I figli dei Samath

By Zhor-D

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Vincitore Wattys 2021 Il Samath stava per morire, ma gli fu dato il compito di guidare i suoi figli: i resh b... More

Guida alla Lettura
I Resh be'th
Proemio
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 32.1
Capitolo 32.2
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Premessa Approfondimenti
Mappa di Haksh
Calendario di Haksh
I culti di Haksh (prima parte)
I culti di Haksh (seconda parte)
Storia del Samath
La notte del giorno dopo
Alfabeti e Linguaggi
Appunti di Saho're - prima parte
Appunti Saho're - seconda parte
Appunti Saho're - terza parte
Per una pace perpetua tra i popoli
Eirikur e la creazione della Bozanj
Karak il muto, realizzatore dell'Areale esterno
Riconoscimenti

Capitolo 25

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By Zhor-D


26 She'th Ghar 1842 (calendario di Haksh) – Khrimbetka; Bhimbetka

Boldegan si svegliò alle prime luci del sole, sua moglie era accanto a lui ancora incosciente e il barbagianni era seduto su una poltrona davanti al loro letto; sotto di lui, i vestiti sgualciti della coppia a fargli da cuscino.

"Ben svegliato" sussurrò l'uccello facendo sobbalzare lo stesso il giaguaro che doveva ancora abituarsi alla sua presenza.

"Buongiorno. Ma perché bisbigli?" chiese con lo stesso tono di voce.

"Ancora con questa storia. Io sono te, parlo con questo volume perché non vuoi fare rumore. Nima dormirà per, almeno, altre due ore. Andiamo di là, vuoi parlare del Circolo di oggi, no?"

Si diressero furtivi in cucina e Boldegan iniziò a fare colazione con del formaggio di capra, un frutto e un pezzo di pane; volle offrirlo al barbagianni, ma rifiutò per ovvie ragioni.

"Allora, dimmi cosa ti preoccupa" ruppe il ghiaccio quello strano resh be'th appoggiando le mani sul tavolo di pino.

"Mi preoccupa l'influenza di Dobry, ma soprattutto mi preoccupa la sua stupidità e insensibilità. Ormai la nostra fede è diventata automatica: buon raccolto? Sacrificio; siccità? Sacrificio; evento pubblico? Sacrificio. Sia chiaro, è quello in cui crediamo e in cui credo, ma nelle sue parole, e ogni volta che prepara l'offerta, vedo solo abitudine. Sembra che lo faccia per forza." Si stropicciò gli occhi ancora assonnati col palmo.

"Poi è convinto, come tutto il Circolo del resto, che i trentasei siano un dono ricevuto per i sacrifici passati. Mi suona molto inverosimile come cosa. Primo, sovverte tutto il senso dell'equilibrio: qui la bilancia pende da un lato solo. Secondo, Betka non è un guardone che ci osserva punendoci o premiandoci in base al nostro operato: lui ci ha affidato l'equilibrio del mondo e noi abbiamo il compito di mantenerlo. I trentasei sono un segno, un segno di un grosso cambiamento che sta per avvenire e noi abbiamo il dovere di riequilibrarlo per evitare che il nostro mondo, e persino gli altri ge'th magari, collassino. È questo che il gran teocrate non riesce a capire."

"Boldegan, siamo molto più intelligenti di così: hai svelato il primo tassello della tua fede. Sicuro che non ci sia niente che ti suoni strano in queste pratiche religiose?" Si guardò le unghie mordicchiate con non curanza.

"Non ti seguo, dove vuoi arrivare?"

"Scava all'interno di te, così potrò dirti ciò che hai nascosto e dimenticato" lo incalzò il barbagianni.

 Il giaguaro scosse la testa:

"Ciò in cui credo è giusto. Non c'è niente che reputi sbagliato o che abbia perduto di significato".

Roteando gli occhi, e quasi sbuffando, la sua coscienza gli chiese:

"Sei veramente convinto che il sacrificio sia l'unica chiave per mantenere l'equilibrio?".

"Continua." A Boldegan sembrò che un piccolo ingranaggio avesse fatto uno scatto dentro di sé: era curioso e avvertì un leggero disagio. Forse sapeva che stava per riscoprire qualcosa e la paura si trasformò in trepidazione.

"Riflettici bene: quando eseguite le cerimonie sacrificali? In particolari eventi positivi o negativi, giusto? L'equilibrio è il punto di incontro e di annullamento tra due forze opposte, ma voi opponete a un buon raccolto una morte e alla siccità un'altra morte. Sei sicuro che questa, sia nel bene sia nel male, possa essere la soluzione all'equilibrio tra i resh be'th? So che stai per dirmi che 'i vostri sacrifici non servono per opporsi all'evento, ma per proteggere i resh be'th.' Quando c'è il bene li proteggete dall'invidia dell'esterno; quando c'è il male, dal caos dell'interno."

