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Av workingclasscheroine

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Quando Paul arriva all'Universitร  di Cambridge, il suo obiettivo รจ quello di far scorrere tutto liscio fino a... Mer

CAST
1. The Prime Minister
2. The Breakfast Club
3. The Lord of the Rings
4. The Sleeping Beauty
5. The Secret We Keep
6. The Saturday Night Fever
7. The Tea Party
8. The Mistery Gang
9. The Fight Club
10. The Concussion
11. The Unintended Mask
12. The Backs
13. The Punt Tour
14. The Reason Why
15. The Lunch Date
16. The Dancing Queen
17. The Birthday Boy
18. The Broken Ones
19. The Patched Hearts
20. The Carpe Diem
21. The Red Skirt
22. The Allied Powers
23. The Art of War
24. The Plot Twist
25. The Ruthless Voice
26. The Kafka Trap
27. The Car Ride
28. The Double Date
29. The Drunk Calling
30. The Re-Education Program
31. The Romantic Comedy
32. The F*cking Sheets
33. The Unexpected Visitor
34. The Invisible Charybdis
35. The Question Game
36. The Absent Guard
37. The Final Duel
38. The Scared Child
39. The Last Trip
40. The Monet Affair
41. The Fallen Angel
42. The Little Brother
43. The Longest Dinner
44. The Unsolicited Opinions
45. The Unequal Struggle
46. The First Rule
47. The Lovely Bastard
48. The Crystal Boy
49. The Catkins๏ฟผ' Philosophy
50. The Pool Party
51. The Immortal Youth
52. The White Nights
54. The Unshakable Complicity
55. The Water Strider
56. The Breakfast Fail
57. The Safe Haven
58. The Baby's Name
59. The Second Mouse
60. The Eagle
61. The Ghost of Christmas Past
62. The Mix Cd
63. The Haunted House
64. The Prodigal Son
65. The Bench

53. The Unfamiliar Familiarity

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Av workingclasscheroine

"Ho fatto, puoi andare"

"Grazie"

Stiamo sussurrando, senza che ve ne sia ragione.

È improbabile che Shiva e Phineas ci sentano attraverso le pareti, ed anche se lo facessero, cazzo, che problema ci sarebbe? La conversazione sinora si è limitata ai turni per il bagno.

Siamo solo stupidamente imbarazzati.

Perché tutto sembra facile, quando siamo vicini, e tutto sembra irrilevante.

Ma poi ci separiamo.

Ed il mondo torna ad esistere.

Quel che stiamo facendo è sbagliato per entrambi, seppur da punti di vista differenti.

Churchill ha Cyn, e io ho questo ossessivo bisogno di proteggerlo.

"Ti ho lasciato il pigiama in bagno, e il tuo spazzolino è nel bicchiere"

Annuisco.

La sua premura non fa che ferirmi.

"Grazie"

"Non c'è di che"

Esco dalla stanza con un doloroso senso di costrizione al petto.

Una parte di me ha sempre voluto credere nel fatto che, alla fine, Churchill sarebbe riuscito a perdonare le mie colpe.

Una speranza flebile, ma incrollabile.

Fino ad ora.

Mi chiudo la porta alle spalle, delicatamente, e abbandono la schiena contro il legno.

Ci siamo spinti troppo oltre.

Trattengo un singulto, più paura che dolore, e affondo i denti nel labbro inferiore per impedirmi di singhiozzare.

Mi avrebbe perdonato, forse.

Lo avrebbe fatto.

Nonostante adori lasciar credere il contrario, Churchill è buono, perfettamente puro.

La sua lealtà verso di me non avrebbe vacillato.

Mi avrebbe stretto le mani intorno al viso, nonostante l'orrore, e mi avrebbe assolto da ogni peccato.

Perché lui è così.

Churchill ha in sé una sorta di cinismo speranzoso, una caratteristica che non ho mai riscontrato in nessun altro, una contraddizione affascinante.

Io guardo il mondo confidando nel fatto che crollerà, e lui similmente.

