Il regno delle Cascate

By _Katniss_DiAngelo_

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La dinastia dei della Rovere regna da decadi a Shaalal, la Terra delle Cascate, e l'audace e intraprendente p... More

Capitolo 1 - Pietas
Capitolo 2 - Seth
Capitolo 3 - Fuoco fatuo
Capitolo 4 - Il prezzo dell'arte
Capitolo 5 - Dolore di famiglia
Capitolo 6 - Sangue e onore
Capitolo 8 - Curiosità morbosa
Capitolo 9 - La Spada di Damocle

Capitolo 7 - Affinché tutto resti uguale

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By _Katniss_DiAngelo_

«Che diavolo fate?»

Furono le prime parole che il Primo Cavaliere riuscì a biascicare.

Penelope aveva inserito la chiave nella toppa dell'appartamento di Elena e per poco non si era fatta scivolare di mano il Cavaliere agonizzante, col rischio di farlo sbattere di testa. Viste le sue condizioni, non era proprio un'ottima idea fargli prendere un'altra botta.

«Un po' di riconoscenza sarebbe gradita, visto che tecnicamente vi sto salvando la vita» disse, mentre lo stendeva sul pavimento della cucina. 

Non aveva la forza per tirarlo su di peso e metterlo sul divano. Ebbe un altro conato e dovette tenersi al lavandino mentre si liberava lo stomaco.

Udì uno schianto e pensò che il Primo Cavaliere avesse fatto qualcosa di stupido come tentare di alzarsi, ma in realtà era stata lei, urtando un vaso di girasoli che era andato in pezzi. Elena l'avrebbe di sicuro perdonata.

Fece un respiro profondo e si raddrizzò.

Sentì il cavaliere emettere un rantolo simile a una risata. «Sempre che ci riusciate.»

«Non fatemene pentire.»

Penelope lo guardò: era quasi irriconoscibile con la pelle bruna sfregiata e i vestiti imbrattati di sangue. Perché non indossava l'armatura? Che diamine stava facendo in mezzo a quel marasma, se non era di pattuglia?

Vederlo ridotto così nel soggiorno di Elena era surreale. Aveva sempre considerato quell'appartamento come un luogo sicuro, un rifugio dove non sentirsi mai sola. In quel momento, udendo il rumore della rivolta fuori dalle finestre, tutte le sue certezze stavano crollando.

Fece qualche altro respiro a pieni polmoni per assicurarsi di essere stabile. Tornò verso la porta per chiudere a chiave. Per sicurezza, gli spinse contro anche il tavolo. Non era molto, ma avrebbe tenuto fuori eventuali saccheggiatori, o quantomeno li avrebbe rallentati.

Si trascinò fino alla parete opposta e tirò giù la cassetta di primo intervento dalla mensola. 

Riempì una ciotola d'acqua e si inginocchiò al fianco del Primo Cavaliere, o meglio, si lasciò cadere, esausta.

«Adesso state fermo e buono.»

Penelope gli passò un panno umido sul volto e una striscia di sangue andò via. Le ricordò il gesto di pulire una finestra appannata col palmo per scrutare il paesaggio al di fuori.

«Principessa» bisbigliò, come se l'avesse riconosciuta solo ora. 

Era probabile, ma Penelope non ci credeva molto. Forse era convinto di essere in preda ai deliri. Non che sussistesse un motivo affinché ci fosse lei, nelle sue allucinazioni.

Non sapeva quanto fosse grave la ferita alla testa. Le sembrava pure troppo cosciente, per avere ragione di preoccuparsi.

Cercò di ripulirgli il capo come poteva e di individuare la lesione tra i capelli impastati.

Scoprì che si trattava di un taglio piuttosto superficiale, ma la parte stava già diventando gonfia.

L'odore di disinfettante si mescolò a quello del sangue. Il cavaliere tossì.

«Perché l'avete fatto?» mormorò.

Teneva gli occhi chiusi, forse per cercare sollievo.

«Una vita per una vita. Siamo pari, adesso.»

«Tecnicamente, siamo due a uno.»

«Non avevo bisogno di voi, contro quegli ubriachi.»

