OLIVIA

By makebaba

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Avete presente la ragazza introversa e un po' sfigata che va a lavorare per il ricco direttore di un'azienda... More

Elenco dei personaggi
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Capitolo XXX
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo XV

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By makebaba

Connor

È l'alba. Scosto il pesante piumone bianco che copre a stento il mio corpo nudo e mi metto a sedere sul bordo del letto. Alle mie spalle, lei. Dorme tranquilla con i lunghi capelli neri scompigliati sul cuscino, qualche ciocca che le ricade ribelle sul viso e le labbra carnose lievemente socchiuse. M'incanto per qualche secondo a osservare la sua pelle ambrata in netto contrasto con il candore della mia camera da letto. La festa, Maurice, il molo, noi due nel mio attico. Ma cosa diavolo ho fatto ieri notte? La voce della mia coscienza mi riporta di piedi per terra.

Dopo essermi fatto una doccia, mi trascino nella cabina armadio dove i completi eleganti appesi e in bella mostra iniziano a darmi la nausea alla sola visione. Disgustato, inizio ad aprire dei cassetti alla ricerca di qualche   vecchio indumento da indossare che mi faccia sentire me stesso. Alla fine infilo dei pantaloni neri, una t-shirt scura e il chiodo di pelle e mi guardo allo specchio: finalmente, mi riconosco nella figura riflessa.

In mezzo ai vestiti cosparsi sul pavimento della mia camera da letto, cerco il mio cellulare facendo il meno rumore possibile. Non voglio che lei si svegli, né che mi veda così: calato nei panni di me stesso. Recupero il casco della moto, dopo aver buttato giù due righe su un bigliettino e averlo poggiato sul cuscino. So che dovrei rimanere freddo e impassibile ma avvicinandomi a lei, così addormentata e indifesa tra le mie lenzuola, non mi trattengo dall' accarezzarle la guancia con due dita.

Perchè proprio te, Olivia?


💎


Abigail mi aspetta in piedi sul ciglio della 23esima, una trafficata strada del centro. Quando mi fermo ai lati del marciapiede mi rivolge uno sguardo accigliato, ma senza troppe cerimonie infila il casco e sale in sella sulla mia moto. Premo l'acceleratore e sfreccio tra le strade del centro, pronto a ritornare a casa.

Arriviamo davanti l'ingresso del grattacielo che ospita il mio attico e Abigail si libera del casco scuotendo i capelli castani, dando finalmente voce ai suoi pensieri: «Sei consapevole di essere stato un'incosciente ieri notte?»

Non le rispondo.

«Allora?» m'incalza lei, aggrottando le sopracciglia.

«Sì ne sono consapevole, cazzo. Ne sono fottutamente consapevole!» sbotto, rassegnato.

«Questo ti è valso il trasferimento immediato a Cali, sappilo»

«Me ne farò una ragione, Abbie»

Mi poggio con le spalle al muro del palazzo. La gente, indaffarata di prima mattina, ci passa davanti ignorandoci.

«Sono sicura che in Colombia trai narcotrafficanti darai meno problemi che qui» constata lei, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

Prendo una sigaretta dall'interno della tasca del mio giubbotto, evitando nuovamente di rispondere, dal momento che sarebbe inutile. Inspiro il fumo e mentre lo sento invadermi i polmoni, supplico con tutto me stesso che questa stupida singola azione possa bastare a calmarmi.

«Ho perso il controllo» ammetto, portando via la sigaretta dalla bocca: «Maurice è stato un'idiota. Quando l'ho visto avvicinarsi a lei, in quel modo... non l'ho potuto sopportare. Mi ha provocato, lui conosce benissimo la situazione tra me e Olivia...»

«Stava semplicemente cercando di portare a termine ciò che non sei stato in grado di fare tu» m'interrompe Abigail, poggiandosi con le spalle al muro di fianco a me. Ricaccio fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca e glielo porgo: senza esitare, sfila una sigaretta e se la accende imitandomi.

Tra una boccata di fumo e l'altra, riprendo il discorso: «Devo essere sincero con te, quando sono con lei perdo totalmente di vista l'obiettivo. Non sono lucido»

Abigail si sofferma con lo sguardo su un taxi giallo che si sta parcheggiando dianzi a noi, ne osserva distrattamente le manovre mentre è persa tra i suoi pensieri, poi rompe il silenzio:

«Ciò che è successo tra di voi questa notte...ti ha portato da qualche parte per quanto riguarda le nostre indagini? Hai almeno scoperto qualcosa?»

Esalo con un ultimo respiro ciò che resta del fumo della mia sigaretta e getto a terra il mozzicone, pestandolo con un piede: «Te l'ho già detto stamattina quando ti ho chiamata: non sono andato a letto con lei per questo motivo»

Il mio capo si lascia sfuggire una risatina nervosa: «Quella ragazza non è una sprovveduta. Ammesso che il nostro piano vada a termine, non vorrà saperne più nulla di te..Quello che stai per farle è...insomma, Connor! Non si fiderà mai più di te. Smettila d'illuderti»

«Lo so, non sono stupido»

Lei si volta verso di me, mi squadra con un'espressione severa: «Dopo il casino che hai combinato stanotte, non sai cosa ho dovuto fare per salvarti il culo con quelli del dipartimento. Mi sono esposta per te. Ho messo a rischio la mia carriera garantendo per te, solo perché sei il mio migliore amico. Se sbagli, andiamo sotto tutti e due. Pertanto: vai lì sopra, fa' quello che devi e metti un punto a questa storia. Se non vuoi farlo per te, fallo almeno per me»

Sbuffo e abbasso gli occhi a terra indugiando sul piede di Abigail che calpesta la Philip Morris che ha appena finito di fumare.

