Capitolo 2 - When the sun rise again

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Nei giorni seguenti, fiancheggiate da Tanya e supportate dalla guida di Eleazar, cominciammo l'allenamento. Come me, anche Kate aveva una dote speciale: era in grado di sprigionare impulsi elettrici da ogni punto del proprio corpo. Con me quel trucchetto non funzionava, ovviamente, quindi aveva suggerito di usare Tanya come cavia, e la matriarca aveva accettato senza nemmeno un attimo di esitazione.

Non capivo proprio perché lo avesse fatto, dato che nei primi due giorni non avevo fatto altro che permettere a Kate di colpirla a tradimento con le sue scosse. Non avevo modo di provare la loro reale portata, ma, date le smorfie che si susseguivano sul viso di Tanya, non dovevano essere per niente piacevoli. «Mi dispiace, mi dispiace», non facevo che ripetere, dopo ogni tentativo fallito. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a separarmi dal mio scudo. Avrei dovuto sentirlo e allontanarlo da me per avvolgere Tanya, per impedire che Kate la fulminasse, ma non ci riuscivo. Né Eleazar né Tanya mi mettevano pressione, quanto a Kate...pareva addirittura entusiasta di poter mettere in difficoltà la sorella.

Dopo un nuovo buco nell'acqua, mi lasciai sfuggire un ringhio di frustrazione. «Non ce la faccio. Sento lo scudo, ma non trovo il modo di staccarlo da me». In preda all'esasperazione, battei un pugno a terra, con forza sufficiente a causare una frattura nel terreno sottostante. «Non so più cosa inventarmi».

Percepii la vicinanza di Eleazar e poi sentii il suo tocco gentile sulla spalla. Mi diede una pacca amichevole sul braccio, invitandomi a rialzarmi. «Credo che tu sia troppo affamata. Sei una neonata, hai bisogno di nutrirti più spesso rispetto a noi», affermò, scuotendo la testa. «Prenditi una pausa, vai a caccia. Allontanati un po' di più rispetto alle altre volte, così forse troverai qualche animale più sostanzioso. Domani ci riproveremo e vedrai che entro qualche giorno riuscirai a vedere dei miglioramenti».

Annuii, non troppo convinta. Non sapevo quanto tempo mi rimanesse da trascorrere con loro: non avevo idea di quale fosse la "missione" affidata a Demetri e Santiago, quindi non sapevo quando sarebbero tornati a riprendermi. Poteva essere una questione di giorni, come di ore. Ma Eleazar aveva ragione: dovevo andare a caccia. Non potevo continuare a tergiversare, ne avevo veramente bisogno. Anche in vista di un mio possibile ritorno anticipato in Italia.

Dopo una lieve esitazione, mi rialzai da terra e partii rapida in direzione della foresta. Sfrecciai silenziosa tra i fitti abeti, sentendo i sensi farsi più acuti ad ogni chilometro percorso. Ad un certo punto dovevo aver superato il confine ed essere entrata in Canada.

Fiutai qualche traccia appetibile, ma nulla che stuzzicasse davvero il mio appetito. Ne avevo abbastanza di alci e caribù: stavolta avrei stanato un vero predatore. Già mi pregustavo il sapore che avrebbe avuto. Un orso sarebbe stato l'ideale, oppure...

Mi immobilizzai nel bel mezzo della corsa, le narici dilatate e i muscoli frementi. Mi voltai verso Sud e inspirai forte.

Non mi ero sbagliata. L'odore dolce e caldo proveniva da qualche parte in mezzo al bosco. Seguii la scia, il veleno che cominciava a scorrermi in bocca. Man mano che mi avvicinavo all'origine di quel profumo ammaliante, il suono divenne più forte. Un martellare ritmico, poi un altro poco più distante.

Due cuori che battevano...ed erano umani.