Il cavaliere non rispose, ma le sue labbra esangui lottavano tra una smorfia di dolore e il sorriso. Sembrava uno di quegli angeli caduti dal Paradiso di cui si raccontava nelle religioni cristiane.

Penelope distolse lo sguardo per cercare il ghiaccio secco nella cassetta. Schiacciò il sacchetto e completò la medicazione con una garza pulita, poi vi sistemò sopra il ghiaccio.

Aveva già notato che teneva una mano - quella non calpestata - premuta sulle coste.

«Fatemi dare un'occhiata» disse senza tanti preamboli. «Potreste avere qualcosa di incrinato.»

Tirò giù due cuscini dal divano e glieli sistemò dietro la testa per metterlo seduto, poi fece per sollevargli la camicia.

Il Primo Cavaliere protestò. «Aspettate... Non c'è bisogno...»

«Suvvia, non è il momento di essere così pudici.»

Aveva già visto altri uomini, quando stava imparando a fare le medicazioni al fianco della madre di Leon. La nudità non era qualcosa che la disturbava; nel caso degli uomini, a maggior ragione, la lasciava del tutto indifferente.

«Se dovrete morire per mano mia, sarà in battaglia e non perché non posso curarvi dopo una rissa da cui ho cercato di salvarvi.»

«Quella non era una rissa» rispose in tono grave. «Era l'inizio di una ribellione.»

Penelope non rispose. Sapeva che aveva ragione e l'idea che il popolo avesse deciso di prendere in mano le armi per schierarsi nella Guerra Dinastica le metteva i brividi.

Ignorando le altre proteste del Cavaliere, lo fece sistemare in posizione seduta e si liberò della sua camicia.

Quello che vide la lasciò pietrificata.

Il Primo Cavaliere fece un sospiro esausto. «Ve l'avevo detto di non farlo.»

A sconvolgerla non era stata alcuna ferita o lesione, bensì il fatto che i fianchi del Cavaliere erano stretti e curvilinei, la peluria sulla pancia sottile, il rigonfiamento sul petto poco pronunciato ma adesso evidente, nonostante la stretta fascia che conteneva i seni.

Avrebbe voluto esordire con "siete una donna!", ma sarebbe stato poco delicato e decisamente fuori luogo in quel momento. E poi, era già abbastanza ovvio così.

Cercando di ignorare lo sgomento, si occupò di fasciargli le coste, sperando che non avesse niente di rotto. Se era riuscito ad arrivare fin lì, era probabile che fossero solo incrinate.

Di essere, gli provocavano dolore: sussultava ogni volta che Penelope faceva più pressione o stringeva la fasciatura, ma non si lamentò a voce.

Dovette anche tagliare via la fascia per lasciargli libero il respiro. Nessuno dei due cercò di farci caso, ma l'imbarazzo era evidente.

Quando ebbe finito, lo fece stendere di nuovo per terra con la testa sui cuscini. Pulì anche i tagli sulla mano e gli diede un altro sacchetto di ghiaccio secco. Il Cavaliere sussultò, ma strinse la presa. Sembrava quasi volesse dirle grazie con i movimenti impercettibili delle dita.

«Pensate a voi adesso» le disse con un filo di voce.

Aveva ragione. La manica sinistra del vestito era lacera e imbrattata di sangue. Penelope la strappò del tutto, sentendosi in colpa nei confronti della proprietaria, e dopo aver ripulito anche questo taglio strinse la garza aiutandosi con i denti.

Tornò a guardare il Primo Cavaliere Ross. Si era addormentato con una mano sulle coste e l'altra ancora stretta al ghiaccio secco.

Penelope prese una coperta dal divano e gliela stese sul petto, non tanto per imbarazzo, quanto per rispetto.

A essere onesti, si sentiva un po' una stupida per non averlo capito prima.

Aveva lineamenti delicati e androgeni, come quelli delle fate, ma niente l'aveva portata a pensare che potesse esserci una donna sotto quelle vesti. Anche perché ognuna delle voci sul suo conto era riportata al maschile, per non parlare dei pettegolezzi nelle locande...

«Non spero che siate brava a mantenere i segreti tanto quanto lo siete come infermiera.»

Si era sbagliata. Il Primo Cavaliere era sveglio e la osservava con le palpebre socchiuse. L'aveva beccata a fissarlo.

