𝐼 π‘π‘–π‘Ÿπ‘Žπ‘‘π‘– 𝑑𝑒𝑙 π‘›π‘’π‘œ...

By Annikaevans33

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(In Revisione) Anno 1720, la fine dell'era pirata. Una donna fuori dagli schemi e dall'ordinario collettiv... More

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MAPPA
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𝑳𝒐 π’”π’„π’π’π’π’”π’„π’Šπ’–π’•π’
𝑺𝒕𝒓𝒂𝒏𝒆𝒛𝒛𝒆
π‘΄π’‚π’…π’‚π’Žπ’‚ 𝑽𝒆𝒍𝒗𝒆𝒕
π‘¨π’•π’•π’‚π’„π’‚π’ƒπ’“π’Šπ’ˆπ’‰π’†
𝑳𝒂 π’‡π’–π’ˆπ’‚
𝑳'π’–π’π’Žπ’ 𝒅𝒆𝒍𝒍'π’π’Žπ’ƒπ’“π’‚
𝒍'𝒂𝒍𝒃𝒂 π’…π’Š 𝒖𝒏 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 π’ˆπ’Šπ’π’“π’π’
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𝑳𝒂 𝒕𝒆𝒏𝒖𝒕𝒂
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π‘΄π’‚π’“π’Šπ’† 𝑨𝒏𝒏𝒆
𝑳𝒂 π’”π’Šπ’ˆπ’π’π’“π’‚ 𝑩𝒂𝒓𝒏𝒆𝒕
π‘ͺπ’‰π’Š π’”π’†π’Š?
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𝑳𝒂 𝒄𝒆𝒏𝒂
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𝑨𝒅𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒆̀ 𝒕𝒓𝒐𝒑𝒑𝒐!
π‘­π’“π’‚π’Šπ’π’•π’†π’π’…π’Šπ’Žπ’†π’π’•π’Š
π‘°π’Žπ’ƒπ’‚π’“π’‚π’›π’›π’
𝑰𝒍 π’”π’†π’ˆπ’π’‚π’π’†

𝑳𝒂 𝒕𝒂𝒗𝒆𝒓𝒏𝒂

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By Annikaevans33

1

La musica echeggiava e il caos regnava. 

Musicisti che strimpellavano mezzi ubriachi, mostrando i denti ingialliti, mentre qualche boccale volava dalla scala e il buon rum veniva sprecato all'aria. 

Fosse stato per me, lo avrei prima tracannato e poi ci avrei urinato dentro, consegnandolo a qualche fannullone che gongolava beato in quel posto. 

Per fortuna, il buon vecchio Roger era sempre pronto a farsi strada tra la calca di masse puzzolenti che vigevano in quel bordello.

Roger scostò con il gomito un uomo preso a lambire lungo il collo di una donna del posto. 

La prostituta, avvolta in un abito dallo scollo vistoso, sorrideva sensualmente in modo da attirare l'attenzione degli uomini.

Mise in mostra la prosperosa mercanzia, permettendo che quelle dita insozzate rasentassero la sua pelle mulatta. 

Ella era una delle tante che sottostava agli ordini di Velvet: la padrona del Mogul, uno dei pochi bordelli del sud a funzionare alla perfezione anche da taverna. La ragazza non faceva altro che sorridere di circostanza, come obbligata dal mestiere. 

Erano tempi duri dove la fortuna girava di rado e l'unico mezzo per arrampicarsi verso la cima della gloria, era quello di utilizzare metodi estremi per estremi rimedi.

"Porca miseria, Liz, quanto cazzo stai bevendo?!" Gli scappò a Roger, con voce alta, sorpreso di vedere tre boccali vuoti su quel pezzo di legno raschiato. Poggiò il quarto ordine sul tavolo e che mi spettava, reggendosi dai continui spintoni provenienti da ogni dove.

Gli uomini cantilenavano qualcosa di incomprensibile da quelle bocche screpolate, si dilettavano beati in cantilene assordanti reggendo le loro caraffe e sorseggiandoli con gran foga mentre tenevano per la vita delle giovani donne: la loro presa era salda, come per paura che potessero fuggire via.