Oltrepassai un gruppo di giovani aceri ed eccoli lì, a qualche metro da me. Un uomo e una donna, entrambi sulla trentina. Dato il loro abbigliamento, molto probabilmente si trattava di escursionisti. Erano chini su una mappa stropicciata e, a giudicare dalle occhiate perplesse che rivolgevano ai dintorni, era chiaro che si erano persi.

Nella mia mente iniziai a vagliare le possibilità. Quanto sarebbe stato facile avvicinarmi, con la scusa di indicare loro la strada giusta. Mi avrebbero ringraziata, si sarebbero fidati e io...

Un lampo di pelle bianca, un ringhio nella notte. Un viso ricoperto di macchie scarlatte chino su di me, due file di denti affilati e occhi rossi come il sangue...

Quel brandello di ricordo fu sufficiente. Mi diede la forza necessaria a bloccare il respiro e mettere a tacere la voce che mi stava urlando di piombare sulla coppia ignara e affondare i denti nella loro pelle calda.

Strinsi la mascella con forza tale da sbriciolarla. Indietreggiando lentamente, mi nascosi dietro il tronco di un grosso abete. Anche se avevo scongiurato il peggio, non mi fidavo a muovermi più del necessario. Ero stata troppo incauta, avrei dovuto mettere in conto quell'eventualità e procedere con più cautela lungo il percorso.

Per la prima volta nella mia nuova vita, non mi fidavo affatto di me stessa. Mi limitai a chiudere gli occhi e a rimanere immobile come una statua, la schiena premuta contro l'albero.

La gola mi bruciava come se qualcuno vi avesse infilato un attizzatoio rovente. Inghiottii il mio stesso veleno, ma servì a poco. Niente, se non il sangue, avrebbe potuto placare quel fuoco. Sibilai un'imprecazione.

Mi servirono parecchi minuti per ritrovare un minimo di lucidità. Speravo che nel frattempo i due umani si sarebbero allontanati da lì, proseguendo lungo il sentiero che snodava tra gli alberi. Azzardai un'occhiata e ciò che vidi annullò in un attimo tutti i miei sforzi. Sentii le briglie del mio controllo sciogliersi e scattai in direzione della coppia.

Non avrebbero potuto scorgerlo finché non fosse stato troppo tardi.

L'orso era acquattato tra i cespugli di felci, in attesa di balzare sulla preda. Era un esemplare giovane, magro e molto affamato, a giudicare dalla bava che colava lungo la mascella.

Non mi vide arrivare, così come non mi notarono gli umani. In pochi secondi l'avevo inchiodato a terra, il collo spezzato e gli occhi vitrei. Percepii sotto le dita gli ultimi battiti del suo cuore, il calore che gli scorreva nelle vene e fantasticai sul sapore che avrebbe avuto. Non avevo mai assaggiato un orso, ma ero sicura che il suo sangue fosse molto più buono di quello di cervi e capre selvatiche con cui mi ero nutrita nei giorni precedenti.

Tuttavia, non osai rischiare. La situazione era troppo pericolosa e ancora non mi fidavo abbastanza di me stessa. Dovevo allontanarmi subito da lì, frapporre chilometri tra me e i due umani.

Lasciai l'orso accasciato tra i cespugli e mi arrampicai agile su uno degli abeti. Da lì in poi saltai di ramo in ramo, e ad ogni metro percorso guadagnavo sicurezza. Solo dopo aver superato il confine della foresta e aver raggiunto la costa, frenai la mia fuga disperata.

Ce l'avevo fatta.

Il destino mi aveva messa alla prova e io avevo superato indenne la tentazione. Mi sentivo terrorizzata e insieme compiaciuta, e avrei tanto voluto...

Mi accorsi della sua presenza con qualche secondo di ritardo. Non avevo ancora ripreso a respirare, ero avvolta dal fragore del vento e delle onde, ed ero troppo concentrata su me stessa per prestare attenzione all'ambiente circostante.

