Come un fiore tra le mine (Re...

Por Elle_Jenny

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Mason vedeva solo nero. Non desiderava vedere più la luce in fondo al tunnel perché ormai era sceso a patti... Más

Prologo di Mason
Capitolo 1 - Mason
Capitolo 2 - Seb
Capitolo 3 - Mason
Capitolo 4 - Seb
Capitolo 5 - Mason
Capitolo 6 - Seb
Capitolo 7 - Seb
Capitolo 8 - Mason
Capitolo 9 - Seb
Capitolo 10 - Mason
Capitolo 11 - Mason
Capitolo 12 - Seb
Capitolo 13 - Mason
Capitolo 14 - Seb e un po' di Mason
Capitolo 15 - Mason e un po' di Seb
Capitolo 16 - Seb
Capitolo 17 - Mason
Capitolo 18 - Mason
Capitolo 19 - Seb
Capitolo 20 - Mason
Capitolo 21 - Mason
Capitolo 22 - Seb
Capitolo 23 - Mason
Capitolo 24 - Mason e Seb
Capitolo 25 - Mason
Capitolo 26 - Seb
Capitolo 27 - Mason
Capitolo 28 - Seb
Capitolo 29 - Mason
Epilogo
Capitolo Speciale - Andy e Ben

Prologo di Seb

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Por Elle_Jenny

«E se non sarò in grado?»

«Seb...»

«E se sarò così stupido da far cambiare idea alla professoressa Reyes sull'avermi scelto come suo assistente per quest'anno accademico?»

«Seb...»

«OHMIODIO, ma chi me l'ha fatto fare di inviare quella domanda come assistente?»

«Sebastian, ora basta!» tuonò la voce di Toby.

Seb sussultò e si portò una mano al petto. Era stato talmente concentrato a lamentarsi ed autocommiserarsi, da essersi fatto prendere alla sprovvista dal tono alterato del suo migliore amico.

Sì, incredibile ma vero, quel ragazzo tutto ricci e atteggiamenti nevrotici era il primo vero migliore amico di Seb.

In realtà, Toby Clark era per il 90% delle volte nervoso ed alterato, ma principalmente si alterava ed innervosiva con Thomas, il suo ragazzo.

Con Seb era stato sospettoso in passato, diffidente come uno di quei cani randagi che accoglieva all'Animal's Planet, gli aveva spesso detto che parlava troppo, che prima o poi gli avrebbe chiuso quella bocca logorroica con lo scotch, ma non aveva mai alzato la voce in quel modo con lui.

«Non alzare la voce con me, sono suscettibile», gli rispose. «E non chiamarmi Sebastian, lo sai che mi fa venire l'ansia».

Toby alzò gli occhi al cielo e si passò una mano tra i ricci castani. Andy, seduto al suo fianco, sghignazzò mentre beveva dalla cannuccia la Coca-Cola che aveva preso al bar del campus.

Andy era il suo secondo migliore amico. Seb era stato sempre solo, isolato da tutti fin dall'asilo; aveva sofferto, aveva cercato per anni di costruirsi delle amicizie, fallendo miseramente, ma alla fine, a ventidue anni, due amici era riuscito a farseli.

Ognuno di loro due aveva la sua bella lista di problemi, ma non si lamentava. Erano speciali, erano solo di Seb.

Seb era anagraficamente il più grande, aveva ventidue anni, Andy e Toby, invece, ne avevano ventuno e si sarebbero laureati quell'anno. Spesso, però, si sentiva il più piccolo del gruppo.

«Tu sei un cretino!» rispose Toby. «Un cretino con una testa grossa quanto una zucca e che è stato scelto come assistente dalla professoressa Reyes semplicemente perché sei il migliore tra tutti i candidati!»

Seb si imbronciò. «Ne sei certo?»

«Sì, cazzo!» esclamò Toby, facendo girare un paio di ragazzi, seduti al tavolo di fianco al loro.

Toby notò i loro sguardi giudicanti e sbottò: «E voi cosa cazzo guardate? Fatevi i cazzi vostri!»

I due ragazzi cambiarono sguardo, sembrando arrabbiati. Seb iniziò a sudare per l'ansia, Andy balzò in piedi, abbandonando la Coca-Cola sul tavolo, tirandosi anche un Toby perennemente ringhiante.

«Abbiamo bisogno di una passeggiata», sentenziò Andy, che tra i tre era il più razionale e la mente calma di quello strano trio che avevano formato.

«A che ora hai l'incontro con la professoressa?» domandò Andy, mentre si allontanavano dal bar e da quei due ragazzi che avevano tanta voglia di tirare un pugno a Toby.

«Alle due e trenta», rispose Seb, poi abbassò gli occhi sulle sue Vans a scacchi bianchi ed arancioni, lo spostò sul paio di jeans sbiaditi che indossava ed, infine, sulla sua felpa nera con la stampa di Todoroki di My Hero Academia. Aveva anche un buchino sulla manica sinistra.