Il barbagianni fece una pausa per riprendere fiato, era molto preso da ciò che stava dicendo e il giaguaro lo ascoltava impassibile.

"Ma in fin dei conti, questo esterno e interno, che cosa sono? Sono solo delle proiezioni della vostra paura. Là fuori non c'è niente – e lo sai – mentre qui dentro ci siete solo voi. Vuoi sapere cosa penso in realtà? Cosa pensi in realtà? Ogni sacrificio che eseguite è il rinnovo della nostra identità. Siamo nati da una violenza. Ognuno potrà avere le sue versioni dell'accaduto, ma l'unica cosa certa è questo fatto. Siamo nati da uno stupro. Ogni volta che un teocrate infilza con la sua lama 'benedetta' il cuore di un resh be'th, questo diventa una vittima. Il teocrate prega l'equilibrio, ma in realtà non fa altro che dire e mostrare al mondo che è un violento, un assassino, un degno erede del sangue che gli scorre nelle vene. Noi hosici siamo solo dei ladri di vite quando facciamo così. Quello che mi fa più male, è vedere quanto a fondo ogni cittadino di Bhimbetka l'abbia nascosto a sé stesso, anzi, l'abbia cacciato a forza ogni volta che uccideva, nonostante quella vittima gli ricordasse ciò che si apprestava a ritornare: un portatore di morte."

Si staccò dal tavolo e fece qualche passo indietro, ammortizzato dalle ali, per osservare Boldegan, notò che una lacrima gli attraversò il viso.

"Possibile che tutte le mie convinzioni siano state un enorme castello di bugie e che la verità sia rimasta nascosta fino a questo momento?" Il giaguaro sorrise commosso.

Ringraziò Betka per avergli concesso di vedere la sua coscienza, finalmente aveva aperto gli occhi.

Questo forse è l'unico dono che non so come ripagare.

"Ma cosa posso fare ora? Nessuno mi darà retta. Spazzerei via secoli di tradizioni, usanze e modi di pensare! Il Consiglio mi caccerà."

"Tu sei in grado di fare qualsiasi cosa. Ed Efax potrà aiutarti: se convinci lui, convincerai tutti" propose il barbagianni per nulla scoraggiato.

"In effetti, nei circoli scorsi non ha espresso un grande dissenso. Resta comunque il fatto che non posso andare là e distruggere la nostra fede senza proporre un'alternativa, mi considererà un pazzo... Perché la verità deve essere sempre così complicata?" si lamentò.

"Basta dire la verità" mostrò l'uccello allargando braccia e ali brune.

"Sì, lo so, ma non basta per il Circolo. Cosa facciamo dopo avergli detto la verità? Sempre ammesso che vogliano sentirla."

"No, non hai capito. Bisogna dire la Verità a tutti. Avete sempre rivelato, come un dogma, solo ai nuovi hosici la nascita dalla violenza mentre la popolazione ne è rimasta all'oscuro. Trova il coraggio di esporla a tutti. Non credi anche tu che i trentasei siano un segno di maggior verità? Il popolo è pronto, Betka ha parlato. L'equilibrio sarà mantenuto se ora avrete la forza di spezzare secoli di menzogne per accedere a una Verità che durerà per l'eternità."

Boldegan rifletté a lungo su quelle parole. Fece dei profondi respiri e si morse il labbro. Batté freneticamente il piede a terra e si convinse che quella fosse una buona idea. Pensò che la sua coscienza l'avesse guarito, era cieco e ora vedeva. Non perse altro tempo, scrisse frettolosamente un biglietto alla moglie salutandola e accennandole al fatto che aveva trovato una soluzione.

Uscirono entrambi di casa e, una volta in strada, il teocrate si girò per sorridere al barbagianni, ma questo era sparito. Non gli dette peso e si diresse verso l'abitazione di Efax, a due fermate di faltog. Bussò istericamente più volte finché, ancora in vestaglia, il resh be'th non gli aprì.

Efax era una rana bue con dei lunghi baffi fino al mento. Molto vecchio, avrebbe potuto tranquillamente diventare gran teocrate, ma preferì non ricoprire nessun incarico troppo prestigioso. Una rana gialla sul petto come otzi non era in grado di descrivere a pieno ciò che potesse fare. Riusciva a studiare alla perfezione una persona scoprendone, in pochi istanti, i punti di forza e le debolezze: era il resh be'th più persuasivo che fosse mai esistito.

"Che hai da bussare a quest'ora del mattino? Non lo sai che la gente dorme?"

"Efax, fammi entrare è urgente. Riguarda il Circolo di oggi pomeriggio. Devi darmi una mano, abbiamo sempre sbagliato tutto."

