Wanna fly with me? [Muke]

By Recoverylena99

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La prima cosa che c'è da sapere è che questa vita non fa regali a nessuno. Ma la morte, forse, sì. Due miglio... More

1. Wherever You Are
2. Photograph
3. Amnesia
4. Moments
5. Just A Dream
6. Boulevard Of Broken Dreams
7. Flashback
8. Heartbreak Girl
9. Guardian
10. Slipped Away
12. Need You Now
13. If It Means A Lot To You
14. Here Without You
15. Wish You Were Here
-
16. Broken Home
17- Come in un sogno

11. Everything I Didn't Say

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By Recoverylena99

Le mura di quell'ospedale erano veramente tristi, come se in qualche modo riuscissero a rispecchiare le emozioni di quei ragazzi che circondavano.
Calum era seduto accanto a Luke, su una sedia, a fissare il bianco soffitto crepato qua e là, mentre il biondo al suo fianco faceva scontrare i suoi occhi azzurri contro tutte le parti di pelle delle braccia di Michael che il lenzuolo non copriva.

«Eravate migliori amici?», chiese il moro. Luke fece scorrere ancora un po' lo sguardo sul suo amico sdraiato nel letto, poi si girò verso Calum e sospirò.

«Noi eravamo sempre qualcosa di più», ridacchiò. «A Michael piacevano i ragazzi, a me piaceva Michael».

Calum distolse lo sguardo, abbassando la testa per guardarsi le unghie. Giocherellò a lungo con le sue dita, poi scosse la testa e schiuse la bocca. «Senti, non ce la faccio a farmi i fatti miei», affermò, provocando a Luke una risata. «Ti prego, dimmi qualcosa di più».

Il biondo smise di ridere, lasciando ancora un sorriso ad adornargli il viso, e spostò lo sguardo sul soffitto che Cal aveva guardato fino a poco prima.

«Io e Michael litigavamo spesso, sai?», chiese, voltandosi ancora verso il moro, che lo guardava con entrambe le sopracciglia inarcate. «Sì», scrollò le spalle, «cioè, avevamo delle incomprensioni. Lui stava con questo tizio, James; io odiavo James», spiegò. «Volevo Michael tutto per me, avevo bisogno che lui fosse solo mio, ma avevo così dannatamente paura di rovinare tutto tra noi; la nostra amicizia era più importante di tutto. Non potevo dirglielo, dirgli che ero fottutamente innamorato di lui da anni, e che mi uccideva sapere che James possedeva il suo cuore».

Il moro mosse scompostamente i piedi sotto alla sedia, sentendosi leggermente a disagio; forse Luke stava dicendo anche troppo, troppi particolari che lui non intendeva sapere. Non avrebbe mai voluto intromettersi nella loro vita privata, ma sapeva che era ormai troppo tardi per fermare Luke dallo sfogarsi.

«Adesso che sono morto, vorrei poter ritornare in vita per potergli dire tutte le cose che non gli ho mai detto», constatò. «Ma probabilmente, se mi dovessi ritrovare faccia a faccia con lui, non gliele direi di nuovo».

La porta della stanzetta dell'ospedale si aprì, rivelando un dottore in camice bianco affiancato dalla mamma di Michael. Le stava parlando, le stava bisbigliando qualcosa.
«Ancora qualche altra coltellata e avrebbe potuto non farcela», disse l'uomo. La mamma sussultò percettibilmente a quelle parole, pensando a come sarebbe stata la sua vita senza Michael, chiedendosi se la vita senza Michael potesse veramente esistere. La donna si era chiesta tante volte come Liz, la madre di Luke e sua cara amica, potesse andare avanti senza il figlio. Non poteva nemmeno immaginarsi il dolore che doveva provare la sua compagna.

«Deve avere un angelo custode davvero in gamba», concluse il dottore, distogliendo la signora dai suoi pensieri.

«Sì, si chiama Luke...», sussurrò Michael, aprendo pian piano gli occhi. Finalmente si stava svegliando, facendo finire la snervante attesa di Luke, di sua madre e di Calum, che, anche se non lo conosceva, ci teneva a rivederlo sveglio.

«Mikey, ti sei svegliato!», stridulò il biondo, scattando in piedi e fiondandosi sul letto per abbracciarlo. Calum rimase a fissarlo con le braccia incrociate, mentre contraeva la mascella e deglutiva. «È così triste che lui non possa sentirmi», esordì, una volta tornato a sedere.

