𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 π…πŽπ‘π“π”π...

De workingclasscheroine

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Quando Paul arriva all'UniversitΓ  di Cambridge, il suo obiettivo Γ¨ quello di far scorrere tutto liscio fino a... Mai multe

CAST
1. The Prime Minister
2. The Breakfast Club
3. The Lord of the Rings
4. The Sleeping Beauty
5. The Secret We Keep
6. The Saturday Night Fever
7. The Tea Party
8. The Mistery Gang
9. The Fight Club
10. The Concussion
11. The Unintended Mask
12. The Backs
13. The Punt Tour
14. The Reason Why
15. The Lunch Date
16. The Dancing Queen
17. The Birthday Boy
18. The Broken Ones
20. The Carpe Diem
21. The Red Skirt
22. The Allied Powers
23. The Art of War
24. The Plot Twist
25. The Ruthless Voice
26. The Kafka Trap
27. The Car Ride
28. The Double Date
29. The Drunk Calling
30. The Re-Education Program
31. The Romantic Comedy
32. The F*cking Sheets
33. The Unexpected Visitor
34. The Invisible Charybdis
35. The Question Game
36. The Absent Guard
37. The Final Duel
38. The Scared Child
39. The Last Trip
40. The Monet Affair
41. The Fallen Angel
42. The Little Brother
43. The Longest Dinner
44. The Unsolicited Opinions
45. The Unequal Struggle
46. The First Rule
47. The Lovely Bastard
48. The Crystal Boy
49. The CatkinsοΏΌ' Philosophy
50. The Pool Party
51. The Immortal Youth
52. The White Nights
53. The Unfamiliar Familiarity
54. The Unshakable Complicity
55. The Water Strider
56. The Breakfast Fail
57. The Safe Haven
58. The Baby's Name
59. The Second Mouse
60. The Eagle
61. The Ghost of Christmas Past
62. The Mix Cd
63. The Haunted House
64. The Prodigal Son
65. The Bench

19. The Patched Hearts

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De workingclasscheroine

Churchill scatta in piedi non appena sente la porta chiudersi alle mie spalle, come una molla.

È di fronte alla sua scrivania, la piccola lampada che invade di luce giallastra il ripiano in legno e gli occhiali ben calcati sul naso.

Ha un barattolo di colla ancora tra le mani, e il mio libro giace a testa in giù dietro di lui, la copertina nuovamente incollata al suo posto.

Basta questo per cancellare all'istante la rabbia che provo nei suoi confronti.

La rabbia.

Ma non la delusione, il dolore.

"Hey" mormoro, nel tono più neutro possibile.

"Hey" risponde lui, incerto, e si affretta a posare la colla sulla scrivania. "Sei tornato"

Sta accertando l'ovvio, e questo di norma mi strapperebbe un sorriso.

Solitamente Churchill detesta che si puntualizzino cose inutili, e se fossimo in un'altra dimensione ora ne staremmo ridendo insieme.

Ma in questa, di dimensione, resto poggiato con la schiena contro la porta, le braccia incrociate, e non riesco a muovere un solo passo verso di lui.

Churchill è a sua volta immobile, semi seduto sulla scrivania, in silenzio.

È spaventoso non avere niente da dire, niente da dire alla persona a cui solitamente dici tutto, condurre quella che più che una discussione è una guerra fredda.

La necessità di riempire il silenzio è qualcosa che non ci appartiene, qualcosa che riguarda gli sconosciuti.

Forse è questo, che siamo destinati a diventare.

"Lo hai aggiustato" mi sforzo di dire, ma per qualche ragione la mia voce risulta estranea persino a me.

Lui scrolla le spalle, e probabilmente stiamo pensando la stessa, identica cosa: che conversazione ridicola.

"Già" si limita a constatare, e tenta un sorriso "Ora, se ti va, potremmo discutere del meteo. Non abbiamo mai avuto una conversazione più noiosa di questa"

Sorrido a mia volta, timidamente, e la stretta delle mie braccia incrociate sembra allentarsi un po'.

"Porta pioggia, domani" lo avviso, con leggero sarcasmo.

"Non è tanto il freddo" mi corregge lui, "È l'umidità che ti ammazza"

Mi strappa una breve risata, ma non riesco ancora a muovermi.

Rimaniamo a studiarci, come gatti che si girano attorno soffiando, in silenzio.

Finché lui non sospira, sollevandosi un po' gli occhiali, e dice: "È solo che sono fatto così".

Il suo tono è amaro, rassegnato, e so che non la intende come una giustificazione.

È più una richiesta di perdono, una semplice e secca analisi, come se volesse dirmi che ci sta provando, che sta facendo del suo meglio, che non vuole più essere se stesso.

"Di merda" rispondo semplicemente, ma non c'è cattiveria nella mia voce, solo cautela.

