Ember

By FDFlames

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[Fantascientifico/Distopico] 🏆VINCITRICE WATTYS 2021🏆 Serie "Ember" - Libro 1 Ember è il nuovo nome che l'u... More

Premi e Riconoscimenti
Aesthetic dei Personaggi Principali
Glossario e Pronunce
Prefazione
Mappa
Prologo I
Prologo II
Prologo III
Prologo IV
Parte I - L'Imperatore lo sa
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Capitolo Nove
Capitolo Dieci
Capitolo Undici
Capitolo Dodici
Capitolo Tredici
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindici
Capitolo Sedici
Capitolo Diciassette
Capitolo Diciotto
Capitolo Diciannove
Capitolo Venti
Capitolo Ventuno
Capitolo Ventidue
Capitolo Ventitré
Capitolo Ventiquattro
Capitolo Venticinque
Capitolo Ventisei
Capitolo Ventisette
Capitolo Ventotto
Capitolo Ventinove
Capitolo Trenta
Capitolo Trentuno
Capitolo Trentadue
Capitolo Trentatré
Capitolo Trentaquattro
Capitolo Trentacinque
Capitolo Trentasei
Capitolo Trentasette
Capitolo Trentotto
Capitolo Trentanove
Capitolo Quaranta
Capitolo Quarantuno
Capitolo Quarantadue
Capitolo Quarantatré
Capitolo Quarantaquattro
Parte II - L'Onirico
Capitolo Quarantacinque
Capitolo Quarantasei
Capitolo Quarantasette
Capitolo Quarantotto
Capitolo Quarantanove
Capitolo Cinquanta
Capitolo Cinquantuno
Capitolo Cinquantadue
Capitolo Cinquantatré
Parte III - L'Aldilà
Capitolo Cinquantacinque
Capitolo Cinquantasei
Capitolo Cinquantasette
Capitolo Cinquantotto
Capitolo Cinquantanove
Capitolo Sessanta
Capitolo Sessantuno
Epilogo
Playlist

Capitolo Cinquantaquattro

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By FDFlames

Rozsalia si svegliava sempre molto presto, ogni mattina, e con grande rammarico. Alzarsi dal letto significava abbandonare Solean, ogni volta. Ma ogni volta prometteva che sarebbe tornata presto.

All'inizio, dormiva nella stanza accanto a quella di Solean, rimanendo quindi comunque nella parte maschile della residenza. Dopo qualche giorno, era arrivata a prendere posto su un divanetto, nella stanza di Solean, per stargli più vicino. Nel giro di un mese, si era rassegnata, e aveva cominciato a dormire nello stesso letto.

Faceva molta attenzione a non urtare i fili collegati alla macchina che registrava il suo battito cardiaco, al cui ritmo aveva ormai fatto l'abitudine. Ogni mattina, quando si svegliava, salutava Solean con un bacio sulla fronte prima di alzarsi, e un altro prima di uscire dalla porta.

Si recava alla piccola valle fuori dalla città, per addestrare i Djabel, che stavano facendo sempre più progressi. Ma Rozsalia non voleva aiutarli al fine che vincessero la guerra. Voleva che si convincessero di non essere Tesrat, che capissero di non essere Yksan, e che ricordassero di essere Ember. Se solo tutti loro lo avessero fatto, la guerra sarebbe finita.

Buchas Therius era un ragazzo singolare. Lo sfregio doveva avergli portato via la capacità di ragionare, di agire nelle situazioni più semplici. Lo aveva ridotto a essere di nuovo un bambino, impaurito da se stesso e dal mondo che lo circondava, e bisognoso di attenzioni. Talvolta veniva spaventato dalle sue stesse illusioni, e ne perdeva il controllo.

Al contrario di Solean, Rozsalia non riusciva a prendere il controllo delle illusioni di altri Djabel – come d'altronde nessuno era in grado di fare – così, quando trattava con Therius, gli dedicava la sua più completa attenzione, e nel caso in cui uno dei serpenti sfuggisse dal controllo del giovane Djabel, Rozsalia creava la propria Fenice, in modo da occuparsene. Il grande volatile composto da fiamme scendeva in picchiata, accarezzando il terreno ora freddo e innevato, e afferrava il serpente con gli artigli. Poi volava via, sparendo tra le nuvole o dietro la linea dell'orizzonte.

«Dove va?» chiedeva Therius, ogni volta.

Rozsalia tirava un sospiro, silenziosa. Aveva bisogno di molta pazienza, per trattare con Therius. Ma quel Djabel aveva delle potenzialità. «Va a vedere il mondo.» rispondeva lei, sempre.

Therius annuiva, allora, ripetutamente, e abbassava la testa. Poco dopo, tuttavia, alzava di nuovo il capo, e si rivolgeva nuovamente a Rozsalia. «Come sta?» chiedeva, tutte le volte, senza mai specificare a chi o a che cosa si stesse riferendo.

