8° turno: Una notte come tante di Severia

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8° turno - Il nemico (Charles Baudelaire)


La giovinezza non fu che una buia
tempesta, attraversata qua e là
da soli vividi; il tuono e la pioggia
hanno fatto una tal devastazione,
che al mio giardino restano ben pochi
frutti vermigli. Ecco che ho raggiunto
l'autunno delle idee, e che si deve
lavorare di pala e di rastrello
per riassestare le terre inondate
cui l'acqua scava fosse come tombe.
Chissà se i fiori nuovi che io sogno
nel suolo dilavato come un greto
troveranno quel mistico alimento
che ne farebbe il vigore? - O dolore,
o dolore! Il Tempo mangia la vita,
e quell'oscuro Nemico che rode
il nostro cuore, cresce e diventa
robusto con il sangue che perdiamo!


2° posto -  Una notte come tante di Severia

In una notte come tante, il cielo d'Inghilterra prometteva pioggia. Una figura nera camminava lungo la strada deserta, nonostante l'ora tarda; i suoi passi erano rapidi e silenziosi. Ogni tanto, l'uomo si voltava per assicurarsi che non ci fosse nessuno a prestargli attenzione. Superò una fila di case tutte uguali, con i giardini scuri ricoperti di foglie, cadute da alberi ormai spogli. Sulla sua strada incrociò un altro uomo, che sembrava reggersi in piedi a stento, come spinto dal vento; in mano, teneva malamente una bottiglia. I due si superarono, scambiandosi appena uno sguardo. Qualche istante dopo, il rumore di vetri che vanno in frantumi ruppe il silenzio: la figura nera ebbe un lieve sussulto, tuttavia non interruppe il suo cammino né si voltò per accertarsi di che cosa fosse accaduto.

Severus Piton arrivò a destinazione, mentre iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia. Spinse il cancello di ferro: il cigolio che ne seguì sovrastò per un momento il ticchettio della pioggia sulle foglie a terra. Avanzò sicuro, guidato dall'abitudine di un percorso già seguito più volte.

Le lapidi grigie lo osservavano fredde e immobili, lanciando nell'aria il loro silenzioso grido di morte.

La tomba bianca risplendeva nella note, attirando Severus verso di sé: un richiamo potente e maledetto.

La pioggia ora cadeva con più insistenza.

Severus si fermò ad osservare i nomi sul marmo: l'uomo che aveva tanto odiato e la donna che amava più di ogni altra cosa.

Un lampo squarciò l'oscurità, illuminando la chiesa e le case intorno. Nei minuti successivi, luce e buio si alternarono, accompagnati dallo scoppio dei tuoni.

Severus, fradicio ma incurante del freddo, guardò i rigagnoli d'acqua che scavano la terra con profondi solchi: non avrebbe saputo dire se le gocce che scavavano le sue guance esangui fossero lacrime o pioggia.

Il sole della sua infanzia giaceva sotto quella terra che, invece di produrre frutti nella giusta stagione, serviva solamente a nascondere il temuto volto della morte.

Quanto tempo era passato, consumando giorni inutili?

Il dolore aveva devastato il giardino della sua anima, lasciando solamente alberi spogli come quelli che aveva visto lungo la strada. Anno dopo anno, istante dopo istante era caduto in un abisso talmente profondo da non avere più speranza di rivedere nemmeno uno spiraglio di luce. Più il tempo passava, divorando la sua vita, più il rimorso per le proprie colpe si faceva vivo e bruciante. Non c'era possibilità di perdono, di redenzione, di salvezza. Il tempo non aveva aggiustato le cose, aveva aumentato la sua disperazione. Il suo nemico, il suo rimorso, si era rinforzato ed ogni giorno esigeva il suo tributo di dolore. Restare lì, davanti a quella tomba muta, non migliorava la situazione: era come guardare il proprio fallimento dritto negli occhi.

Severus cadde in ginocchio e affondò le dita nella terra bagnata.

I minuti passavano, la pioggia, insensibile al suo dolore, gli colpiva la schiena, eppure lui rimaneva perfettamente immobile.

Ci volle parecchio tempo perché l'uomo si alzasse, riacquistasse il controllo di sé e si passasse una mano sul volto, nel vano tentativo di asciugarlo.

In una notte come tante, con un cielo senza stelle, Severus lasciò il cimitero con l'animo angosciato e un macigno opprimente nel petto, mentre il temporale si allontanava verso est.

La poesia ispira la prosaWhere stories live. Discover now