«Dobbiamo solo convivere con questa cosa».

«Amico, ti ricordo che siamo morti», scherzò Luke, ricadendo in una piccola risatina. Poi i suoi occhi azzurri incontrarono quelli color pece di Calum, il quale sorrise.

«Ok, allora... conmorire?», domandò titubante.

«Dobbiamo solo conmorire con questa cosa... sì, mi piace come suona!», esclamò, alzando le braccia al soffitto per stirarsi. «Non credevo che i morti potessero sentire la stanchezza».

«È solo l'idea della stanchezza», lo corresse il moro. Luke fece rotolare gli occhi in segno di noia, poi sbadigliò coprendosi la bocca con una mano.

«Senti», attirò l'attenzione del ragazzo accanto a lui, «mi chiedevo se avessi mai sentito parlare di un certo "aiutante del Signore"», chiese. Calum aggrottò le sopracciglia e lo fissò per qualche istante, dopo distolse lo sguardo e sospirò.

«Ehm, sì. In effetti sì... È un tizio muscoloso e ricciolo, ma non ci ho mai parlato. L'ho visto in giro qualche volta. Sai, credo che anche lui venga da qui, perciò è nel nostro stesso settore», spiegò.

«Non credo di aver capito», ammise Luke, storcendo il naso. «Con che criterio vengono divisi i settori?».

«Ti spiego. Tutto il Paradiso si affaccia sul mondo, ok? E lo circonda. Perciò, a seconda di dove tu hai perso la vita, ti sarà assegnato un settore. Se sei morto in Canada, starai nella parte che sovrasta il Canada. Se muori in Inghilterra, alloggerai nella parte che si affaccia sull'Inghilterra. Capito?».

Luke annuì lentamente, prima di girarsi a guardare il lettino sul quale Michael era sdraiato, intento ad alternare gli occhi sul dottore e la madre mentre parlavano. Aveva quell'aria così innocente sul volto, sembrava proprio il bambino del quale Luke voleva diventare amico, molto tempo prima. Non era cambiato per niente, ma al biondo stava bene così.

«A che stai pensando?», chiese Calum, distraendolo dai suoi pensieri. Il ragazzo dalla pelle ambrata guardò gli occhi di Luke, trovandoli al volo, quando lui si fu girato di scatto; quelle pozze azzurre erano un po' più dilatate del solito, forse per la sorpresa con la quale quella domanda l'aveva colpito. «Stavi pensando a lui?», indicò Michael.

«Ehm...», esitò, prima di tornare a guardare Mikey per qualche secondo e riportare lo sguardo su Calum subito dopo. «Sì, stavo... ecco, ricordando», esordì, con la voce tremolante. «Io e lui abbiamo molti ricordi». Si leccò le labbra nel frattempo che ammirava la pelle lattea di Michael.

«Lo so che potrebbe sembrare invadente, ma potresti raccontarmene qualcuno?», domandò il moro. Luke lo guardò stranito, dopodiché fece un piccolo sospiro e si voltò davanti a sé, posando lo sguardo sulla parete.

«Michael, una volta... mi ha baciato».

Un'altra notte era scesa sulla città, era arrivata tardi quel giorno, in quanto fosse estate e il sole tramontava dopo. Luke avrebbe dormito da Michael quella notte, non era una cosa insolita, anzi, rimaneva spesso a dormire da lui.

Una notte Michael l'aveva abbracciato da dietro, attirandolo a sé, così che la schiena di Luke combaciasse col suo petto; lo fece perché pensava che stesse dormendo e non se ne sarebbe accorto. Luke, invece, era sveglio, ma non disse niente perché pensava che Michael l'avesse involontariamente abbracciato nel sonno, e poi, cavolo, gli piaceva dannatamente tanto essere stretto da quelle braccia.

Quella sera erano andati a letto presto, ma il loro concetto di presto era un po' diverso da quello degli altri. Era mezzanotte inoltrata e stavano ancora nel letto a chiacchierare, mentre Michael giocava al Nintendo.

«Credevo stessi scherzando quando mi hai detto che Marie ha i baffi», confermò Luke. «Diavolo, mi sono spaventato quando l'ho vista da così vicino!», alzò le braccia in aria per poi farle ricadere sulle coperte.

