5° turno - Fuori dal tempo di halfbloodprincess78

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5° turno - Il mio passato (Alda Merini)

Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che è passato
è come se non ci fosse mai stato.
Il passato è un laccio che
stringe la gola alla mia mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato è solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni.
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.


1° posto a pari merito

Fuori dal tempo di halfbloodprincess78

La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era immersa nel freddo silenzio notturno. Solo una lieve, gelida brezza soffiava tra gli alberi producendo un suono sommesso e sinistro.
L'acqua del lago, nella luce della luna, andava via via assumendo bagliori di smeraldo.
Un abisso di verde, qualcosa di remoto e lontano si faceva strada nella mente di Severus: qualcosa che apparteneva a un passato difficile da dimenticare, soffocante come una cravatta troppo stretta.
Eppure, ora, era nel presente, vivo.
Istintivamente si portò una mano alla gola, dove brillava una piccola cicatrice lattea ormai rimarginata da tempo.
Era affondato nel passato quando credeva che non ci sarebbe più stato alcun tempo e si era perso in quella particolare sfumatura di verde; poi era stato strappato via dalla morte e ora c'era tutto il tempo, o almeno, abbastanza tempo, non lo sapeva quanto.
Ma non gli importava... o forse sì.
L'"oggi" era lì sulla riva di quel lago, con i bagliori del Castello in lontananza e la luna riflessa sulla superficie liscia dell'acqua, appena increspata, da farla apparire come una spessa coltre su un letto rifatto male.
Inspirò profondamente la pungente aria notturna, socchiudendo gli occhi: il passato era alle spalle, lontano, avvolto da un manto di nebbia che penetrava nella carne fin dentro le ossa e poi giù verso l'anima ferita ma integra, come un vaso riparato da mani esperte.
Qualcosa dentro di lui si era rimarginato, non sapeva quando... il preciso istante in cui era accaduto, ma era così, l'impossibile era diventato possibile e la nera cappa soffocante del passato si era sollevata rivelando uno squarcio di cielo stellato.
Era a casa, in quell'unico posto al mondo che potesse chiamare casa.
Si voltò un attimo verso quella collina che si scorgeva appena, sotto quell'albero, dove aveva pronunciato le parole che avevano scavato un baratro incolmabile tra lui e Lily... per sempre.
Faceva male, faceva ancora male dopo tutto quel tempo.
Avrebbe sempre fatto male, ma era necessario andare oltre, senza cercare di immaginare il futuro, che già una volta gli era sfuggito, ma vivendo ogni giorno quello che gli era stato concesso.
Era giusto? Severus non lo sapeva, una parte di lui pensava che la giustizia fosse tutta in un calar di sipario sulla sua vita, nello sprofondare nell'abisso dei suoi ricordi e poi il nulla; ma dentro di lui qualcosa lo teneva legato alla vita, legato a quella scuola, legato a quella notte che si stagliava sopra di lui.
Era giusto anche solo provare a pensare di vivere di nuovo? Non lo sapeva, ma era quello che stava facendo, sospinto come una foglia da un vento invisibile.
Dei passi svelti e leggeri lo fecero riavere dai suoi pensieri cupi.