«Tra circa mezz'ora, quindi. Vedrai che andrà bene», gli rispose Andy, facendogli uno di quei suoi sorrisi gentili.

Andy sorrideva sempre, Toby ringhiava, Seb era spesso pieno di ansia, come in quel momento, perché dopo la risposta pacata del suo amico, disse: «Oddio, non sono vestito bene... Avrei dovuto indossare un completo? Io nemmeno ho un completo. Al matrimonio di Dylan ed Ashley, l'anno scorso, sono andato in jeans e camicia coreana!»

Seb vide Toby che spostava gli occhi su Andy, sembrava sul punto di strozzare Seb. «Per favore, tu sei garbato, io no. Puoi dire a questo cretino che deve sbattersene dell'abbigliamento perché ognuno si mette il cazzo che vuole, anche ad un incontro con un professore?»

Andy scosse il capo. «Penso che ti abbia sentito. Sai, è qui vicino».

«Ho sentito!» esclamò Seb, alzando le mani al cielo. «Forse, dovrei iniziare a pregare».

«Forse, dovresti iniziare ad ascoltarci e a credere nelle tue capacità», replicò Toby.

«Ha ragione», aggiunse Andy. «Stranamente».

«Ehi!» si lamentò Toby.

Andy sogghignò e un ciuffo ribelle di capelli rossi gli cadde sulla fronte. «Lo hai detto tu che non hai modi garbati».

Toby incrociò le braccia al petto e brontolò qualcosa contro i pel di carota saccenti. Andy rise e gli diede una spinta con il fianco. Sapeva che Toby, nonostante i suoi modi bruschi, non avrebbe mai offeso nessuno dei due con cattiveria.

Offendeva solo Thomas. Ed era anche molto fantasioso con gli insulti.

Le due e trenta arrivarono più velocemente del previsto. Seb stazionava dinnanzi la porta dello studio della professoressa Reyes da circa cinque minuti. Stava facendo uno strano balletto nervoso sulle ginocchia e contemporaneamente si strusciava i palmi delle mani sudati sulle cosce.

Seb combatteva con gli attacchi di ansia da anni. Crescendo e con l'aiuto della sua famiglia e di una psicologa era migliorato, ma in condizioni di forte stress faceva comunque fatica a mantenere la calma.

Prese un profondo respiro dal naso, aprì e chiuse i palmi più volte, poi rilasciò l'aria dalla bocca.
Nella sua testa rimbombarono la voce ringhiante di Toby, che gli urlava "muoviti, cretino!" e quella più calma di Andy, che gli diceva con dolcezza "andrà tutto bene".

«Andrà tutto bene, cretino», mormorò a sé stesso prima di bussare contro l'uscio della porta.

«Avanti!» urlò una voce giovane dall'interno.

Seb aprì la porta lentamente ed entrò, cercando di non apparire timoroso e di non far capire alla professoressa che aveva una paura fottuta di fallire.

«No, Mason! Non mi interessa, idiota! Domani verrai a cena da me e Cody e non voglio sentire scuse. No... No, non è un'imboscata. No, saremo solo noi tre. Te lo giuro sul bambino che ho nella pancia e che mi sta facendo diventare una balena».

Seb riuscì a fare solo tre passi all'interno dello studio della professoressa e a chiudersi la porta alle spalle, prima di bloccarsi sul posto ed essere travolto dalle parole accese della professoressa Reyes, indirizzate a chiunque fosse il Mason che si trovava dall'altra parte della linea.

Seb conosceva un Mason e perdeva qualche battito di troppo ogni volta che lo vedeva arrivare al Centro Veterani insieme ad Eva, il suo splendido Golden Retriever che tanto andava d'accordo con Sanji, il Golden Retriever di Seb.

Sanji ed Eva andavano d'accordo. Seb e Mason un po' meno.

«Ho giurato su mio figlio che Jamie e Michael non ci saranno. Cos'altro vuoi che faccia?» continuò a parlare la professoressa Rayes, aggiustandosi gli occhiali dalla montatura tonda e sottile sul naso a patata. Sembrava molto stanca e Seb non credeva dipendesse solo dalla sua evidente gravidanza.

Era giovane, non doveva avere più di trent'anni, forse anche un paio in meno. Oppure, semplicemente, se li portava bene. Aveva i capelli biondi tagliati a caschetto ed era vestita... con un semplice completo di tuta dell'Adidas azzurro cielo, che faceva esaltare i suoi occhi azzurri.

E Seb si era anche preoccupato del suo abbigliamento...

Il giorno precedente aveva addirittura pensato di tingersi la parte destra di capelli, che portava colorata di rosa ormai da un paio di anni, del suo castano naturale per paura di non apparire professionale, ma Toby lo aveva incenerito con lo sguardo non appena aveva espresso quello stupido pensiero, così aveva deciso di non provarci nemmeno.

Poi la sua testa, che spesso girava per i fatti suoi, ricordò a Seb gli altri due nomi che la professoressa aveva pronunciato.