Michael rise sottovoce, mentre la luce dei due schermi del Nintendo gli illuminavano il volto. Luke si prese del tempo per ammirare quegli occhi verdi cristallini che il suo amico si ritrovava, inutile dire che il suo cuore quasi scoppiò quando si soffermò sul suo sorriso. Quelle sue labbra rosee erano perfette e lui le osservava in silenzio da anni ormai, senza proferire una sola parola al riguardo.

Aveva fatto credere a tutti di essere etero. Comunque, Luke si diceva che a lui non piacessero i ragazzi, a lui piaceva Michael. Solo Michael.

«Va tutto bene?», domandò il suo amico, aggrottando le sopracciglia. Aveva da poco tinto i capelli di un marrone cioccolato, il colore più bello che si fosse mai fatto; era semplicemente perfetto con quella tinta, metteva in risalto tutto del suo viso, a partire dagli occhi chiari, per finire con le labbra rosa.

«Ehm, sì, credo di sì...», balbettò Luke, distogliendo lo sguardo.

Michael ridacchiò, prima di spegnere il Nintendo e posarlo sul comodino di fianco a sé; poi accese la lampada che ci stava sopra. Luke lo guardò ancora una volta e pensò a quanto fosse bello sotto tutte le luci. Quello era un problema perché anche se avesse provato a guardarlo sotto a una luce diversa, l'avrebbe amato comunque. Non poteva più "disinnamorarsi" di Michael. Per un attimo si chiese anche se almeno lo volesse, non amarlo s'intende.

Luke si trovò improvvisamente sovrastato dal corpo di Michael, che gli si era messo sopra a cavalcioni. Mikey stava sorridendo compiaciuto nel vedere l'espressione dell'amico sotto di lui, al quale si avvicinò lentamente, ma rimanendo sempre a una certa distanza.

«Lo so che c'è qualcosa che non va, Lukey. Non costringermi a farti il solletico!», esclamò.

Michael avvicinò le dita ai fianchi di Luke mentre lui continuava a scuotere la testa, pregandolo di non farlo. Ma poco dopo, le mani di Mikey stavano solleticando tutto l'addome di Luke, il quale si sentiva gli occhi bagnati per via delle risate.

«Oh, ti prego, smettila!», strillò il biondo, mentre l'altro continuava a tormentargli la pelle sotto alla canotta. La sua pelle era a stretta contatto con quella dell'altro, ma non riusciva a pensarci in quel momento.

«Luke...», sussurrò Michael, smettendo di fargli il solletico. I suoi occhi erano diversi, il suo viso aveva cambiato espressione e Luke se n'era accorto, motivo per cui si accigliò.

«Sì?», domandò, cercando di controllare il respiro. Aveva ancora le sopracciglia e la fronte corrugate. I suoi occhi si sgranarono vertiginosamente quando si accorse che Michael aveva chiuso i suoi e si stava avvicinando, non come prima, sempre più vicino, un vicino dal quale era difficile scappare ormai. Il suo cuore accelerò i suoi battiti, quasi uscendogli dal petto, e rese il suo respiro terribilmente instabile e pesante, impossibile da controllare.

Michael appoggiò delicatamente le sue labbra calde su quelle di Luke e venne pervaso da una dannata scosse elettrica che gli provocò dei brividi lungo tutta la schiena. Si accorse in quel momento che baciare Luke era la cosa che gli mancava per essere finalmente completo. Si sentì come se LUKE fosse il pezzo mancante al puzzle della sua vita. Luke era la parte di sé che stava impazzendo per cercare, senza accorgersi che ce l'aveva proprio davanti agli occhi.

La mano del biondo scivolò lentamente dentro ai capelli ora mori di Michael, mentre, senza rendersene conto, le loro labbra avevano cominciato a muoversi sincronizzatamente, lasciando che anche le loro lingue si sfiorassero. Michael questo non l'aveva previsto, voleva solo un bacio a stampo, voleva solo provare la sensazione del respiro di Luke così vicino alla sua pelle. Niente di più, niente di meno. Ma sembrava proprio che la situazione gli stesse sfuggendo dalle mani. A quel pensiero, si staccò improvvisamente dal suo amico, respirando ancora a fatica.

Gli occhi di Luke si aprirono poco dopo aver capito che le labbra di Michael non erano più sulle sue, e l'aveva capito perché ora erano tornate fredde come prima. Il blu e il verde dei loro occhi si mescolarono per qualche istante, prima che Michael avesse il riflesso di scendere dal letto e rimettersi in piedi; quando lo ebbe fatto, deglutì e si passò una mano tra i capelli mori.