Lui ride, amaro.

"Di merda" concorda, e poi d'improvviso: "Mia madre, Julia, era una fata"

Non dico una parola, stavolta, nel terrore che sia quella sbagliata.

Mi limito a rimanere immobile, a tre metri da lui.

Ci separano cinque piastrelle del pavimento, ma non mi sono mai sentito così distante da Churchill come in questo momento.

"Era bellissima e volubile, irrequieta. Aveva una voce splendida, come quella di Vera Lynn. Ed era sempre così sorprendente, così diversa. Andava a dormire truccata, "per essere bella anche al risveglio", diceva lei, ed era appassionata di tutto. Chiunque la incontrasse non poteva far altro che amarla"

Anche tu, vorrei dire, anche tu sei così.

Lei non ti ha abbandonato, è rimasta in te e ti ha reso complesso e straordinario come sei.

Le somigli, forse, più di quanto credi, più di quanto tu riesca a vedere.

Ma non lo dico, non dico niente.

Il silenzio è sempre stato il mio modo di partecipare.

"Mio padre mi ha detto di averla conosciuta in un parco. Lei gli ha detto che il suo cappello era ridicolo, e lui per tutta risposta lo ha gettato in una fontana. E questo era il potere che Julia aveva sugli altri. Su tutti, anche su di me"

Ed è il potere che tu hai sugli altri. Su tutti, anche su di me. Soprattutto su di me.

Sorride nel cogliere qualcosa nel mio sguardo, perché Churchill non fallisce mai nell'indovinare i miei pensieri.

E forse il silenzio è il mio modo di partecipare, ma lui non ha mai avuto bisogno delle mie parole per capirmi.

"Ma era anche instabile, e non sopportava le responsabilità. Ho fatto avanti e indietro da casa sua per tutta la mia infanzia. Ogni volta speravo fosse forte abbastanza da tenermi con sé. Ma lei finiva sempre per riportarmi da Mimi e zio George. Ho passato tutta la vita a chiedermi se l'amore che provavo fosse ricambiato"

Esita, prima di tornare a parlare.

"Quando mi parli di tua madre, io sono quasi invidioso. So che è terribile da dire. Lei ti è stata accanto fino alla fine, senza abbandonarti. La mia non c'è mai riuscita"

"È per questo che non me ne hai mai parlato?" chiedo, a bassa voce, "Pensavi la avrei giudicata?"

Churchill ride, stancamente, e alza gli occhi al cielo in quello che mi sembra un tentativo di trattenere le lacrime.

"In parte, forse. Sentire il suo nome pronunciato da te è stato un pugno nello stomaco. Detesto che le nostre storie siano così simili, ma ne detesto ancor di più le differenze. L'amore che tu hai avuto e io ho sognato per tutta la vita"

"Lo capisco" ammetto, "Ma non lo avrei fatto, lo sai. Non la avrei giudicata"

"Perché no?" ed è terribilmente amaro, nel dirlo, "Persino io la giudico. Quando è morta le ho scritto una poesia. La paragonavo alle nuvole, alla sabbia, al cielo, al vento. E poi alle conchiglie, alla luna. Credevo fossero immagini molto belle"

Mi rivolge un sorriso triste.

"E lo sono. Ma sai cosa hanno in comune tutte queste cose? Sono fragili, inafferrabili, temporanee. Mia madre era così: mi scorreva tra le dita appena provavo ad afferrarla. Nei suoi ultimi anni sembravamo aver trovato un compromesso, la distanza giusta per non farle venire voglia di correre via. Si è offerta di organizzare la festa per il mio diciassettesimo compleanno"

E d'improvviso capisco.

La sua rabbia, la strana contraddizione che avevo percepito quando Shiva mi aveva raccontato di quanto detestasse il suo compleanno, i segreti.

"È stata una serata bellissima. Credo persino di aver visto Mimi ridere. Mentre riordinavamo si è avvicinata al mio orecchio, e mi ha detto che l'anno seguente avremmo fatto di meglio, e poi il meglio del meglio. Non saprò mai cosa avesse in mente. È morta quella stessa estate, e io ho smesso di festeggiare. Mi sembrava di tradirla, nell'essere felice senza di lei"

Non dice altro, ma non ce n'è bisogno.

Tutto sembra ora più chiaro, e qualcosa al mio interno all'improvviso si ricompone: Churchill è stato felice, oggi.

È stato felice con me.

Ed è stato questo a destabilizzarlo: l'idea di poter dimenticare il dolore, la consapevolezza di poter contare su qualcuno perché lecchi le tue ferite.

Come potrei sentirmi ancora deluso da lui, ora che so di essere il suo inconsapevole rifugio?