Penelope distolse lo sguardo con la scusa di riordinare la cassetta di primo intervento. «Suppongo che niente di tutto questo sia affare mio. Vi conosco come Primo Cavaliere e come tale continuerò ad apostrofarvi.»

Accennò un sorriso malizioso. «Per voi, potrei essere anche solo Ross.»

«Dovete avere un bernoccolo più grande di quanto pensassi.»

Il Primo Cavaliere rise. «Non mi chiedete neanche il perché? Posso credere che non siate neanche un pizzico curiosa, ora che mi avete vista?»

«Se ci tenete a raccontarmelo.»

Il Primo Cavaliere richiuse gli occhi e Penelope si chiese se si fosse addormentato. No, addormentata.

«Volevo essere prudente.»

«Prudente?»

«Sarebbe stato più difficile farmi riconoscere.»

«Da chi?»

«Allora un po' di curiosità ce l'avete!»

Maledetta.

«Non così tanto». Penelope si alzò per riempirsi un bicchiere d'acqua e gliene porse un secondo. «Si chiama gentilezza. Educazione. Ingannare il tempo finché siamo bloccati qui.»

Il Primo Cavaliere bevve a piccoli sorsi. «Dunque, reputate la mia compagnia degna di essere piacevole.»

«Quasi accettabile» lo corresse. «Non che abbia di meglio tra cui scegliere.»

«La vostra fidanzata dov'è? È casa sua, questa, vero?»

Penelope la ignorò, rigirandosi tra le dita il bicchiere. Si accorse che aveva il bordo sbeccato.

Si augurava che Elena fosse riuscita ad arrivare a palazzo e parlare con Leon.

«Secondo voi, cosa sta succedendo là fuori?»

Non aveva proprio voglia di tacere.

«Non l'avete visto da sola?»

Fece un sorrisetto, forse proprio perché si era rivolta a lei al femminile.

«Conoscete il popolo meglio di chiunque altro, sia come principessa che come frequentatrice dei bassifondi.»

«La taverna di Sirio non fa parte dei bassifondi.»

«No, è solo una bettola frequentata da creature magiche che non dovrebbero nemmeno essere qui. Eppure ci sono, e avete visto quanto erano arrabbiate, come il resto del popolo.»

«Dove volete arrivare?»

«Lo sto chiedendo a voi. Riuscite a immaginare cosa succederà adesso?»

Penelope avrebbe voluto conoscere la risposta, ma nella sua testa c'erano solo domande.

L'esercito aveva già sedato la rivolta? Quanti civili erano rimasti uccisi? I disordini si sarebbero placati, o era davvero l'inizio di una ribellione interna?

Si umettò le labbra. «Non ne ho idea. So solo che niente sarà più uguale a prima.»

«A volte c'è bisogno che tutto cambi, affinché tutto resti uguale.»

Penelope riconobbe la citazione letteraria, ma non capiva cosa c'entrasse in quel momento.

«Cosa intendete?»

«Il popolo è stanco, l'avete visto voi stessa. Hanno reso la Guerra Dinastica uno strumento per le proprie battaglie.»

Penelope si lasciò cadere sul divano. Aveva ancora la nausea. «Niente di tutto questo sarebbe successo, se mia zia avesse collaborato con mio padre, anziché ostacolarlo.»

«Con tutto il rispetto, Principessa, vostro padre fa le cose esattamente alla maniera di vostro nonno.»

«C'era la pace, quando regnava lui.»

«Vero. Ma se niente è cambiato da allora, come può restare uguale? Come fa a mantenersi un equilibrio? Cambiano le generazioni, cambia la società, cambiano le esigenze. Non basta offrire del vino agli inservienti di corte per saziare la loro sete di libertà.»

«E pensate davvero che, se regnasse Lady Clorinda, questo sarebbe diverso?»

«Probabilmente no.»

Fu come se quella risposta andasse a creare una piccolissima frattura nella diga che aveva costruito da quando le loro spade si erano incrociate per la prima volta.

«No?» ripeté, esterrefatta. «Siete il suo Primo Cavaliere!»

Ross si umettò le labbra esangui e Penelope dovette distogliere lo sguardo.