Ethel, lungo la sponda del lago, correva veloce verso di lui.
Non aveva il mantello e reggeva qualcosa tra le mani.
Cosa ci faceva lì a quell'ora?
Era arrivata a Hogwarts da qualche anno per occupare il posto di Madama Chips, ormai troppo anziana.
L'aveva assunta senza pensarci troppo, le sue referenze del San Mungo erano ottime, e non si era presentato nessun altro per quel posto, almeno, nessuno degno di nota.
Ethel era solare, allegra e molto paziente nel prendersi cura di studenti frignanti e ossa rotte... insomma tutto il contrario di lui.
Era il tipo di persona che sarebbe piaciuta a Silente.
Il suo unico punto debole erano le pozioni: glielo aveva confessato un pomeriggio con non poco imbarazzo... era veramente terribile e voleva che lui le desse qualche lezione.
Avrebbe potuto rifiutarsi, delegare l'incombenza a qualcun altro o licenziarla... un tempo lo avrebbe fatto, ma aveva accettato di trascorrere alcune serate a settimana nella vecchia aula di pozioni, sempre meglio che restare nella sua stanza a combattere con i suoi fantasmi.
Severus aveva cercato in ogni modo di istruirla, ma riusciva sempre, non si sa come, a far esplodere il calderone.
Lo faceva impazzire la sua incapacità in quell'ambito: se fosse stata una studentessa avrebbe trascorso più tempo a prendere lezioni supplementari che fuori.
Ma non lo era.
Era una giovane donna, e da qualche mese si era accorto che aveva anche incominciato a insinuarsi nei suoi pensieri più intimi, per questo aveva diradato drasticamente i loro incontri serali cercando di volta in volta una scusa differente.
Anche Ethel era diventata un pensiero con cui scontrarsi.
Era accaduto una di quelle sere mentre cercava di insegnarle una complicata pozione per rigenerare i tessuti, lei si era applicata in modo incredibile, cercando di essere quanto più precisa potesse, poi di nuovo il calderone esplose.
Fu in quel momento, quando si era voltata esterrefatta, con gli occhioni enormi, i capelli scarmigliati e il viso arrossato dai vapori della pozione che poco prima stava bollendo... fu in quel momento che si era accorto che era bella, con quell'aria interrogativa e imbronciata.
Si era trattenuto a stento dal ridere, non dal sogghignare, ma dal ridere di gusto.
Era la prima persona che era riuscita a fargli tornare la voglia di ridere, la prima, dopo Lily.
Avrebbe voluto toccarla, toglierle una ciocca di capelli dal viso stravolto e dirle che non importava, che avrebbe preparato lui tutte le pozioni che le fossero state necessarie.
Avrebbe voluto perdersi nel tracciare lentamente i contorni del suo volto, soffermandosi sulle labbra carnose e sul quel piccolo neo al lato della bocca, appena sotto al labbro inferiore; avrebbe indugiato con le pallide dita su quei contorni delicati fino a posarvi un piccolo bacio.
Ricordò di essersi stretto le mani l'una con l'altra per resistere a quella tentazione malsana.
Come le avrebbe spiegato che, mentre cercava di insegnarle l'arte delle pozioni, era lui ad aver imparato qualcosa?
Poteva ancora amare.
Come avrebbe reagito Ethel? Severus immaginava che si sarebbe scostata, celando appena il disgusto.
Scosse il capo come a voler scacciare un insetto molesto.
Ethel era a pochi passi da lui.

