"Resta seduto, Jimin."

"Non sono un ospite."

"Siediti. Non hai ancora finito di mangiare."

"Porto in tavola il dolce?"

"Siediti."

Mi voltai verso mio padre con tutte le stoviglie fra le braccia. Ero rimasto interdetto dalla serietà di quell'ultimo ordine e mi stupii ancora di più quando vidi come mi stava guardando. Papà mi fissava con gli occhi fermi di chi vuole essere ascoltato ed io non volli disobbedirgli. Appoggiai la pila di piatti sul tavolo e mi rimisi a sedere.

Ero nervoso. Un paio di anni prima mi sarei scusato con i miei genitori ancora prima di sapere perché mi volevano parlare, ma in quel momento ero irritato da morire. Sapevo già cosa dovevano dirmi, per cui avrebbero fatto meglio a sputare il rospo in fretta. E dovevano smetterla di trattarmi con i guanti.

"Allora?" chiesi. "Cosa c'è?"

Guardai prima mia madre, poi mio padre. Loro due si scambiarono uno sguardo e mio padre scrollò le spalle prima di abbassare la testa e prendere la sua forchetta in mano. Iniziò a tamburellarla contro la superficie del tavolo, un tic nervoso di cui forse non si rendeva nemmeno conto, e mia madre capì da sé che le stava lasciando le briglie del discorso. Agitata, tornò a girarsi verso di me. La luce artificiale della cucina la faceva sembrare un ricordo lontano.

"Dobbiamo parlarti, Jimin."

"Questo lo avevo capito."

"È da mesi che ci ripromettiamo di farti questo discorso, ma-"

Mio padre lanciò la forchetta. Questa cadde a terra con un rumore d'acciaio ed io e mia madre saltammo sulle sedie, spaventati.

"Si può sapere perché ti sei messo con quello stronzo?"

"Robert!" protestò mia madre. Colpì mio padre al braccio, ma lui era talmente gonfio di rabbia da non sentire niente. La sua faccia non era mai stata così rossa.

"Niente Robert, voglio saperlo! Questa storia non avrà senso finché non capisco come a mio figlio possa anche solo piacere una persona del genere."

"Jimin non ha colpe!"

"Non ha toccato cibo, te ne sei accorta?"

"Credi di essergli di aiuto così?"

"Basta." supplicai. Entrambi si zittirono e si voltarono verso di me, per cui mi ripetei. "Basta. Papà ha ragione, meritate delle risposte. Sedetevi e parliamo."

Non avevo mai dato ordini ai miei genitori. Mamma mi obbedì senza commentare e tornò a mettersi seduta composta, timorosa delle cose che avrebbe sentito, mentre papà allacciò le braccia al petto e si sedette con le gambe larghe. Era il padre più dolce e comprensivo del mondo, ma in quel momento era il poliziotto cattivo della situazione. Non gli piaceva la calma distaccata con cui li avevo interrotti.

"Quindi?" mi chiese lui.

"Cosa volete sapere, esattamente? I gossip? Quanto siamo andati in fondo, quante volte abbiamo fatto sesso? Tre, se vi interessa. Durante la stessa notte."

"Ti ho già fatto la mia domanda."

"Oh, giusto. Perché mi sono messo con Min Yoongi: la domanda da un milione di dollari. Non lo so nemmeno io, ti piace come risposta? Non c'è un motivo, avevo soltanto voglia di rovinarmi la vita e di farmi sputtanare davanti a tutti."

Mamma mi guardava come se stesse per mettersi a piangere. Papà si rifiutava di reagire alle mie provocazioni. Soffrivo nel vederli così, sentivo già i sensi di colpa attanagliarsi allo stomaco, ma in quel momento ci godevo ad essere cattivo. Sapevo benissimo a chi apparteneva quell'umorismo distorto che stavo prendendo in prestito e non potevo fare a meno di usarlo.

THE LOVING ONE (BTS FanFiction - Yoonmin)Where stories live. Discover now