«Dietro alle mie scelte, ci sono ragioni ben più grandi della Guerra Dinastica, che non posso spiegarvi.»

Penelope la odiò. La odiò perché più parlava con lei, più non poteva liquidarla come una dei tanti lacchè di sua zia.

La odiò perché sembrava avere conoscenze e ideali così grandi da poterci governare un regno.

La odiò perché pensava cose che a lei non sarebbero venute in mente.

La odiò perché, per la prima volta, qualcuno la stava facendo dubitare di se stessa e dei suoi principi in quanto membro della famiglia reale.

Odiò anche se stessa, perché pendeva dalle sue labbra. Aveva sempre pensato che suo padre facesse tutto nel modo giusto; invece, per la prima volta si stava ritrovando a dubitarne e per colpa della persona peggiore possibile.

«Conoscete il vostro popolo» le disse Ross. «Di cosa credete che siano stanchi, davvero?»

Penelope ci pensò su. Per la prima volta, andò oltre ciò che aveva sempre visto - la magnanimità di suo padre, la fierezza di sua madre - per concentrarsi su quello che invece non aveva visto. Su ciò che mancava davvero a Shaalal.

«Dell'immobilità» rispose. «Da quando non c'è più la magia, Shaalal è una terra immobile.»

Ross annuì, soddisfatta. «Leggi, tradizioni, costumi, sono le stesse da secoli. Le persone vogliono evolversi, realizzarsi, ma qui questo non è possibile. Soprattutto ad Als. Là fuori, nei boschi, le creature hanno continuato a coltivare la propria magia senza di noi. Ma la nostra, di magia? Quella che un tempo scorreva nelle vene dei nostri avi?»

Penelope iniziava a sentirsi disorientata. Sembravano discorsi visionari. «Cosa state cercando di dire?»

«Che sarebbe necessario un cambio radicale. Espandere i commerci, ampliare gli orizzonti. Riprendere i rapporti con le Isole.»

«Voi siete impazzita. Shaalal ha troncato con loro durante il regno della mia trisavola, Giovanna IV.»

«È proprio questo il punto. Da generazioni abbiamo dimenticato chi siamo. Ma là fuori, nelle altre Isole, esistono ancora gli sciamani. Hanno la magia e la usano per mantenere i buoni rapporti tra le Isole. Solo Shaalal è esclusa da questo rito.»

«Il Kula Ring» sussurrò Penelope.

Si trattava di una cerimonia antica come il mondo: una forma di scambio circolare usata tra le Isole, le cui massime autorità si facevano dei doni per mantenere i rapporti di pace.

«È estinto da secoli.»

«Non è vero! Esiste ancora ed è un rituale intriso di magia. Si svolge ogni anno. Solo che Shaalal ne è stata esclusa quando ha troncato ogni rapporto con le Isole e con la magia.»

La testa di Penelope pulsava dall'interno. Se l'avessero colpita alle tempie con un ferro di cavallo, l'avrebbero stordita di meno.

«Voi come fate a sapere tutte queste cose?»

Gli occhi di Ross si fecero tristi. «Non posso dirvelo.»

«Segreti, segreti e ancora segreti» mormorò Penelope.

Una donna che combatteva sotto le sembianze di un uomo. Un viaggiatore che aveva esplorato i boschi alla ricerca di fuochi fatui. Un avido lettore di antropologia e avventura, ma anche custode di informazioni che ad Als non penetravano.

Chi diavolo era, la persona a cui aveva salvato la vita?

Si accorse che Ross taceva. Si girò a guardarla e scoprì che si era appisolata.

Decise di stendersi sul divano, nel tentativo di placare il dolore pulsante alla testa.

Si sentiva sopraffatta dagli avvenimenti. Ben presto, anche le sue palpebre si appesantirono.

S/A:
Bentornati!
È stato un capitolo molto ricco, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate!
Come vedete il rapporto tra Ross e Penelope? Che direzione prenderà, adesso che la principessa conosce il suo segreto? E la rivolta, in cosa sfocerà?
Ci vediamo venerdì prossimo, intanto seguitemi anche su ig: aurorapinelli_queerauthor per restare sempre in contatto!🖤

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