"Roger sai che sono una di quelle che riesce a reggere sia l'alcol, che le personalità cui mi trascino alle spalle" gli risposi sostenuta e con un sorriso bonario, genuino, di chi ha l'anima leggiadra. 

Distolsi lo sguardo da lui per posarlo su quel posto alla vista infimo, ma che osservandolo attentamente, era il posto perfetto per librarsi nella baldoria generale. 

Battei le mani a ritmo alla vista di ubriaconi che si acciuffarono in un angolo, come se quello scempio mutasse in spettacolo d'estasi per i miei poveri occhi.

In quelle ultime settimane mi avevano costretta a farmi sorbire, d'obbligo, i cicalecci dei ricevimenti tenuti per accogliere l'ufficiale della marina Britannica, Ben Wilkinson. 

Si era recato insieme allo zio Lewis Wilkinson a New Weiven per controllare che l'ordine e la disciplina tra i fannulloni della piccola isola, del mar dei Caraibi, funzionasse secondo la legge. 

Di tanto, il vecchio claudicante, così soprannominato da me per la sua camminata dovuta a una ferita di guerra, si recava da noi, smanioso di approdare e mettere piede su quei granelli di sabbia bianca per osservare il lavoro ben svolto da alcune giubbe stanziate in quel pezzo di terreno. 

Però l'anziano, a sua insaputa, non sapeva che parecchi di loro furono corrotti dai vecchi pirati dell'isola. 

Io sì, fui messa a conoscenza, ma feci orecchie da mercante. 

Imbellettati da quella stoffa rosso sangue, procedevano nella quotidianità ordinaria di un qualsiasi soldato obbediente alla carica assegnatagli.

I restanti sopravvissuti passavano perfettamente come dei semplici inetti del posto. 

Avvolti in stracci da barboni allungavano le mani verso i loro tricorni, pieni di fori, piegandosi in una sorta d'inchino di rispetto; tutta parvenza per cercare di passare inosservati a occhi indiscreti. 

C'era sempre qualcuno dalla lingua biforcuta pronto a cantare tutte le vicende che accadevano in quel posto, finendo infine sottomessi. 

Da quando il governo aveva provveduto per la faccenda dei pirati, in quelle tre isole poco distanti, quegli uomini si erano rintanati in attesa di qualcuno o qualcosa che potesse risvegliare i loro animi dormienti. 

Nessuno avrebbe più avuto la possibilità di mobilitare una rappresaglia contro le giubbe e conglomerare una sorta di rivoluzione pirata.

"Brutto... pezzo di rogna" inveì un vecchio straccione alticcio, contro un altro della sua stazza più ubriaco di lui. 

Il posto era pieno di gente: prostitute, a uomini di un certo rango, imploranti di farsi riempire altro liquido nei loro bicchieri. 

La bettola si fermò all'istante a osservare il litigio che si stava svolgendo davanti agli occhi di tutti i presenti, io invece notai il volto di Roger seccarsi alla vista di un'altra sfuriata, nientedimeno portò le mani a pugno sui fianchi facendosi assottigliare gli occhi, nel tentativo di contenere il fastidio. 

A malapena mi trattenni dal ridere.

"Ti sei sbattuto la mia donna!" Lo accusò, sostenendo gli occhi celestiali, uguali ai miei. "E adesso io sbatto te" aggiunse di ripicca, con voce più pacata ma tagliente, giusto per incutere timore all'uomo dalla folta barba nera che si era proteso verso di lui, tentando di mostrarsi dall'aspetto irremovibile, se pur barcollava come una bandiera al vento. 

I presenti presero a ridere sguaiatamente. 

Entrambi mostravano un'età nella media: per nulla alti, anzi, corpulenti e di bassa statura fomentarono la mia voglia di godere di uno di quei tanti attesi litigi che sbellicavano il mio umore. 