- Severus, ce l'ho fatta, ho preparato quella maledetta pozione! Ti ho visto da una delle finestre e sono corsa per dirtelo!- disse ansante con i grandi occhi scuri scintillanti come una bambina.
Piton prese l'ampolla di cristallo tra le mani e la osservò, sollevandola sopra il capo: un bagliore rosato si intravedeva dal cristallo scuro, era perfetta.
- Molto bene, vedo che stiamo migliorando- replicò togliendosi il mantello per posarlo sulle sue spalle, - Non era così urgente da uscire svestita. Comincia a far freddo - continuò inarcando un sopracciglio.
- Si, che lo era, volevo fartela vedere subito- rispose seccata, ma in fondo felice che avesse avuto quell'attenzione di levarsi il mantello per darlo a lei.
Vi si strinse dentro: era quasi come stringere lui.
Era un tepore famigliare e rassicurante, ma che, al tempo stesso, la faceva avvampare.
- Ora ho capito perché non ci riuscivo, era perché tu te ne stavi lì a guardarmi con quell'espressione vuota, già sapendo che avrei fallito. - disse a un tratto.
- Io non ti ho mai guardato in nessun modo - rispose il mago, piccato
- Si, invece, e la tua presenza mi metteva soggezione - bofonchiò.
Era vero, la metteva profondamente in soggezione ma non per quello che Severus poteva immaginare.
Sentiva sempre una sorta di vuoto allo stomaco quando restavano soli in quell'aula, anche ora, in quel momento, lo sentiva, ma non aveva resistito a corrergli incontro, quando aveva scorto la sua sagoma inconfondibile immobile nella notte; un tratto scuro nel buio che per lei era tutto il colore dell'universo.
Voleva mostrargli che non era un'incapace e anche averlo vicino come accadeva fino a poco prima, prima che cominciasse ad evitarla.
Si era accorta che col tempo aveva preso l'abitudine di evitare le loro lezioni serali, forse la considerava un caso talmente disperato da non voler più perdere il suo tempo.
E quel suo allontanamento aveva fatto nascere in lei una nuova consapevolezza di un qualcosa cui prima non sapeva dare un nome.
Severus le mancava, diventava sempre più insopportabile quella distanza, un dolore quasi fisico.
Voleva averlo vicino, osservarlo, imprimersi nella mente ogni suo più piccolo impercettibile movimento.
Lo osservava spesso, anche da lontano, quando non sapeva di essere visto; lo osservava muoversi silenzioso per i corridoi del castello, in quell'ondeggiare ipnotico e sensuale.
Lo amava, lo aveva sempre amato, forse dallo stesso istante in cui si era seduta nel suo ufficio.
Lo aveva guardato in silenzio mentre leggeva le sue credenziali, con lo sguardo freddo e un sopracciglio appena inarcato. Allora non le era chiaro, era solo una sensazione indefinita che si era insinuata dentro di lei mentre le dita del Mago sfogliavano le pagine.
Aveva sentito tanto parlare di Severus Piton, ma l'uomo che aveva davanti andava oltre le cose che aveva sentito o la sua immaginazione:
quella distaccata freddezza, il suo modo di muoversi e la sua voce che non saliva mai di tono, la spaventavano e la attraevano al tempo stesso.
Quando gli aveva chiesto di aiutarla con le pozioni lo aveva fatto senza malizia alcuna. Sapeva che era il migliore pozionista di Hogwarts e probabilmente di tutto il mondo magico, ma non era stata una grande idea.
Ethel, nonostante la caparbietà e la determinazione che ci metteva, se la cavava veramente male e la presenza di Severus, che la trafiggeva con quello sguardo intenso e penetrante, non faceva che metterla in imbarazzo. Ma non si sarebbe mai privata di quei pochi momenti insieme.
- Perfetto, vuol dire che il mio aiuto non ti serve. Bene, potrò passare finalmente le mie serate in altro modo - rispose mellifluo.
- Non intendevo questo- si scusò lei – solo che, se sono sola, mi concentro meglio, come dimostra questa- e riprese l'ampolla dalle mani dell'uomo.
- Ah si? - chiese divertito – e sei proprio sicura che funzioni? Dovresti provarla prima di cantare vittoria, e cerca almeno di non danneggiare qualche testa di legno di studente.

