Il regno delle Cascate

By _Katniss_DiAngelo_

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La dinastia dei della Rovere regna da decadi a Shaalal, la Terra delle Cascate, e l'audace e intraprendente p... More

Capitolo 1 - Pietas
Capitolo 2 - Seth
Capitolo 3 - Fuoco fatuo
Capitolo 4 - Il prezzo dell'arte
Capitolo 5 - Dolore di famiglia
Capitolo 6 - Sangue e onore
Capitolo 7 - Affinché tutto resti uguale
Capitolo 8 - Curiosità morbosa

Capitolo 9 - La Spada di Damocle

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By _Katniss_DiAngelo_

Penelope non sapeva cosa la attendesse là fuori, ma attraversò con cautela le strade di Als, cercando di non dare nell'occhio.

Mancavano ancora un paio d'ore al sorgere del sole e il paese era avvolto dalle ombre.

Anche se l'atmosfera sembrava più calma, era chiaro che qualcosa di grosso fosse accaduto e a ogni angolo sembrava srotolarsi uno spesso gomitolo di tensione e paura; c'erano ancora parecchie persone per strada.

Il travestimento funzionò finché non le si ritorse contro.

Mentre attraversava un ponte, un manipolo di soldati di suo padre le sbarrò la strada. Perquisivano i passanti per controllare se avessero armi.

«Non potete mettermi le mani addosso!» protestò, ma le guardie la bloccarono contro il muro con le braccia dietro la schiena.

«Se opponete resistenza, ne risponderete a re Giacomo.»

«Sono la principessa Penelope!» disse allora. «Vi ordino di lasciarmi!»

Le guardie le strapparono il cappello, lasciando che i capelli arruffati le ricadessero sulle spalle.

Solo a quel punto la lasciarono andare e iniziarono a tempestarla di domande. A quanto pareva, suo padre aveva dato ordine di cercarla ovunque. Questo significava che presto o tardi avrebbero trovato lei e il Primo Cavaliere nascosti a casa di Elena.

«Portatemi dal re» ordinò, ignorando le loro domande.

Titubanti, le guardie la scortarono a palazzo.

Nessuno la sfiorò o le rivolse la parola, ma Penelope poteva percepirlo sulla pelle: quegli uomini e quelle donne, di cui le era stato insegnato a fidarsi per tutta la vita, in quel momento non avevano fiducia in lei. Non riuscivano a spiegarsi cosa ci facesse lì fuori, in mezzo alla rivolta con degli abiti da mercante.

Sperimentare quella sensazione per la prima volta la fece sentire terribilmente fuori posto.

Lungo il tragitto ebbe modo di guardarsi meglio intorno. La rivolta aveva lasciato i segni su una Als che adesso le appariva diversa: un po' più desolata, un po' più scolorita, con qualche crepa in più nel cuore. Si chiese se fosse finita lì, ma ne dubitava.

Ross aveva ragione, Penelope lo sapeva. Era l'inizio di una ribellione. La Guerra Dinastica aveva spaccato il suo popolo a metà, e con esso il cuore del suo regno.

Come era potuto accadere? Come porvi rimedio? Aveva la sensazione che non sarebbe più bastato mettere fine alle contese per il trono tra i membri della famiglia Della Rovere.

Penelope e i soldati giunsero a corte. Si concesse di rilasciare un sospiro quando riconobbe Jia, il capo delle guardie reali, avanzare nella sua direzione.

«Venite con me, principessa. Il re vi raggiungerà tra poco.»

Vedere un volto amico avrebbe dovuto farla sentire sollevata. Invece, Jia non la guardava nemmeno. 

Era consapevole di indossare gli abiti di Seth e che Jia l'avesse vista rientrare quasi ogni notte con indumenti simili, ma quella non era stata una delle bravate sue e di Leon.

Venne scortata in uno degli uffici del palazzo, una stanza non molto grande, contenente un tavolo rotondo di legno scuro e poche sedie. Sul tavolo erano abbandonate diverse scartoffie, penna e calamaio. Sulla parete destra capeggiava un arazzo che l'aveva sempre affascinata: era la raffigurazione di Damocle, seduto su un sontuoso trono, con una spada sospesa proprio sopra la testa.