Mi sistemai sulla sedia, pulendomi i pantaloni pieni di gusci di noccioline, poi allungando i piedi per accavallarli, mi liberai delle briciole finite nelle lunghe ciocche ondulate e vermiglie, in modo che la mia aria giuliva potesse godere del prossimo spettacolo.

L'uomo accusato si resse a malapena con una mano poggiata allo schienale di una sedia, una delle tante di quell'arredamento composto di puro legno di quercia. 

Velvet, la morigerata per parvenza, aveva preferito optare, nella sua redditizia attività, per toni caldi e neutri, adornando il tutto con piante di piccola palma in angoli più nascosti e lontane dai maldestri; ci teneva a quei vasi di creta.

 Il piccolo cortile all'aperto fungeva anche da taverna serale, oltre ad avere successo per il miglior bordello del posto. 

Le pareti erano di un bianco sporco, macchiate da schizzi di vecchio alcol e le edere verdognole scendevano dal balcone quadrato del piano superiore, dove vi erano le stanze da intrattenimento per tutti quelli che volevano godere degli eccessi della vita.

 Il pavimento, invece, era intriso di schizzi di vomito e le puzze, di conseguenza, erano abbastanza forti. 

Ci feci l'abitudine.

"Io non l'ho sbattuta, è lei che ha sbattuto me!" Interferì l'ubriaco, giustificandosi. Reclinò il capo e tracannò il rum emettendo un gemito di piacere al liquido scolato tutto d'un sorso, infine, abbassò gli occhi verso l'altro che lo osservava con perplessità, assumendo una smorfia sconcertata sulle labbra.

"Insomma, chi ha sbattuto chi?" Si intromise un terzo nella direzione del banco, intrufolandosi nella discussione e parendo trattenersi dal ridere.

Improvvisamente qualcuno irruppe all'interno, in un'entrata a tutta fretta. 

Le porte si spalancarono e una folata di vento scompigliò i capelli di coloro che erano adagiati sui tavoli nelle vicinanze. 

A causa del rumore provocato dalle ante sbattute, giunse un urlo breve, e anche la musica cessò all'entrata di un ragazzo ansante, come se avesse qualcuno alle calcagna. 

Scorsi le sue fattezze oltre i corpi: corti capelli neri come la fuliggine, labbra secche, quasi biancastre e fisico mingherlino. 

Corrugai la fronte rizzandomi con la schiena per poterlo fiutare con attenzione; il petto coperto da una camicia in lino bianco, due taglie più grande del suo corpo efebico, non faceva altro che andare su e giù cercando di riprendere fiato. Si chinò su se stesso per un attimo e si raddrizzò: "è stata vista!" Dichiarò risoluto, inondando l'ambiente.

"Chi?" Chiese un tale lì dentro.

I miei occhi scorsero la sagoma di Velvet scendere i gradini scheggiati di quella larga scalinata: Reggeva un ventaglio aperto in una mano, mentre l'altra scivolava sul passamano. 

Cinta in un abito sfarzoso, pienamente agghindata da collane appariscenti e bracciali scintillanti, scostò la spalla coperta dai suoi capelli biondo cenere che ricadevano a cascata per deviare una coppia avvinghiata. 

Non mi piaceva averla intorno, per cui mossi tre passi obliquamente in modo da allontanarmi e rigettando un'occhiata alle sue vicinanze, scorgendola lanciarmi un sorriso furbesco sotto uno sguardo tagliente. 

Quei suoi occhi accusatori non mi intimorirono, bensì me ne rimasi indifferente, e infatti fece sviare lo sguardo sul ragazzo. 

Maledetta taccagna.

Il giovane turbato, si scrutò intorno, scontrandosi con tutti quei balordi che presero a fissarlo. Gli tremavano le mani, notando come stesse cercando di calmarsi.

"Avanti mentecatto! Parla!" 

Allorché il ragazzino si diede forza ingoiando così forte da farsi gonfiare un'arteria del collo. "Una nave dalle vele nere!"

• La doppia vita di Liz 1.

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