𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 π…πŽπ‘π“π”π...

By workingclasscheroine

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Quando Paul arriva all'UniversitΓ  di Cambridge, il suo obiettivo Γ¨ quello di far scorrere tutto liscio fino a... More

CAST
1. The Prime Minister
2. The Breakfast Club
3. The Lord of the Rings
4. The Sleeping Beauty
5. The Secret We Keep
6. The Saturday Night Fever
7. The Tea Party
8. The Mistery Gang
9. The Fight Club
10. The Concussion
11. The Unintended Mask
12. The Backs
13. The Punt Tour
14. The Reason Why
15. The Lunch Date
16. The Dancing Queen
17. The Birthday Boy
18. The Broken Ones
19. The Patched Hearts
20. The Carpe Diem
21. The Red Skirt
22. The Allied Powers
23. The Art of War
24. The Plot Twist
25. The Ruthless Voice
26. The Kafka Trap
27. The Car Ride
28. The Double Date
29. The Drunk Calling
30. The Re-Education Program
31. The Romantic Comedy
32. The F*cking Sheets
33. The Unexpected Visitor
34. The Invisible Charybdis
35. The Question Game
36. The Absent Guard
37. The Final Duel
38. The Scared Child
40. The Monet Affair
41. The Fallen Angel
42. The Little Brother
43. The Longest Dinner
44. The Unsolicited Opinions
45. The Unequal Struggle
46. The First Rule
47. The Lovely Bastard
48. The Crystal Boy
49. The CatkinsοΏΌ' Philosophy
50. The Pool Party
51. The Immortal Youth
52. The White Nights
53. The Unfamiliar Familiarity
54. The Unshakable Complicity
55. The Water Strider
56. The Breakfast Fail
57. The Safe Haven
58. The Baby's Name
59. The Second Mouse
60. The Eagle
61. The Ghost of Christmas Past
62. The Mix Cd
63. The Haunted House
64. The Prodigal Son
65. The Bench

39. The Last Trip

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By workingclasscheroine

Una delle cuffiette mi pende contro il petto, come un'impiccata dal suo albero. L'altra, ancora in posizione, è costretta a sostenerne il peso.

Non sto ascoltando nulla: ho spento il mio telefono non appena messo piede fuori dal dormitorio, dopo la sesta chiamata di Mike.

Le ho infilate per abitudine, senza neanche pensarci, e anche dopo essermene reso conto non ho ritenuto necessario toglierle.

Non voglio che qualcuno tenti di parlarmi nel tragitto che mi porterà alla stazione, non voglio che mi vedano perso.

Indossare delle cuffiette è il modo più socialmente accettabile di rimanere in silenzio.

Le persone intorno a me si chiederanno cosa sto ascoltando, al massimo. Forse ammireranno persino la mia capacità di perdermi nella musica.

A nessuno piacciono le persone che, invece, si perdono senza ragione.

Cammino a lungo, prima di decidermi a salire sull'autobus: il mio modo di salutare la città.

Chissà com'è Cambridge in inverno. E in primavera.

Mi tortura il pensiero che non lo saprò mai.

Non vedrò la brina ingioiellare l'erba, le gemme gonfiarsi sotto la spinta dei boccioli.

Non vedrò i mercatini addobbarsi per Natale, e non saluterò l'estate prendendo il sole sulla riva del Cam.

Non vedrò la Tartaruga rassegnarsi al bastone, non finirò per vomitare nei bagni del The Eagle.

Non vedrò Phineas appendere, infine, delle nuove tende al posto di quelle che ha bruciato. Non lo vedrò salvare il mondo.

Non vedrò più i miei appunti coprirsi delle margherite storte disegnate da Shiva. Non vedrò i primi capelli bianchi macchiare la sua chioma.

Non vedrò Cynthia mentre scrive il suo primo libro. La notizia mi raggiungerà per caso, scorrendo gli scaffali di una libreria.

Non vedrò i capelli di Jane mischiarsi ancora al bianco delle coperte, il suo sorriso tingersi di divertimento quando indovina qualcosa su di me che non vuole farmi sapere.