La differenza è nel seguito: Churchill è sicuro delle proprie capacità di ricostruirlo.

È intelligente, ottimisticamente arrogante, e possiede quel tipo di sventatezza che ti porta a credere ancora nel fatto che, dalle macerie, possa costruirsi qualcosa di bello.

Mi avrebbe perdonato, avrebbe visto in me un altro dei suoi progetti.

Ma non dopo questo.

Questo è tutto un altro livello di tradimento.

Avrebbe potuto perdonare il peccatore, forse. Probabilmente lo avrebbe fatto.

Ma non potrebbe mai perdonare colui che, conscio del proprio peccato, ha osato baciarlo.

Io rappresento l'esatta sintesi di ciò che lui detesta.

E, per quanto possa girarci attorno, sto approfittando della sua ignoranza.

Mi forzo a riaprire gli occhi, che il dolore ha serrato, e mi impongo di respirare.

Devo solo piantarla.

Non è ancora troppo.

Qualche bacio da ubriachi, niente che non si possa superare.

Churchill avrà ancora Cyn, e io avrò ancora lui.

E un giorno, magari, quando avremo dimenticato tutto questo, potrò ancora parlargli di Oxford senza il terrore di vederlo sparire per sempre.

O potrei non parlargliene mai, perché una cauta distanza di sicurezza è comunque preferibile alla sua assenza.

Andrà bene, mi farò andare bene qualsiasi cosa.

Mi infilo in bagno, superando in punta di piedi il divano letto su cui dormono Shiva e Phineas.

Nell'accendere la luce, mi attardo per qualche secondo sulla porta, studiando i volti dei due.

Phineas dorme così come vive: tentando di non arrecare fastidio.

È raggomitolato su se stesso, nello sforzo di occupare la minore porzione possibile di letto, ma il suo corpo è privo della strana tensione che contraddistingue il sonno di Churchill.

Shiva, invece, dorme a pancia in su, gli arti scomposti e divaricati, e tutto in lui parla della sua assoluta fiducia nell'umanità.

Non si difende, non tenta di proteggersi dagli attacchi esterni.

I suoi organi vitali restano esposti: la sua gola, il suo cuore, il suo stomaco offerti a chiunque voglia ferirlo.

Ha il braccio destro teso in una posa innaturale, per consentire a Phineas di stringergli la mano, una posizione probabilmente dolorosa.

Studio quel piccolo ponte, dita che si mischiano alle dita, e lo riconosco simile ed estraneo allo stesso tempo.

Non ricordo come sia, dormire tanto serenamente.

Forse non ho mai dormito così.

Le strette, tra me e Mike prima, e adesso tra me e Churchill, sono sempre state disperate.

Io e Church non sappiamo riposare con questo abbandono, non conosciamo la benedizione di una notte sgombra dagli incubi, e probabilmente nessuno dei due si è mai steso a letto senza il terrore di svegliarsi, d'improvviso, con il cuore in gola.

Non so per quanto tempo rimango a fissarli, colto da un sentimento che è in parte tenerezza e in parte invidia, ma il tempo scorre senza che io me ne accorga.

Shiva si agita un po', nel sonno, borbotta qualcosa, ed è questo a riscuotermi.

Mi chiudo la porta alle spalle, nel timore di svegliarli, e sollevo la maniglia del rubinetto quanto basta per assicurarmi un silenzioso filo d'acqua.

Lavo i denti e sciacquo il viso, sospirando contro il tessuto morbido dell'asciugamani.

Non ho il coraggio di rientrare in camera.

Aspetto per un po', le mani strette attorno al bordo del lavandino e i miei occhi che studiano con aria scontenta il riflesso nello specchio.

La vista del mio stesso viso mi provoca una nausea tale che mi forzo a distogliere lo sguardo, raccapricciato.

Codardo.

"Non puoi stare qui tutta la fottuta notte, no?" sussurro alla mia immagine riflessa, scrutandola di sottecchi. "Prima o poi dovrai pur uscire"

Il me nello specchio ricambia lo sguardo, disgustato.