"Tua madre vorrebbe vedere se sei capace di batterla" mi ritrovo a dire, dolcemente, "Sapere quanto meglio sei capace di fare, anche senza di lei. Odierebbe vederti rimanere indietro. E lo so perché tu lo odieresti"

Churchill fa schioccare la lingua, scettico, ma non mi interrompe.

"Io so di cosa parli, davvero. Ci sono volte in cui papà o Mike parlano della mamma, e io vorrei sprofondare. Non dicono niente di che, le solite cose: quel colore le sarebbe piaciuto, ricordi di quella volta in cui ha fatto esplodere il forno?, la sera faceva sempre questo. E poi mi fanno sempre la stessa domanda: te lo ricordi?"

Posso riportare alle labbra il sapore di quelle bugie, con una facilità disarmante.

Sospiro.

"E io ogni volta mento. Rispondo che sì, certo che mi ricordo. Ma la verità è che io la sto dimenticando, giorno dopo giorno. A volte non riesco neanche a ricordare con precisione il suo viso, e devo ricorrere a delle foto. Affondo il naso nei suoi vecchi vestiti e non saprei dire se l'odore che sento è il suo o solo quello dell'armadio. E questo mi fa paura, Churchill, certo che me ne fa. Lei era mia madre"

Taccio per qualche istante, e mi passo una mano sugli occhi per scongiurarne l'umidità.

Non sono mai riuscito a dire queste cose a nessuno, neanche a Mike. Ho sempre avuto paura di sembrare un ingrato, ma la verità è che non ricordo neanche più cosa significhi avere una madre accanto.

Mi sono abituato alla sua assenza.

Ci si abitua a tutto.

"Ma c'è qualcosa di lei, in me, che non scomparirà mai. Quando ero piccolo mi leggeva sempre lo stesso libro, nel mettermi a letto: una versione per bambini dell'Odissea. La mia parte preferita era quella in cui Odisseo ingannava Polifemo. A volte mio padre accettava di fare la parte del ciclope, ma di solito era la mamma a occuparsi di tutto. Ha fatto nascere in me la passione per i classici. Ancora oggi, mi sembra sia lei a tracciare la mia strada. E so che sarebbe orgogliosa. So che sarebbe felice di vedermi crescere e sbagliare, anche se questo significa farlo senza di lei"

"Anche a costo di dimenticarla?"

La voce di Churchill è fragile nel chiederlo, esitante.

La mia no.

"Anche a costo di dimenticarla" dico, sicuro. "Ma tu non la dimenticherai. E neanche io. Dobbiamo solo smettere di credere che autosabotare il nostro futuro possa riportarci in qualche modo nel passato"

E, in un istante, Churchill torna ad essermi vicino.

Non si muove, e neanche io, non c'è una spiegazione fisica a questa sensazione. Ma io lo sento. Come se il suo cuore si riallineasse al mio, e viceversa.

"Io ho molto più bisogno di te che tu di me, lo vedi?" mi dice, e sorride "Spero tu non creda davvero di essere il mio giocattolino"

"Non lo penso" confermo, con più leggerezza, "Non sempre"

Churchill ride, in un attimo percorre la distanza che ci separa, mi circonda tra le sue braccia.

Abbandono il mento sulla sua spalla, ricambio la stretta come se qualcuno potesse strapparmelo via da un momento all'altro.

Respirare mi sembra d'improvviso più facile.

"È così che mi piace parlare, con te" sussurra Churchill tra i miei capelli, dolce, "Non parliamo più del meteo, va bene?"

Rido di una risata breve, spezzata.

"Va bene. Niente più meteo. Solo traumi e dolore, per noi"

Lo sento sorridere contro la mia spalla, e per qualche istante rimaniamo così, immobili.

"È stato un bel compleanno" ammette infine, nel distaccarsi da me, "Mi dispiace averlo rovinato"

Le sue mani restano ferme sulle spalle.

"Non importa. Ci ho rimediato un'altra canna" lo rassicuro, con un sorriso.

"Phineas. Avrei dovuto immaginarlo" scherza, e alza gli occhi al cielo, "Se avessi chiamato Shiva ora sareste entrambi qui con dei forconi, pronti a prendervi la mia testa"

"Perché dovremmo volere la tua testa? È fottutamente vuota" è il mio commento sereno.

"Quale altra parte del corpo ti interessa?" mi prende in giro Churchill, e mi da uno spintone abbastanza forte da farmi precipitare sul suo letto.

"Credo di aver visto un porno iniziare così" commento, disgustato, e mi scosto per evitare il pugno che sta per sferrarmi nelle costole.

"Devi proprio avere un gusto di merda, in fatto di porno" ribatte, spingendomi via per ritagliarsi un po' di spazio.

È una specie di regola tacita, tra noi.

Nelle notti più difficili, quelle dove gli incubi crescono e la necessità di sentirsi vicini diventa più forte, è meglio condividere un letto solo piuttosto che unirne due.

