CAPITOLO 4 (Stiles P.O.V)

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"Stiles? Hey Stiles, è ora di alzarsi"

Stiles combattendo contro il sonno riuscì ad aprire gli occhi. Era tutto sfuocato ma intravide una sagoma di un uomo. "Oh, buongiorno!" era un uomo sulla cinquantina, con capelli grigio topo e un orribile sorriso con il quale sembrava il diavolo in persona. Stiles stava per ribattere ma si accorse di avere la bocca tappata da un pezzo di scotch. Aveva le mani legate ai braccioli della sedia su cui è ancorato da corde che lo tengono completamente immobile. Cercò di liberarsi, ma era inutile.

"Stiles Stilinski. Il figlio dello sceriffo Stilinski" disse l'uomo scandendo le parole. Stiles non capiva dove voleva andare a parare. "Senti, la farò breve. Devo ucciderti." In un primo momento pensò ad uno scherzo di poco gusto ma capì che questo non era uno scherzo. I brividI gli percorsero la schiena ma cercò di mantenere la calma. Borbottò qualcosa sotto lo scotch, e così l'uomo fu costretto a toglierglielo dalla bocca. 

"Cosa diavolo sta succedendo?" chiese all'uomo con tono seccato

"Ragazzino, non ho molto tempo, tutto quello che devi sapere è che tuo padre ha fatto una cosa molto brutta, e io devo punirlo."

Stiles non capiva cosa stesse succedendo. Adesso aveva veramente paura, ma non per lui, per suo padre. Quel tizio avrebbe potuto ucciderlo, ma stranamente non riusciva a pensare a se stesso in quel momento.

"Almeno mi faccia chiamare per dirgli addio" chiese Stiles mentre pensava a come rimandare il momento critico della sua morte.

"Io sono una brava persona, okay? Ho gia chiamato tuo padre un po' di ore fa. Non sono un mostro. Potrai chiamarlo tra 4 ore e circa 3 minuti"

A Stiles veniva da ridere. Un uomo così che uccide? Era perplesso e non più tanto spaventato. Quello sembrava uno di quelli che sviene alla vista del sangue, e voleva ucciderlo? Poi però vide degli scatti del volto e della mani. 'okay, Stiles, questo uomo è definitivamente pazzo' pensò Stiles. L'uomo continuò a guardarlo, ma sembrava stesse guardando un puonto fisso dietro di lui, tanto che a Stiles veniva da girare la testa per paura che avesse qualcosa sulla spalla.

"Ora, se vuoi scusarmi, devo andare..fai quel che vuoi per le prossime 4 ore" così dicendo si avviò alla porta

"Non puoi chiudermi qui. Non puoi farlo!" cercava di urlare, magari Scott o Malia lo avrebbero sentito. Ma comunque sapeva che probabilmente non sarebbe successo.

"Non faccia il furbo signor Stilinski" la voce dell'uomo si era incupita. "La stanza è insonorizzata" Poi si girò all'improvviso. Il suo sguardo era l'opposto di quello che Stiles aveva visto fin'ora. Era cupo, gli occhi assetati di sangue e le labbra cucite in un'espressione da brividi. "Loro non possono sentirla" e detto questo indietreggiò verso Stiles, e gli rimise lo scotch sulla bocca. Girò i tacchi e se ne andò, chiudendo la porta a chiave. Solo in quel momento Stiles si accorse di essere in una stanza vuota, le pareti grigie segnate da aloni neri dove probabilmente c'erano mobili e scaffali. Ma ora era totalmente vuota. C'erano dei chiodi ancora incastrari nelle crepe nel muro. Solo una sedia, dei fili legati alla corrente e attorcigliati in un angolo, e lui. Chissà da quanto era lì. Sapeva solo che i muscoli iniziavano a formicolare, e che la testa iniziava a pesare. Doveva trovare un modo per andarsene. Non voleva rimanere lì a morire.

Le corde che lo ancoravano alla sedia erano vecchie e strette contro il petto e le braccia. L'unica cosa che riusciva a muovere erano le gambe, che erano meno strette alla sedia. Cercò di piegare i polsi per arrivare al nodo che stringeva il tutto. Ci arrivava a malapena. Giusto con le unghie. Così iniziò a grattare quella corda con tutta la velocità che poteva. Continuò e continuò a grattare sfregando finchè sentì le unghie rompersi. Fece una smormia sentendo le dita bruciare. Lentamente girò la mano mostrandosi le dita. Le unghie erano rotte, e la parte superiore della carne era insanguinata. Però non voleva arrentersi. Rigirò la mano e con i polpastrelli cercò di prendere la corda e tirarla, così da romperla definitivamente. Ma non ci arrivava. Dalla frustrazione iniziò ad agitare il braccio sempre più forte. Sentiva che stava per cedere, lo sentiva. Stava per farcela. E poi all'improvviso, la porta si aprì. Lui si fermò di colpo, e fece finta di annoiarsi a morte su quella sedia. Nascose le dita sanguinanti in un pugno che arretrò dentro la manica della felpa rossa che indossava.

"Come va ragazzo?" l'uomo aveva ancora quel cavolo di sorriso in quella cavolo di faccia.

"Beh, se intendi come va la reclusione in una stanza completamente vuota, legato a una sedia con delle corde logore, sì direi che mi sto un po' annoiando" cercava di essere il più sarcastico possibile, e gli riusciva bene.

"Allora se ti annoi, potremmo giocare un po', che ne dici?"

"Direi che non mi piacerebbe giocare con uno psicopatico"

L'uomo si avvicinò con aria minacciosa e mostrando una mazza che teneva nascosta dietro la schiena. "Io non sono uno psicopatico" disse scandendo le parole. Impugnava la mazza con la sinistra, mentre allungò la mano destra verso la sua sinistra che era nascosta nella manica. Tirò via la manica, gli prese la mano, allungando le dita e mostrando il sangue.

"Bene bene bene, Stiles. Vedo che sei furbo." disse lui lasciando andare la mano e controllando che la corda fosse ancora intatta. "Non volevo farti del male prima del previsto, ma non mi lasci altra scelta. Devi imparare che cosa succede ai furbi" Brandì la mazza con entrambe le mani e la alzò sopra la testa.

"No, no, no la prego, non lo faccia, io-"

Fu interrotto da un dolore acuto al braccio sinistro. La corporatura dell'uomo e la struttura di ferro della mazza spaccarono il suo braccio. Sentì l'osso rompersi e il dolore irradiarsi fino alle punte del piedi. Un grido gli partì dal fondo della gola e, a pieni polmoni, urlò.

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