Esco dal bagno solo per rifuggire quel volto, il giudizio insito nella sua espressione; sto fottutamente impazzendo.

La luce è spenta, ma nel chiarore della notte riesco comunque a distinguere a distinguere i contorni delle spalle di Churchill, la curva delicata del suo fianco sotto il drappeggio delle lenzuola.

Mi stendo accanto a lui, tentando di non fare rumore.

È ancora sveglio, naturalmente: conosco troppo bene il ritmo del suo respiro per non accorgermene.

Ma le sue spalle restano immobili, un muro di carne che si solleva a ogni nuovo inspirare, privo di ogni breccia.

Non tento di scavalcarlo: i muri si erigono sempre per un motivo.

Resto in silenzio, a mia volta, gli occhi fissi sul soffitto e la testa che lavora freneticamente nel tentativo di trovare qualcosa da dire.

"A cosa pensi?"

Un sussurro leggero, il muro che si torce su se stesso per lasciarmi passare.

Churchill si volta verso di me, il suono di sfregamento delle lenzuola mentre si fa più vicino.

Ruoto lievemente il capo per incontrare i suoi occhi, una breve risata che mi sfugge dalle labbra, più sollievo che divertimento.

"Cosa?" chiede.

I suoi denti rilucono nel buio.

"È solo che non fate che chiedermelo" rispondo, semplicemente. "Tutti"

"È solo che non facciamo che chiedercelo" ribatte lui, e il suo tono sembra quasi di rimprovero. Non gli piace essere paragonato agli altri. Non gli piace che io lo paragoni agli altri. "Io in particolare"

"Pensavo a come rompere il ghiaccio" confesso, prima che la conversazione si faccia troppo seria, prima che ricominci a chiedere. "Niente di troppo interessante"

Una risata sommessa, ancora il suono delle lenzuola che scorrono.

"Se è per questo, principessa, credo di avere una mezza idea" sussurra, il suo corpo immediatamente sul mio, il suo respiro a un passo da me.

Poso una mano contro il suo sterno, d'istinto, un flebile tentativo di protezione.

"Church-"

Non posso farlo.

"Che c'è?" chiede, ancora.

Detesto l'ansia nella sua voce, la paura di aver attraversato qualche implicito limite.

Fa per ritrarsi, in attesa.

Le mie dita, ancora sul suo petto, si stringono in una morsa incoerente attorno al tessuto della sua maglietta.

Vorrei che le mie azioni potessero coincidere con i miei pensieri.

Ma la sola idea di allontanarlo, adesso, mi appare intollerabile.

"Niente" sussurro, come lo stupido egoista che so di essere. "Niente"

Resta immobile, sospeso su di me come una ghigliottina.

I suoi occhi che sono lame nel buio, un accenno di sorriso amaro a tagliargli il viso.

"Vorrei poterti spaccare la testa, a volte" confessa, tristemente divertito.

"Te lo lascerei fare" confesso a mia volta, perché è vero: non c'è niente che saprei rifiutargli.

Sorride nuovamente, e c'è nel suo sorriso una sorta di rassegnazione.

"Non servirebbe a entrarci, non è così?" scherza, con crudele serietà.

"Non ti voglio lontano" bisbiglio, con voce spezzata. Le mie dita si intrecciano alle ciocche di capelli che gli sfiorano la nuca. "È tutto quello a cui penso, di solito"

Una mezza risata, sprezzante e impaziente.

"Lo sai che non mi basta" ammette, quasi con dolore. "Io voglio sapere tutto"

Di nuovo quel tono. Come se le sue richieste fossero mere clausole di stile, come se avesse ormai rinunciato all'idea di capirmi.

Crede che sia colpa sua.

Crede che io non mi fidi abbastanza di lui per farne il mio confidente.

"Tutto quel che devi sapere, tutto quello che c'è da sapere" lo rassicuro, dolcemente. "È tutto lì. Tutto quello che mi passa per la testa si riduce a un unico pensiero"

Percorro il suo volto con le dita, il cuore gonfio di una tenerezza mai provata.