- Vedi, come fai? Lo sai anche tu che è perfetta - rispose seccata, ridandogli il mantello.
Piton afferrò il mantello e ve la imprigionò dentro tenendola saldamente a pochi centimetri da sé.
I loro volti erano così vicini da potersi sfiorare.
Sentì il respiro caldo di lei come una brezza tiepida, intrisa di un profumo intenso e speziato, lambirgli il volto e ne fu inebriato.
- Stavo solo scherzando - sussurrò.
Non sapeva cosa gli era preso, non aveva mai osato tanto, nemmeno con Lily; certo allora era solo un ragazzo, ma quel gesto era incomprensibile ed eccessivo anche per se stesso.
Mai era stato così audace.
Lasciò la presa, cercando di riprendere un atteggiamento più consono.
Era il preside ed Ethel una dipendente della scuola, non poteva spingersi così oltre, era troppo. Quella famigliarità tra loro era fuori luogo, doveva assolutamente porre fine alla conversazione.
- Credo sia meglio rientrare - affermò con tono più possibile incolore.
- No, Severus... non lasciarmi - gemette, e quelle parole lasciarono la sua bocca prima che la sua testa potesse elaborarle e spingerla a trattenerle.
Arrossì violentemente.
Quella sorta di supplica aveva fatto esplodere sul suo volto i bagliori di quel sentimento puro e mal celato, che ora le infiammava le guance. Abbassò gli occhi, da cui stavano affiorando lacrime di pentimento, quasi potesse trovare conforto da quei fili d'erba neri e lucenti.
Non voleva vedere il disappunto negli occhi oscuri di lui e così scoprire che, con quelle parole, aveva tracciato i contorni di un muro invalicabile.
- Ethel...- sussurrò, i suoi occhi neri di opale si allargarono di stupore – tu non capisci... io – continuò, stava per dire "non posso", ma davvero non poteva? Per cosa e per chi? Stava tradendo Lily, il suo ricordo? Lily che era solo un'effimera illusione? L'aveva amata e una parte di lui, forse, l'avrebbe sempre amata, ma oltre a questo?
Non c'era mai stato un momento così intimo con Lily, mai così vicini, mai gli aveva chiesto di non lasciarla... mai lo aveva guardato in quel modo... quel modo che lo faceva sentire desiderato.
Aveva pagato il suo debito, il peso dei suoi errori, il suo ingombrante passato era dentro di lui, ogni giorno.
Ma ora questa donna meravigliosa gli chiedeva con l'ingenuità di una bambina di non lasciarla.
Di fronte a quelle parole il passato e il futuro non esistevano.
Esisteva l'istante che stava vivendo, riflesso in quegli occhi puliti che ora non lo guardavano.
Ethel, in punta di piedi, aveva bucato il muro del suo caparbio isolamento con altrettanta tenacia.
Ogni giorno aveva scalfito pazientemente la sua corazza, solo ora ne diventava pienamente consapevole.
Afferrò piano i polsi della giovane e la tirò dolcemente verso di sé. Con la punta delle dita le sollevò il viso colmo di imbarazzo.
Ethel affondò lo sguardo negli occhi profondi di lui: così da vicino erano belli da stare male.
La facevano pensare alla profondità del lago, ma privi, in quel momento, della stessa gelida immobilità.
Desiderava tuffarvisi e lasciare che l'avvolgessero come un tessuto impalpabile.
Severus sorrise impercettibilmente, quasi le avesse letto quel pensiero infantile nella mente.
La strinse a sé, drappeggiandole il mantello sulle spalle e imprigionandola con le braccia, prudentemente, assaporando il piacere di averla così vicina per la prima volta. Inspirò il suo profumo e affondò una mano tra i suoi capelli tirandoli piano sulla nuca per farle sollevare un po' di più il viso.
Ethel si protese per offrirsi a quel contatto più intimo.
Nessuno si era mai abbandonato così tra le sue braccia.
Nei suoi occhi neri avvampava un desiderio intenso riflesso in quelli nocciola di lei.
Decise di smetterla di non permettersi di desiderarla, sottraendosi finalmente dal quel controllo mentale che aveva sempre imposto a se stesso.
- Non ti lascio andare - sussurrò a mezza voce.
Era sua, in un momento sospeso fuori dal tempo... era sua, tutto il resto non importava, non ora, non più.
Quando le labbra di Severus si posarono piano su quelle di lei Ethel si sentì fermare il cuore, poi fu come essere avvolta da centinaia di lingue di fuoco, le stesse che scintillavano in fondo agli occhi neri di lui.
Schiuse le labbra sotto quella delicata pressione e si lasciò avvolgere dal calore di velluto umido di quel bacio che diventava sempre più profondo ed esigente.
Severus assaporò la sua dolcezza alimentando quelle fiamme e facendole divampare, mentre Ethel si offriva a lui, ricambiando avidamente il suo bacio e spingendosi sensualmente ancora di più contro il suo corpo.
Insinuò le ceree mani sotto la stoffa del mantello, e le avvertì ardere dal calore che il corpo di lei emanava.
Calore che alimentava la sua smania di possederla con violenta delicatezza, e di non privarsi mai più di quel desiderio respinto da troppo tempo.
I loro corpi aderivano l'uno all'altro, come un'unica pennellata di colore sullo sfondo di quel paesaggio notturno che li cullava e li proteggeva dal mondo.
Severus sentì che non esisteva altro tempo che quel meraviglioso istante.

La poesia ispira la prosaWhere stories live. Discover now