Michael e Jamie.

Non potevano essere i Michael e Jamie che conosceva lui. Il mondo era pieno di Michael e Jamie.

Poi, chissà come, la professoressa si ricordò di avere qualcuno nel suo studio. Fermò gli occhi azzurri su Seb, che cercò di mantenere un'espressione del viso neutrale, poi li roteò, sembrando scocciata.

«Mason, domani sera alle sette a casa mia. E porta il dolce. Non voglio sentire altre repliche. Ora, devo lasciarti. No, vacci tu a quel paese che ne sei anche il sindaco», disse prima di terminare quella chiamata privata, ma che non aveva avuto alcun problema a continuare davanti ad un estraneo.

Posò il telefono sulla scrivania, si passò entrambe le mani nei capelli, poi sul ventre tondeggiante e sospirò pesantemente.

«Ti chiedo scusa, ma mio cugino è stressante. Tu devi essere Sebastian».

Sebastian annuì. «Può chiamarmi solo Seb, professoressa», rispose, evitando di sproloquiare, raccontando alla donna che odiava Sebastian perché sua nonna chiamava lui e suo nonno con il nome completo quando la facevano arrabbiare.

«E tu puoi chiamarmi solo Rachel e darmi del tu. Non sei più uno studente ed odio la troppa formalità. Forza, siediti. Parliamo un po'. Conosciamoci. Steremo insieme per un anno accademico». La professoressa si sistemò meglio sullo schienale della sua poltrona e Seb non poté fare a meno di notare una pila di cinque manga posizionati accanto la tastiera del suo pc.

La professoressa Rachel Reyes era specializzata in Graphic design, illustrazione ed Arte del fumetto. Seb, il quale aveva conseguito una laurea in Comics and Illustration, avrebbe fatto da assistente alla professoressa proprio per il suo corso di Graphic design.

Aprì la bocca per replicare, ma la professoressa lo fermò ancor prima che lui fiatasse qualsiasi cosa. «Non voglio sapere nulla sul tuo curriculum accademico. Mi è bastato sfogliarlo una volta per decidere che saresti stato tu il mio assistente. Hai preso il massimo del punteggio ad ogni esame».

Seb scrollò le spalle in imbarazzo. «Memoria fotografica. È utile con lo studio», ammise.

Rachel sospirò ed incrociò le mani sulla scrivania. «Mi sarebbe stata utile al liceo, soprattutto quando dovevo studiare geografia e matematica. Non sai quante dormite mi sono fatta su quei libri».

Seb ridacchiò. Sentendosi molto meno teso. Non si sarebbe mai aspettato che la professoressa Reyes sarebbe stata così... alla mano.

Si era trasferita nella sua università solo quell'anno, quindi Seb non aveva mai avuto modo di partecipare ad una sua lezione.

«Cosa vuoi sapere su di me per conoscermi?» le chiese.

Rachel sorrise ed abbassò gli occhi sulla sua felpa. «Per questo hai capelli bicolore? Perché ti piace Todoroki? A proposito, devi dirmi dove hai acquistato questa felpa».

Seb e Rachel passarono l'ora seguente a discutere di manga, anime, fumetti e felpe da nerd. Fu un colloquio inusuale, ma che mise Seb di buon umore. Non vedeva l'ora di iniziare ad insegnare con lei.

Quando si alzò, per salutare la donna e lasciare il suo studio per correre a raccontare ogni particolare a Toby ed Andy, i suoi occhi si catapultarono su una delle tre fotografie che la professoressa aveva allineato sulla sua scrivania.

Non riuscì ad evitarlo, il suo corpo si mosse senza riuscire a fermalo. Si sporse sulla scrivania ed avvicinò il viso a quella foto.

C'era Rachel da ragazzina, doveva avere al massimo diciassette anni, accanto a lei c'era un uomo alto con il suo stesso colore di capelli biondo cenere ed affianco all'uomo c'era un ragazzo familiare.

Un ragazzo alto, con una zazzera disordinata di capelli biondi, un sorriso sbilenco e le braccia incociate al petto. Un ragazzo che si reggeva fieramente sulle sue gambe e che nello sguardo non aveva un briciolo di tristezza.

«Mason...» mormorò.

«Conosci mio cugino?»

Seb alzò di scatto gli occhi sgranati su Rachel.

«Io...» improvvisamente percepì la bocca secca. «Mason... lui... Mia madre e mio fratello gestiscono il Centro Veterani di Rockford. L'ho conosciuto lì».

Rachel apparve sorpresa quasi quanto Seb, il quale non riusciva a credere a quell'assurda coincidenza.

Iniziò ad accarezzarsi la pancia. Diventò pensierosa, meditabonda. Poi accennò un sorriso e guardò Seb come se lui fosse la risposta ad un problema.

«Sai, Seb, ho cambiato idea. Penso che farò un'imboscata a mio cugino».

Seb evitò di ricordarle che aveva giurato su suo figlio di non fare a Mason nessun imboscata.

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