"Non ti voglio lontano" completo, a voce bassa. "Mai"

C'è ancora della diffidenza, nel modo in cui mi guarda, ma chiude gli occhi sotto il tocco delle mie mani, mi concede l'ennesima tregua.

"Mai troppo lontano" promette, ancora una volta, e si china infine su di me.

Potrei morire, per questo.

Churchill mi piace in ogni sua versione, in ogni suo dettaglio.

Mi piace vederlo vestito della sua maschera più seria, più autoritaria, e adoro il tipo di venerazione che suscita in chiunque, la sua capacità di plasmare le persone come creta.

Mi piace mentre è perso, distaccato da tutto e tutti, gli occhi opachi come un vecchio specchio e il viso sfregiato dalle occhiaie, dagli incubi che non ha intenzione di condividere.

Mi piace guardarlo ridere, rinunciare a quella patina di perfezione che indossa di fronte agli altri, ma che gli scivola di dosso non appena si trova da solo con noi.

Mi piace quando è crudele, persino. I suoi lineamenti inaspriti dalla rabbia e i suoi occhi che divampano in un incendio ghiacciato, la sua lingua tagliente e la sottile intelligenza che usa per ferire.

Ogni dettaglio, ogni sfumatura.

Ma potrei morire, per questo.

Per la sua versione più dolce, quella appassionata e vulnerabile, e proprio per questo la più segreta.

Per il modo in cui mi stringe forte, disperatamente, per la delicatezza con cui mi bacia.

Allaccio le braccia attorno al suo collo, le gambe attorno ai suoi fianchi. E mi sforzo di perdonare me stesso.

Non è colpa tua, mi dico, mentre premo il viso contro il suo per approfondire quei baci, Non potresti fare altro.

E lui crolla accanto a me, troppo ubriaco per riuscire a mantenere a lungo l'equilibrio, un groviglio di braccia e gambe che ride contro le mie labbra.

Un gemito da parte mia, stavolta di dolore.

"Mi hai ficcato un ginocchio nella coscia" lo rimprovero, senza riuscire a trattenere un sorriso.

"È stato bello?" chiede, con un'estrema serietà che regge solo per qualche secondo.

"Molto"

Rido anch'io, stupidamente, e penso: sono felice, Dio quanto sono felice.

L'alcol e l'erba ci rendono scoordinati, le nostre mani che si impigliano ovunque e incespicano nel tentativo di trovare qualcosa da afferrare.

È tutto terribilmente imperfetto, terribilmente bello.

"Gesù Cristo" soffia Churchill, con una mezza risata. "Sta' fermo"

"Fanculo" sussurro di rimando, direttamente nella sua bocca, ma sorrido anch'io. "Sta' fermo tu"

"Non costringermi a legarti al fottuto letto" scherza, ridendo.

Lo dice senza pensare troppo, il maledetto idiota.

Ed è chiaramente inteso come uno scherzo, uno stupido modo di dire.

Ma il silenzio che cala subito dopo fa accelerare il respiro di entrambi, mozzando ogni residuo di risata.

Restiamo a guardarci per qualche secondo, solo il suono del nostro respiro a fendere l'aria, ed entrambi stiamo probabilmente carezzando l'idea, l'inaspettata realizzazione che questo sia qualcosa che potremmo davvero fare.

"Church-"

Disincastro la gamba dalla morsa con cui gli avevo serrato i fianchi, la mia eccitazione ormai troppo ovvia per restargli così vicino, lo stupido terrore che possa disgustarlo.

La sue dita si artigliano sul retro della mia coscia, riportandomi in posizione.

"Sta' fermo" ripete, ma stavolta il tono è del tutto diverso.

Non esita più.




Note

Bentornat* 🤍

Grazie di avermi aspettata, è un periodo abbastanza pieno per me, ma giuro che ho pensato a voi e ad Audentes ogni singolo giorno.

Spero il capitolo vi piaccia, e che voi stiate bene.

Se ci sono errori segnalate pure, ho riletto tre volte ma ultimamente la mia testa non è molto lucida.

Un abbraccio,

H.

Fortsett รฅ les

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