Secondo il mito, Dionigi il Vecchio, tiranno della città, aveva collocato lì la spada per dimostrare all'invidioso Damocle quanto fosse difficile la vita di un uomo di potere, perennemente in dubbio sulle persone in cui riporre la propria fiducia, con il pericolo di una nuova minaccia sempre in agguato.

Penelope capì che suo padre aveva richiesto di parlare con la figlia nella massima discrezione.

Non sapeva quanto tempo avesse da sola con Jia, ma aveva bisogno di parlarle.

«Sei stata al villaggio?» le chiese subito.

Jia arricciò le labbra. «Non credo di essere autorizzata a parlare con voi di quello che sta succedendo.»

Penelope sbuffò. «Per favore, Jia, non è il momento di essere risentita.»

Jia era più giovane dei suoi genitori, ma le aveva sempre fatto da seconda mamma: se la regina Ginevra era di poche, essenziali parole, Jia non si era mai risparmiata in richiami e lavate di capo piuttosto enfatiche per lei e per Leon.

Entrambi sapevano che dipendeva dall'affetto che sotto sotto nutriva per loro. Addirittura, Leon si spingeva spesso a sostenere che, se non avesse rischiato di perdere la sua posizione, Jia li avrebbe accompagnati volentieri nelle loro avventure notturne.

«Ah, no?» sbottò il capo delle guardie. «Avete una vaga idea di quello che avete fatto, principessa? Tutta Als è nel caos e voi decidete di prendere Artemide e sparire nel nulla, per poi mandare a corte quella popolana? Come se non avessimo tutti già abbastanza grattacapi con la rivolta in fermento!»

Penelope dovette sforzarsi di non sentirsi in colpa. «Non sono una bambina, non c'era bisogno di allarmarsi così tanto per me. Elena dov'è? Sta bene?»

Jia aveva un'espressione contrariata. Da un lato, era chiaro che non volesse parlarle, dall'altro non poteva disobbedire alla principessa senza aver ricevuto espliciti divieti dal re o dalla regina. «L'hanno trattenuta per diverse ore. Re Giacomo non sa nemmeno della sua esistenza, ma non serve che mi ringraziate.»

«Per cosa?»

«Avete una vaga idea di come avrebbe reagito vostro padre a vedersi davanti una prostituta che dice di essere mandata da voi?» sibilò, prima di ridarsi un tono più rispettoso. «Leon l'ha fatta rilasciare poco fa.»

Penelope cercò di non apparire delusa per il fatto che Elena era già stata mandata via. Avrebbe voluto vederla e spiegarle di Ross. Non era sicura che l'avrebbe presa bene, trovandosi il Primo Cavaliere disteso sul pavimento del soggiorno.

«Sono sempre stata molto permissiva con voi, principessa,» continuò Jia, «ma non potete portare dentro queste mura qualsiasi cosa combiniate al di fuori. E comunque, adesso ne pagheremo tutti le conseguenze. Spero che siate soddisfatta.»

Penelope non ebbe il tempo di chiederle altre spiegazioni, perché vennero raggiunte dai due sovrani, seguiti a ruota da Leon. Perfetto, un altro amico che non la guardava negli occhi.

«Sono contenta di vedere che stai bene» si limitò a commentare la regina Ginevra.

La sua espressione non lasciava trapelare se fosse più furiosa o delusa. Penelope preferiva la prima opzione, per quanto ritenesse ingiusto quel trattamento. Quantomeno, la rabbia era un sentimento passeggero.

«Seguitemi» li invitò re Giacomo.

Si accomodarono dentro l'ufficio. Poiché le sedie erano solo quattro, Leon, che era entrato per ultimo e aveva richiuso la porta alle loro spalle, rimase in piedi.

Un incontro molto privato. Si prospettava a dir poco terribile.

Penelope sentiva il cuore palpitare alla base della gola e si augurò che i presenti non potessero sentirlo.

Suo padre incrociò le dita sotto al mento, sfiorandosi la barba di qualche giorno. Era ancora abbastanza giovane da non averla brizzolata.

«Penelope» la salutò.

Niente abbracci. Niente smancerie. Solo rigida compostezza. Era furioso.

«Vostra maestà.»

«Non essere sarcastica, perché non sei nella posizione adatta.»

«Chiedo scusa, padre» borbottò.

La regina sospirò. «Saremmo curiosi di sapere cosa avevi in mente di fare.»