Mi voltai di scatto, dando le spalle alle acque agitate del Golfo.

Per un istante la sorpresa fu più forte del timore. Ero pronta a lottare per difendermi da una possibile minaccia, ma gli occhi che ricambiavano il mio sguardo mi risultavano in qualche modo famigliari. Ci misi una frazione di secondo per capire il perché: erano della stessa tonalità dorata di quelli di Tanya e degli altri del clan di Denali.

Sapevo di non dover mostrare debolezze quando fronteggiavo un altro membro della mia specie, eppure provai un istantaneo sollievo. Un vampiro che aveva rinunciato a cacciare gli umani non poteva rappresentare un pericolo per me, giusto? Ero una neonata, quindi molto più forte della maggior parte dei miei simili. Dubitavo che il nuovo venuto fosse intenzionato ad attaccarmi – avrebbe potuto farlo, ma aveva scelto altrimenti.

E ora mi stava fissando ad occhi sgranati. Sul bel viso aveva una strana espressione, intensa e incredula allo stesso tempo.

Mi presi qualche istante per valutarlo come lui stava facendo con me. Era alto e non troppo muscoloso. Niente a che vedere con i fisici statuari di Felix e Demetri, ma comunque armonioso e slanciato. I suoi capelli avevano lo stesso colore delle foglie in autunno: castano ramati, con qualche ciocca di un rosso più acceso. Erano scompigliati dalla corsa, come dovevano esserlo i miei. Ebbi l'assurdo impulso di passarmi le mani tra i ciuffi arruffati, di sistemarli in fretta e furia. Era un istinto molto umano: pensai che se avessi incontrato un ragazzo con il suo aspetto due anni prima, di sicuro avrei avuto il cuore a mille.

Perché lui era davvero splendido, il più bel vampiro che avessi visto fino a quel momento. E non dipendeva soltanto da un fattore estetico. C'era...qualcosa in lui. Non trovavo le parole per spiegarlo. Era una sensazione che mi pungolava i sensi e mi creava un vuoto alla bocca dello stomaco.

Circospetta e leggermente impaurita, mi ritrassi bruscamente quando lui mosse qualche passo verso di me. Non ci separavano che pochi metri, ormai. Il sollievo provato dopo aver vinto contro la tentazione lasciò spazio ad uno strano nervosismo.

Mi preparai ad un eventuale attacco, ma il vampiro rimase muto e fermo. Eppure non era affatto calmo: vedevo chiaramente la tensione nella sua postura rigida. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse, incerto. «Chi sei?», sibilò d'un tratto, le sopracciglia corrugate come se si stesse sforzando di abbattere un muro con il pensiero.

Il suono improvviso della sua voce mi fece quasi sobbalzare. La sua non era una domanda di cortesia: nascondeva una curiosità sincera e una nota di...frustrazione? Tuttavia, il fatto che continuasse ad avanzare, muovendosi lentamente per non allarmarmi, mi innervosì e fece scattare qualcosa in me.

Anziché rispondere o tentare a mia volta un approccio, feci la scelta più codarda possibile. Mossi qualche passo all'indietro e mi tuffai tra le onde agitate del mare in burrasca.




* * *


Edward




Per qualche minuto, mentre me ne stavo inginocchiato sul bordo della scogliera a fissare la schiuma delle onde, la mia mente si rifiutò di elaborare ciò che era appena accaduto.

Mi occorse una grande forza di volontà per non agire d'istinto e tuffarmi in acqua, tentando un inseguimento che sapevo essere inutile. Inutile perché in quel frangente non avrei avuto il supporto del mio dono.

Lei era immune alla mia lettura dei pensieri.

Mi resi conto all'improvviso di quanto avessi fatto affidamento su quella dote anomala nel corso degli anni. Contavo troppo su quel senso extra, tanto da sfiorare un'arroganza estrema. E ora che avevo avuto un assaggio di cosa significasse esserne privi, mi sentivo scombussolato.