Non vedrò più Churchill.

Non vedrò i miei amici conquistarsi la vita che mi auguro per loro, che sogno con loro.

Ma pensarci è pericoloso.

Questa sola idea, l'idea delle persone che più amo che si allontanano e mi sfuggono dalle dita, potrebbe convincermi a rimanere.

E io non posso.

Scuoto la testa, d'istinto, come se questo bastasse a scrollarmi di dosso i pensieri più dolorosi.

Non so dove andare.

So solo di dover andare.

Mi sento come se ogni mio legame col mondo fosse stato tranciato di netto, come un cordone ombelicale strappato via mentre ancora non si è pronti a respirare.

Mike, l'ultimo, sfilacciato lembo di pelle che mi stringeva a questa vita, mi ha tradito nella maniera peggiore possibile: per il mio bene.

Non riesco a pensare a lui senza provare dolore. Un pugno nello stomaco che mi svuota i polmoni e mi lascia ad annaspare, in cerca d'aria.

E nel mentre la città scorre, inconsapevole, dietro il finestrino.

Perché la vita continua.

Soffriranno la mia assenza, probabilmente. Per qualche tempo saranno divisi tra il desiderio di odiarmi e la voglia di riavermi accanto.

Mi tacceranno di debolezza e di egoismo, si interrogheranno su ogni passo fatto sino a quel momento, su cosa avrebbero potuto fare per fermarmi.

Sarà doloroso, ripercorrere ogni nostro ricordo alla ricerca del punto di rottura, del momento in cui tutto ha smesso di funzionare.

Ma la vita continua.

Inizieranno ad abituarsi alla mia assenza, e pian piano il dolore si attenuerà.

Terranno solo il buono che ho lasciato loro, o forse si convinceranno del fatto che questo non sia mai realmente esistito.

Qualunque alternativa sceglieranno verrà il momento in cui, alla sera, si renderanno conto di non aver pensato a me per tutto il giorno.

Ne saranno sorpresi, inizialmente, forse si sentiranno persino in colpa.

Poi diventerà più facile.

Scorderanno la data del mio compleanno, il colore dei miei occhi sotto la luce, il mio modo di ridere. E qualcun altro prenderà il mio posto.

Il mio anello verrà dimenticato in un cassetto, o finirà risucchiato dal divano di Shiva e Phineas, come una delle tante monetine che ci sfuggivano dalle tasche.

Si ritroveranno a faticare per ricordare i tratti del mio volto, mentre quello scompare già dalla loro memoria, nebuloso e impalpabile.

A un certo punto, senza preavviso, smetterà semplicemente di fare male.

Andrà bene.

Per tutti noi.

Continuo a ripetermelo, ad occhi chiusi, per tutta la durata del viaggio, con lo zaino abbandonato sulle ginocchia e le mani ben strette.

Ma ci sono pensieri che non posso frenare, e gesti che mi accompagneranno ancora a lungo.

Le mie unghie continuano, ostinatamente, a grattare la pelle intorno alla radice del medio, torturandola.

È come se mi sentissi nudo, incompleto.

Le mie dita soffrono una sorta di sindrome dell'arto fantasma, e continuano a cercare la fredda superficie d'argento, gli incavi tracciati dall'incisione e mille volte percorsi con un tocco distratto.

Avrei potuto tenere l'anello.

Nessuno avrebbe potuto biasimarmi.

Eppure, in qualche modo, il solo pensiero mi è sembrato terribilmente sbagliato.

Così continuo a grattare via la mia stessa pelle, senza neanche accorgermene. Forse, scavando abbastanza in fondo, graffiando fino alle ossa, scoprirò che l'anello è ancora lì, inamovibile.

Forse quelle parole, quella promessa, tutto è inciso intorno alla mia falange, ritagliato nel tessuto osseo da una mano sapiente.

Chissà cosa stanno facendo, adesso.

Shiva avrà già scritto a Phineas, a questo punto, aggiornandolo su quello che è successo in classe.