"Cosa vuoi d... e lui entra come se nulla fosse. Prego, fa come se fossi a casa tua" concluse sarcastico.

La casa era grande e accogliente, il giaguaro si diresse subito nel salotto. Tutta la mobilia, di un bianco perlato, contrastava enormemente con il tappeto rosso posto al centro. Boldegan poggiò le zampe sul quel tessuto di lana, sembrava stesse su un palcoscenico.

"Efax, da quando ho preso la botta in testa sono cambiate molte cose."

"Secondo me, ancora non ti sei ripreso del tutto. A proposito, ti fa ancora male? Come stai? Il tuo naso sembra gonfio e sanguinante" constatò scrutando la medicazione non più immacolata.

"Ah, non è importante. Bisogna parlare di Betka." Tirò su col naso per controllarne, con un briciolo di scrupolo, lo stato.

"Sì, però calmati. Sembri un esaltato."

Non riusciva a stare calmo, era tardi; il Circolo si sarebbe svolto dopo poche ore e non fu facile, per lui, smaltire l'adrenalina che aveva in corpo. Iniziò una conversazione leggera con la rana mentre questa faceva colazione e, una volta che fu pronta, uscirono per passeggiare e dialogare.

Khrimbetka era un luogo incantevole, le sue vie erano contornate di aiuole sempre verdi e i piccoli negozietti, che aprivano in quel momento, cominciavano già ad avere i primi clienti. La Bozanj di quel giorno propose un cielo azzurro privo di nuvole con un sole non troppo intenso, l'ideale per immergersi tra i palazzi e le statue di Betka. Mentre salutavano i popolani, Boldegan si riscoprì innamorato della sua città e del popolo che l'abitava. Con quell'amore nel cuore, si confessò a Efax.

Come immaginava, la rana era di parere contrario, ma non sembrava pienamente convinta della propria posizione. Più il giaguaro parlava, più l'anziano si avvicinava a capire le sue ragioni e a collegare in una maniera nuova i precedenti eventi storici del paese.

"Se veramente vogliamo ripristinare l'Equilibrio, dobbiamo spezzare questa forma occulta di violenza che riproponiamo continuamente e dire la Verità a tutti: a noi, a quella famiglia, a quel commerciante, a quel resh be'th. La verità è l'unica speranza per non cadere nel baratro di anni di appiattimento culturale. Lo capisci? Ho bisogno del tuo aiuto."

"Sentendoti parlare, mi sono domandato cosa abbia mai fatto io per meritare il ruolo di teocrate. Boldegan, tu dovresti aspirare alla gran teocrazia; rivoluzionerai il nostro mondo. Ma perché vuoi il mio aiuto? Con le tue parole sei riuscito a farmi vedere tutto quanto."

"Dobry non mi ascolterà mai e questo lo sai. Se riuscissimo a far aprire gli occhi a lui, ecco qua che il Circolo inizierà a pensare seriamente alle mie parole. Non dico che dovranno accettarle per forza, ma almeno sarò sicuro che valuteranno attentamente la cosa. Tu sei l'unico che può farlo" insistette scodinzolando vistosamente.

La rana annuì sorridendo e, in un'esplosione di gioia, Boldegan l'abbracciò come un fratello.

Arrivò l'ora del Circolo. Il giaguaro e la rana erano già a sedere sulle panche per la devozione individuale. Il loro legno pregiato permetteva alla luce di diffondersi creando un contrasto con le dodici colonne, ai lati dell'unica navata, che proiettavano un'ombra nitida. Dietro l'altare sacrificale, una fontana teneva in equilibrio una barra d'argento grazie ai suoi due esili zampilli. Sembrava sempre precario.

Ogni fedele che attraversasse dei momenti bui si ritrovava a sfidare quella fontana. Vedeva la barra vacillare in una direzione e si persuadeva che l'Equilibrio non potesse essere perenne, ma cedesse al continuo divenire. Quando l'acqua dell'altro getto riportava lenta e calma la parità nella sua struttura, affrancava anche il cuore dell'insicuro. Quell'oggetto silenzioso, presente in ogni tempio del ge'th, fu l'artefatto che meglio dimostrava la via dei resh be'th. Per lo meno, questo era quello che credevo.

Tutti i teocrati entrarono nel tempio e, dopo le preghiere iniziali a Betka, si spostarono nelle zone private; il Circolo era infatti solito riunirsi nella stanza dietro l'abside dove troneggiava una grande tavola rotonda di pietra grezza e drappi rossi. Il giaguaro era visibilmente agitato ed emozionato, tanto che gli artigli dei suoi piedi continuavano a fare avanti e indietro ticchettando il pavimento di marmo.