Mi ero accorto della presenza della vampira quand'era ormai troppo tardi per intervenire. Rividi quei due incauti escursionisti e quanto fossero andati vicini alla morte. Quegli occhi rosso ambrati che li scrutavano nell'ombra, occhi che in seguito mi avevano fissato con stupore e confusione, non con la rabbia e l'irritazione che mi ero aspettato.

Credevo che, dopo aver ucciso l'orso, lei fosse scappata perché aveva percepito la mia presenza. Invece no, non mi aveva nemmeno considerato. Era fuggita dalla preda appena uccisa, senza nemmeno la parvenza di rimpianto. Aveva l'aria spaventata, consapevole. Doveva essere corsa via da quegli umani perché...temeva di rappresentare un pericolo per loro, proprio come quell'orso. Li aveva difesi da lui e da se stessa, scegliendo di correre via, veloce come un lampo.

La mia era solo un'intuizione, ovviamente. Non potevo leggere i suoi pensieri: era come se la sua mente fosse protetta da qualche barriera. Non come quelle che impostava Alice, più una sorta di scudo naturale.

Ed era frustrante.

Volevo assolutamente sapere cosa stava pensando, mentre si lanciava oltre gli umani per impedire all'orso di tendere loro un agguato. Quanto doveva essere stato...difficile per lei scacciare l'istinto e abbandonare la caccia dopo aver abbattuto una preda.

Avevo scorto il sollievo nei suoi lineamenti, subito sostituito da sospetto e timore quando mi aveva visto avanzare verso di lei. I suoi occhi...non erano color topazio come quelli della mia famiglia, né rosso cremisi come i miei del passato. Erano una via di mezzo tra i due. Avevano una sfumatura calda, ambrata, segno che non doveva essere un'esperta nel gestire la sete per il sangue umano. Eppure...aveva risparmiato quella giovane coppia.

Perché?

Perché li aveva seguiti, se non per ucciderli? E come mai si trovava così vicino al nostro territorio? Era una nomade o...?

Confuso e irritato con me stesso, mi rialzai e ripartii in direzione della foresta. Mi ero recato fin lì per cacciare qualcosa di meglio dei cervi che avevo fiutato nei dintorni di Forks. Speravo di imbattermi in qualche orso, o magari un grosso felino.

Non certo in qualche vampira sconosciuta dalla mente curiosamente muta.

Mentre correvo verso casa ripensai allo sguardo che mi aveva lanciato un istante prima di tuffarsi in mare. Non avevo avuto intenzione di spaventarla, né di nuocerle, ma di sicuro il mio approccio non era stato dei più educati.

Digrignai i denti, sentendo crescere la frustrazione. Era la prima volta che incontravo qualcuno – umano e non – immune ai miei poteri extrasensoriali. Una scoperta che era allo stesso tempo spaventosa e affascinante. Finalmente qualcosa che scuotesse la monotonia di giornate, decenni sempre uguali.

In un lampo di lucidità seppi cosa dovevo fare. Decisi di seguire ciò che mi suggeriva l'istinto.

Frenai la mia corsa il tanto che bastava per riuscire a mandare un messaggio ai miei, per avvertirli che li avrei raggiunti a Denali il giorno seguente. Poi invertii la rotta e ritornai sui miei passi, diretto verso la costa.







* * * * * * *


Ciao! Ecco a voi il secondo capitolo della storia! Che ve ne pare?

Ringrazio le persone che hanno cominciato a seguirla! Appuntamento alla prossima settimana per il nuovo capitolo.

Un bacio da Lizz.


p.s. I titoli dei capitoli sono ripresi dai versi di Spirit In The Sky dei Keiino. Per restare aggiornati e leggere i miei vaneggiamenti vari trovate i link ai miei profili social nella mia biografia!

When northern lights are dancingWhere stories live. Discover now