E Rozsalia, senza capire, rispondeva con una bugia. «Sta bene.»

Aveva pensato che si stesse riferendo ancora al serpente, all'inizio, ma poi quelle domande si fecero meno sporadiche. Nemmeno nel suo cervello danneggiato da chissà quale sfregio avrebbe potuto avere un senso.

Therius cadeva ancora una volta nel circolo vizioso del suo ripetitivo annuire, e Rozsalia doveva spingerlo lievemente per convincerlo ad andarsene, quando si faceva buio.

Ormai era dicembre, e le giornate si accorciavano. Ma anche quando cadeva la neve, gli addestramenti dei Djabel non si interrompevano. Ognuno aveva il diritto e il dovere di ricordare come utilizzare le proprie illusioni. Ogni Yksan aveva il diritto e il dovere di tornare a essere un Djabel.

La routine di Rozsalia era stancante di proposito. La sera, il sonno calava su di lei molto presto.

E quella sera, di uno degli ultimi giorni d'autunno, Rozsalia ripeté le stesse azioni, e gli stessi gesti. Prima congedò i Megert che si occupavano di Solean mentre lei non c'era, poi indossò la propria camicia da notte, e si infilò sotto le coperte.

Più si trovava vicina a Solean, più i sogni erano chiari, limpidi come la realtà stessa. Quindi, quando si addormentava accanto a lui, tenendo la sua mano, Rozsalia chiudeva gli occhi nel mondo reale solo per riaprirli in un sogno perfettamente identico. Solean era disteso nel letto, accanto a lei, e i suoi occhi si aprivano. La luce era spenta, proprio come l'aveva lasciata Rozsalia, ma Solean si voltava solo per un secondo ad accendere la lampada accanto al letto. Non vi erano macchine che lo tenevano in vita, e non vi era altro all'infuori di quella stanza. Rozsalia aveva provato a uscire, una volta, ma il corridoio si perdeva nel nero, e la giovane aveva paura di continuare a camminare. E non ne aveva motivo.

Solean aveva tentato di girovagare per quel mondo Onirico, ma poco aveva visto, all'infuori di quella camera. La terrazza oltre la vetrata gli offriva una vista sul mare, sul golfo, e se lo avesse voluto, Solean avrebbe potuto gettarsi da quell'altezza senza farsi male. All'infuori di Noomadel, tuttavia, i dettagli erano sempre più sfocati. Il suo mondo, al contrario di quello di Rozsalia, si perdeva nel bianco, come se non fosse ancora stato inventato, il dipinto di un pittore troppo impegnato in altre opere d'arte.

Quella notte, Solean stava passando una spropositata quantità di tempo perso a guardarla negli occhi, come se si aspettasse qualcosa, da lei. Era sempre lui a iniziare a parlare, a chiederle della giornata, come se fosse appena tornata a casa, e lui avesse passato il pomeriggio a leggere libri nel soggiorno, di fronte al focolare.

Rozsalia arrossì, e sorrise. «Smettila...» mormorò, osando lanciare un'occhiata in direzione di Solean. Non aveva ancora distolto lo sguardo.

Il giovane sfoderò un sorriso, con il quale avrebbe potuto farsi perdonare qualsiasi misfatto. «Sei diversa, oggi.» notò, tornando a un'espressione un poco più seria. Ma solo un poco. «Che è successo?»

Rozsalia sospirò, sdraiandosi sulla schiena, e prendendo a osservare il soffitto, dal quale pendeva un elegante e ricco lampadario in oro e cristallo, ma senza mai lasciare andare la mano di Solean. «Niente di particolare, in effetti.» disse, sincera, cercando di ricordare, «Se non che ancora non ho capito che cosa intenda dire Therius, quando mi chiede come stia. Non capisco a chi si riferisca.»

«In realtà, credo di essermi fatto un'idea.» disse Solean.

Gli occhi di Rozsalia scattarono verso di lui. Qualsiasi traccia, anche solo abbozzata, sarebbe stata meglio di quella frustrante sensazione di inconsapevolezza.

«Credo che si tratti di Jali.» continuò Solean.

Rozsalia si sdraiò di nuovo sul fianco destro, rivolta verso di lui. Gli diede la mano sinistra, usando ora la destra per sostenersi il capo, il gomito puntato sul cuscino. Era curiosa di conoscere tutta la storia dietro a quel nome femminile che Solean aveva pronunciato più di una volta. Le aveva detto che le assomigliava, che le aveva ricordato di lei mentre la stava ancora aspettando.