È sempre maledettamente scomodo, ma in qualche modo è anche molto più rassicurante che dover allungare una mano verso il vuoto, in un letto troppo grande, per cercare l'altro.

"L'altra sera ne ho visto uno che si intitola Coinquilino Testa di Cazzo Supplica Perdono e Poi si Prende a Schiaffi da Solo" concordo, "Ha fatto il suo lavoro. Sono venuto subito"

Churchill ride, e finge un conato di vomito.

"Non oso immaginare gli scenari che dipingi nella tua testa, Tracy"

"Finiscono tutti con te dissanguato" lo avviso, ridendo con lui.

La testa di Churchill è allineata alla mia, sul cuscino, l'odore di menta del suo dentifricio mi raggiunge le narici ogni volta che esala un respiro.

Allunga una mano per scompigliarmi i capelli, sorride.

Le sue dita si fermano sulla mia nuca, esercitano una lieve pressione.

Ancora una volta, tutto accade senza che ci sia bisogno di parole.

Mi avvicino a lui, premo la fronte contro la curva del suo collo, lascio che le sue braccia mi circondino.

E questo va decisamente oltre ogni limite, lo so già.

Dormire insieme, un braccio allacciato al fianco di un altro per sentirlo più vicino, di spalle: è ancora accettabile.

Ma questo è ben più difficile da spiegare.

Le mie dita artigliate alla maglia di Churchill, il suo respiro che si perde tra i miei capelli.

Dormire abbracciati in questo modo è sbagliato, sotto ogni punto di vista.

Ma niente nel mio corpo sembra urlare pericolo, niente mi suggerisce di ritrarmi.

Churchill profuma di fumo e di quel detersivo che è diventato anche il mio, e questo è l'odore che assocerei alla parola casa, se qualcuno dovesse chiedermelo.

Il tepore del suo corpo non ha niente di minaccioso, così come il battito calmo del suo cuore contro il mio orecchio.

Lo stringo più forte, con dolcezza, questo ragazzo che è diventato casa mia e che ancora riesce a sorprendermi, e chiudo gli occhi.

"Non andartene più così" mormora lui, assonnato, e non so se sia del tutto cosciente, nel dirlo.

"No" lo rassicuro, e sollevo un po' il capo per baciargli la gola, "Non più"

Sbuffa, qualcosa di simile a una risata.

"Hai visto qualche porno che iniziava così?"

Rido.

"Non immagini quanti"




Note

Allora, ho per voi un po' di reaction pic e meme per questo capitolo:

Grande classico, sempre attuale. Il divano è probabilmente quello di Shiva.

Questa è così accurata che potrei PIANGERE.

Beh però anche questa.

Ho finito giuro.

Comunque, tutte le descrizioni di Julia e di cosa diceva/faceva sono testimonianze, a parte la storia della festa.

Quella la ho inventata, ispirandomi al film Nowhere boy. Non ho trovato da nessuna parte che Julia abbia davvero organizzato una festa a John, quindi nel dubbio direi che è una pura invenzione a scopo narrativo.

Anche i pensieri di Paul sono inventati, ma hanno una base. In un'intervista raccontava di come diventasse sempre più difficile per lui ricordare la madre, quindi mi sono ispirata a quello.

E poi, la frase che dice John, il "Sono fatto così" è ispirata a una delle cose più belle che abbia detto Paul su di lui:

"Uno dei miei più bei ricordi di John è quando ci mettevamo a litigare: io non ero d'accordo con lui su qualcosa e finivamo per insultarci a vicenda. Passavano un paio di secondi e poi lui sollevava un po' gli occhiali e diceva "è solo che sono fatto così...". Per me quello era il vero John. In quei rari momenti lo vedevo senza la sua facciata, quell'armatura che io amavo così tanto, esattamente come tutti gli altri. Era un'armatura splendida; ma era davvero straordinario quando sollevava la visiera e lasciava intravedere quel John Lennon che aveva paura di rivelare al mondo".

Bonus disegnino di fionafu perché vi amo:

Ok basta sul serio.

Però possiamo ammettere che questo disegno è un colpo al cuore?

Ecco, bene.

Credo di aver finito, se mi torna qualcosa in mente la correggerò.

Scusate queste note autore del tutto senza senso, ma sono le tre di notte (come sempre) e io sto qua a scrivere.

Non importa, lo faccio volentieri, anche perché il vostro affetto mi ripaga davvero di tutto.

Grazie.

E a proposito, pensavo, vi andrebbe se creassi un profilo Instagram su cui interagire insieme? Potremmo conoscerci un po' di più, fare sondaggi, ricevere avvisi e qualsiasi altra cosa ci verrà in mente.

Fatemi sapere se può interessarvi.

Love you forever,

H.

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