Il gran teocrate, precedendo fluido i suoi pari, manifestò una veloce quanto ufficiale solidarietà per il rientro di Boldegan e passò subito a spiegare il modo secondo il quale il dono dei trentasei avesse comunque la necessità di essere accolto con una parata, grandi preghiere in onore di Betka e balli sacri per l'intera giornata.

A livello spirituale si sarebbe concessa l'indulgenza plenaria e la grazia per i crimini minori. Pensò inoltre fosse opportuno promuovere l'avvio di tutti i progetti in attesa di approvazione, tra cui la controversia per la nuova linea del faltog e la creazione di itinerari escursionistici; in questo modo migliaia di famiglie avrebbero anche trovato occupazione.

Il Circolo fu favorevole a questo tipo di soluzione che tenne conto sia dell'ala innovatrice sia dell'ala verde dell'assemblea: la sua approvazione era ormai vicina.

"Gran teocrate" intervenne Boldegan facendo piombare la sala nel silenzio, "vorrei sottoporre ancora una volta al Circolo e alla Sua autorità una riflessione che riguarda l'evento dei trentasei e il nostro credo. Affido le mie parole alla sapienza del teocrate Efax che, meglio di me, saprà esporre a tutti voi quanto io e lui abbiamo compreso."

Il riccio a capo dell'assemblea non tradì il suo immenso timore per quell'interruzione, ma non poté che accoglierla; le regole del Circolo stabilivano di ascoltare ogni obiezione e osservazione prima della decisione finale. Ciò che lo turbò, fu il supporto dell'anziana rana verso la teoria più volte rigettata del giaguaro. I suoi piccoli aghi, pungenti fino alle basette squadrate, si rizzarono e lo avvertirono di un ricordo sbiadito.

Circa quattro lune prima, Dobry era stato convocato in udienza privata dall'Eterno Thuma il quale lo aveva esortato "ad ascoltare una giovane teoria se supportata da una voce anziana", tutto questo per il bene stesso di Bhimbetka.

Che sia arrivato il momento?

Si risistemò la lunga tonaca, rimasta impigliata negli spini della schiena, indugiò nel far parlare il teocrate. Volle studiare per qualche istante gli umori del Circolo, ma alla fine si convinse e dette il via con un gesto della mano.

Efax iniziò il suo discorso parlando a nome dei cittadini di Bhimbetka, si rivolse ai cuori dei teocrati e alla saggezza del gran teocrate.

Le massime cariche del ge'th lo ascoltarono: la sua oratoria fu magnifica. Nonostante in molte occasioni scuotessero la testa in segno di opposizione, nessuno intervenne: continuarono ad ascoltarlo. Il gran teocrate, che ogni tanto squadrava il giaguaro e si massaggiava il gomito, fu molto interessato e colpito dalla riflessione proposta, anche se il primo ad averla intuita fosse stato proprio Boldegan.

Quando il resh be'th ebbe finito, si rimise a sedere. Lungo la tavola ci fu un gran silenzio, tutti si guardarono tra di loro, senza dire una parola, aspettando che fosse il gran teocrate a parlare.

Il suo sguardo era rivolto verso il basso e con un palmo si reggeva il mento pronunciato, sembrava stesse seriamente riflettendo sulla cosa. In realtà, si chiese ancora più insistentemente se dare credito alla profezia dell'Eterno o meno: il vecchio gran teocrate Kabter gli aveva sempre riferito l'infinita saggezza degli Eterni, ma lui non ne aveva mai avuto esperienza diretta. Seppur combattuto, decise di proseguire.

"Se nessuno ha qualcosa da obiettare, ascolterei la proposta attiva del teocrate Boldegan."

"Io avrei qualcosa da obiettare!" Fu il teocrate Praslen, un toro molto più tradizionalista di quanto non fosse il riccio. "Mi sembra si stia prendendo la situazione un po' troppo alla leggera."

Era alterato e non sempre mantenne un tono diplomatico.

"Questa cosa porterà Bhimbetka alla rovina. Posso capire lui, che è ancora giovane. Ma il fatto che anche tu, Efax, ti sia lasciato convincere, mi delude profondamente. Betka ha fatto promettere a tutti noi di mantenere la verità nascosta fin dal principio. La Verità e l'Equilibrio non sono correlate."

"Qual è allora la tua proposta, teocrate Praslen?" chiese il riccio insofferente e stufo per quei continui rinvii e rimandi.

Il toro non era uno sciocco, aveva già capito come si sarebbe concluso il Circolo. Non avrebbe mai voluto ricorrere a quella mossa, ma si sentì costretto. Con il brivido che precede il salto nel vuoto esclamò:

"Proporrei la Mano di Betka".

Era intenzionato a far cadere il gran teocrate.

"Come desideri" disse Dobry a denti stretti.

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