Le raccontò allora il resto della storia. Le raccontò della sua morte, avvenuta a causa di Therius, della sua mancanza di controllo. E raccontò della colpa che sentiva di dover portare, per non averlo fermato in tempo, per aver dato un ordine come quello ai Djabel senza considerarne le conseguenze.

Raccontò di essersi affezionato a Jaliarin. Era l'unico con cui la ragazza riuscisse a comunicare. E raccontò di avere sofferto molto, quando morì.

E non riusciva a non biasimare Therius.

«So che non era sua intenzione, farle del male.» disse Solean, «E so che parte della colpa è mia. Accetto il peso che sono costretto a portare, e tra tutti i miei ricordi, voglio tenerlo, anche se fa male. Perché è giusto. Ma Therius... Therius non si è nemmeno reso conto di ciò che ha fatto. Non si presentò nemmeno al capezzale di Jaliarin, né per dirle addio, né per chiederle perdono.»

«Credo che il suo sfregio lo abbia reso incapace di comprendere che cosa siano la morte e alcune altre questioni basilari.» disse Rozsalia, pura. Vedeva solo il bene nei Djabel. Vedeva solo il bene negli Ember. Era così cieca.

Lo sguardo di Solean scattò su di lei, a metà tra incredulo e tradito. Lo stava difendendo?

Rozsalia inclinò lievemente la testa, come a chiedere a Solean che cosa ci fosse di male, in ciò che aveva appena detto.

Ma era proprio questo il punto. Non c'era nulla di male. Il male mancava. Ma il male doveva esserci. «Non è colpa sua.» continuò la giovane, «Come hai detto tu stesso, Therius non si rende conto di ciò che significhi la morte. I suoi compagni che cadono in battaglia, lui dice che sono andati via, o che non sono tornati. È come un bambino.»

«Già, è come un bambino.» convenne Solean, ma la sua voce era amara, le sue sopracciglia aggrottate, «Deve crescere.» disse.

«Solean...» cominciò a dire Rozsalia, slacciando la mano sinistra dalla loro stretta, e usandola per accarezzare il volto del giovane.

Lui la prese con la sua destra, e copiò Rozsalia nella posa, puntando il gomito sul cuscino e sdraiandosi sul fianco. I suoi occhi del colore del miele non si staccarono per una frazione di secondo da quelli celesti di lei. Solean non batté nemmeno le palpebre, rimanendo pienamente concentrato sul volto di Rozsalia.

«Anche se non aveva il controllo, è colpa sua.» disse lui, incapace di giustificare Therius.

Poi, i suoi occhi si addolcirono. «Io non potrei mai perdonarmi, se facessi del male alle persone che mi sono vicine, di nuovo, con le mie illusioni o semplicemente a causa dello sfregio. Se facessi del male a te...» l'ipotesi spaventò entrambi, e Solean si ritrovò a ringraziare di trovarsi in quella condizione, immobile e innocuo nel mondo Reale.

«Per questo non riesco a perdonare né Therius, né mio padre.» continuò il giovane, «Anzi, il mio falso padre.» si corresse, il suo sguardo ora basso, in un punto casuale del materasso, tra loro due.

«Non potrei perdonare nessun Yksan. Non potrei perdonare nessun assassino. In qualsiasi circostanza.»

La sua mente andò alla guerra, alla guerra che rendeva tutti degli assassini. Anche Larenc doveva esserlo, allora. Anche i suoi vecchi amici dell'Accademia. Ma no, non poteva perdonarli. Perché avevano sottratto una vita al mondo. Avevano destinato qualcuno all'oblio. E questo è semplicemente imperdonabile.

«Tu non sei un Yksan.» lo rassicurò Rozsalia, sorpresa di sentirlo parlare in quel modo.

«Sì che lo sono.» ribatté Solean, i suoi occhi di nuovo sul volto di lei. «Chi è un Yksan, in fondo? Un Djabel che ha ricevuto uno sfregio cerebrale, e che in seguito a questo è stato mandato a Noomadel. Questo è ciò che sono, quindi non ho nulla di diverso da tutti gli altri Yksan che si trovano qui.» allungò di nuovo la mano verso quella di lei, e la strinse, per poi portarsela alle labbra, «Rozsa, tu sei l'unica ad avere qualcosa di diverso. L'unica che possa cambiare le cose. L'unica qui a Noomadel a poter combattere, e a non essere una Yksan.»

«Come era stata Kerol.» ricordò Rozsalia.

Solean aggrottò le sopracciglia, per un attimo, come se non avesse chiaro di chi stesse parlando.

Rozsalia si preoccupò. I suoi ricordi erano di nuovo compromessi? Il suo serbatoio mnemonico era di nuovo pieno? Si era dimenticato di Kerol? Si sarebbe dimenticato di tutto? Si sarebbe dimenticato di lei?