«Devo mettere fine a questa storia?»chiedo, ma in realtà non è altro che un pensiero formulato ad alta voce.

Abigail solleva il mio sguardo con le sue due dita lunghe e sfilate: «Dove pensi possa portare una storia basata su delle bugie? Tu le hai mentito e lei non è mai stata trasparente con te. Siete entrambi un casino, non ci sono proprio le fondamenta. È stato solo un momento di debolezza, nient'altro. Adesso cerca almeno di salvare il salvabile»

Il tono di voce è serio e le iridi blu dei suoi occhi non fanno trasparire altro che un'amara preoccupazione: teme per me e per ciò che sto combinando per colpa di Olivia a lavoro. Quelli del dipartimento non saranno affatto clementi se mando tutto all'aria. Nemmeno il lavoro impeccabile che svolto in questi anni potrà aiutarmi ad uscirne. Ha ragione lei, devo.

«Salgo di sopra, allora» dico spostando le sue dita dal mio volto e riacquistando la risolutezza che ho sempre dimostrato di possedere.

Abigail mi afferra per un braccio: «Hai preso tutto? Hai aperto la finestra?»

«Sì, andrà tutto secondo i piani ed entrerà dentro. La conosco, è irrimediabilmente curiosa. Stai tranquilla» la rassicuro.

Sono più che certo che il mio piano funzionerà. Il problema è quanto questo mi costerà e come ne uscirò da questa storia. Non mi sono mai posto problemi di etica sul lavoro, per me è sempre stato tutto lecito: è in un sistema di assoluta libertà che sono abituato a muovermi, un sistema che non è sottoposto nemmeno alla legge.

Le persone per cui ho speso la mia vita a combattere, ai miei occhi, non hanno mai avuto una rilevanza tale da spingermi a farmi scrupoli. Non mi sono mai chiesto se fosse o meno corretto il modo in cui stavo agendo. Cosa mi è mai importato di far partire un colpo? Di mandare qualcuno in galera, di ammazzarlo, di togliere un padre a dei bambini? Niente.

Se si era arrivati al punto di chiamare me ad occuparmi di questa gente, voleva dire solamente un cosa: queste persone se lo erano meritato. Ma Olivia? Se lo è meritato? Nel mio profondo conosco chiaramente la risposta: no.

Prima, preferivo agire nell'ombra e pedinare il mio obiettivo come un segugio. Adesso, che mi sono calato totalmente nella parte di un uomo che non sono io, ho conosciuto il mio obiettivo, sono andato a letto con il mio obbiettivo, provo qualcosa per il mio fottuto obiettivo ed è un cazzo di problema.

Ho combinato un casino, quando potevo limitarmi a seguila per strada e coglierla sul fatto, senza il pericolo di imbattermi in lei e inciampare nella sua magnetica personalità.

È vero: Olivia non merita tutto ciò, nonostante tutti i suoi errori. Ma adesso è troppo tardi e le regole, per quanto all'improvviso mi sembrino assolutamente ingiuste, non le faccio io. Faccio parte di un meccanismo più grande che si avvale di cinismo e razionalità per garantire l'equità. A ogni costo. 

«Hai avvisato Maurice?» domando ad Abigail, mentre lei preme per me il tasto per chiamare l'ascensore.

«Mm sì, sarà qui a momenti»

«Allora a tra poco» la saluto, entrando nella cabina dell'ascensore che mi porta rapidamente in alto.

Apro la porta di casa e trovo dinanzi a me il lungo corridoio. Fuori è nuvoloso ed è scarsamente illuminato. Tuttavia, la luce bianca che proviene dalla porta del mio studio aperta, ne ravviva uno scrocio. Mi avvicino cauto, mentre rumori di fogli e cassetti che si aprono si fanno sempre più vicini. La sento singhiozzare.

È andato tutto come previsto.

Entro nella stanza e la vedo accasciarsi a terra. Mentre si lascia cadere in ginocchio, fogli e fotografie le sfuggono volontariamente di mano, spargendosi sulla moquette grigia. Perlustro con lo sguardo la stanza e, come immaginavo, vedo che la cassaforte è aperta.

Riporto gli occhi su Olivia, ma lei mi restituisce solamente parole rabbiose e un viso arrossato, rigato di lacrime: «Tu...tu sapevi tutto»

Sento il cuore stringersi nel petto. Decido di scollegare il cuore dalla testa e le parole, velenose, mi arrivano sulla punta della lingua inarrestabili: «Sapevo tutto di cosa? Del fatto che sei una sporca ladra?»

Olivia non dice nulla, la vedo solamente accelerare il ritmo del respiro mentre rimane immobile. Stringo l'arnese che ho infilato in tasca, pronto -mio malgrado-  a spezzarle nuovamente il cuore.




Spazio autrice:
Vi lascio qui sotto il booktrailer nel caso qualcuno non lo avesse ancora visto:

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