«Credo che stasera dormirò sul divano», affermò.

Luke lo guardò con la confusione nello sguardo, sentendosi le guance ancora rosse e caldissime. «Michael...».

«No Luke, lascia stare», lo interruppe. Poi uscì dalla stanza e lasciò il biondo lì da solo nel letto, sotto le coperte che avevano piegato insieme la Domenica prima; quelle erano le preferite di Michael, e a Luke piaceva tutto ciò che piaceva a Michael. A Luke piaceva Michael.

«E poi?», chiese Calum incuriosito.

«Ma tu non ti stanchi mai di fare domande?», domandò Luke. Non ce l'aveva veramente con Cal, gli piaceva raccontare i suoi ricordi alle persone, altrimenti i ricordi non sarebbero serviti a niente. Era solo un po' scosso per la cosa di Michael e del bacio e per averlo ricordato, per aver ricordato tutte le emozioni che aveva provato in quel momento, quasi se le risentiva addosso, ma quella rimaneva sempre e solo l'idea di un'emozione. Luke non poteva più provare emozioni.

Calum si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo, mentre il biondo lo riposava sulla sua pelle ambrata e sospirava. Gli toccò la spalla, attirando la sua attenzione.

«No, scusa Cal, non volevo trattarti male. Va bene che tu faccia domande, ma è un argomento un po' delicato questo per me», disse. Calum annuì lentamente, ancora abbastanza in vergogna per prima. «Comunque, dopo niente. La mattina lui fece finta che nulla fosse mai successo e invitò James a casa, mentre c'ero anch'io, e lo baciò, mentre c'ero ancora pure io, e mi spezzò il cuore», sussurrò, come se altrimenti Michael avesse potuto sentirlo.

Luke si girò a guardarlo con le braccia conserte davanti al petto. Era ancora uguale, era vero, era uguale come tutte le cose che gli faceva provare, perché, anche se non poteva più, quando Luke lo guardava sentiva ancora le gambe che gli tremavano e lo stomaco che si contorceva. La sua testa scoppiava al pensiero delle sue labbra sulla bocca di un altro, le sue mani sulla pelle di un altro ragazzo che non era lui. Adesso che era morto, Michael avrebbe sicuramente fatto tutte quelle cose; finché Luke era in vita poteva impedirglielo, ormai non più, e questo lo uccideva altre cento milioni di volte.

«Amavo il modo in cui mi toccava», confessò, «il modo in cui mi guardava, il modo in cui mi faceva impazzire. Amavo tutto di lui, davvero, tutto. I suoi dannati occhi, la barbetta, le sue labbra, come si vestiva, come parlava, la sua voce!».

Calum lo guardò, decidendo di stare zitto e non interromperlo. Intanto, aveva notato che i suoi occhi erano rossi; il rosso era un colore insolito su un angelo.

«Gli avevo scritto un sacco di lettere in cui dichiaravo di amarlo, di amarlo alla follia per la precisione. Michael pensava che a me piacessero le ragazze, l'amore per lui era il mio piccolo segreto. Ho sbagliato, lo so, quando gli ho raccontato che mi piaceva una ragazza, che ci eravamo baciati nei bagni della scuola, ma che probabilmente non l'avrei più considerata perché sbavavo già dietro ad un'altra. Lo so che ho sbagliato, perché era una bugia, ma ho trattenuto talmente tante volte il fiato quando lui c'è andato vicino tanto così dallo scoprire che ero fottutamente innamorato del mio migliore amico».

Calum giocherellò con le mani sul suo grembo mentre sentiva Luke sfogarsi, avrebbe dovuto fermarlo perché stava veramente diventando troppo. Era impossibile calmarlo, non lasciargli il diritto di parlare di tutto quello che si era tenuto dentro per troppo tempo.

«Passo così tanto tempo con lui che ormai mi sto convincendo che il vero Paradiso sia un posto sulla terra, il posto accanto alla persona che ami. Il mio è accanto a Michael. Perché lo amo, Calum, davvero troppo, e questo è tutto quello che non ho mai detto».

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Ok, basta, mi ritiro, vado a piangere in un angolino. Ciao.

Comunque, ve l'avevo promesso che sarebbe stato più lungo del precedente, e infatti.

Tanto amore per le mie ragazze. Commentate, mettete mi piace, dite a un'amica di dirlo ad un'amica, fate quel che volete me piangete insieme a me.

Cia'.

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