«Sì,» disse Solean, per metà convinto, «Ma no,» ritrattò poi, ricordando, «Anche lei era una Yksan. Anche lei aveva ricevuto uno sfregio cerebrale, prima di essere portata qui. Anche se non era nulla di troppo grave.»

«Non c'è un confine netto tra Yksan e Djabel, Solean.» disse Rozsalia, «E non ce n'è nemmeno uno con i Tesrat, dal punto che io sono una Tesrat, ufficialmente, ma sono anche una Djabel. Se non c'è distinzione fra il mondo Onirico e quello Reale, nemmeno tra le persone può esserci differenza. Tutti noi siamo Ember.» concluse lei.

«Come aveva detto Kerol.» aggiunse Solean.

Rozsalia annuì, e sorrise. «Lo ricordi, allora.» disse, felice.

«Lo avevo dimenticato.» confessò Solean, «Sto cominciando a dimenticare... tutte le persone che ho lasciato all'Accademia.» sul suo viso ora erano chiari il dolore e il senso di colpa, «Ho paura di dimenticare Larenc di nuovo, anche dopo che gli ho promesso che non l'avrei fatto.» si preoccupò.

«Non dimenticherai della promessa.» lo rassicurò Rozsalia, avvicinandosi a lui, abbracciandolo, con una mano sulla spalla e l'altra attorno al torso. «Quindi non ti dimenticherai di Larenc. E neanche delle persone che sono importanti per te.»

«Ma, Rozsa,» continuò Solean, passando una mano tra i suoi capelli, «Più il tempo passa, più mi rendo conto che l'unica persona a essere davvero importante per me sei tu.»

Il respiro di Rozsalia si fermò, e la mano di Solean passò ad accarezzare la sua guancia. La giovane chiuse gli occhi, quando il viso di lui si avvicinò, e si preparò all'unione delle loro labbra.

Quando avvenne, tuttavia, Rozsalia dovette ammettere a se stessa che non era pronta per tanta dolcezza. Cercò di assecondare le sue labbra, di accompagnare i suoi movimenti, di rallentare il suo ritmo.

Ma poi aprì gli occhi, ritrovandosi davanti quelli di Solean, accesi da un fuoco famelico, da una passione che non avrebbe mai potuto controllare.

E quando sentì una fiamma bruciare nel proprio petto, capì che quel sentimento era il medesimo, rispecchiato in lei.

Anche Solean lo capì.

Mise le sue mani in quelle di Rozsalia, intrecciando le proprie dita con le sue. Poi scivolò sul fianco sinistro, arrivando a sovrastarla. Il cuore di lei ora batteva più forte, e i suoi occhi erano spalancati, come a implorarlo di fare qualcosa, o al contrario di smetterla. Solean ebbe solo per un attimo il dubbio di averla spaventata, ma presto l'espressione di Rozsalia tornò a essere rilassata. Ora era solo curiosa. E in attesa che accadesse qualcosa.

Solean si calò su di lei, baciandola di nuovo. I suoi capelli sfiorarono il petto di lei, e il suo collo, facendola rabbrividire. Rozsalia tornò a chiudere gli occhi, senza poter evitare di angolare la testa all'indietro. Questo diede a Solean l'opportunità di far scivolare quel bacio. Le sue labbra scesero lungo il suo collo, e poi giù, sempre più giù.

Questo è un sogno, si ripeté Rozsalia, più volte, quella notte, mentre nuotava in un oceano di gemiti e baci, annegando gli uni negli altri. Questo è solo un sogno.

Le tende alla finestra si tinsero di rosso, le coperte di amaranto. Le pareti parvero stringersi, e scurirsi, la luce della lampada offuscarsi. Un'ondata di profumo inebriante spirò, trasportata da un vento che non aveva ragione di trovarsi in una stanza tanto piccola, e chiusa.

Ma non le importava. Tutto ciò che vedeva erano gli occhi di Solean. Tutto ciò che sentiva erano le sensazioni che lui le faceva provare.

Questo è un sogno, si disse ancora. E le parole che le avevano sempre portato conforto, durante i suoi incubi peggiori, per la prima volta le diedero desolazione.


Spazio autrice

Ve lo aspettavate?

Hehehe...

Ditemi di no, ma ditemi anche che siete contenti, per favore!

Questa ship ha dovuto attendere fin troppo a lungo. Finalmente si sono tirati insieme. E anche se è a tutti gli effetti un sogno, direi che è un bel sogno.

Ah, già, la questione etica: che ne dite di Therius? Del ragionamento di Solean? Ogni assassino è imperdonabile sempre assolutamente non mi interessa blablabla?

(Io ad esempio non sono d'accordo, ma io non sono Solean, e la gente cambia idea.)

F. D. Flames

Ogni immagine utilizzata appartiene al rispettivo artista.

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