3. Gli alunni stranieri

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La torre di Corvonero era situata nel lato ovest del castello, esattamente allʼopposto di quella dei Grifondoro. Lʼaccesso alla torre dei corvi, a differenza di quella dei grifoni, si trovava in cima a unʼalta scala a chiocciola. Per entrare nella sala comune, cʼera una porta lustra nera, senza serratura o maniglia, ma con un batacchio incantato in bronzo, a forma di aquila. Se uno avesse bussato alla porta, il batacchio avrebbe posto una domanda e, se lʼinteressato fosse riuscito a fornire la risposta corretta, allora la porta si sarebbe aperta, consentendo lʼaccesso alla sala comune.

Altrimenti non sarebbe stato possibile entrare, poiché il batacchio non consente alla stessa persona di rispondere due volte se questa ha sbagliato. La sala comune aveva fatto ad Ametista unʼimpressione piacevole: era assai ampia e ariosa, illuminata da enormi finestre ad arco acuto, da cui si scorgevano gli immensi territori boscosi che circondavano il castello. Appena si era affacciata, la nostalgia per il parco di Beauxbatons si era affievolita: amava molto più la natura selvaggia di un bosco, piuttosto che i giardini meticolosamente progettati della prestigiosa scuola continentale.

Anche lʼarredamento della sala era piacevole: piuttosto che ideato per essere confortevole, sembrava stimolare immaginazione e curiosità. Sulla moquette era ripetuto il motivo decorativo che adornava anche il soffitto: un cielo stellato.

Vi erano inoltre moltissime librerie e scaffalature, traboccanti di libri e tomi, lunghi tavoli di legno scuro e comode bergère. Di fronte alla porta dʼingresso una stupenda scultura di marmo levigato mostrava ai suoi occhi la bella e geniale Priscilla Corvonero, che secoli addietro aveva segnato la nascita della casa cui ora apparteneva. Casa. Già... questa per ora non era certo ancora casa. Sentiva gli occhi dei suoi compagni seguirla in ogni suo movimento, per quanto cercassero di dissimulare il loro esame. Ametista era certa che il suo cognome avesse un peso in tutto questo. Da dove veniva, era un cognome come un altro, forse solo un tantino inconsueto. Qui si portava dietro il ricordo dei processi e delle cronache sui giornali: la Gazzetta del Profeta aveva ospitato i suoi parenti numerose volte, da giugno in avanti.

«Ehi, Nott!» Si sentì chiamare. Prese un attimo per calmarsi e si voltò, trovandosi davanti il volto poco amichevole di una ragazza alta e robusta. «Non sei la benvenuta qua, immagino tu lo sappia. Il tuo letto è quello che decideremo di lasciarti, e...»

«Sue, saresti molto più gentile se ti interrompessi ora e facessi una passeggiata, mia cara! Sono certa che ci sarà qualcuno, in giro, che ha bisogno di te, da qualche parte, ecco. Ametista, ciao, sono Luna Lovegood. Il mio letto è quello lì, ti va di metterti vicino?»

La nuova arrivata era una ragazza alta e sottile, dai capelli finissimi biondi ed enormi occhi, leggermente sporgenti. Il suo sorriso era il più incredibilmente sincero che lei avesse mai veduto.

«Sei gentile, sì.»

«La professoressa McGranitt... la Preside, cioè, mi ha chiesto di farti un poʼ da guida, dal momento che hai tante cose nuove da affrontare, così ho pensato possa essere carino se siamo vicine... potremmo perfino chiacchierare di notte, se non abbiamo sonno!»

Ametista ridacchiò piano, annuendo. Probabilmente questa ragazza era particolare e strana quanto lei; si sarebbe trovata benissimo!

 Probabilmente questa ragazza era particolare e strana quanto lei; si sarebbe trovata benissimo!

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