Ember

By FDFlames

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[Fantascientifico/Distopico] 🏆VINCITRICE WATTYS 2021🏆 Serie "Ember" - Libro 1 Ember è il nuovo nome che l'u... More

Premi e Riconoscimenti
Aesthetic dei Personaggi Principali
Glossario e Pronunce
Prefazione
Mappa
Prologo I
Prologo II
Prologo III
Prologo IV
Parte I - L'Imperatore lo sa
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Capitolo Nove
Capitolo Dieci
Capitolo Undici
Capitolo Dodici
Capitolo Tredici
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindici
Capitolo Sedici
Capitolo Diciassette
Capitolo Diciotto
Capitolo Diciannove
Capitolo Venti
Capitolo Ventuno
Capitolo Ventidue
Capitolo Ventitré
Capitolo Ventiquattro
Capitolo Venticinque
Capitolo Ventisei
Capitolo Ventisette
Capitolo Ventotto
Capitolo Ventinove
Capitolo Trenta
Capitolo Trentuno
Capitolo Trentadue
Capitolo Trentatré
Capitolo Trentacinque
Capitolo Trentasei
Capitolo Trentasette
Capitolo Trentotto
Capitolo Trentanove
Capitolo Quaranta
Capitolo Quarantuno
Capitolo Quarantadue
Capitolo Quarantatré
Capitolo Quarantaquattro
Parte II - L'Onirico
Capitolo Quarantacinque
Capitolo Quarantasei
Capitolo Quarantasette
Capitolo Quarantotto
Capitolo Quarantanove
Capitolo Cinquanta
Capitolo Cinquantuno
Capitolo Cinquantadue
Capitolo Cinquantatré
Capitolo Cinquantaquattro
Parte III - L'Aldilà
Capitolo Cinquantacinque
Capitolo Cinquantasei
Capitolo Cinquantasette
Capitolo Cinquantotto
Capitolo Cinquantanove
Capitolo Sessanta
Capitolo Sessantuno
Epilogo
Playlist

Capitolo Trentaquattro

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By FDFlames

La battaglia continuava. E più continuava, più Larenc si chiedeva se la stessa figura di Solean non fosse un'illusione. Davvero avrebbe permesso che i Tesrat vincessero Fersenvar? Avrebbero liberato un fronte, dopo tutti quegli anni in cui il sangue di entrambi gli eserciti, il sangue di tutti quegli Ember, era stato sparso inutilmente su quelle scogliere acuminate?

Che l'Imperatore avesse davvero dato a lui e a Solean il compito di mettere fine a quella guerra, spingendoli ad andare l'uno contro l'altro? E per quanto quella farsa – quell'illusione – avrebbe potuto andare avanti, prima che venissero scoperti? La divisione dei fronti avrebbe avuto vita breve. In totale, erano cinque. Se anche Larenc avesse ceduto Revhely in cambio del fronte del Vuoto, il fronte Sud sarebbe rimasto un terreno di battaglia. L'unica via per la pace era la guerra. Questo Larenc credeva.

Tornò a concentrarsi sulla battaglia, perdendo di vista Solean. L'orso che era scomparso di fronte a lui, dopo la morte del Comandante Barnamed, comparve di nuovo. Larenc ebbe appena il tempo di chiedersi come fosse possibile, prima di ricordarsi il contenuto del rapporto che lui stesso aveva scritto e consegnato all'Imperatore pochi giorni prima. Ciò che aveva scoperto nel Vuoto.

Se un Djabel muore, diventa illusione, ripeté Larenc, nella sua mente, Se l'illusione si corrompe, diventa mostro. Se il mostro muore, torna illusione. Se l'illusione si distrugge, compare il corpo del Djabel.

Se invece non si dava tempo alla prima illusione di corrompersi e di unirsi a un'altra a formare un mostro, nulla sarebbe successo. Sarebbe semplicemente svanita.

L'orso che aveva di fronte ora era un'illusione realistica. Sapere questo non lo aiutava a stare calmo. Larenc imbracciò il fucile, e prese la mira, mentre l'animale si avvicinava. Un colpo sarebbe bastato, forse?

Tutto ciò che poteva fare era tentare, mentre innumerevoli altre illusioni e Yksan attaccavano i suoi uomini e quelli delle squadre a lui vicine.

Non ci mise molto a capire che non avrebbe fatto in tempo a fermare l'orso. Ormai era di fronte a lui. Presto le altre illusioni, diventate realistiche a loro volta, avrebbero attaccato, si sarebbero unite, sarebbero diventati mostri.

Larenc era tornato dal Vuoto sano e salvo, aveva scoperto il segreto sui mostri, ma questo non lo aiutava affatto. Al contrario, ora i mostri gli facevano ancora più paura.

«Ritirata!» sentì qualcuno urlare i suoi pensieri, «Squadra 825, ritirata!» riecheggiò quella voce.

«Tutte le squadre, ritirata!» tuonò un'altra voce.

Solo Larenc rimase fermo, come pietrificato, di fronte al grande orso. Le gigantesche zampe terminavano in artigli spessi, sporchi di terra e di sangue. Ogni passo compiuto dall'animale era un tuono, un terremoto, nella mente di Larenc.