Gli sta raccontando anche del nostro litigio? Avrà capito che per me non ha contato nulla, che lui è ancora, e per sempre, mio fratello? Sa già che lo perdono, e che gli chiedo perdono per qualsiasi cosa io abbia potuto fare per ferirlo?

Ma questo non è lo stile di Shiva: non parlerà di me se non con me.

È quel che ho sempre apprezzato in lui.

Starà raccontando solo della Scopa, della lezione e del coraggio dell'Arpia. Probabilmente, come suo solito, sta giurando che prima o poi sposerà la professoressa Cohen.

E Phineas starà ridendo, gonfio d'orgoglio, sforzandosi di non farsi notare mentre spia quei messaggi dalla tasca del camice.

Avrà già scelto un paziente da importunare, raccontandogli tutta la storia mentre gli preleva il sangue, e quello lo starà guardando sconsolato.

Sta sorridendo, ora? Gli ultimi giorni sono stati difficili per lui.

Avrei dovuto dirgli che ho detestato Mo fin dalla prima ombra che ho letto sul suo viso? Che non credo che l'amore abbia il diritto di far sentire qualcuno tanto miserabile?

Avrei potuto farlo.

Ma questa è una cosa che Phineas non avrebbe mai capito.

Trovare qualcuno che ti faccia venire voglia di proteggerlo è un privilegio: questo è ciò che direbbe, anche adesso, come durante quella notte sulle scale.

Churchill sarà ancora a lezione, invece, con il viso abbandonato contro il palmo della mano e la penna che tamburella distrattamente sul suo quaderno.

È sempre difficile indovinare i pensieri di Churchill.

Persino per me.

Come spiegare la sensazione di conoscere qualcuno fin nelle più sottili vene dei polsi e contemporaneamente di non conoscerlo per niente?

Con lui è così.

Cosa ci siamo dati, sinora?

È una valutazione difficile da affrontare da soli.

Ciò che davvero mi interessa, in fondo, è che sia stato qualcosa di non degradabile.

So che per me è stato così.

Dimenticherò il suo profumo e il suono della sua voce, forse, il preciso muoversi dei suoi muscoli nel costruire un'espressione.

Ma non passerà giorno in cui non mi chiederò a cosa Churchill stia pensando, e se io abbia un posto in quei suoi pensieri.

Lo so già, questo.

L'oblio arriverà per lui, forse.

Mai per me.

Vorrà dimenticarmi, questo è certo. Ci proverà con tutte le sue forze, stringerà i denti e proibirà di utilizzare il mio nome in sua presenza.

E io sarò solo l'ennesimo abbandono della sua vita.

Riuscirà ancora a dormire? È una domanda stupida da porsi.

Cyn si prenderà cura di lui, certamente. Curerà le sue ferite, supponendo che ve ne siano.

Dormirà al suo fianco nelle notti peggiori, lo sentirà annaspare al risveglio da un incubo particolarmente doloroso.

Gli chiederà di parlarne?

Probabilmente sì: Cyn affronta i problemi di petto, in maniera lineare. Non è fatta per le contorsioni che mi caratterizzano.

O forse metterà in scena l'inganno che ero solito usare io: fingerà di dormire, di non essersi accorta di nulla - Churchill detesterebbe l'idea di essere colto nelle proprie debolezze - e poi semplicemente si volterà verso di lui, rifugiando il viso contro la sua schiena.

È la più stupida delle finzioni, ma anche la più efficace: far credere a qualcuno che sia lui a proteggere te, anche quando è il contrario.

Eppure Cynthia non ama ingannare. È questa la differenza tra noi, ed il motivo per cui ho imparato a volerle bene.

Jane mi capirebbe, se gliene parlassi. Entrambi capiamo il valore delle bugie.

Churchill ha bisogno che qualcuno finga di credere alla sua interezza, per non sgretolarsi.

Ma starà bene, anche senza di me.

Cynthia si sta innamorando di lui, e lui di lei.

Staranno tutti bene.

Non so perché cerco di convincermi del contrario.