Penelope fece per rispondere, ma venne interrotta da suo padre.

«In verità, mia cara, nelle ultime ore sono venuto a conoscenza di diversi fatti. Permettimi di esporteli.»

Non distolse lo sguardo dalla figlia, ma Penelope sentì Leon alle sue spalle inspirare in modo troppo pesante. Quel traditore, cosa aveva...

«Non credo di essere mai stato un padre troppo rigido. Anch'io sono stato ragazzo, e capisco la necessità di certe bravate. Non crediate che qualcuno possa lasciare il mio palazzo in piena notte senza che io lo venga a sapere.»

Penelope si sentì arrossire.

«O che non abbia mai visto gli abiti da gentiluomo che tieni nel tuo armadio» aggiunse la regina.

«Quando avete frugato tra le mie cose?» scattò Penelope. L'unica ad averne il permesso sarebbe dovuta essere Floriana.

«Sono tua madre, ne ho tutto il diritto.»

«Un conto» continuò re Giacomo, «sono queste ragazzate su cui ho chiuso un occhio per tanto tempo. Ma hai superato il limite, Penelope. Scappare dal palazzo mentre il villaggio è in rivolta. Che cosa credevi di fare? Arrivare in groppa ad Artemide come una paladina angelica e sistemare la situazione?»

Quindi, suo padre credeva che fosse scappata per intervenire nella rivolta. Allora non era a conoscenza del litigio tra lei e Leon, o del motivo che l'aveva scatenato.

«Speravo di dare una mano» ribatté a testa alta. «Ho visto quello che le tue guardie hanno fatto alla folla. Erano solo stanchi e spaventati, ma li hanno attaccati.»

«Non ci provare» la redarguì Ginevra. «Sei già in un mare di guai, per pensare di cavartela con la ramanzina contro la violenza. Jia e le sue guardie sanno perfettamente come comportarsi in questi casi.»

«Ma non è giusto!»

«Resta seduta» le intimò suo padre. «Non è tutto. Ho saputo che l'altra notte sei stata aggredita mentre tornarvi a palazzo.»

Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non trucidare Leon con lo sguardo. No, altro che occhiataccia, lo avrebbe riempito di schiaffi.

«Dovreste sapere che sono perfettamente in grado di difendermi da sola.»

«Non si tratta di questo. Ma cosa sarebbe successo, se qualcuno degli uomini di Clorinda ti avesse riconosciuta? Se ti avessero teso un'imboscata?»

I suoi sospetti vennero confermati. Non sapeva che il Primo Cavaliere Ross l'avesse riconosciuta.

«C'è sempre Leon insieme a me.»

«Non l'altra sera. Mi fido di lui come se fosse sangue del mio sangue, ma avrebbe dovuto proteggerti e non l'ha fatto. Non mi interessano i particolari. A tal proposito, ne abbiamo già discusso. Leon di Montenegro è stato rimosso dalla carica di consigliere.»

«No!» Penelope perse ogni filtro. «Non potete farlo! Non è giusto, la colpa non è sua!»

Si voltò verso Leon, che se ne stava in piedi vicino alla porta con il volto grigio e inespressivo.

«Il re ha ragione» le rispose con calma. «Va bene così.»

«No che non va bene! Padre!»

«Penelope, siediti se non vuoi rendere le cose ancora più difficili» la avvisò la regina. «Jia ha ricevuto ordini molto precisi. Non potrai più lasciare il palazzo, per nessuna ragione»

«Cosa? Quindi adesso sono prigioniera qui?»

Il cuore le divenne minuscolo, mentre il sangue si incendiava.

«È per la tua sicurezza» precisò il re. «Almeno finché non si saranno calmate le acque.»

«Andate al diavolo! Tutti quanti!»

Si alzò dalla sedia, rovesciandola per terra.

«Penelope, torna qui» la minacciò la regina.

Penelope non rispose e lasciò la stanza, sentendo quattro paia di occhi su di sé. Non aveva importanza, la sua rabbia bruciava molto più dei loro sguardi.

***
S/A:
Hola! Come state? Sono state settimane piene, ma finalmente ho ripreso a pubblicare!
Cosa pensate che farà Penelope, adesso che suo padre le ha proibito di lasciare il palazzo? Rispetterà il divieto?
Ci vediamo venerdì prossimo col nuovo aggiornamento!

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