Era qualcosa di invincibile. Era la paura. Nel momento esatto in cui la paura sarebbe dovuta svanire, per essere sostituita dall'adrenalina e dagli istinti.

Quando si mosse, balzando all'indietro, non fu per sua volontà. Qualcuno lo aveva spinto.

Endris Walturn.

Si era gettato in avanti, non più con il fucile e il nagyvet, ma con la pistola e il kixvet, che usò per pararsi il petto, malamente. Riuscì ad abbattere l'orso, che scomparve in una nuvola di polvere nera, e andò a unirsi alla sabbia del fronte del Vuoto.

«Padre...» balbettò Larenc. Ora era al centro del campo di battaglia, un cadavere imminente. E ancora, non si muoveva. Nemmeno le sue labbra si muovevano. Sembrava un incubo.

«Uomo a terra!» riuscì a gridare, pregando che qualcuno fosse abbastanza pazzo da tornare indietro, e aiutarlo.

Reagì quando era troppo tardi. Larenc sapeva che era troppo tardi, ma la disperazione fa fare strane cose. Alzò il nagyvet, proteggendo se stesso e il padre. Conficcò lo scudo nel terreno, e lo appoggiò alla schiena, rivolgendosi all'indietro, verso Walturn.

Un ampio squarcio sul suo petto e l'addome rivelava carne rossa, viva, e pulsante. Una vista che Larenc non riuscì a sostenere.

Il giovane prese la radio, e comunicò la sua posizione. «Zona C, Comandante Endris Larenc. L'Halosat Guerriero Maggiore Endris Walturn è stato ferito. Mandate soccorsi.» Vi prego, avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne.

«Stanno arrivando.» si rivolse al padre, pregando che riuscisse a sentirlo.

L'uomo sbatté le palpebre. Era ancora vivo. Era tutto ciò che Larenc voleva sapere.

Il giovane recuperò il nagyvet del padre, e usò anche quello per creare la sua trincea improvvisata. Se gli Yksan avessero avanzato ancora di qualche passo, li avrebbero investiti con tutte le loro forze. Fortunatamente, sembravano più impegnati ai lati, nelle zone D, a sud, e B, a nord.

Larenc si guardò attorno, alla ricerca di Solean, e poi in alto, sperando di scorgere il Dragone di Kerol. Non vide nessuno dei due. Ma avrebbe guardato ovunque, piuttosto che di fronte a sé.

Una rapida occhiata alla figura di suo padre fece stringere un nodo al suo stomaco, e Larenc fu costretto a voltarsi di nuovo.

Guardò l'orizzonte, incolpando se stesso per tutto quel grigio. Per tutto quel nulla.

Non aveva idea di che cosa fosse successo a Kerol, non sapeva se avrebbe potuto ancora chiamare Solean un suo amico, e stava per perdere suo padre. Stava per rimanere solo.

E stava per morire, anche lui. Sarebbe servito un miracolo, per salvarlo.

Solo quando temette in un miraggio, o nel tremolio delle proprie lacrime, si rese conto di non essere solo. Di non essere morto. Non ancora.

«Sono già qui.» annunciò, sorpreso.

Quattro soldati. E avevano fatto in fretta. Si vedeva che suo padre era un uomo importante. Per una volta, Larenc fu lieto della sua illustre discendenza, e soprattutto dell'assenza di Khilents sul campo.

Larenc aiutò a caricare il ferito sul suo nagyvet, e prese la punta dello scudo, alzando il proprio per riallacciarlo sulla sua schiena, mentre un altro Tesrat prese il capo e gli altri tre coprirono loro le spalle.

Fu nell'atto di voltarsi e lanciare il proprio nagyvet oltre le spalle che Larenc venne colpito.

Inciampò, trascinando con sé la barella improvvisata che era il nagyvet sul quale era sdraiato Endris Walturn. Ma non poté evitarlo. Un proiettile aveva attraversato il suo polpaccio sinistro, lacerando tendini e nervi, e costringendo Larenc a urlare dal dolore.

L'istinto fu di premere sulla ferita, prima anche solo di guardarla. «Posso farcela.» mentì, mordendosi il labbro, cercando di soffocare altre grida di dolore, «Mi dispiace,» si rivolse poi al padre, scusandosi per la brusca caduta, che senza dubbio aveva peggiorato ulteriormente le sue condizioni. «Posso farcela.» ripeté ancora, sforzandosi di alzarsi.

«Comandante Endris,» si rivolse a lui uno dei soldati che stava coprendo le sue spalle, e che a quanto pareva non aveva fatto un buon lavoro, «Anche Voi siete ferito, dovete—»

«Sto bene.» sibilò Larenc, a denti stretti, tirandosi di nuovo in piedi, ma spostando tutto il peso sulla gamba destra. Il dolore era lancinante, e ogni volta che posava il piede a terra, fosse solo per un momento, tirava un respiro, e si costringeva a non lamentarsi dal dolore.