Mi aggrappo all'idea che gli altri abbiano bisogno di me perché, finché ci sarà un vuoto da riempire, io sarò con loro.

Sto sopravvalutando il posto che occupo nelle loro vite, probabilmente.

No, non sarebbe giusto crederlo.

Il solo pensarlo mi riempie la bocca col sapore amaro del tradimento: loro mi hanno amato.

Sarei un ingrato, se minimizzassi ciò che abbiamo condiviso.

Ancora: perché lo faccio?

Vorrei solo sentirmi meno in colpa.

Provare meno dolore.

Essere meno debole di così.

Credere che non soffriranno il mio abbandono è un atto di vigliaccheria, la maniera più infantile di attenuare le mie stesse responsabilità.

Devo loro almeno questo.

Il dolore.

La consapevolezza di averli feriti, di averli delusi.

Continuo a dirmi che sarò io quello a soffrire di più, continuo a pensarlo.

È un modo incredibilmente vigliacco di cercare redenzione.

Loro mi hanno amato quanto io li ho amati: è questa la verità.

A volte, forse, ancora di più.

Loro mi hanno amato e io li sto abbandonando.

Ho un momento di esitazione, nello scendere giù dall'autobus: per un attimo il mio piede resta sospeso in avanti, indeciso se toccare o meno il suolo.

Potrei tornare indietro, giustificare in qualche modo il casino in cui ho ridotto camera mia.

Churchill mi sgriderebbe, sovrappensiero, ma poi mi passerebbe un braccio intorno alle spalle e mi trascinerebbe fuori.

Shiva sbufferebbe di fronte alla nostra richiesta di uscire, ma poi afferrerebbe il cappotto e ci seguirebbe senza esitare.

Phineas si addormenterebbe sul tavolo del The Eagle, probabilmente, sfinito dalle ore di lavoro, e gli altri due inventerebbero qualche scherzo idiota per farlo arrabbiare.

La Tartaruga continuerebbe a credermi coraggioso, e l'Arpia mi concederebbe un altro dei suoi rari sorrisi.

È un pensiero dolce, questo.

Ma nessuna serata, nessuna vita immaginaria potrebbe mai colmare il vuoto che sento ora dentro al petto, la nausea che mi provoca la sola idea di continuare ad abitare una bugia.

Così spingo il corpo in avanti, e la punta del piede tocca l'asfalto prima che possa pentirmene.

Poi, il tallone.

I primi passi sono sempre i più difficili.

Ma andrà bene.

Per tutti noi.

Lo zaino mi pesa sulla schiena come un macigno, come se si fosse caricato di ogni pensiero che sinora ha attraversato la mia mente, di ogni ricordo che sto tentando di reprimere, di tutti gli spettri dei momenti che non vivrò mai.

Mi fermo di fronte al tabellone delle partenze, con il naso in aria.

Se fosse qui, Mike sorriderebbe e direbbe che è la mia posizione più naturale: con la testa tra le nuvole, a immaginare una destinazione perfetta e lontana.

Ma Mike non è qui. Ed è meglio che così sia.

Leggo i nomi di città che si affaccendano sullo schermo, senza attenzione.

Non è una scelta particolarmente importante: un posto qualunque andrà bene, per ora.

Ho solo bisogno di un altro attimo per ritardare la mia partenza, per renderla meno dolorosa.

Qualcuno mi si affianca, imita la mia posizione.

Non ci faccio troppo caso.

Continuo a perdermi tra le possibili destinazioni del mio viaggio, cercando disperatamente un nome che faccia scattare qualcosa dentro di me, una volontà di appartenenza.

Un colpo di tosse al mio fianco.

"Beh?" chiede una voce familiare, "Dov'è che stiamo andando?"


Note

We did it Joe!!!!

Scrivere questo capitolo è stato un parto.

Ma mi sembrava necessario.

Cassius è sempre così preso dalle vite degli altri che raramente si concede di perdersi nei propri pensieri.

Meritava un po' di spazio, e spero che il capitolo vi piaccia nonostante la carenza di "azione".

Vi mando un bacio,

H.

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