poi un attimo a rannicchiarsi all'interno della felpa di Mason. Era enorme e calda ed odorava dell'uomo. Si mise anche il cappuccio in testa.

«Io lo so che mi hai sentito perfettamente discutere con Timmy, Sebastian», Mason ritornò
a parlare.

Seb si mordicchiò il labbro inferiore. Sì, lo aveva sentito e si era posto un mucchio di domande.

«Ora, starai pensando: "Questo tipo deve essere davvero fuori di testa per parlare con un morto". Probabilmente, lo sono davvero, ma penso dipenda tutto dal fatto che è difficile essere costretti a rinunciare a qualcuno che ami. Io non credevo nemmeno di essere in grado di amare, ma poi è arrivato lui, con il suo sorriso strafottente e nella sua divisa da pompiere e raccontata così sembra l'inizio di un porno, non della relazione migliore della mia vita che credevo, stupidamente, sarebbe durata per il cazzo di per sempre».

Seb si strinse le gambe con le braccia ed appoggiò il capo sulle ginocchia, rimanendo in silenzio a fissare il profilo squadrato di Mason mentre si perdeva ad osservare la foto di Timothy.

Mentre si perdeva in parole che facevano fatica ad uscire, facendo risalire a galla ricordi belli e ricordi brutti, che erano stati sepolti nella sua mente sotto cumuli di macerie da anni.

«Quando venni a vivere a Rockford di certo non mi aspettavo di ricominciare a vivere sul serio; di iniziare a vivere una vita che mi piaceva di più, che mi apparteneva, insieme a mio zio Alan, a mia cugina Rachel. Poi, sono arrivati Jamie, Evan e... Michael».

«Michael, il compagno di Jamie?» domandò Seb.

Mason annuì un paio di volte. «Erano in macchina insieme. Timothy, Evan e Michael era alla guida. Dovevano prendere delle semplici pizze d'asporto. Hanno avuto... un incidente per colpa dalla strada bagnata, si sono scontrati con un camion. Evan se l'è cavata con un trauma cranico, Michael è stato in coma e Timothy... Timothy è morto, Seb, ed io ho saputo solo incolpare Michael di tutto perché era lui alla guida e poi scappare in Siria, sperando di rimanerci secco con una bomba. Ci sono quasi finito sotto ad una bomba, ma non sono morto. Sono diventato zoppo, ho rischiato di rimanere paralitico. Io sono vivo e scappai in Siria, Evan è vivo e scappò in Irlanda, Michael è vivo e fuggì a Barcellona, lasciando Jamie nella merda. Timothy, invece, non c'è più. Ci ho messo anni per incominciare ad accettarlo e per comprendere i miei errori, la mia codardia. Ho fatto fin troppe cazzate dopo la morte di Timmy. Ed ora, eccomi qui: triste, solo, con una gamba che non serve quasi più a nulla, con un cane che nemmeno volevo ma che ora tratto come se fosse mia figlia, con un DSPT che certe notti mi frigge il cervello e che mi porta a vedere il chiamiamolo fantasma dell'uomo che mi è stato strappato via ingiustamente».

Seb si era accorto di aver iniziato a piangere solo quasi assaporò il sapore salato di un paio di lacrime che gli erano scivolate sul labbro superiore. Se le asciugò velocemente con la manica della felpa di Mason ed ordinò ai suoi condotti lacrimali di chiudersi, porca paletta.

«Non piangere, Sebastian. Piangere per me non ne vale la pena», gli disse Mason, la voce sempre più stanca ed amareggiata.

Seb iniziò a scuotere il capo. «Smettila di auto-commiserarti, Mason. Non serve a nulla e non te lo dico giusto per dare fiato alla bocca, come faccio sempre, ma perché l'ho fatto anche io e con il tempo ho capito che mi stavo sabotando con le mie stesse mani. La tua è una storia orrenda, sei un uomo distrutto dal tuo stesso passato, ma ora sei qui, siamo qui. Non sei solo. Hai bisogno di fare un ultimo passo avanti».

«E quale sarebbe questo passo avanti, Sebastian?» domandò, stanco.

Seb gli abbozzò un sorriso al sapore di lacrime, Mason abbassò gli occhi sulle sue labbra. Strisciò un po' di più verso di lui, si fece coraggio e gli coprì una mano con la sua. L'uomo spostò gli occhi sulle loro mani, non si mosse. Rimase immobile come una statua.

«Tu lo sai, Mason. Non serve che sia io a dirti cosa devi fare per trovare un minimo di pace. Non sei stanco di farti del male, aggrappandoti a qualcosa che purtroppo non c'è più?» gli domandò, Mason afflosciò le spalle.

Seb picchiettò il centro del petto di Mason con un indice. «Timothy è qui, sarà per sempre qui con te. Ma devi andare avanti, Mason. Per quanto tu abbia desiderato di morire, sei ancora vivo e devi sfruttare al meglio questa vita che non ti è stata portata via. Parla con Jamie, parla con Michael. Saluta Timmy».

Mason alzò il viso, ritornando a mettere Seb sottosopra con quegli occhi azzurri e perennemente tristi, ma al loro interno stavano brillando fiammelle di sorpresa perché, probabilmente, l'uomo non si aspettava che Seb accettasse con così tanta tranquillità il fatto che lui vedesse ancora il suo compagno defunto.

Una qualunque altra persona gli avrebbe dato del matto e sarebbe fuggita via da quel cimitero, ma non Seb, perché Seb aveva bisogno di quegli occhi tristi e perché sapeva di essere diverso.

Quegli occhi... Seb lo aveva saputo fin dalla prima volta che li aveva osservati che nascondevano troppe storie senza un lieto fine.

Mason aveva bisogno di un lieto fine.

«Non ti facevo così profondo, Sebastian», provò a sdrammatizzare il veterano.

Seb gli strinse di più la mano. «Io, come te, sono qualcuno che è sprofondato per motivi diversi, ovviamente, ma che è riuscito a risalire a galla, nonostante sia una pippa a nuotare».

Finalmente, un piccolo sorriso arricciò verso destro le labbra di Mason.

«Sei più bello quando provi a sorridere, Mason Musone», gli disse Seb, sempre perché aveva quel problema di non riuscire a filtrare i pensieri.

Il minuscolo sorriso sulle labbra di Mason, però, non andò via.

«E tu sei... sorprendente, Seb».

Seb. Mi ha chiamato finalmente Seb!

E mi ha detto che sono sorprendente! È stato un complimento, vero?

Che ansia. Non bastava il cimitero di notte.





Nota di Jenny

Buonasera!

Io sempre questo faccio... Sparisco per un po' e all'improvviso resuscito con capitoli notturni, ma Seb e Mason dovevano ritornare.

🖤

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