Era un dolore diverso da quello muscolare a cui era quasi abituato – era localizzato, eppure pulsava, e si espandeva a ogni battito del suo cuore. Persino le ossa gli dolevano.

Si sentiva in bilico, costretto a cercare l'equilibrio mentre si sforzava di camminare. Una pressione eccessiva, e la sottile colonna bianca che lo sosteneva sarebbe andata in frantumi.

Zoppicava, ed era terribilmente lento. Ma non si arrendeva.

«Larenc,» fu Walturn a rivolgersi a lui, questa volta, con la voce più flebile e più dolce che Larenc avesse mai udito lasciare quelle labbra. Non aveva mai visto suo padre tanto debole. «Stai sprecando i tuoi uomini.» disse.

«No, padre,» si oppose lui, «Ti sto salvando.»

«Stai usando cinque vivi per trasportare un morto.» disse ancora Walturn. Un rivolo di sangue scorreva dalla sua bocca. «Portatemi via quando la battaglia sarà finita.»

«No, non se ne parla—» Larenc si interruppe, crollando di nuovo.

Aveva sentito distintamente il suono di ossa infrante. La tibia, temette. O forse il perone, volle sperare.

«Sarebbe meglio che stendessero te, qua sopra.» propose il padre, sospirando, gli occhi ormai chiusi, e destinati a non aprirsi di nuovo.

L'ultima cosa che aveva visto era forse il volto del figlio contorto in una smorfia di dolore, oppure le nuvole nel cielo sopra di lui. Non avrebbe saputo dirlo. Non gli importava più.

«No, padre, ora ti porteremo all'accampamento. Ti cureranno, e poi penseranno a me. Non preoccuparti.»

Ormai erano fermi, e vulnerabili. Ma gli altri Tesrat alzarono gli scudi, rispettando il bisogno dell'Halosat Guerriero Maggiore Endris Walturn di riservare le sue ultime parole a suo figlio.

«Larenc, tu non hai mai saputo arrenderti.» disse, la sua voce ormai così flebile che il rumore della battaglia rischiava di sovrastarla. La guerra rischiava di strappare via a Larenc anche le ultime parole di suo padre. Come se non glielo avesse già portato via.

«Ti sei sempre rifiutato di lasciare andare. Ti sei sempre fatto carico di ogni responsabilità che ti fosse mai stata affidata.» tossì, e forse per un attimo aprì di nuovo gli occhi, ma anche se vide, non guardò, «Sei forte, e sei coraggioso, ma ti mancano la forza e il coraggio di accettare la realtà.»

Larenc annuì, perfettamente consapevole che era la verità. Sapeva che quelli erano gli ultimi momenti di vita di suo padre. Perché aveva tentato di convincersi del contrario? Perché si era illuso di poter fare qualcosa? Non aveva ormai imparato quanto facesse male, cadere da delle nuvole così alte?

«Spero che tu abbia finalmente imparato la lezione.» aprì gli occhi, con uno sforzo immane, e tentò di alzare un braccio, una mano, o muovere un dito.

Larenc lo capì, e strinse la sua mano sinistra. Sorrise, in qualche modo, tra le lacrime per le quali un tempo sarebbe stato sgridato.

Ma Endris Walturn non stava piangendo, nemmeno ora. Nemmeno quando era ora di morire. Nemmeno quando era ora di dire addio a suo figlio.

«L'ho imparata.» gli assicurò Larenc. La sua voce tremò, e arrivò a spezzarsi.

Endris Walturn annuì, compiaciuto.

Morì compiaciuto. Morì fiero di suo figlio.

La sua immagine svanì, senza preavviso, in seguito a un respiro che nessuno avrebbe detto l'ultimo, e lasciò il posto all'illusione che Larenc non vedeva da anni, l'illusione che era sempre stata inutile sul campo di battaglia – il cigno nero, il simbolo della loro famiglia.

Endris Walturn era l'ultimo Djabel del Cigno. E l'ultima illusione volò alta, tentando di nascondersi tra le nuvole grigie.

Ma neanch'essa aveva speranza di sopravvivere. Anche il suo destino era di morte.

Gli Yksan reagirono, sparando all'aria. Non abbatterono il cigno. Semplicemente, esso svanì.

La polvere nera cadde lenta, incurante del vento che avrebbe dovuto trascinarla verso ovest. Sulla sabbia scura del fronte del Vuoto, si materializzò di nuovo il corpo del Maggiore.

Ed Endris Walturn morì due volte.


Spazio autrice

Wow, era da un po' che non moriva nessuno, non trovate?
(Non mi vorrete uccidere, spero.)

Che posso dire, in mia difesa? La morte dell'Halosat Guerriero Maggiore Endris Walturn era necessaria allo sviluppo della trama.

E non lo dico solo io - l'Alto Imperatore è d'accordo con me. Lui ne sa più di me su ciò che sia meglio fare per tutti.

Per risollevarvi il morale (sempre che ce ne sia bisogno), vi rivelo chi incontreremo nel prossimo capitolo... è da un po' che non vediamo le sorelle Netis. Vi mancano?

F. D. Flames

Ogni immagine utilizzata appartiene al rispettivo artista.

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